Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 22 Gennaio 1919

Questa sera alle 18,30 fui nuovamente da Fra Leopoldo, come lui me ne aveva mostrato desiderio.

Mi dice che mi aspettava. E con me Cambiaghi.

Si parla di un predicatore.

Fra Leopoldo mi parla del Prof. Teodoreto ed io gli domando se ha chiesto se posso ancora rileggere i detti del Signore.

Fra Leopoldo mi risponde subito affermativamente ed io me ne mostro felice.

Difatti l'impressione avuta fu tale che da tre giorni io vivo continuamente alla presenza di Gesù Crocifisso e la mia fede si è talmente rinforzata da non sentire più nessun dubbio, mentre sento un grande desiderio di comunicare agli altri questo mio stato d'animo per rinvigorire la fede.

Anzi, gli esposi che nel mattino mi era balenata l'idea insistentemente di radunare i Sacerdoti del paese e parlar loro, senza accennare dove e come, ciò che il Signore desidera da loro per il bene delle anime.

Fra Leopoldo trova buona l'idea, ma prudente, dice che prima pregherà per vedere se era giunta l'ora. Cambiaghi osa chiedere a Fra Leopoldo se sarebbe stato possibile anche lui godere di questo privilegio di leggere i detti del Signore.

Fra Leopoldo si raccoglie un momento, alza i suoi occhi puri, innocenti al cielo in atto di richiesta, tace un momento, e poi con quella sua carità che non offende mai perché è schietta, spontanea, affabile, gli dice di essere contento di avere avuto il privilegio di averle sentite raccontare da me, di sentire tante cose ogni sera, ma che era volontà del Signore che rimanessero segrete sino alla sua morte.

Mi dice che il Prof. Teodoreto è molto riservato in questo e mi ripete che il privilegio concesso a me era grandissimo, perché nessuno aveva potuto leggerli, nemmeno i suoi superiori, né i superiori delle Scuole Cristiane, nessuno sapeva di queste meraviglie.

Mi esorta a non favellare con nessuno, nessuno perché si andrebbe contro la volontà del Signore e questo sarebbe male.

Fra Leopoldo ci fa diverse confidenze, con una semplicità, una carità, un'affezione così pura, così santa che il mio animo sente crescere per questo Santo una venerazione tale da non potersi dire.

Mai sulle sue labbra una parola di mormorazione, mai un cenno di sfiducia, mai una ostentazione, mai un minimo senso di superbia, mai, ma una profonda, sicura convinzione di non essere che uno strumento del Signore.

Egli dice che se potesse dire ciò che ha provato e prova nella Santa Comunione e quando è vicino al Santo Tabernacolo, sono cose così divine, tali trasporti che non è possibile manifestare.

E vi è nel suo dire una tale sincerità, una così profonda sicurezza, che si vede, si è sicuri, che per lui ormai sono cose di ogni giorno.

E confessa spontaneamente la sua ignoranza e sorride e dice che tutto è opera del Signore.

Mi ricorda come un giorno la Vergine Consolata gli avesse detto di chiamarla in quel giorno "Mater amabilis".

Dice che il libro che uscirà farà tanto bene.

Quando io gli dico diverse cose lette nei Santi detti, egli mi guarda e mi dice che nel sentirli ripetere se li ricorda.

Ma quando dico che ciò che riguarda i suoi scritti, è tutta una elevazione mistica e si riscontrano passi che sembrano uguali alla Imitazione e altri che quantunque molto superiori ricordano pallidamente i colloqui del Borsi, Fra Leopoldo dice che è tutto il Signore ciò che egli ha scritto, perché lui non ne era capace e che ha scritto nei momenti che Gesù Crocifisso lo inondava di amore.

Dice che lui ha compreso molto bene i colloqui del Borsi e se ne mostra ammiratore, dicendo che quell'anima è certamente in Paradiso.

Certe elevazioni si comprendono da chi ama il Signore e quell'anima deve averlo amato molto.

Mi parla di un mio Crocifisso e mi dice piano di ritornare domani che mi doveva dire una cosa.

Ci accompagna alla porta e ci congeda, mentre Cambiaghi, pieno di venerazione, bacia la mano a Fra Leopoldo.

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