Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LXX

I. Poi lo sposo è divenuto « diletto » perché si è pasciuto fra i gigli

1. Il mio diletto a me e io a lui che si pasce tra i gigli ( Ct 2,16 ).

Chi taccerà ormai la sposa si presuntuosa e si insolente se dice di aver stabilito un rapporto di amicizia con colui che si pasce tra i gigli?

Anche se si pascesse tra le stelle, per il solo fatto che si pascesse, non so che cosa di straordinario ci possa essere nell’avere amicizia o familiarità con lui.

Pascersi significa qualche cosa di basso, di umile.

Ma ora, quando si dice di lui che si pasce tra i gigli, ogni idea di bassezza viene esclusa, e si affaccia l’idea di temerità.

Che cosa, infatti, sono i gigli? Secondo la parola del Signore: Erba che oggi c’é e domani si mette nel forno ( Mt 6,30 ).

Quanto grande è costui che si pasce di fieno, come un agnello o un vitello?

È veramente un agnello e un vitello grasso.

Ma tu forse hai intelligentemente avvertito che in questo passo non è designato il pascolo, ma il luogo; non è detto, infatti, che si pasce « di gigli », ma tra i gigli. Sia.

Non mangia fieno come un bue; stare tuttavia in mezzo al fieno e giacere sul fieno come uno della plebe, che cosa può avere di speciale?

E che gloria è avere un diletto che fa questo?

Secondo la lettera appare abbastanza chiara la verecondia e la prudenza nel parlare della sposa, che dispone le sue parole con giudizio e tempera la gloria delle cose con la modestia delle parole.

2. Altre volte non ignora che è lo stesso e che si pasce e che pasce, che dimora tra i gigli e regna sopra gli astri.

Ma più volentieri ricorda le cose umili del diletto, per l’umiltà, come ho detto, ma ancora più perché ha cominciato ad essere diletto quando appunto ha cominciato a pascersi.

Poiché, colui che nell’alto dei cieli è il Signore, nelle infime cose è il diletto: sui cieli regna, e tra i gigli ama.

Amava anche sopra i cieli, perché mai e in nessun luogo poté non amare, lui che è amore, ma fino a che non discese tra i gigli e fu visto pascersi tra i gigli né fu amato, né divenne diletto.

Come? Non fu amato dai Patriarchi e dai Profeti?

Sì, ma non prima di essere stato visto da essi pascersi tra i gigli.

Essi, infatti, videro colui che previdero, a meno che qualcuno senza spirito pensi che vedere in spirito sia vedere nulla.

Per quale ragione, dunque, sono stati chiamati « veggenti » se non videro nulla?

Perciò vollero veder colui che non videro.

E non potevano volerlo vedere nel corpo se non l’avessero veduto in spirito.

Ma dico: forse sono tutti o quasi Profeti quelli che hanno voluto vedere, o hanno tutti creduto?

Quelli che videro, infatti, o furono Profeti, o credettero ai Profeti.

E credere è come aver veduto.

Non mi sembra che sbagli chi dice di vedere in spirito, sia chi vede per spirito di profezia, sia chi vede per la fede.

3. Così dunque il fatto di essersi degnato di scendere tra i gigli, e di pascersi tra i gigli, lui che tutti pasce, lo ha reso diletto, perché non poteva esser amato prima di essere conosciuto.

E per questo quando è stata fatta menzione del diletto, è stato anche ricordato ciò che fu causa di dilezione e di conoscenza.

II. I gigli spirituali fra i quali lo sposo si pasce

Questo pascersi tra i gigli deve avere un significato spirituale; è ridicolo, infatti, pensare a un pasto corporeo.

Dovremo, per quanto possibile, mostrare anche il significato spirituale dei gigli.

Penso che dovremo anche chiarire di che cosa si pasca il diletto, se degli stessi gigli, o delle altre erbe o fiori nascosti tra i gigli.

E a me pare più difficile il fatto che si dice che lo Sposo si pasce, non che pasce.

Non c’è dubbio che egli pasce, e questa non è cosa indegna di lui; ma pascersi suona indigenza, e neppure in senso spirituale si può facilmente attribuirlo a lui senza recare ingiuria alla maestà.

Né mi ricordo di aver mai fino a ora nel commento di questo Cantico trovato che lo Sposo si pasca, mentre ricordate anche voi come lo abbiamo trovato a pascere.

La sposa ha chiesto una volta che le mostrasse dove pascesse e riposasse nel meriggio.

E ora, cosa che non aveva ancora detto, lo presenta che si pasce, ma non chiede che le venga indicato il posto; lei stessa lo indica dicendo: tra i gigli.

Questo lo sa, quell’altro non lo sa, perché non è ugualmente a portata di mano ciò che è sublime e dimora nell’alto dei cieli e ciò che è umile e sopra la terra.

Sublime opera, sublime anche il luogo, né per il momento vi può accedere neppure la sposa.

4. E per questo egli si è annichilito fino a questo punto, per pascersi, egli sommo pastore; e fu trovato tra i gigli, e veduto dalla Chiesa fu amato dal povero egli stesso povero, divenuto diletto a causa della somiglianza.

E non solo per questa, ma anche per la verità, la mansuetudine e la giustizia: perché cioè per lui si sono adempiute le promesse, rimesse le iniquità, perché i superbi demoni sono stati giudicati insieme con il loro principe.

