In memoria

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Giovanni Cesone

Si è compiuto un anno dalla morte del rag. Giovanni Cesone, ma il suo ricordo non è affievolito, perché è un richiamo che fa pensare e che orienta, e perciò sentiamo di dover parlare di lui in questo primo anniversario.

Gli uomini usano fare strepito di stampa, di televisione, di discorsi alla morte di chi sia stato in vista per autorità di comando, d'ingegno, di censo: qualità, cedeste, che sono tutte doni del Creatore e che vengono tuttavia attribuite molto volentieri alle creature.

Invece, quando lascia questo mondo un uomo buono, anche le poche voci che lo vogliano celebrare, vengono subito sommerse nel silenzio dei più.

Eppure, è così difficile essere veramente buoni, di vita interiore, in un mondo in cui prevale assai tutto ciò che è esteriore, tutto ciò che è posto sul piano dell'uomo che passa e che tanto di rado si propone di guardare al proprio simile con gli occhi dell'Eterno.

Ma la difficoltà di essere veramente buoni suona incitamento ai generosi, perché riconquisti terreno il bene che ha l'ultima vittoria.

Così fece Giovanni Cesone. Così possiamo fare tutti.

Di qualunque condizione siamo. Anche la più disagiata.

Giovanni Cesone fu di famiglia così povera che la mamma, modesta rivenditrice di giornali da una bancarella all'angolo di strada, crescendo la famiglia, lo dovette affidare per assistenza ad una cugina.

Il bimbo aveva appena un anno e mezzo e doveva avere un corredo ben scarso di ricambi, se la cugina, appena tornata a casa, per farlo mutare di camicia, die' di mano ad una federa di cuscino, vi sforbiciò tre tondi, uno nel fondo, due ai lati, introdusse in quello la testolina, in questi le braccine, e la camicia era bell'e fatta e indossata.

C'è sempre chi pensa all'abito dei fiori ed al cibo degli uccelli.

Gioanin ( era così piccolo e fragile che il diminutivo gli calzava a pennello e più Gioanin di lui non ci poteva essere nessuno ) ebbe l'inestimabile ventura alle scuole elementari della ROMI tenute dai Fratelli delle Scuole Cristiane di conoscere Fratel Teodoreto e di averlo ben presto per padre, dopo averne provato l'efficacia di aiuto.

Poiché Gioanin sorrideva sempre.

Come avrebbe potuto essere altrimenti in un bimbo così piccolo e così buono?

Ma un maestro parve non essere dello stesso parere e scambiò il sorriso per canzonatura.

Tuonò in classe: « Tu ridi. Fuori ! » e lo propose per la sospensione.

Ci volle Fratel Teodoreto perché la minaccia fosse ringoiata.

E Gioanin, da allora, camminò sempre accanto al suo protettore paterno, a piccoli passi, la mano nella mano.

Così fu che imparò ad essere studente per tutta la vita, seguendo l'insegnamento fondamentale del gran Padre di Reims, San Giovanni Battista de La Salle, che il docile Fratei Teodoreto aveva praticato fino in fondo, deducendone le conseguenze estreme.

Logicamente, in questo modo la scuola lasalliana non deve accompagnare l'allievo soltanto fino al termine della vita scolastica propriamente detta, cioè fino al conseguimento di un diploma, ma lo deve assistere ben oltre, fino all'ultimo esame: quello che conta di gran lunga più di tutti gli altri terreni; il solo che conti sempre e si consegue soltanto all'ultimo Arrivo, con la a maiuscola, al limitare dell'Eterno.

Perciò, col consiglio di Dio, ricevuto da Fra Leopoldo o.f.m., Fratel Teodoreto tradusse in atto l'insegnamento della scuola lasalliana fino a farlo salire alla sua più alta dignità, conducendo a mano a mano l'Opera di perseveranza fino al vertice di Istituto Secolare.

E, nel 1913, allo sboccio di quel fiore di elezione cristiana che è l'Unione Catechisti del SS. Crocifisso e di Maria SS. Immacolata, Giovanni Cesone fu uno dei primi petali di mite fraganza.

Fu primo presidente generale. Esemplarmente.

Catechista in famiglia ( chi può dire appieno quanto amasse i suoi di casa? ), catechista per istrada, in ufficio, in parrocchia, ed anche lontano, principalmente con la diffusione, nel mondo, della Divozione a Gesù Crocifisso.

E nonostante l'onere grave di tutta codesta attività, sempre incalzante, in condizioni difficili ed in tempi avversi, fu pronto a farsi carico d'un nuovo impegno.

Consigliato da Fratel Teodoreto, si accinse infatti a riprendere più che trentenne gli studi, da privatista, per conseguire il diploma di ragioniere.

