Instrumentum Laboris

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Annunciare il « Vangelo della speranza »

Martyria

51. Un « supplemento d'anima » per l'Europa

In un'epoca, come la nostra, che sta attraversando una grande svolta storica, mentre si va trasformando il volto dell'Europa e del mondo, emerge, rinnovato e urgente, il bisogno di evangelizzare: « Oggi la Chiesa si sente sollecitata dal Maestro ad intensificare " ad intra " e " ad extra " lo sforzo dell'evangelizzazione.

Si sente costantemente una Chiesa missionaria, una Chiesa inviata, per spargere il seme della parola di Dio nel terreno del mondo contemporaneo ».71

Se questa è la sfida che attende la Chiesa di oggi, non può essere certamente sufficiente un appello nostalgico o romantico alla pur grandissima eredità europea, alle sue radici e alla sua anima cristiana.

A questo proposito, tra l'altro, risulta che pochi ritengono che si possa affermare che l'Europa ha un'anima cristiana.

Tale affermazione, infatti, non può non suscitare seri interrogativi se si tiene conto della storia europea di questo secolo con i drammi, i conflitti, le oppressioni dell'uomo e le ideologie che l'hanno accompagnato e se si guarda ai diversi fenomeni culturali, per una parte negativi e per altra oltremodo problematici, che caratterizzano l'attuale contesto europeo.

Forse sembrerebbe più accettabile dire che possono essere tuttora rintracciate delle profonde radici cristiane nella storia e nelle vicende dell'Europa e, soprattutto, che tali radici non sono irrimediabilmente intaccate dal processo di secolarizzazione e che sussiste un considerevole bisogno del sacro e un promettente ritorno a riferimenti di tipo religioso.

Né si può dimenticare che l'Europa di oggi, e ancor più quella futura, appare come realtà profondamente multiculturale e multireligiosa, nella quale cresce la presenza dell'Islam oltre a una diffusa indifferenza religiosa.

Non si tratta, quindi, come, per altro, già risultava dalla prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi di postulare una coincidenza tra Europa e cristianesimo, mai esistita ed ora meno che meno proponibile.

Non c'è dubbio, infatti, che l'Europa e la cultura europea siano cresciute da molte radici.

E, tuttavia, nessuno può dubitare che la fede cristiana appartenga, in modo radicale e determinante, ai fondamenti dell'identità europea.

Si può affermare, cioè, che il cristianesimo ha dato forma all'Europa, imprimendovi alcuni valori fondamentali, quali:

la fede in un Dio trascendente, entrato per amore nella vita degli uomini;

il concetto nuovo e centrale della persona umana e della sua dignità, tanto da poter dire che la centralità etica della persona umana costituisce il referente primario e il principio di individuazione dell'identità europea;

la fraternità tra gli uomini, quale principio di convivenza solidale nella diversità degli uomini e dei popoli.72

Si tratta, piuttosto, riconoscendo e rivitalizzando questa preziosa eredità, di dare anche oggi un « supplemento d'anima » all'Europa che sta nascendo.

È questa, per altro, una richiesta che va emergendo anche tra le persone più attente e responsabili del Continente.

Per fare questo, la Chiesa non ha altra forza e altra strada che quella del Vangelo.

Ne viene, ancora una volta, l'urgenza e l'importanza di sviluppare quella « nuova evangelizzazione » di cui parla, instancabilmente e con particolare riferimento all'Europa, Giovanni Paolo II.

Essa non parte certo da zero e, tuttavia, deve essere avvertita come compito primario, deve occuparsi di nuovo del fondamento, cioè di Gesù Cristo e del Dio di Gesù Cristo, e correlativamente della dimensione trascendente della persona umana, nella convinzione che la sua centralità etica non può resistere a lungo se viene privata del proprio substrato ontologico.

Non basta, dunque, proporre quei valori che si possono qualificare come evangelici e insieme umanistici, come la giustizia, la pace, la libertà: non perché essi non siano essenziali, ma perché è in gioco qualcosa di più originario e fondante.73

52. La nuova evangelizzazione

Se oggi come viene ampiamente riconosciuto si riscontra una certa convergenza nel ritenere la nuova evangelizzazione come un impegno primario nella vita e nell'azione della Chiesa , non si può non notare che, a volte, tutto ciò rischia di limitarsi a una affermazione verbale ricorrente nel linguaggio e nei ragionamenti cui non fa riscontro la realtà.

