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Per la Chiesa, celebrare il « Vangelo della speranza » significa, oggi più che mai, sia riconoscere la presenza viva e operante del Signore risorto nei « santi misteri », sia cercare e trovare in essi la forza e il nutrimento per la propria azione pastorale, testimoniando anche così la propria identità di comunità di discepoli riuniti intorno a Cristo che pongono in lui fiducia e speranza.
Era questa, per altro, l'intenzione profonda della riforma liturgica propiziata dal Concilio Vaticano II.
Tale riforma, infatti, non dice soltanto « l'ansia di cambiamento che sembra caratterizzare la nostra epoca o il legittimo desiderio di adattare la celebrazione dei sacri misteri alla sensibilità e alla cultura dei nostri giorni.
Dietro questo fenomeno si nasconde, in realtà, l'aspirazione dei credenti a vivere ed esprimere la loro più profonda e autentica identità di discepoli riuniti intorno a Cristo presente in mezzo a loro in modo incomparabile attraverso la sua Parola e i sacramenti, in particolare l'Eucaristia ( cfr. Sacrosanctum Concilium, 7 ) ».85
Nella certezza come afferma ancora il Papa che « in questo modo, non soltanto si costruisce su una base solida e duratura l'edificio della fede ( cfr. Lc 6,48 ), ma l'intera comunità cristiana si rende consapevole del dovere di celebrare il mistero di Cristo, Salvatore del genere umano, e di annunciarlo e farlo conoscere apertamente agli uomini di oggi, vincendo la tentazione, sentita talvolta al proprio esterno e anche al proprio interno, di attribuire alla Chiesa altre identità e altri interessi.
Infatti, la Chiesa vive più di quello che riceve dal suo Signore che di quanto può fare soltanto con le proprie forze ».86
Considerando la concreta realtà delle nostre Chiese, si vede come l'incontro con il mistero grande e santo del Dio Trinità rivelato da Gesù nella liturgia e in altre forme di culto presenti uno spettro ampio di situazioni e di esperienze.
Nelle comunità nelle quali un'adeguata catechesi e formazione liturgica consentono di preparare convenientemente le celebrazioni liturgiche, queste ultime costituiscono momenti forti di convinto e profondo incontro con il mistero divino e di sincera comunione tra fratelli e sorelle che condividono la stessa fede nella lode, nell'invocazione e in gesti di vicendevole gioiosa accoglienza.
Oltre che nelle comunità parrocchiali dell'Est e dell'Ovest, queste esperienze sono molto diffuse nelle comunità religiose rinnovate, nelle nuove fondazioni di vita consacrata e nei nuovi movimenti ecclesiali.
Esistono anche comunità che vantano una lunga tradizione di frequenza alla messa festiva e a quella quotidiana, di adorazione al Santissimo Sacramento e di devozione mariana.
Né si può dimenticare che molti incontrano di preferenza il mistero del Dio vivente in espressioni cultuali profondamente radicate nelle proprie tradizioni religiose popolari: di qui la valenza della cosiddetta religiosità e pietà popolare, da interpretare e guidare.
In genere, si deve comunque riconoscere che si è di fronte a una reale attuazione della riforma liturgica, anche se essa non sempre ha dato origine a un reale e profondo rinnovamento liturgico e rimane ancora molto da fare per intensificare quella « participatio actuosa » di tutti i fedeli auspicata e sollecitata dal Concilio.
In ogni caso, la liturgia rimane elemento focale in ordine alla crescita della fede.
69. Vanno pure ricordate, però, alcune situazioni contrassegnate da fenomeni per lo meno problematici.
In molti paesi dell'Occidente, le celebrazioni liturgiche sono frequentate quasi esclusivamente da anziani, specialmente donne, e da bambini, mentre sono disertate da persone giovani e di mezza età: ne segue, tra l'altro, l'immagine di una Chiesa vecchia, femminile e infantile.
Sia all'Est che all'Ovest, ci sono esperienze nelle quali la preoccupazione di essere attraenti mette in ombra la dimensione del mistero, dell'adorazione e della lode, ed esalta la ritualità, la condivisione e certo protagonismo del celebrante e/o di membri attivi dell'assemblea: ne segue, tra l'altro, un'immagine indubbiamente viva e vivace di Chiesa, ma più attenta all'esteriorità e all'emotività che alla profondità dell'incontro con il mistero santo di Dio.
Non mancano neppure esperienze di celebrazioni liturgiche e di pratiche devozionali molto preoccupate del rubricismo: il che contribuisce a renderle di fatto aride e scoraggianti per tante persone.
Al contrario, sono rilevabili esperienze nelle quali, per raggiungere il mondo di una religiosità diffusa, si creano e si improvvisano celebrazioni liturgiche e incontri di preghiera che disattendono la normativa vigente e danno origine a una sorta di inaccettabile creatività liturgica selvaggia.
Un fenomeno da non dimenticare è, infine, quello costituito da taluni gruppi tradizionalistici, accentuando alcune forme liturgiche esteriori, le fanno assurgere a criterio di ortodossia.
È necessario riflettere su questa mentalità e sulle difficoltà conseguenti nella comunità.
Non c'è dubbio che questi modi diversi, e a volte contrapposti, di intendere e di vivere le celebrazioni liturgiche conducano spesso al crearsi di polarizzazioni nelle quali si coagulano anche altri aspetti, che concorrono a delineare un quadro nel quale sono in realtà due diversi modi di concepire e di vivere la Chiesa a confrontarsi e, purtroppo, a contrapporsi.
In varie parti, due problemi sembrano farsi particolarmente evidenti:
il primo interno alla vita della Chiesa,
il secondo provocato dal contesto culturale.
Da una parte, nella concreta prassi celebrativa si sperimenta stanchezza, ripetitività, noia, uno stile ripetitivo e abitudinario che provoca rassegnazione; dall'altra, la cultura della modernità conduce a rimuovere il rito dal fondamento della fede.
70. Si avverte, perciò, l'urgenza di una adeguata formazione che abbia il carattere dell'iniziazione all'arte del celebrare.
Di qui la necessità di proporre nell'annuncio e nella catechesi una « mistagogia liturgica » più intensa.
Per questo, pare utile: strutturare itinerari di fede in cui catechesi, liturgia e carità siano sempre collegate e rapportate;
curare una puntuale educazione liturgica dei futuri presbiteri e dei diversi operatori pastorali, in particolare degli animatori della liturgia e di quanti in essa svolgono qualche ministero;
considerare la celebrazione eucaristica come « culmine e fonte » di tutta l'azione liturgica, senza tuttavia tralasciare di valorizzare la Liturgia delle Ore celebrata comunitariamente e di promuovere una corretta integrazione tra vita liturgica e religiosità popolare;
adattare i riti alle diverse e nuove situazioni in cui i fedeli si trovano a vivere.
Tutto questo nella convinzione che, quando si celebra in spirito e verità, quando la celebrazione è azione partecipata da un'assemblea, quando testi e gesti sanno coinvolgere, la liturgia viene vissuta come reale esperienza del mistero, perché partecipazione dell'evento della Pasqua e, perciò, fonte ed espressione di autentica vita spirituale.
Va pure sottolineata l'opportunità di una scambio virtuoso da realizzare tra la tradizione orientale, che nell'azione liturgica accentua e valorizza maggiormente la dimensione del mistero e quella latino-occidentale, più portata a valorizzare le dimensioni della comunione e della missione.
Indice |
85 | Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi spagnoli delle Province ecclesiastiche di Grenada, di Sevilla e di Valencia in visita « ad limina » ( 7 luglio 1998, 4 ). |
86 | Ivi. |