Con tutto quel peso di lavoro, come vi sarebbe riuscito?

Ma c'è chi pensa all'abito dei fiori ed al cibo degli uccelli e per bocca di Fratel Teodoreto confortò alla prova meno sicura: « sarai interrogato sulla pagina che scorrerai cinque minuti prima dell'esame ». Così fu.

Ebbe il suo bravo diploma. Storie? Lo conferma chi vi assistette.

Quando si sia fatto tutto l'umanamente possibile per uno scopo necessario, ci verrà sempre in aiuto l'inopinato.

L'anno appresso, nel 1933, decaduto dalla carica di presidente, Cesone divenne economo generale dell'Unione.

E ci voleva proprio lui, a quel posto ed in quel momento.

Dal cuore paterno del Cardinale Arcivescovo di Torino Maurilio Fossati, l'Unione Catechisti era stata chiamata allora al primo periodo di prova.

La suo Opera primogenita per corsi professionali gratuiti ad operai poveri, la Casa di Carità Arti e Mestieri, sorta nel 1925 alla chiesa della Pace, trasferitasi nel 1929 in via Feletto, era in periodo di crescenza e necessitava più che mai di aiuto per adeguarsi alle necessità industriali dei tempi.

Gioanin, che era rimasto sempre piccolo, incominciò a girare instancabilmente Torino, in lungo ed in largo, a piedi, con quale sacrificio di sé è difficile poterlo dire, perché non se ne lamentò mai.

Non di rado, ritornava a casa, tardi, fuori orario di pasto, dopo aver bussato a tutti gli usci; sempre sorridente, ma col passo stanco, più lento, qualche volta a mani vuote, qualche altra no.

Piccole o grandi che fossero le offerte, non importava.

Per la sua Unione, per la sua scuola, accettava di buona grazia tutto: anche, si fa per dire, un chiodo arrugginito.

E davanti a quel viso sempre grato, sempre lieto, chi gli aveva dato poco la volta prima, gli dava di più la volta dopo e ristava a guardarlo, mentre s'allontanava, con quel passo un po' saltellante, per una imperfezione congenita al piede destro, privo del falso e scorciato di due dita.

Che fatica, con tutto quel camminare …

Venne la guerra.

L'Unione fu eretta in Istituto Secolare.

In corso Benedetto Brin sorse la bella sede nuova della Casa di Carità Arti e Mestieri.

Si celebrò il primo centenario della nascita di Fra Leopoldo.

Si festeggiarono prima il quarantennio della fondazione dell'Unione, poi il cinquantennio della Divozione.

Morì Fratel Teodoreto.

Gioanin, sempre più logoro, ma sempre sereno, incominciò ad accusare i primi disturbi circolatori, a poco a poco girò sempre meno per Torino ed occupò sempre più a lungo la sua stanza d'ufficio.

Interveniva ancora alle riunioni delle Zelatrici del Crocifisso, di cui era stato l'anima, teneva corsi di catechismo alla Casa di Carità ed istruiva nello stesso senso i poveri alla Casa Provinciale delle Figlie della Carità.

Un giorno, raccontò ad un amico questo fatto.

All'inizio di un corso annuo di Esercizi Spirituali chiusi, Fratel Teodoreto si avvide di aver dimenticato il rasoio e andò da Gioanin a chiedergli il suo, dicendo semplicemente: « Tra di noi … », senza terminare il pensiero che significava: « questa confidenza è ammissibile ».

Cesone era felice, perché quella « confidenza » era stata fatta solo con lui: indizio di una ambita familiarità.

Ma, subito dopo, per non voler apparire da più degli altri, si era fatto promettere dall'amico che non avrebbe ripetuto il fatto.

Tuttavia, gli doveva sempre sorridere in cuore la consolazione di quel ricordo, che aveva per lui il valore di un premio, come una menzione al merito di buona condotta, conferita al discepolo, all'allievo di tutta la vita.

La meritava, comunque.

Poiché egli perseverò fedelmente fino all'ultimo, fino all'Arrivo con la a maiuscola.

E pregava ininterrottamente per la propria pace in eterno, per l'espansione del proprio Istituto Secolare.

Pregava la Regina mundi che, come aveva donato il 27 novembre 1830 la Medaglia miracolosa al mondo, così aggiungesse alle sue glorie un altro prodigio: di far capire il messaggio crocifissino dell'Unione, facendogli strada fino agli estremi lembi della terra, per la pace del Cristo.

E chissà che la sua incessante preghiera non abbia fatto sorridere propizio anche il Cielo, che lo chiamò a sé la mattina del 28 novembre, proprio nella festività di Santa Caterina Labouré, la messaggera di Maria Regina dell'universo.