Di qui il bisogno di un cammino ancora lungo perché davvero la prospettiva della nuova evangelizzazione risulti prioritaria in tutta l'azione pastorale della Chiesa.

Non manca, tuttavia, chi sottolinea che la nuova evangelizzazione non è vista come impegno primario o che, addirittura, ci si imbatte in qualche resistenza di fronte a questa prospettiva o per il permanere di una certa mentalità conservatrice o per una certa incomprensione della realtà della nuova evangelizzazione e del suo significato.

A tale proposito, c'è chi suggerisce di interrogarsi sulla stessa formulazione verbale per vedere se non si debba parlare di « evangelizzazione nuova » più che di « nuova evangelizzazione », così da mettere in luce che non si tratta di predicare un nuovo vangelo, ma di proporre alle diverse generazioni, in un contesto nuovo, con una forza nuova e con metodi e mezzi nuovi il permanente Vangelo di Gesù Cristo vivente nella sua Chiesa, nella convinzione che « Cristo che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli » ( Eb 13,8 ).

53. Come si è già detto, l'obiettivo principale della nuova evangelizzazione e il suo contenuto essenziale sta nel proporre la figura di Gesù Cristo come unica fonte di salvezza per tutti gli uomini.

Diversi sono i modi con cui ciò può avvenire: « proclamando » Gesù e la fede in lui in occasioni pubbliche e nel dialogo amichevole e fraterno;

attuando modi concreti di vita personale, familiare e comunitaria che rispecchino il Vangelo e sappiano così « attrarre » altri alla fede nel Signore;

come lampada sul candeliere o città sul monte, « irradiando » intorno a sé gioia, amore e speranza, perché molti vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli ( cfr. Mt 5,16 ),

siano « contagiati » e vengano conquistati considerando la condotta irreprensibile e animata dall'amore di singoli, gruppi e comunità ( cfr. 1 Pt 3,1-2 );

facendo da « lievito » che trasforma, vivifica e anima dal di dentro ogni concreta espressione culturale.

Sono tutti modi che non sempre si distinguono adeguatamente e che, spesso, si integrano a vicenda.

In ogni caso, tutti concorrono a sollecitare una « nuova » evangelizzazione.

Ne segue che nuovo deve essere l'impegno per l'evangelizzazione, perché nuove sono le chiusure e le resistenze alla forza e alla verità del Vangelo.

In modo particolare l'uomo moderno tende a riporre la sua fiducia nella scienza e nella ragione, facendole diventare gli unici elementi da cui derivare senso e criteri per il vivere umano.

Su questa base viene attribuito alla libertà un valore assoluto e indiscriminato.

La fede viene percepita come un limite al potere scientifico e tecnologico e un vincolo inaccettabile per la libertà.

Evitando ogni fuga nello spiritualismo, si tratta quindi di mostrare, con la parola e la testimonianza, la ragionevolezza della fede e nello stesso tempo di far capire che la ragione e la libertà senza la luce della fede non solo non raggiungono gli esiti sperati, ma si trasformano in un pericolo per l'uomo e la società.

Gli eventi tragici di questo secolo devono costituire un monito permanente di fronte alle ricorrenti assolutizzazioni dei diritti individuali o etnici.

L'annuncio e la testimonianza del Vangelo costituiscono la più grande risorsa per dare all'Europa quell'anima, indispensabile e tanto invocata, capace di fare dell'economia un servizio al bene comune, della politica il luogo di decisioni responsabili e lungimiranti, della vita sociale lo spazio per la promozione dei soggetti intermedi, dalla famiglia alle associazioni, che rappresentano il tessuto vivo della nuova comunità europea.

54. In molti casi, la nuova evangelizzazione è certamente incentrata, di fatto , sull'annuncio della persona di Gesù.

Tutto ciò è andato crescendo, in particolare, nella predicazione e nella catechesi.

È questa, per altro, un'esigenza che deriva dall'attuale contesto socioculturale, nel quale la figura di Gesù esercita una significativa forza di attrazione per i nostri contemporanei e, in particolare, per i giovani e il rapporto personale con lui viene avvertito come molto importante e significativo.

