Evangelizzare il sociale

Indice

III - Evangelizzare il lavoro, l'economia e la politica

35. - La pastorale sociale esprime il servizio e testimonia la sollecitudine della Chiesa per il mondo del lavoro, dell'economia e della politica.

La scelta di questi tre ambiti, come campo specifico dell'azione pastorale nel sociale, è maturata nella Chiesa che è in Italia lungo il suo cammino post-conciliare, in un periodo caratterizzato da grande effervescenza di novità sociali e politiche e reso complesso dai profondi cambiamenti storici e culturali avvenuti.

La crescente complessità sociale appare chiaramente alla base della scelta che la Chiesa ha compiuto lungo la storia della pastorale del lavoro, dalla fine degli anni '60 ad oggi.

a) La pastorale del lavoro alla fine degli anni '60.

Tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, la Chiesa che è in Italia dava vita a propri organismi specificamente destinati alla 'pastorale del lavoro', la cui attenzione era prevalentemente rivolta al mondo industriale e agli operai.

L'esaltazione e la polarizzazione ideologica di cui era allora oggetto la dimensione politica della convivenza, avevano prodotto la crisi degli organismi ai quali la Chiesa aveva affidato in larga parte l'opera pastorale nel mondo del lavoro.

Il fatto che la Chiesa in Italia si sia assunta in proprio il compito di organizzare, anche a livello strutturale, l'azione evangelizzatrice del mondo del lavoro è stato certamente positivo: in tal modo si apriva la strada a una rinnovata e progressiva presa di coscienza di tutta la Chiesa circa la sua missione in campo sociale.

b) Dalla pastorale operaia alla pastorale attenta al mondo del lavoro nel suo complesso.

A questa scelta la pastorale del lavoro arriva nella seconda metà degli anni '80, nel contesto che definiamo 'post-industriale' perchè caratterizzato da uno sviluppo pervasivo dell'informazione, da nuove energie dell'apparato produttivo e dalla 'terziarizzazione', cioè da un numero di addetti alle attività terziarie superiore alla somma degli addetti all'agricoltura e all'industria.

c) Una pastorale per il mondo del lavoro, dell'economia e della politica: la pastorale sociale.

Appare sempre più evidente nella nostra società attuale che non è possibile isolare come a sè stanti le problematiche particolari di una categoria sociale, per quanto ampia essa sia.

Il mondo del lavoro è condizionato dall'influenza sempre più vasta dell'economia e questa, a sua volta, è legata alle problematiche della politica, non solo a raggio nazionale ma anche mondiale.

Per questo, guardando l'oggi ma anche il domani che è alle porte, la pastorale del lavoro deve considerare i problemi del lavoro nel contesto più ampio delineato dall'economia e dalla politica.

Lavoro, economia e politica devono essere considerati insieme come elementi di un'unica problematica sociale e pastorale.

La denominazione 'pastorale del lavoro' non designa più in modo adeguato il suo campo di azione e pertanto viene modificata in quella di 'pastorale sociale'.

36. - La prospettiva antropologica

La dottrina della Chiesa ha come orizzonte l'uomo nella sua concreta e storica realtà di peccatore e di giusto: l'uomo è "la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa e per cui Dio ha il suo progetto, cioè la partecipazione all'eterna salvezza".44

È l'uomo la via tracciata alla Chiesa da Cristo con il mistero della sua Incarnazione e Redenzione.

Per questo la Chiesa deve prendersi cura e avere responsabilità per l'uomo reale, concreto e storico, inserito nella complessa rete delle relazioni che sono proprie delle società moderne.

Solo la fede può rivelare pienamente all'uomo la sua identità vera, e proprio dalla fede "prende avvio la dottrina sociale della Chiesa, la quale, valendosi di tutti gli apporti delle scienze e della filosofia, si propone di assistere l'uomo nel cammino della salvezza".45

La centralità dell'uomo dentro la società diventa, oggi specialmente, l'indicazione fondamentale e programmatica della dottrina sociale in vista del terzo Millennio cristiano: da questa scaturiscono un metodo e un impegno variamente configurato, in relazione ai molteplici ambiti nei quali tale dottrina viene studiata, diffusa e applicata.

