Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 10 Marzo 1919

Oggi alle ore 18,15 fui da Fra Leopoldo, il quale appena entrato col suo "Deo Gratias" mi baciò in segno di grande affetto, esprimendo una vera gioia di vedermi.

Alla mia domanda che cosa aveva di importante da dirmi, risponde che il Signore mi voleva tanto bene, e che gli aveva rivelato "che mi aveva nell'abisso del Suo Costato, che mi voleva tanto bene, e che desiderava che io pure lo amassi tanto".

Fra Leopoldo mi aggiunge che non sapeva ciò che il Santo Crocifisso volesse da me, ma è certo che desiderava cose grandi, e che era convinto che mi avrebbe guidato, che avrei compiuto dei miracoli.

Oggi Fra Leopoldo parlava con una tonalità di voce così calma, sicura, angelica, da convincere il più scettico uomo.

E davvero ne avevo bisogno.

E, come intuendo quanto aveva agitato e si agitava nella mia mente, continua: "Riguardo a quanto si aveva detto, il Santo Crocifisso mi disse ieri sera che tu devi rimanere calmo, tranquillo, che nessuna cosa ti deve turbare perché religioso, io credo tu debba esserlo in mezzo al mondo, e poi il Signore ha detto che ti avrebbe guidato Lui".

Ripeto, Fra Leopoldo oggi deve essere doppiamente ispirato perché la sua parola è così calma, dolce, persuasiva da farmi un mondo di bene, come si vedrà appresso.

Io colgo l'occasione, e narro a Fra Leopoldo quanto segue: " Da due giorni che Lei mi riferì che il Santo Crocifisso aveva detto: "Enrico sarà religioso", io non avevo avuto più pace.

Mi sembrava una menomazione della mia volontà, non solo, ma sentivo un'avversione per questo, e non mi sembravo più libero di scegliere a mio talento.

Stamani poi, appena ricevuto il Signore, mentre Gesù-Ostia era ancora sulla mia lingua, sentii una tale ira, un sentimento così violento contro Fra Leopoldo, da non essere capace di formulare una preghiera e lo ritenni come una persona che mi avesse fatto tanto male.

Non solo rimasi distratto, irascibile, ma dubitai di tutto quanto mi aveva raccontato, accusandolo di finzione, ecc. e manifestando il mio risentimento a Cambiaghi, il quale pregai di recarsi nel dopo pranzo da lui, per spiegargli il mio stato d'animo, promettendo a me stesso di non andare mai più, perché dicevo che quanto mi aveva detto erano parole sue e non del Signore ".

Fra Leopoldo ascolta questa accusa contro di lui con serietà e umiltà non umana, e quando termino questa astiosa dichiarazione, con una carità angelica mi dice che è tutta opera del demonio, che ho fatto bene a dirglielo, di non cedere, altrimenti era un guaio.

Mi ripete che è sempre stata ed è tuttora sua convinzione che io sia nato per agire in mezzo al mondo dove potrò fare tanto bene, e che difatti il Signore non aveva specificato se dovevo ritirarmi in un convento, e che lui desidera e vuole, come gli ha detto il Signore, di andare tranquillo a casa, continuare a fare la vita di prima, vivere contento col papà e la mamma.

Mi dice che se anche dovessi accasarmi di stare tranquillo perché diventerei un bravo padre di famiglia, e si può essere veri religiosi in tutti gli stati.

Soprattutto però mi raccomanda ( e questo me lo ripete da diversi giorni ) procura di non lasciare mai la Santa Comunione.

"Ogni giorno se ti è possibile ricevi il Signore, e non lasciarlo se non per seri motivi".

E questo me lo raccomanda di nuovo alla fine.

"Quando andrai a casa, continua, ti porterai il Santo Crocifisso, farai ogni giorno la Santa Adorazione, e poi vedrai che Gesù ti guida lui, stai tranquillo".

Mi dice che io sono il beniamino del Signore, il quale vuole sempre che gli parli di me, e che mi vuole tanto bene.

Fra Leopoldo, vedendomi tanto schietto nel raccontargli il mio stato d'animo, assume il tono delle confidenze, e mi dice cose che non ha mai detto a nessuno per confortarmi.

E con una semplicità e schiettezza da commuovere mi dice che interesse avrebbe lui a passare delle ore e delle ore rubate al sonno per trascrivere quanto gli va dicendo il Santo Crocifisso.

Riguardo alla lotta del demonio non se ne stupisce, e mi dice che lui è stato persino assalito in letto, ha dovuto lottare, gettarsi a terra, e mi racconta questo fatto che conosce solo il Prof. Teodoreto ed io ora.

Una mattina, accostandosi a fare la Santa Comunione, egli sapeva, o intuì, che il Sacerdote non era in grazia di Dio.

Tremò, ma appena fu il suo turno, egli vide l'Ostia diventare nera.

Non osò staccarsi, ma appena ricevutala, gli venne una tentazione diabolica di toglierla di bocca.

Ma per un rispetto a Gesù che sapeva essere realmente presente non lo fece, si sentì mancare, fu portato nella sala ed a Fra Guido disse che nella Santa Comunione era stato avvelenato.

Poi si riebbe, e capì che era stato un gioco anche del diavolo nel tentarlo di togliersi di bocca la Sacra Ostia.

Non volle che si dicesse per un riguardo a quel Padre.

Mi racconta poi delle lotte che ebbe a sostenere nel Convento dove era tenuto senza riguardi da qualche religioso, ed egli, come fosse aiutato dal Signore, il quale gli diceva come doveva comportarsi.

Mi dice che sofferse molto, ma che il Signore non lo abbandonò mai.

Mi dice di star tranquillo, che stasera avrebbe pregato sia perché il Signore specificasse meglio su quanto voleva da me, sia perché mi aiutasse perché mi ritornasse la calma.

"Ma sin d'ora voglio che tu sia tranquillo e di continuare a vivere bene, perché tu dovrai fare molto e molto".

Mi aggiunge di fare stasera un atto di contrizione su quanto ho potuto dubitare e di rimanere tranquillo.

"Nessuno ha avuto il privilegio tuo, e lo dice anche il Prof. Teodoreto, di conoscere cose che sono nascoste agli stessi suoi Superiori".

Dice che i Fratelli delle Scuole Cristiane faranno un archivio dove metteranno le grazie strepitose ottenute da Gesù Crocifisso.

E parlando della necessità di anime Sante nel mondo mi dice che crede che la Pia Unione avrà questa missione, di formare dei giovani religiosi in mezzo al mondo, che diventeranno poi molti dei Santi padri di famiglia.

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