Si tratta, però, di vigilare perché lo stesso Signore Gesù non sia presentato solo come modello etico o come uomo esemplare, ma anche e innanzitutto come il Figlio di Dio vivo e l'unico e necessario Salvatore.

Di qui la necessità di una catechesi sistematica, di un continuo e corretto riferimento alla Parola di Dio, di una adeguata ripresa del mistero pasquale.

Più difficile, invece, appare in molti casi il percepire che il Signore Gesù è « vivente nella sua Chiesa »: non sono pochi, infatti, i cristiani, che pur avvertendo l'importanza del rapporto con Gesù non vedono né ritengono altrettanto importante il rapporto con la Chiesa.

Ciò può dipendere dal fatto che la concreta esperienza di Chiesa che alcuni incontrano non sempre appare come adeguata trasparenza del Signore.

Spesso va di pari passo con il fatto che anche per l'influsso esercitato dai mass media la Chiesa appare come realtà marginale alla società o, per altro canto, il suo ruolo viene spesso ridotto a quello di servizio sociale e di carità, mentre viene sottaciuto o addirittura negato o deriso il suo compito di guida.

Di qui come si è già visto la necessità e l'urgenza, per la Chiesa, di rinnovare il suo volto nella fedeltà al suo Signore,

di essere e presentarsi autenticamente come comunità di fede e di amore,

di favorire e sostenere l'incontro degli uomini e delle donne di oggi con il Risorto,

di essere autentico luogo di testimonianza evangelica non solo da parte dei suoi singoli membri ma anche come comunità vivente.

55. Una attenzione particolare deve essere, poi, riservata al rapporto tra libertà ed evangelizzazione.

A tale proposito, si converge nel ritenere che il nuovo clima di libertà che si respira in tutti i paesi d'Europa costituisce certamente un valore evangelico, ma non manca chi ricorda che esso non sempre viene sperimentato e vissuto come tale.

Senza dubbio esso consente di realizzare una fitta rete di relazioni, di comunicazione e solidarietà tra popoli, culture, sistemi sociali e politici e fedi religiose differenti.

E questo è parte significativa e rilevante di un'evangelizzazione nuova dell'Europa, che in un recente passato è stata teatro di tante profonde divisioni, dolorosi conflitti e tragiche guerre.

Da parte di alcuni si chiede di chiarire in che cosa consiste veramente la libertà, dato che spesso la concezione di libertà diffusa nell'Europa di oggi è debitrice di una visione neoliberale individualista e utilitaristica della realtà e, come tale, non solo non favorisce, ma ostacola l'opera evangelizzatrice.

Va pure ricordato che spesso il cristianesimo, e in esso particolarmente la Chiesa, sono visti come ostacoli e nemici della libertà e che si tenta di persuadere l'uomo e le società intere che Dio è di ostacolo sulla via verso la libertà.

A tale proposito, è necessario presentare il vero volto del Dio di Gesù Cristo, che non è di ostacolo alla libertà ma il garante della vera libertà.

Nello stesso tempo, è importante che la Chiesa stessa sappia presentarsi come pronta ad ascoltare le domande e i problemi degli uomini e delle donne, offrendo loro la risposta del Vangelo, nella verità e nella carità, in un clima come da qualcuno viene sottolineato di autentica fraternità e « sinodalità » dentro la stessa Chiesa, nelle singole conferenze episcopali, tra le diverse Chiese locali e le istanze ecclesiali regionali o universali.

56. Diversi sono anche gli ostacoli e le difficoltà che la nuova evangelizzazione incontra nell'Europa di oggi.

In molti paesi sono riconducibili ad alcuni fenomeni sociali e culturali, quali:

le tante forme di indifferenza religiosa;

una sorta di pluralismo indifferenziato e tendenzialmente scettico o agnostico;

il relativismo etico;

il peso di un liberalismo sfrenato in occidente e il suo influsso crescente nell'est europeo;

un diffuso appiattimento sugli interessi materiali con il conseguente clima di materialismo pratico e di edonismo individualista;

una certa superficialità nei rapporti interpersonali;

l'individualismo e il disinteresse di fronte a urgenze e interpellanze emergenti in molte aree del vivere civile e sociale;

il ruolo sempre più decisivo e persuasivo dei mezzi di comunicazione sociale;

un certo fondamentalismo e fanatismo settario, che si riscontra soprattutto in alcuni paesi;

il senso di assuefazione che a volte si insinua in chi crede di conoscere già abbastanza il Vangelo.