37 - La centralità dell'uomo dentro la società, di quest'uomo reale, concreto e storico che Cristo ha affidato alla cura e alla responsabilità della Chiesa, diventa la prima via da seguire se si vogliono affrontare i problemi del lavoro, dell'economia e della politica nella prospettiva della salvaguardia del carattere trascendente della persona umana.

Una simile prospettiva esige che non si assolutizzi nessuna delle espressioni della vita dell'uomo e impegna "a 'guardare intorno', alle 'cose nuove', che ci circondano e in cui ci troviamo, per così dire immersi …; a 'guardare al futuro', quando già s'intravede il terzo Millennio dell'era cristiana, carico di incognite ma anche di promesse.

Incognite e promesse che fanno appello alla nostra immaginazione e creatività, stimolando anche la nostra responsabilità, quali discepoli dell' 'unico Maestro', Cristo ( cf Mt 23,8 ), nell'indicare la via, nel proclamare la verità e nel comunicare la vita che è Lui ( cf Gv 14,6 )".46

38. - Ciò che è fatto dall'uomo deve essere a vantaggio di ogni uomo, della sua crescita integrale e della crescita globale dell'umanità.

L'uomo non può essere relativizzato e strumentalizzato a nessun interesse; sono piuttosto i modelli di sviluppo e le forme economiche, politiche, di organizzazione e distribuzione del lavoro fin qui sperimentate che necessitano di correzioni in funzione del bene comune di tutti gli uomini e dello sviluppo integrale di ciascun uomo.

L'affermazione che "l'uomo è la via della Chiesa",47 ripetutamente presente nell'enciclica Centesirnus annus, deve essere compresa in tutta la straordinaria ricchezza del suo contenuto ed enucleata in tutta la fecondità delle sue esigenze quando si vuole elaborare qualsiasi progetto che riguarda l'uomo e la società.

39. - La concezione cristiana della persona comporta necessariamente una visione giusta della società.48

Infatti, analizzando le ingiustizie, i conflitti e le aberrazioni cui può giungere l'uomo quando si volge contro Dio,49 si scopre che la loro radice comune sta in un errore antropologico.50

A questo errore vanno imputati:

il rifiuto di rispettare la dignità di ogni persona umana, come avviene con la lotta di classe;

il dominio delle cose sugli uomini, quale limite del capitalismo;

la negazione della trascendente dignità della persona umana, radice del totalitarismo moderno;

l'insensata distruzione dell'ambiente naturale;

la distorsione e la corruzione del diritto.

L'antropologia cristiana, che la dottrina sociale della Chiesa riceve dalla divina rivelazione, è il referente critico costante secondo cui assumere e valutare le argomentazioni e le indicazioni offerte dalle diverse visioni del lavoro, dell'economia e della politica presenti nella nostra cultura pluralistica.

Anche nella fase propositiva, ossia nella individuazione dei bisogni e delle nuove modalità per rispondervi, "è necessario lasciarsi guidare da un'immagine integrale dell'uomo che rispetti tutte le dimensioni del suo essere e subordini quelle materiali e istintive a quelle interiori e spirituali".51

40. - Problemi attuali del lavoro, dell'economia e della politica

Per rendere efficace l'evangelizzazione del sociale è necessario, in primo luogo, individuare nel lavoro, nell'economia e nella politica attuali gli aspetti più lontani dalla prospettiva antropologica del Vangelo o ad essa contrari: proprio su questi aspetti è urgente intervenire con una coerente e comunitaria testimonianza cristiana e non semplicemente con la proposta di una dottrina sociale.

L'analisi che proponiamo non intende essere dettagliata; si limita ad evidenziare alcuni fenomeni di dimensioni macroscopiche, che hanno il carattere della generalità e della persistenza e ai quali possono essere ricondotte le molte realtà e problematiche particolari.

