La parola del Papa |
B248-A1
« La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola » ( At 4, 32 ).
Con la lettura degli Atti degli Apostoli la liturgia odierna ci consente di ritornare alla primitiva comunità cristiana, che dopo la Pentecoste si era formata a Gerusalemme intorno agli Apostoli.
« Erano assidui nell'ascellare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere » ( At 2,42 ).
Rivolgiamo quindi il nostro pensiero a quella comunità, a quella Chiesa di Gerusalemme, che è, possiamo dire, il primo modello e la madre di tutte le Comunità, di tutte le Chiese, che nel corso dei secoli sono cresciute e si sono diffuse in tutta la terra.
« Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù, e tutti essi godevano di grande stima » ( At 4,33 ).
Così gli Atti degli Apostoli descrivono la prima comunità di credenti.
La testimonianza di Cristo Crocifisso e Risorto rendeva presente la sua Persona.
Egli, fino a poco tempo prima, percorreva la Palestina e la Città santa; risuonavano ancora recentissime le parole che aveva proclamato, l'intero Vangelo del Regno di Dio.
Mediante la voce degli Apostoli, la testimonianza dello Spirito Consolatore che essi avevano ricevuto il giorno della Pentecoste, raggiungeva gli animi e i cuori.
Questa presenza, invisibile ma reale, dello Spirito di verità, insieme al servizio apostolico dell'insegnamento, faceva sì che tutti i credenti avessero « un cuore solo e un'anima sola ».
È significativo che questa unità si sia manifestata anche nell'ordine sociale.
« Nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune …
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli Apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno » ( At 4,32.34-35 ).
La prima comunità cristiana si è distinta soprattutto per il grande slancio nel vivere secondo il Vangelo in ogni circostanza: per ciò che ciascuno « era » - e per quello che ciascuno « aveva ».
Certamente era chiaro ed ovvio per loro che è più importante ciò che l'uomo « è », di ciò che l'uomo « ha ».
Una tale fondamentale gerarchIa dei valori doveva formarsi nella coscienza e nel comportamento dei primi cristiani, quando ascoltavano - dagli Apostoli - ciò che aveva insegnato Cristo; quando erano intimamente presi nello ascoltare sempre di nuovo il messaggio delle otto Beatitudini, del Discorso della montagna.
Beati i poveri in spirito … e anche coloro che sono afflitti … e anche i miti …
Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia … e anche i misericordiosi.
Beati i puri di cuore … e anche gli operatori di pace.
E infine beati quelli che sono perseguitati per causa della giustizia ( Mt 5,3-10 ).
Coloro che avevano ascoltato queste Beatitudini, dovevano rendersi conto - alla luce degli avvenimenti pasquali, alla luce della Croce e della Risurrezione di Cristo - che tutto ciò si era realizzato soprattutto nella vita del loro Signore.
Tuttavia, nello stesso tempo, Egli aveva lasciato in ciò un chiaro programma di vita per tutti i suoi discepoli e seguaci.
Aveva tracciato una nuova gerarchia dei valori - e tutto questo mediante una nuova e definitiva « dimensione » della intera esistenza umana.
Ogni Beatitudine si basa sulla realtà dell'esistenza umana sulla terra, in questo mondo caduco, e si apre al tempo stesso verso la prospettiva del Regno di Dio, che è interminabile ed eterno.
Proprio il Regno è la vocazione ultima dell'uomo; esso è il suo destino definitivo: è la sua vita.
La vita in Dio.
Cristo Risorto ha rivelato la realtà di tale Vita!
« La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola ».
Occorre che da quella prima comunità passiamo ai nostri tempi.
Il messaggio delle otto Beatitudini è rivolto nello stesso tempo a tutti e a ciascuno.
E perciò la sollecitudine della Chiesa dei nostri tempi è che questo messaggio evangelico venga continuamente ed adeguatamente proposto alla vasta comunità dei fedeli, in tutti i luoghi della terra.
Proprio per ricordare al mondo, sulla linea del costante insegnamento sociale della Chiesa, il valore dell'attenzione che il Vangelo richiede verso i poveri, ho rivolto a tutti i cristiani ed agli uomini di buona volontà l'Enciclica « Sollicitudo rei socialis ».
In essa ho voluto ricordare che lo sviluppo non può ridursi ad un continuo accrescimento del benessere materiale senza fare attenzione agli altri, ai più poveri.
La sola accumulazione di beni, se non è retta da un intendimento morale, da un orientamento verso il bene comune, da volontà di partecipazione, può divenire un male che si ritorce contro l'uomo, contro il singolo uomo e contro le comunità civili e nazionali.
Per questo ho affermato che la via autentica del bene per i rapporti sociali, tanto a livello privato che nazionale ed internazionale, è la solidarietà.
Essa è virtù umana e cristiana, è l'espressione della carità, è l'anima di tutti i rapporti possibili tra gli uomini, e deve divenire sempre più il criterio fondamentale delle scelte politiche e delle programmazioni economiche.
Il Discorso della montagna.
Le otto Beatitudini.
Esse non sono soltanto parole splendide - una vera sinfonia del testo evangelico, ma anche una chiamata alla sinfonia evangelica della vita.
Ciascuna delle Beatitudini ha il suo particolare contenuto, ma tutte nel profondo s'incontrano e completano reciprocamente.
Se lo « spirito » che ne emana deve animarci verso una vita e un comportamento più cristiani, bisogna accogliere con il cuore e con la volontà tutta la verità contenuta in esse; nella sua organica coerenza.
E allora ci troveremo pure tra coloro che « saranno consolati », che « saranno saziati », che « troveranno misericordia », che meriteranno di essere « chiamati figli di Dio ».
Ci troveremo tra coloro ai quali appartiene il « regno dei cieli ».
Tra coloro che « vedranno Dio ».
La Croce e la Risurrezione di Cristo diventeranno per noi la potenza di Dio e la sapienza di Dio lungo tutte le vie della nostra vita.
( Osservatore Romano - 8 giugno 1988 )