Ci sono poi alcune situazioni ecclesiali che costituiscono altrettante difficoltà nell'impegno di evangelizzazione.

Tra questi, da più parti vengono sottolineati:

l'invecchiamento del personale attivo nell'evangelizzazione,

l'inefficacia di tanto linguaggio religioso e la mancanza di autorevolezza nell'esercizio dell'autorità.

Specialmente nelle Chiese e comunità dell'Europa occidentale, l'invecchiamento del clero, degli appartenenti agli istituti di vita consacrata, delle laiche e dei laici impegnati attivamente nella vita delle parrocchie offre un'immagine piuttosto vecchia e poco dinamica della Chiesa e ostacola il flusso vocazionale, rendendo così piuttosto difficoltoso l'impegnarsi in modo creativo nell'opera evangelizzatrice.

Alcuni parlano anche dell'inefficacia e dell'incomprensione del linguaggio e dei messaggi del magistero.

Sovente, infatti, il linguaggio della fede impiegato in testi ufficiali della Chiesa, nella predicazione, nella catechesi appare come molto distante dall'ordinaria esperienza umana.

Di qui il bisogno di trovare un nuovo linguaggio con cui parlare in maniera penetrante e convincente del mistero santo e insondabile di Dio: un linguaggio che nasce da un silenzioso ascolto delle Scritture e delle persone, lasciandosi mettere in questione dai loro problemi e dai loro punti di vista.

Né va dimenticato che la crisi di autorevolezza nei pronunciamenti della Chiesa è dovuta anche al fatto che spesso gli interventi magisteriali vengono percepiti come un ribadire alcuni asserti riguardanti il campo della fede e della morale, senza riuscire a esibire in modo convincente le motivazioni e a confrontarsi seriamente con posizioni e ragioni differenti.

57. Ai fini dell'evangelizzazione nell'attuale contesto culturale europeo, determinante appare, in ogni caso, la presenza di segni vivi e trasparenti, capaci di manifestare la presenza del Signore, in modo da destare meraviglia e da interpellare le coscienze.

Non c'è dubbio, infatti, che « l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni » e che, di conseguenza, per poter evangelizzare, i singoli e la Chiesa intera devono offrire una testimonianza vissuta di fedeltà al Signore, di povertà, di distacco, in una parola, di santità.74

Decisiva è, quindi, la presenza e la testimonianza di santi: la santità è prerequisito essenziale per un'autentica evangelizzazione, capace di ridare speranza.

Occorrono testimonianze forti, personali e comunitarie, di vita nuova in Cristo.

Non basta che la verità e la grazia siano offerte mediante la proclamazione della Parola e la celebrazione dell'Eucaristia e dei Sacramenti; è necessario che siano accolte, vissute e testimoniate in tutte le relazioni e attività che costituiscono il vissuto concreto, nel modo di essere dei cristiani e delle comunità ecclesiali.

Non bastano discorsi e riti, per quanto belli, occorrono forme di vita belle e piene di significato e di fascino.

Nella misura in cui accolgono, vivono e manifestano l'amore di Dio, i cristiani e le comunità ecclesiali accolgono, vivono e manifestano Cristo presente in loro, gli consentono di incontrare gli indifferenti e i non credenti e di interpellare efficacemente le loro coscienze.

58. Diversi e molteplici sono, infine, gli ambiti e i percorsi della nuova evangelizzazione.

Tra questi, possono essere ricordati e meritano particolare attenzione: i giovani, i poveri, l'impegno sociale e politico, la comunicazione sociale.

I giovani rappresentano il futuro dell'Europa, sulla quale, del resto, incombe una grave ipoteca per l'insufficiente ricambio generazionale.

Verso di essi occorre indirizzare ogni sforzo, per offrire loro occasioni di crescita nella fede e per aiutarli sia a trovare nel Vangelo la risposta alla loro ricerca di felicità, di verità e di giustizia, sia ad essere evangelizzatori essi stessi.