Porre in stretta relazione la conoscenza delle realtà sociali, l'impegno nel sociale e l'adesione viva al Vangelo che salva, è quanto la dottrina sociale della Chiesa richiede come condizione ed esigenza per l'evangelizzazione del sociale.

In tal senso per i credenti l'impegno nel sociale non è secondario, marginale, aggiunto, periferico: è, invece, essenziale e irrinunciabile per la missione di annuncio e di testimonianza del Vangelo affidata ai cristiani.

A) Il lavoro

41. - Il primo problema da affrontare è quello di aiutare il mondo del lavoro a uscire dalla logica economicistica, all'interno della quale esso naviga, per così dire, tra due scogli:

quello rappresentato dalla riduzione di tutto l'uomo alla sola dimensione di lavoratore

e quello che tende a ridurre il lavoro a un settore circoscritto e separato dell'esistenza umana.

Per evitare di naufragare sull'uno o sull'altro scoglio dobbiamo riferirci ai criteri-guida chiaramente formulati dall'enciclica Laborem exercens: il primato dell'uomo sul lavoro, il primato del lavoro sul capitale e il primato della destinazione universale dei beni sulla proprietà privata.52

Gli argomenti contro una concezione economicistica del lavoro umano vanno facendosi sempre più forti: gli studi attuali favoriscono nettamente l'idea che il lavoro incorpora non solo le ragioni economiche, ma anche quelle familiari, religiose, culturali, educative.

Il lavoro, in realtà, è strettamente connesso alle relazioni sociali intersoggettive.

Escludendo il riduzionismo economicistico, viene meno ogni determinismo tra gli attori della produzione: il lavoro appartiene al mondo della libertà, in cui si sviluppano il dibattito e la responsabilità, l'assunzione del rischio e il servizio all'altro.

42. - Occorre essere consapevoli delle enormi conseguenze di ciò che sta avvenendo negli attuali processi produttivi con l'introduzione delle nuove tecnologie: la produzione tende sempre più ad incorporare sapere, informazione e servizio; in un certo senso essa si "dematerializza".

La fecondità della produzione è racchiusa più negli aspetti invisibili che in quelli visibili.

Questo processo di "dematerializzazione" della produzione è pienamente percepito dalla Centesimus annus e interpretato come una valorizzazione del capitale umano di conoscenze, di esperienze, di solidarietà e di comunione.

"La principale risorsa dell'uomo insieme con la terra è l'uomo stesso":53 il capitale non è più concentrato esclusivamente nei beni materiali, ma consiste anche in un patrimonio intellettuale e morale; comprende un'ampia varietà di realtà eterogenee, tra le quali la proprietà della terra acquista ormai un aspetto in un certo senso trascurabile o almeno secondario.

È un patrimonio che si accresce ogni giorno per lo sviluppo di nuove tecniche, di nuovi processi tecnologici, per l'inserimento nel mercato di nuovi beni.

Queste risorse immettono nella logica economica tradizionale delle novità, i cui sviluppi sono imprevedibili, perchè esse non si esauriscono con l'uso ma si moltiplicano, e sono connesse alla conoscenza, all'informazione, alla formazione, alla creatività e alla relazionalità intersoggettiva.

Ogni nuovo processo tuttavia porta con sè anche nuove marginalità.

Assistiamo a un dualismo tra lavoratori qualificati e dequalificati.

Tra questi esiste incomunicabilità: ciò che li discrimina è l'istruzione.

Lo stesso concetto di 'operaio' perde significato e si concentra nelle forme di lavoro più marginali.

Qui si trovano alcune categorie dei 'nuovi poveri' della società del benessere.

43. - La qualità dell'esperienza personale e del vivere sociale ha come suo parametro fondamentale il lavoro.

La distribuzione delle opportunità di accesso al lavoro, la qualità e la quantità delle occasioni di impiego, l'organizzazione del tempo sono criteri che consentono di misurare il grado di civiltà di una società.

