Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 23 Gennaio 1919

Questa sera alle 18 fui da Fra Leopoldo.

Mi chiese subito il perché non fossi andato lì dopo pranzo e mi scusai dicendogli che ero uscito con i bambini e mi ero recato a Valsalice per parlare con il Dott. Coiazzi Salesiano, per chiedere sulla vita del Borsi e Psichari e non aver fatto ritorno che verso le 17.

Fra Leopoldo mi parla del mondo, delle miserie e mi dice che quantunque lontano vede e sente attraverso tante cose un disordine, uno scontento generale che addolora.

Mi ripete delle meraviglie del Signore e si compiace nel sentirmi riaffermare che quella lettura mi ha fatto tanto bene.

Mi dice che il Prof. Teodoreto, il quale è uomo molto prudente, serio e pondera ogni parola e ogni atto, si è sempre mostrato restio in queste cose e " nessuno sa di questi quaderni ove sono raccolti i detti meravigliosi del Signore e solo lei ha avuto il privilegio di vederli ".

Io lo ringrazio e mi protesto indegno, ma Fra Leopoldo dice che lo aveva permesso il Signore.

Dico a Fra Leopoldo che alla sera qualche volta mi accade di trascrivere quanto egli mi va dicendo, sino verso le 23 o più, ed egli si stupisce della mia memoria.

Ma quando gli racconto che sovente esco dal suo parlatorio dimentico di molte cose, allora, come sempre, prendo il Crocifisso, lo prego, me lo pongo dinanzi perché il mio scritto sia vero e sincero, e comincio ad annotare senza più fermarmi, Fra Leopoldo mi dice come già altre volte: "Chissà che il Signore non voglia da lei qualche cosa".

Io protesto ancora ed egli dice che tutto è opera del Signore.

Fra Leopoldo si raccoglie, prende il suo tono dolce e mi accorgo che ha qualche confidenza.

Comincia un po' titubante, ma poi dice che bisogna pure che me lo dica.

Mi dice che una volta, proprio nel posto dove si è sempre, mentre parlava con il Prof. Teodoreto, vide come un'ombra, e poi un braccio posarsi sul Prof. Teodoreto.

Fra Leopoldo si affretta a dire che non vuole che siano cose straordinarie e non si sa spiegare e desidera che non lo sappia nessuno.

Poi si ferma ancora e mi accorgo che ha un'altra cosa da dirmi.

Sembra ancora un po' titubante, ma poi ripete: "Eppure bisogna che la dica".

Si raccoglie un momento, assume quel tono che non potrò mai far capire, perché generalmente vi sono solo quando mi parla così, ma è una dolcezza che mi prende tutti i sensi, tutte le mie facoltà si concentrano in quelle parole.

E continua: "Ieri sera è successo qualche cosa qui".

Si ferma, io intuisco e gli chiedo di indovinare.

Gli dico che più volte ho pensato che quando si allontana un momento egli qualche volta va in cucina, ma spesso ha bisogno di ritirarsi un momento con il Signore.

Fra Leopoldo non lo nega, i suoi occhi mi sorridono e continua.

Quando ieri sera si parlava del Signore, io ho sentito che aleggiava su di noi lo Spirito del Signore, perché mi ha preso una gioia intensa che non so esprimere, perché è un mistero anche per me e ho capito che avevamo con noi il Signore presente".

Io non stupisco, soltanto resto commosso.

Fra Leopoldo continua: "Il Signore è tanto contento quando parliamo di Lui e già tante volte mi è successo questo anche qui, di accorgermi non solo della Sua presenza, ma di sentirlo vicino.

Ieri sera non mi ha detto niente, ma l'ho sentito".

Quantunque queste cose facciano sul mio animo un senso profondo, pure io ne sono talmente certo che egli sia sempre vicino a Dio, da non stupirmi.

Egli non è un uomo comune e forse pochi come me hanno avuto la fortuna e grazia di sentirlo parlare con tanta confidenza, di avvicinarlo quasi ogni giorno e ogni giorno sentire dalla sua bocca narrare quanto avveniva tra il Signore e lui.