In un'Europa che misura tutto con parametri economici, la Chiesa resta uno dei baluardi più solidi per l'attenzione agli ultimi e per la salvaguardia della dignità umana.

Questi valori fondamentali esigono l'individuazione di percorsi culturali e sociali adeguati, perché non manchi il contributo della Chiesa, che non si esaurisce nella sfera religiosa, nel momento decisivo in cui si pongono le basi per il futuro dell'Europa.

Le « res novae » createsi in Europa se non si vuole ricadere in nuove forme di non-riconoscimento e di rinnegamento dei valori dello spirito richiedono nei cristiani un sovrappiù di coscienza morale e di ispirazione evangelica.

Di qui la necessità e l'urgenza di una adeguata formazione di laici impegnati in ambito sociale e politico.

Una Chiesa che non comunica, non evangelizza né fa cultura.

Di qui la necessità e l'urgenza, per la Chiesa, di essere presente nel panorama del nuovo contesto comunicativo, sia mediante una attenzione per i media e al loro sapiente utilizzo, sia tramite una pastorale organica della comunicazione sociale.

59. In questo quadro, v'è chi mette in luce come le iniziative più significative di nuova evangelizzazione rilevabili in varie chiese d'Europa sono proprio quelle che intendono rispondere a esigenze e interpellanze particolarmente sentite oggi.

Così, a titolo esemplificativo, possono essere ricordate:

esperienze di impegno educativo, catechesi e incontri culturali che vanno al cuore della fede, in risposta all'esigenza di autenticità;

forme personali o associative di presenza evangelizzatrice dirette a stabilire rapporti di riconciliazione, di vicendevole accoglienza e di generosa compagnia e di dialogo, in risposta all'esigenza di relazione e di vicinanza che va affiorando in non pochi tessuti umanie sociali;

iniziative evangelizzatrici dirette a far riscoprire la dignità inviolabile di ogni persona umana e il senso della vita, in risposta alla diffusa interpellanza antropologica;

uno stile di vita alternativo nelle comunità parrocchiali e in singole aggregazioni, scuole di formazione all'impegno sociale e politico e ricerca di partecipazione alla vita civile, in risposta all'interpellanza etica e civile;

esperienze di pastorale giovanile orientate a una reale e gioiosa riscoperta del Signore e adesione a lui maturando scelte forti di vita nella Chiesa e nella società, in risposta alle diverse interpellanze avanzate oggi dai giovani stessi.

60. Evangelizzazione ed ecumenismo

Tra i requisiti importanti per una reale opera evangelizzatrice, va certamente annoverato il cammino ecumenico.

Non c'è dubbio, infatti, che, specialmente in Europa, l'unità dei credenti in Cristo sarebbe una opportunità fondamentale per dare nuovo slancio alla fede e alla sua incidenza nel tessuto culturale e sociale.

Per questo anche verificando il cammino fatto negli ultimi anni alla luce delle indicazioni della prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi75 la questione ecumenica non potrà non essere oggetto di attenta analisi da parte del Sinodo.

Nonostante il perdurare, or qui or là, di qualche atteggiamento di chiusura al dialogo ecumenico, abbastanza unanime sembra l'accordo circa la convinzione che la mancante unità dei cristiani indebolisce la comune testimonianza della fede e, conseguentemente, sulla necessità e sull'urgenza di una stretta collaborazione con le altre Chiese.

In tale direzione si sono compiuti considerevoli progressi: sono coinvolte attivamente le comunità locali, le comunità di vita consacrata e soggetti ecclesiali impegnati in incontri e dialoghi a raggio diocesano, regionale e di Chiesa locale.

Se tutto questo si manifesta con qualche fatica maggiore dove la presenza di altre Chiese è minoritaria, si deve però notare come anche in questi paesi va man mano crescendo la consapevolezza dell'imprescindibilità della dimensione ecumenica nella vita e nella missione della Chiesa.

Tra i fattori che contribuiscono a far crescere questa più diffusa sensibilità ecumenica c'è chi annovera sia le esperienze felici di incontri come quelli di Graz e quelli che si sono svolti nello « spirito di Assisi », sia l'esistenza di un « ecumenismo pratico » nella vita quotidiana di tanti fedeli e, in particolare, in ambito caritativo e sociale.