Il lavoro è stato, e con tutta probabilità tornerà ad essere, il grande motore del processo di riconoscimento dei diritti che qualificano la cittadinanza.

Ma per troppe persone, in Italia, il lavoro continua ad essere un diritto negato.

La disoccupazione, in termini quantitativi, si colloca geograficamente al Sud, dove il lavoro manca; ma anche il Centro e il Nord stanno entrando in una nuova fase di difficoltà e di crisi per molti settori produttivi: ciò rende certamente più difficile, se non impossibile, la ricerca della qualità del lavoro, che finora aveva caratterizzato positivamente la limitata disoccupazione di queste aree del nostro Paese.

L'età e il sesso diventano elementi sempre più discriminanti per l'accesso al lavoro.

Le donne, in particolare, sono sempre più penalizzate da orari di lavoro incompatibili con le esigenze della famiglia, della comunione coniugale e dell'educazione dei figli; e non sono tutelate in modo efficace nel loro diritto alla maternità, sempre più frequentemente posto in alternativa al diritto al lavoro.

La carenza e il costo dei servizi sociali aggravano ulteriormente la condizione femminile e compromettono i delicati equilibri che consentono alle famiglie una vita serena.

Il panorama del mondo del lavoro stigmatizza le questioni di fondo, politiche e morali, del nostro Paese54 ed è una delle conferme più evidenti di come e di quanto il lavoro determini la qualità del vivere civile.

44. - Molti ritengono ormai finita la centralità del lavoro.

Ciò porta alla ricerca di altre centralità o surrogati, oppure alla frantumazione degli interessi e degli obiettivi.

Ma una simile analisi appare alquanto semplicistica e riduttiva perchè il lavoro continuerà ad essere importante per due fondamentali ragioni:

- il lavoro è e sarà sempre espressione della persona, anche se il vasto e articolato tema della "umanizzazione del lavoro" è ben lontano, purtroppo, dall'essere posto al centro dell'attenzione;

- all'interno di tutte le organizzazioni pubbliche e private, delle imprese multinazionali, delle tecnostrutture, ecc., le persone sono comunque presenti e sono o devono essere coinvolte su ciò che si produce, sul come si produce e per che cosa si produce.

È questo il grande tema della partecipazione in azienda, che è innanzitutto partecipazione dei lavoratori e del sindacato.

C'è stato storicamente un grande movimento operaio, che ha avuto come suo riferimento una certa idea e realtà del lavoro.

Ora il problema attuale è la possibilità di rilanciare un grande movimento associato dei lavoratori.55 sulla base dell'idea e dell'esperienza del lavoro come espressione della persona e come partecipazione.56

Il sindacato non può accontentarsi di realizzare la propria normale attività senza esplicitare i valori per cui si muove e l'etica a cui si ispira.

Nè può trascurare un rapporto stretto con i lavoratori, anche e soprattutto quando è chiamato ad assumere crescenti compiti a livello generale.

Il sindacato, pertanto, non può diventare una grande organizzazione burocratica, ma deve essere espressione dei lavoratori, difenderne i diritti e tutelarne la soggettività, "svolgendo al tempo stesso una funzione essenziale di carattere culturale, per farli partecipare in modo più pieno e degno alla vita della nazione e aiutarli lungo il cammino dello sviluppo".57

45. - Il problema oggi aperto è quello dei fini dell'operare umano.

Si è insistito, forse troppo unilateralmente, nel sottolineare gli aspetti positivi dei mutamenti strutturali del lavoro nella società contemporanea.

Non dobbiamo tuttavia trascurarne i risvolti negativi o, comunque, oscuri e inquietanti.

Siamo di fronte ad un'apertura di orizzonti, ma ciò significa solo che nuove potenzialità sono offerte.

Il modo concreto secondo cui saranno attivate resta però sempre affidato alla libertà dell'uomo e alla sua responsabilità.

Ci si deve chiedere a cosa ordinare il futuro, in vista di quali assetti sociali muoversi, quali valori conquistare.

L'uomo occidentale si presenta ricco di strumenti ma povero di fini.