Frère Alphonse F.S.C.

( dr. Slabos - Slaboszewski )

Era Visitatore della Polonia dal 1964.

Non l'abbiamo mai visto se non in una pallida fotografia da tessera ed in un'altra, con un gruppo di Fratelli polacchi, neppure molto a fuoco.

Ma le lunghe lettere che da anni ricevevamo da lui periodicamente ogni quattro, cinque mesi ( scritte di pugno, più spesso battute a macchina su fogli esilissimi di carta giallognola, indice di povertà estrema ), ce ne hanno fatto vedere tutta la statura, tutta la fisionomia interiore, tutto il carattere.

Un patriota, degno di quel grande popolo che è il polacco; degno delle sue nobilissime, gloriose, sante tradizioni.

Un religioso, integro ed integrale, onore del proprio Istituto.

Le pagine che aveva scritta il caro Hno. Manuel di Cambriis sulla professione di penitente per il nostro Bollettino del Tricentenario Lasalliano, possono essere riferite in pieno a Frère AIphonse.

Lasciarsi crocifiggere con Gesù Vittima, in unione perfetta con Lui.

Con fedeltà indomita.

Purissima testimonianza di Fede.

Vigilato, perseguitato, in carcere, ridotto in pietose condizioni di salute, costretto a condividere la casa con ospiti non confacenti, ancora sotto processo, sempre malfermo in salute, ha tenuto alta la stella lasalliana, nel periodo forse più difficile e combattuto dell'immediato dopoguerra fino all'estate del 1964, quando i Superiori di Roma, appreso il grave stato fisico di lui, gli hanno nominato un successore.

Anima mariana della più limpida sorgente, è vissuto nella Città di Maria più cara ad ogni polacco, accanto al suo santuario più illustre: la Czestochowa.

Di quale esultanza ha continuato a vibrare il suo cuore tenerissimo a quelle maree di popolo, valutate ad ottocentomila fedeli, che gremiscono la storica Jasna Gora ad attestare la fiducia mai incrinata nella Consolatrice, nell'Ausilio della Cristianità.

E com'è accorso a confondere in lacrime la sua commozione allo sbocco di quella marcia di duecentotrenta chilometri, percorsi a piedi da Varsavia a Czestochowa da un corteo di diecimila fedeli, tra i quali non pochi fanciulli, nello spazio di sei giorni, per la festa dell'Assunta del 1964, arrivati tra la pioggia scrosciante ed attesi all'aperto dal Cardinale Primate!

Caro popolo e cara anima di Maria!

Sensibilissimo alle lettere ed alle arti, padrone di parecchie lingue, fra le quali l'italiano, è stato fervido amico dell'Unione Catechisti ed assiduo lettore del nostro Bollettino, di cui attendeva sempre con animo sospeso il recapito.

Ha tradotto in polacco la Divozione a Gesù Crocifisso.

Né si è fatto indietro, quando si è trattato di esporsi alla traduzione ed alla stampa di due studi mariani, del nostro dottor Sales, felice, quanto mai felice dell'esito concreto di quella impresa.

Tanto che, non riuscendo ad ottenere né visto né valuta per venire a Roma, ha proposto una serie di conferenze allo stesso Sales da tenersi in Polonia.

Così, si sarebbero incontrati loro due.

Ma l'esito non è stato migliore.

Ci siamo dunque rassegnati a vederci solo in spirito, con uno scambio di lettere.

Una delle ultime, reca gli auguri di Pasqua 1964 con una fervida adesione alle nostre celebrazioni giubilari e l'ultima fa prevedere prossima la fine ed è scritta ad occhi annebbiati: quegli occhi che si sono spenti nel giorno caro ad ogni cristiano educatore della gioventù.

Nel giorno di Natale, quando Gesù si mostra agli uomini di buona volontà.

Terigi Tobia

Era nipote del Fr. Teodoreto, e somigliantissimo a lui anche nei tratti del volto.

Emigrato in America, a Corona ( New York ), si mantenne sempre in contatto epistolare con lo zio, per il quale nutriva un'autentica venerazione, e poi con l'Unione Catechisti, a cui era aggregato ed a cui faceva pervenire frequentemente la sua offerta.

La sua morte, avvenuta il 6 ottobre 1964, fu preceduta da lunghe sofferenze, che egli sopportò con spirito veramente cristiano, e lo trovò preparato dalla virtù e dai sacramenti della nostra fede.

Una vita di onestà schietta e di fede sincera è una grande eredità ed una efficace consolazione che egli lascia ai suoi congiunti.