Non sarebbero neppure da trascurare, nel dialogo ecumenico, la rilevanza della vita monastica nell'Europa orientale come in quella occidentale e il ruolo dell'arte e della cultura.

Quanto all'aspetto dottrinale mentre si nota la disponibilità a cercare vie di confronto e avvicinamento teologico, che hanno già sortito effetti positivi, di cui si ha traccia evidente in alcune dichiarazioni comuni76 si sottolinea che lo sforzo per raggiungere l'unità non deve essere fatto a spese della verità e che un « ecumenismo di superficie » sarebbe in contrasto con una unità veramente stabile nella fede e nella « diversità riconciliata ».

61. Nel contempo, però, si rileva un po' generalmente che ci si trova di fronte a momenti di difficoltà, o addirittura di crisi.

In particolare, con la caduta del muro di Berlino e l'ampliamento dell'Europa, le relazioni con le Chiese ortodosse è diventata una grossa sfida, soprattutto per il crescere di una sorta di sfiducia reciproca e per i problemi concernenti

la restituzione degli edifici di culto e di altri beni ecclesiastici,

il riconoscimento giuridico delle varie istituzioni cattoliche,

la possibilità, i limiti e i metodi dell'azione evangelizzatrice,

i problemi connessi con la possibilità e la pratica della « intercomunione ».

Forti tensioni sono sorte specialmente con le Chiese cattoliche orientali e i vicendevoli rapporti a volte sono difficili e conflittuali.

Non mancano, tuttavia, segnali di abbassamento della tensione e di superamento di alcune difficoltà;

si cerca di intessere legami di amicizia per una maggiore conoscenza vicendevole e per far crescere il confronto tra i responsabili;

si dà spazio a momenti di incontro culturale, a scambio di professori in alcune istituzioni, a partecipazione alle rispettive feste liturgiche.

In paesi a maggioranza protestante della popolazione non di rado emergono problemi a causa di differenti valutazioni di alcune questioni etiche.

62. In dialogo con l'ebraismo e con le altre religioni

Già nella prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, nella considerazione di quanto è connesso con la nuova evangelizzazione e da essa è richiesto, si poneva l'accento sull'importanza di instaurare e vivere uno speciale rapporto con i nostri « fratelli maggiori » ebrei , nella convinzione che « la comune collaborazione a molteplici livelli tra cristiani ed ebrei, nel rispetto della diversità e dei contenuti specifici delle rispettive religioni, può assumere un grandissimo significato per il futuro religioso e civile dell'Europa e per il compito che essa ha nei confronti del resto del mondo ».77

E questo non solo perché la fede e la cultura ebraiche rappresentano un elemento costitutivo dello sviluppo della civiltà europea, ma anche e soprattutto in forza delle comuni radici che ci sono tra il cristianesimo e il popolo ebraico.

La Chiesa, infatti, in virtù delle sue origini, ha un rapporto intrinseco, permanente e peculiare con il popolo ebraico.

Di conseguenza il dialogo con l'ebraismo è di fondamentale importanza per l'autocoscienza cristiana e, dunque, per lo stesso cammino ecumenico.

Si tratta, allora, di verificare quanto si è fatto in questi anni e di continuare nel cammino intrapreso.

In particolare, non si tratta solo di condannare e rigettare, a ogni livello, tutte le forme di antisemitismo.

Più positivamente e radicalmente, occorre « operare perché fiorisca una nuova primavera nelle relazioni reciproche tra le due religioni ».78

Ciò può comportare, tra l'altro,

di educarsi a riconoscere il ruolo singolare di Israele nella storia della salvezza,

di leggere il Nuovo Testamento non giustapponendolo o contrapponendolo all'Antico ma in continuità con esso,

di venerare il mistero del popolo ebraico, conoscerne la storia e le tradizioni religiose, la cultura e le ricchezze spirituali,

come pure di instaurare rapporti di vera e fraterna amicizia e di collaborazione con gli appartenenti alle comunità ebraiche, fino a sviluppare una comune responsabilità di fronte ai problemi della società in Europa e nei singoli paesi.