Emerge all'interno del sistema economico e nei rapporti di questo con l'intero vivere civile una domanda di senso, che può avere risposta solo da una visione globale dei valori, dei problemi e delle situazioni.

Il disorientamento sui fini è tanto più grave quanto più urgente oggi è la costruzione di nuovi assetti: non basta più muoversi entro gli stessi orizzonti di ieri, perchè sono ormai profondamente mutati e immensamente allargati.

B) L'economia

46. - Le grandi sfide alle quali lo sviluppo economico e sociale deve far fronte richiedono un salto di qualità nella produzione e nella distribuzione della ricchezza.

La scienza e la tecnologia allargano il ventaglio delle scelte possibili; si dilata, di conseguenza, l'area di responsabilità dei diversi soggetti.

Nel campo economico è l'uomo l'artefice dei meccanismi di funzionamento dell'economia, sia pure in forme mediate attraverso l'intreccio dei rapporti sociali e delle forme istituzionali.

L'interrogativo su ciò che è bene e su ciò che è male si pone ormai in termini acuti e ineludibili.

Si fa strada il convincimento che le norme etiche possono creare le condizioni per una società più giusta.

Ma affinchè la riflessione non resti estranea al luogo storicoculturale, le norme etiche devono incarnarsi nella prassi, nei comportamenti, tanto a livello teorico - responsabilità dell'economista e dell'intellettuale in genere -, quanto a livello dell'azione socioeconomica - responsabilità dell'operatore: imprenditore, manager, politico, sindacalista.

47. - Non esistono barriere alla costruzione di un'economia che intende porsi a servizio dell'uomo, purchè si decida finalmente di uscire dai condizionamenti dell' 'homo oeconomicus', dai suoi presupposti di individualismo, di consumismo e di edonismo.58

L'agire economico attuale sta dimostrando una crescente incompatibilità con l'etica utilitaristica e reclama l'ancoraggio a un codice morale più ricco ed esigente per essere, sotto lo stesso profilo economico, efficiente ed efficace.

L'economia può e deve diventare una disciplina aperta, capace di trascendere in nome dell'etica i propri limiti e di ampliare così il suo orizzonte conoscitivo e operativo.

Tutto ciò interpella un numero crescente di studiosi delle discipline economiche, in modo speciale i cattolici, invitati a ravvivare e a sviluppare la loro ricerca in modo da garantire un circuito tra le esigenze morali e i progressi intellettuali e da ridare alla teoria economica la sua valenza umana e comunitaria.

Per gli imprenditori e i manager in generale, e sicuramente per quelli che sono cristiani, l'economia deve essere anzitutto un servizio reso alla comunità.

Analogamente, le organizzazioni sindacali devono allargare gli ambiti della cooperazione e della solidarietà sociale e sviluppare pratiche di partecipazione e di attiva responsabilizzazione in ordine alla quantità e qualità del lavoro.

48. - L'enfasi che all'interno del mondo capitalista oggi viene posta sulla centralità del mercato - enfasi rafforzata dal fallimento del sistema antagonista - non sempre si traduce nella ricerca di quelle condizioni che possono fare del mercato un garante e un promotore di libertà, responsabilità e pluralismo, all'interno di un adeguato quadro politico-culturale.59

L'enfasi rappresenta sempre più spesso un alibi e una copertura, quando si delega al mercato ciò che non si è in grado di fare o non si vuole fare secondo ragione.

Attraverso il mercato passano logiche di prevaricazione e di dominio da parte di soggetti che, grazie alla loro forza sovranazionale e alla loro presenza nei massmedia, possono condizionare e configurare il mercato stesso secondo i loro interessi.

La questione è indubbiamente complessa e non basta chiedere 'più stato' o 'più controllo pubblico' perchè sia automaticamente risolta.

La necessità di una 'regolazione politica' del mercato è fuori discussione: senza di essa, infatti, non è possibile una democrazia economica.