Ripeto che non mi stupisce, anzi mi stupirebbe il contrario.

E la sua umiltà è tale che quando stasera si parlava egli mi diceva come farà quando io sarò lontano e non potrà più conversare santamente sulle cose del Signore.

Alle mie sentite dichiarazioni che chi aveva da perdere ero io, ma che mi confortavo al pensiero di ritornare presto a vederlo per continuare la lettura dei detti del Signore che egli mi dice interessantissimi dopo quelli letti, mi ripete come il Signore non sia contento per la condotta di tanti Sacerdoti che hanno poca fede e come se ne lagni nei detti come di tanti religiosi.

Siccome io sono solito parlare a Fra Leopoldo con molta schiettezza ed egli se ne compiace con dei sorrisi ed esclamazioni, gli dico di perdonarmi, ma che dovevo esporgli un desiderio.

Ed era che avrei ritenuto grazia se, quando e come il Signore vorrà, molto tardi, dovesse venire ammalato, di recarmi al suo capezzale.

Fra Leopoldo mi guarda con molta dolcezza e mi dice con semplicità da stupire: "Ah, quando dovessi morire, bell'anima, grazie, il Signore gliela pagherà questa carità".

Queste parole ultime contengono tutto il suo cuore tanto sono espresse con sentimento cristiano sentito.

Mi dice che quando andrò via gli sarà tanto doloroso, ma si abbraccerà più stretto al suo Crocifisso, pregheremo e ci scriveremo.

Alla mia domanda se fra diversi mesi ritornando mi sarà concesso ancora leggere i detti susseguenti, Fra Leopoldo mi risponde subito affermativamente ripetendo che ormai il Signore lo aveva permesso.

Quando io gli dico che desideravo rileggerli qualche giorno prima di partire per portare via il ricordo fresco e duraturo, egli mi ripete che ormai l'impressione buona non si cancellerà più e sarà duratura.

ueste parole mi confortano molto.

Mi dice che oggi ha pensato quasi tutto il giorno a me ed al sig. Ammiraglio.

Mi ripete che desidererebbe conoscerlo, ma che ora non saprebbe come poterlo ricevere.

Io gli ripeto il bene che la lettura dei detti del Signore ha esercitato su di me in questi quattro giorni; bene immenso che mi ha privato di qualunque dubbio, regalandomi una fede consolante e sicura.

Entra il mio amico Cambiaghi, con il collega Grosso.

Fra Leopoldo ha per loro parole dolci di incoraggiamento, per Cambiaghi quando sarà lontano da Torino e gli domanda se continuerà per la via tanto bene cominciata.

Esorta senza tante parole, ma con semplicità umile, anche l'altro e quando ci congeda, mi raccomanda di ritornare domani dopo le 15.

Dimenticavo che parlando dei Sacerdoti e religiosi, mi disse che molti credono che siano basta quelle poche preghiere d'obbligo, ma che invece se il Sacerdote e il religioso vogliono mantenersi degni del loro stato devono pregare e pregare molto.

Mi dice pure con piacere come in questi ultimi tempi tanto d'incredulità sia stato un fiorire di anime sante in numero consolante anche in Torino.

Il Beato Cottolengo, il Ven. Don Bosco, Cafasso, le sorelle Comoglio, il Perazzo e la Rosa Ferro, la quale aveva un Crocifisso che nel venerdì sudava vivo sangue.

Egli stesso conserva nella sua camera dei pannolini intrisi di sangue e mi dice che il Fratello Caneparo ( che io conosco personalmente ) Sacramentino, rimase un venerdì intero presso il Crocifisso, per accertarsi del fatto e proprio quando era l'ora della Passione di Nostro Signore, cominciava il sangue a trasudare dalle ferite e bagnava pannolini e gocciolava.

Questo Crocifisso si conserva in Roma presso il Vaticano.

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