63. La crescita dei flussi migratori, intensificando il contatto con persone di altre tradizioni religiose, fa crescere l'esigenza di comprendere più profondamente che cosa, in questo contesto multiculturale e multireligioso, comporta per la Chiesa e per i cristiani la responsabilità dell'annuncio del Vangelo: è questo un compito al quale il Sinodo e le Chiese in Europa non possono sottrarsi.

Come già si affermava otto anni fa, al termine della prima Assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, è necessario che « le altre religioni siano meglio conosciute, per poter instaurare un fraterno colloquio con le persone che a esse aderiscono e vivono in mezzo a noi ».79

Non basta, però, risolvere l'attenzione pastorale alle diverse tradizioni religiose in azioni caritative e assistenzialistiche; né è sufficiente un impegno comune tra i cristiani e gli appartenenti alle altre religioni in ordine alla giustizia, alla pace, alla libertà, alla salvaguardia della creazione.

È urgente e necessario, piuttosto, un confronto che stimoli provvidenzialmente il recupero e l'approfondimento di valori fondamentali della tradizione cristiana.

E questo perché « il rispetto della libertà e la giusta consapevolezza dei valori che si trovano nelle altre tradizioni religiose non devono indurre al relativismo, né indebolire la coscienza della necessità e dell'urgenza del comandamento di annunciare Cristo »80 e perché un sincero e prudente dialogo, lungi dall'indebolire la fede, la deve rendere più solida e profonda.81

64. In particolare, data la rilevanza che la presenza dell'Islam va sempre più assumendo in Europa, quanto mai necessario si rivela il dialogo con i musulmani; ma esso « deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli.

Affinché la solidarietà reciproca sia sincera, è necessaria la reciprocità nei rapporti, soprattutto nell'ambito della libertà religiosa, che costituisce un diritto fondato nella stessa dignità della persona umana e che pertanto deve essere valido in ogni luogo della terra ».82

Occorre, quindi, affrontare con serietà e lungimiranza le sfide poste da questa situazione.

Per questo sia promuovendo una precisa analisi e un adeguato discernimento delle diverse correnti presenti nell'Islam, sia continuando in tutta chiarezza il dialogo con i musulmani « si tratta di conoscere meglio i loro valori spirituali e morali e, al tempo stesso, di consentire ad essi di avere una comprensione giusta della fede e della vita della Chiesa cui si accostano.

A questo riguardo, è utile che sacerdoti e laici siano preparati a condurre questi dialoghi o a consigliare le comunità più coinvolte ».83

65. Il problema delle sette

L'annuncio del « Vangelo della speranza », infine, deve oggi tener presente anche il complesso e variegato fenomeno delle sette.

Esse sono diversificate tra di loro già in rapporto all'origine: è, quindi, necessario distinguere le sette di origine cristiana da quelle derivanti da altre religioni o da un certo umanesimo; quand'anche, poi, fossero di origine cristiana, esse vanno adeguatamente distinte dalle Chiese, dalle comunità ecclesiali o dai movimenti legittimi all'interno delle Chiese.

Le sette, inoltre, sono diverse anche in rapporto alla grandezza, alle credenze, agli atteggiamenti e ai comportamenti verso altri gruppi religiosi e verso la società.

In genere, si qualificano come

gruppi religiosi relativamente piccoli che promuovono una identità forte negli adepti, fino a giungere talora a forme di completa dipendenza;

si pongono spesso in netta contrapposizione al contesto religioso e sociale circostante, usando anche metodi di propaganda molto aggressivi;

e favoriscono un intenso clima di accoglienza tra persone superando situazioni di isolamento;

propugnano messaggi apocalittici, di credenza nell'aldilà e nell'avvento di un « mondo nuovo ».

Diverse, anche se non divergenti, sono pure le interpretazioni che vengono date di questo fenomeno.

Per alcuni sarebbero una conferma dell'attuale secolarizzazione;

per altri sarebbero l'effetto della crisi del razionalismo tecnico-scientifico, con il richiamo a qualcosa di « altro » e di gratificante;

per altri, ancora, una reazione alla burocratizzazione e all'anonimato di alcune esperienze religiose, con la ricerca di spazi comunitari aventi funzioni integrative e terapeutiche.

C'è, infine, chi ritiene che esse rivelerebbero l'emergere del bisogno religioso e, quindi, sarebbero un segno inconfondibile, in positivo e in negativo, della vitalità religiosa della fine di questo secolo.