La 'regolazione politica', così come attualmente si configura specie nel nostro Paese, appare poco influente, culturalmente ed eticamente subalterna nell'attivazione di scambi di basso profilo, ispirati alla logica della clientela.

Il mercato chiama in causa la politica per ottenere aiuti, sostegni, immunità; la politica chiama in causa il mercato per mascherare la propria inefficienza e inefficacia.

C) La politica

49. - La crisi della politica si evidenzia oggi nella perdita del ruolo di centralità che tradizionalmente le veniva attribuito.

Fagocitata dai grandi processi economici e di innovazione tecnologica, condizionata e modellata dall'invadenza dei mass-media, priva, con la contestuale crisi delle ideologie, di adeguate giustificazioni di ordine teorico e ideale, la politica si trova a non poter più esercitare quella funzione di mediazione e di sintesi, di indirizzo della vita civile in ordine al bene comune che costituisce la sua stessa ragione d'essere.

Il superamento della crisi della politica passa attraverso il ritrovamento di quelle ragioni etiche della convivenza sociale che sono la vera anima della democrazia.60

Sulle ragioni alte della politica e dell'esercizio del potere il Vangelo non è neutrale e indifferente, perchè propone i grandi valori antropologici e morali attorno ai quali si deve realizzare l'impegno unitario dei cristiani.

Essi sono in particolare, come si legge nel documento Evangelizzazione e testimonianza della carità:

"il primato e la centralità della persona,

il carattere sacro e inviolabile della vita umana in ogni istante della sua esistenza,

la figura e il contributo della donna nello sviluppo sociale,

il ruolo e la stabilità della famiglia fondata sul matrimonio,

la libertà e i diritti inviolabili degli uomini e dei popoli,

la solidarietà e la giustizia a livello mondiale".61

50. - Alla concezione tragica del potere, che si esprime nella volontà di potenza e di dominio, il Vangelo contrappone una concezione umile e di servizio, in cui i bisogni dei più indifesi hanno la precedenza.

La politica non sempre è capace di quell'autentico discernimento che la porta a privilegiare i più poveri; ad avere attenzione alle nuove povertà che l'efficienza della società moderna continuamente produce, spesso a livelli immateriali e spirituali; a superare gli squilibri tra ricchezza e povertà, tra sviluppo e sottosviluppo mediante la scelta di un modello di sviluppo capace di creare un nuovo ordine internazionale.

Le persone impegnate in politica devono possedere determinate virtù per dare consistenza morale al loro pensiero e alla loro azione: competenza, onestà, amore e impegno per la giustizia, sobrietà, servizio generoso e gratuito, capacità di amicizia, di relazione e di partecipazione alle vicende della gente, consapevolezza della provvisorità e dei limiti dell'opera compiuta.

Tutto ciò qualifica come 'umano' lo stile di fare politica.

È uno stile che troppo spesso manca.

Esso attiene a una impostazione generale della vita personale, alla globalità di un sistema, alla sua rispondenza a servire il bene comune e la persona umana.

Oggi la questione politica è diventata questione morale.62

Per questo nei suoi confronti è impossibile la neutralità.

51. - Manca anche, oppure è inadeguata, una riflessione morale sui mezzi, che offra ai fini che si vogliono perseguire regole, procedure e disegni istituzionali coerenti con i valori posti a fondamento della convivenza civile e capaci di dare concretezza di vita ai principi che si intendono servire.

La politica ha la funzione di dettare le regole e di elaborare il quadro giuridico nel quale le varie soggettività della società siano rispettate e valorizzate, secondo il principio della sussidiarietà.

Le regole e il quadro giuridico devono indirizzare al bene comune i poteri e gli interessi presenti nella società, dal momento che il bene comune "non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad un'equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, ad un'esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona".63

Il bene comune è la finalità stessa della politica.

Ad esso la politica non deve affatto sottrarsi: in una società complessa come la nostra, ricca di fermenti e di valori, ma anche di poteri e di interessi troppo facilmente abituati a farsi ragione da soli, c'è bisogno di più politica, non di meno politica: c'è bisogno di una politica giusta.

