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B85-A10

Gino Di - Gennaro

Piccolo Novizio dei F.lli d. S. C.

S. Giorgio C. 1920 - Torino 1936

Puntata precedente

Ricondotto in famiglia dopo l'inesorabile sentenza dei medici, la sua cameretta si trasformò in una cattedra dalla quale egli impartì le più belle lezioni di virtù.

Al tormento del proprio male si aggiungeva quello non minore per lui di vedere l'angoscia mortale di Babbo e Mamma ch'egli amò sempre d'un amore immenso.

Era lui che li consolava quando tutto pareva ormai disperato e si sforzava d'infondere in loro quei sentimenti di fiducia e di rassegnazione che lo animavano.

« Sai, Mamma - dichiarava un giorno - perché non viene ancora il miracolo? Molti peccatori debbono ancora convenirsi prima ».

E per tale scopo appunto egli offriva spesso a Dio le sue sofferenze: l'ideale apostolico che negli anni di formazione al Piccolo Noviziato si era radicato profondamente nel suo cuore generoso, continuava a ingigantire nel suo povero essere torturato dal dolore.

Un'altra volta diceva ancora alla Mamma: « Mamma, questa malattia era proprio necessaria; ho imparato a soffrire, a essere uomo, ho imparato la pazienza ».

E ancora: « Mamma, lo sai? ciò che importa è la volontà di Dio. Tutto come volete voi, o Signore ».

E non erano parole soltanto.

Quanti lo videro sono unanimi nel proclamare la sua eroica pazienza anche nei momenti più dolorosi; la sua rassegnazione, la fiducia indefettibile nella preghiera, la carità, lo zelo attivamente ed efficacemente esplicato anche dal letto del suo martirio.

Non lo si avvicinava senza rimanere profondamente edificati e senza sentirsi irresistibilmente spinti a pregare Dio per la sua guarigione.

Anche persone che da anni non conoscevano più né preghiera, né Sacramenti promettevano e pregavano realmente.

Furono diversi quelli che offrirono a Dio la propria vita per ottenere la sua guarigione e taluni di essi lo vedevano per la prima volta.

Suo principale conforto in tanto male era la fede profonda, la preghiera frequentissima e i SS. Sacramenti.

La sua gioia era al colmo quando gli veniva recata la S. Comunione.

Faceva allora ogni suo sforzo per riceverLa con fervore e pregava la buona Suora che l'assisteva a volerlo aiutare nel ringraziamento che nella sua umiltà si diceva ormai incapace di fare da solo.

Alla Suora stessa che lo aveva visto pensieroso in uno di tali momenti, egli rispondeva: « Penso al fervore con cui al Piccolo Noviziato fanno la Comunione i miei compagni, mentre io non sono neppure più capace di pregare ».

Non gli si poteva fare piacere maggiore che parlargli di Dio e dei « suoi Fratelli » come egli li chiamava: a loro rimase sempre attaccatissimo; dichiarava anzi di amarli di quello stesso affetto intenso con cui amava i Suoi di famiglia.

Il solo vederli lo colmava di un'allegrezza indicibile, amareggiata solo dal pensiero pungente che il suo male l'avesse allontanato dalla realizzazione del suo ardente ideale quand'era ormai sul punto di raggiungerlo; il parlargli di tale argomento lo commoveva fino alle lacrime.

Fui a trovarlo ancora poche ore prima ch'egli volasse al Cielo.

Lo trovai adagiato su d'una sedia a sdraio.

Quel giorno stava veramente male e non aveva ricevuto alcuno, ma quando suonai il campanello egli indovinò subito e disse alla Mamma: « Va ad aprire, Mamma: questi sono i miei Fratelli ».

Riuscivo a grande stento a trattenere le lacrime a vederlo e sentirlo: aveva freddo quantunque grondasse tutto di sudore; i piedi erano gonfiati in modo preoccupante; riusciva a stento ad articolare parola e respirava con affanno grandissimo.

Mi parlò ancora con nostalgia del Piccolo Noviziato, pianse ricordando i suoi compagni ormai prossimi a vestire l'abito religioso, quello che da tanti anni formava il suo sogno.

Mi parlò anche di sé e delle sue sofferenze; ricordo che mi disse tra l'altro sempre interrompendo quasi ogni parola per respirare e aiutandosi con molti gesti: « Creda, Fratello, ho imparato più cose in questi mesi di malattia che in tutto il resto della vita ».

Lo consolai come meglio potevo e me ne venni col cuore in tumulto.

Non gli restava più che qualche ora di vita.

Quella sera ebbe però ancora tanta forza da fare un'ultima sorpresa alla Mamma.

Mentre questa si trovava al lavoro in cucina, egli si trascinò fuori della camera da letto, attraversando a grande fatica il salottino sorreggendosi al muro e la raggiunse pian piano.

Alla sorpresa della Mamma che s'era voltata all'improvviso rumore, rispose: « Vengo a vedere, cara Mamma, cosa prepari di buono; non mi conosci? sono il tuo mutilato che arriva ».

( Continua )