66. In ogni caso, si tratta di un fenomeno che interpella le Chiese e che le responsabilizza.

Spesso, tanto dell'Est quanto dell'Ovest, esse cercano di affrontare questo fenomeno con iniziative tese a far sì che le loro comunità locali siano luoghi più amorevoli e calorosi, dove le persone possono soddisfare le attese a cui le sette danno risposte parziali e non di rado disumanizzanti.

Nello stesso tempo e generalmente, si cerca di prevenire la diffusione di questo fenomeno mediante una più solida formazione dei fedeli.

In molti paesi esistono anche, a livello diocesano o interdiocesano, qualificate istituzioni che si impegnano ad affrontare il fenomeno sia con un'azione formativa, sia con attività di consulenza.

Più radicalmente, la Chiesa si vede sollecitata a un serio esame di coscienza su se stessa e a un profondo rinnovamento di fronte non soltanto a eventuali lentezze, vuoti o distorsioni della propria azione pastorale, ma anche e soprattutto al dovere supremo di annunciare a tutti i popoli Gesù Cristo, unico salvatore dell'uomo.

La risposta della Chiesa attraverso il tessuto ordinario della vita dei singoli fedeli ( laici, consacrati, ordinati ), delle famiglie, delle parrocchie, delle associazioni e dei diversi gruppi e movimenti ecclesiali deve essere « globale »:

deve ridare agli stessi cristiani, con una fede matura e convinta, la gioia, l'entusiasmo, la fierezza della loro identità di seguaci di Gesù nella Chiesa;

deve sostenere e incoraggiare il primato della spiritualità.

Come ha detto il Papa: « Al preoccupante fenomeno delle sette, bisogna reagire con un'azione pastorale che ponga al centro di tutto la persona, la sua dimensione comunitaria e il suo anelito a un rapporto personale con Dio.

È un fatto che là dove la presenza della Chiesa è dinamica, come nel caso delle parrocchie in cui si impartisce un'assidua catechesi sulla parola di Dio, là dove esiste una liturgia attiva e partecipata, una solida pietà mariana, una effettiva solidarietà nel campo sociale, una forte sollecitudine pastorale per la famiglia, per i giovani, per i malati, vediamo che le sette o i movimenti para-religiosi non riescono ad attecchire o a svilupparsi ».84

Indice

71 Giovanni Paolo II, Discorso a un gruppo di Vescovi della Conferenza episcopale della Polonia in visita « ad limina » ( 12 gennaio 1993, 2 ).
72 Cfr. Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 2.
73 Cfr. Ivi, 3.
74 Cfr. Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 41 ( 8.XII.1975 ).
75 Cfr. Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 7.
76 Tra le altre, cfr. Joint International Commission for the Theological Dialogue between the Roman Catholic Church and the Orthodox Church, Uniatism, Method of Union of the Past, and the Present Search for Full Communion ( Balamand, 23 giugno 1993 ),
in: Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Information Service, 83 ( 1993/II ) 96-99;
Anglican-Roman Catholic International Commission, Clarifications of Certain Aspects of the Agreed Statements on Eucharist and Ministry ( settembre 1993 ),
in: Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Information Service 87 ( 1994/IV ) 239-242;
Lutheran-Catholic International Dialogue, Church and Justification: Understanding the Church in the Light of the Doctrine of Justification ( 11 settembre 1993 ),
in: Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Information Service 86 ( 1994/II-III ) 128-181;
Pontifical Council for Promoting Christian Unity - World Lutheran Federation, The Joint Declaration on the Doctrine of Justification ( 1997 ),
in: Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Information Service 98 ( 1998/III ) 81-86.
77 Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 8.
78 Ivi.
79 Ivi, 9.
80 Ivi.
81 Cfr. Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso - Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli, Dialogo e annuncio.
Riflessioni e orientamenti sul dialogo interreligioso e l'annuncio del Vangelo di Gesù Cristo ( 19.V.1991, 50 ).
82 Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea speciale per l'Europa, Dichiarazione finale, 9.
83 Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale della regione apostolica Nord della Francia in visita « ad limina » ( 18 gennaio 1992, 4 ).
84 Giovanni Paolo II, Discorso alla IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano [ Santo Domingo ] ( 12 ottobre 1992, 12 ).