52. - La solidarietà orizzonte di futuro

Per la cultura e la vita sociale e politica del nostro Paese, così come per l'Europa e il mondo intero, la solidarietà è l'unico orizzonte di rinnovamento e di crescita, di apertura al futuro.64

La soluzione dei maggiori nodi problematici che caratterizzano la situazione italiana contemporanea non può essere trovata al di fuori di una logica di solidale ricerca del bene comune.

La capacità di interpretare entro i bisogni di tutti e di ciascuno un progetto globale deve ridefinire l'azione politica e conferire efficienza reale al sistema economico e produttivo.

L'azione politica deve ispirarsi alla solidarietà e al principio di sussidiarietà per esprimersi come sintesi delle istanze emergenti dalla società e come loro corretta mediazione a livello istituzionale.

Solo così la politica può acquistare e maturare forti motivazioni etiche indispensabili a promuovere il bene comune.

In una prospettiva di solidarietà e nel rispetto del principio di sussidiarietà è possibile una corretta concezione del rapporto fra la tutela dei fondamentali diritti di ogni cittadino, che è funzione insostituibile dello Stato, e la legittima rivendicazione dei diritti della professionalità e della responsabilità sociale.

L'alternativa alla solidarietà e alla sussidiarietà è una privatizzazione senza regole, che radicalizza le differenze e penalizza le fasce meno garantite della popolazione.

Le distanze tra Nord e Sud dell'Italia e la drammaticità delle nuove situazioni di povertà, materiale, culturale e morale, sono state enormemente accentuate dallo smarrimento del senso autentico e della finalità propria della politica.

L'assunzione della solidarietà, come criterio primario delle decisioni e orizzonte entro cui collocare lo sviluppo globale della comunità nazionale, è la condizione che si impone oggi per orientare il cambiamento sociale alla convivenza pacifica, alla giusta accoglienza dello straniero, del povero, dell'emarginato.

Tutte le comunità cristiane e ogni singolo credente, per il mandato che da Cristo hanno ricevuto, sono debitori a questa società di una testimonianza evangelica appassionata e luminosa, di un impegno orientato al bene di tutti e di ciascuno, che sia pietra di paragone, fonte di ispirazione e inesauribile risorsa di bene per lo sviluppo e il perfezionamento del sistema politico democratico.

Indice

44 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 53
45 Ivi, n. 53
46 Ivi, n. 2
47 Ivi, cap. VI
48 Cf Ivi, n. 11
49 Cf Ivi, n. 17
Tutta l'enciclica Centesimus annus insegna a partire dall'analisi degli avvenimenti storici, considerati nei loro vari aspetti, economici, politico istituzionali, di conflitto e di pace, per comprendere e mostrare la rilevanza, in essi, di Dio, della salvezza in Cristo e del rapporto verità-libertà
50 Cf Ivi, n. 13
51 Ivi, n. 36
52 Cf Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Laborem exercens, n. 6 e n. 12
53 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimuns annus, n. 32
54 Cf CEI, Doc. dell'Episcopato italiano Sviluppo nella solidarietà
- Chiesa italiana e Mezzogiorno, n. 9
55 Cf Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 43
56 Cf Ivi, n. 35
57 Cf Ivi, n. 35
58 Cf Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Laborem exercens, n. 7 e n. 13
59 Cf Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 42
60 Cf Ivi, n. 46
61 CEI, Evangelizzazione e testimonianza della carità, n. 41
62 Cf Ivi, n. 51;
cf Comm. Eccl. Giustizia e pace Nota pastorale Educare alla legalità, n. 16
63 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Centesimus annus, n. 47
64 Cf Comm. Episc. Problemi Sociali e il Lavoro,
Nota pastorale Chiesa e lavoratori nel cambiamento, n. 29.
Rimandiamo alla lettura di questa Nota pastorale, ricca di indicazioni ancora molto attuali, per una comprensione più approfondita sia delle tematiche trattate in questo capitolo sia del ruolo e dei compiti della pastorale sociale