Apparve, dunque, tale da essere amato, verace per sé, mite per gli uomini, giusto per gli uomini.

O Sposo veramente degno di essere amato e abbracciato con tutto l’affetto del cuore!

Che cosa aspetta la Chiesa a darsi tutta con tutta devozione a un tale fidato restitutore, a un così pio perdonatore, a un così giusto propugnatore?

Il Profeta aveva promesso dicendo: Per la tua avvenenza e la tua bellezza avanza prosperamente ( Sal 45,5 ).

Da dove questa avvenenza e bellezza? Penso dai gigli.

Che cosa c’è di più bello dei gigli? Così nulla è più bello dello Sposo.

Quali sono dunque quei gigli per i quali rifulge lo splendore della sua bellezza?

Avanza, dice, e regna per la verità e la mansuetudine e la giustizia ( Sal 50,2 ).

Sono gigli; gigli, dico, nati dalla terra, che splendono sulla terra, eminenti tra i fiori della terra, fragranti più dell’odore degli aromi.

Tra questi gigli, dunque, e per questi lo Sposo è leggiadro e bello.

Altre volte, invece, per quanto riguarda l’infermità della carne, non vi era in lui né apparenza, né bellezza.

5. Un buon giglio è la verità, magnifico per il candore, eccellente per il profumo; è, infatti, candore della luce eterna, splendore e figura della sostanza di Dio.

Giglio veramente che la nostra terra alla nuova benedizione ha prodotto e ha preparato davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti.

Fino a che la terra fu sotto la maledizione germogliò triboli e spine.

Ma ora la verità è uscita dalla terra, sotto la benedizione di Dio, fiore bellissimo dei campi e giglio delle valli.

Riconosci il giglio dal candore che appena nato risplendette ai pastori nella notte, come dice il Vangelo: Un Angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce ( Lc 2,9 ).

È detto bene: La gloria del Signore, perché non candore dell’Angelo, ma del giglio: l’Angelo era presente, ma il giglio splendeva di là fino a Betlemme.

Riconosci il giglio dal profumo con il quale si fece conoscere ai Magi lontani.

È vero che apparve loro la stella; ma quegli uomini prudenti non l’avrebbero affatto seguita se non fossero stati attirati da una certa intima soave fragranza del giglio nato.

E veramente è giglio la verità, il cui odore anima la fede, e il cui splendore illumina l’intelletto.

III. Molto appropriatamente la verità è paragonata al giglio; il motivo per cui la mansuetudine e la giustizia sono gigli

Ora alza anche gli occhi alla persona stessa del Signore, che dice nel Vangelo: Io sono la verità ( Gv 14,6 ) e vedi come giustamente la verità sia paragonata al giglio.

Se non hai fatto attenzione osserva al centro di questo fiore tante virgole d’oro che vengono fuori, circondate dal candidissimo fiore che è posto tutto intorno come corona, e riconosci in Cristo l’aurea divinità, coronata dalla purità dell’umana natura, cioè Cristo con il diadema con cui lo ha coronato sua madre.

Poiché, in quanto coronato dal Padre suo abita la luce inaccessibile, né potresti per ora vederlo.

Ma di questo si parlerà altre volte.

6. Ora, dunque, giglio è la verità; è anche la mansuetudine.

E a proposito giglio è la verità; è anche la mansuetudine, avendo il candore dell’innocenza e il candore della speranza, perché l’uomo pacifico avrà una discendenza ( Sal 37,37 ).

Di buona speranza l’uomo mansueto, né meno splendido esempio, anche nella vita presente, di vita sociale.

Non è, forse, un giglio colui che splende per il dovere e dà il profumo per la speranza?

Inoltre, come la verità è germogliata dalla terra, così anche la mansuetudine.

A meno che qualcuno dubiti che è nato dalla terra l’Agnello dominatore della terra, quell’Agnello che fu condotto ad essere ucciso, e non aprì bocca.

E non soltanto la mansuetudine e la verità sono germogliate dalla terra, ma anche la giustizia.

Disse il Profeta: Stillate cieli dall’alto, e le nubi facciano piovere la giustizia, si apra la terra e produca la salvezza, e germogli insieme la giustizia ( Is 45,8 ).

Che poi la giustizia sia un giglio, ricordati della Scrittura: Il giusto germoglierà come giglio, e fiorirà in eterno davanti al Signore ( Os 14,6 ).

Questo giglio non è quello di cui è detto che oggi è e domani viene gettato nel forno, perché esso fiorirà in eterno.

E fiorirà davanti al Signore nella eterna memoria del quale sarà il giusto, né temerà annunzio di sventura: quell’annunzio cioè con cui i peccatori vengono mandati nella fornace di fuoco.

Pertanto, il candore di questo giglio a chi non splende, se non a chi non piace?

Infine, è un sole, ma non quello che nasce sopra i buoni e sopra i cattivi.

Infatti, quelli che diranno: Il sole di giustizia non è sorto per noi ( Sap 5,6 ), non hanno mai visto la sua luce.

La videro, invece, quanti udirono: Per voi che temete Dio nascerà il sole di giustizia ( Mi 4,2 ).

Dunque, il candore di questo giglio è conosciuto dai giusti, la sua fragranza si diffonde anche fino agli iniqui, anche se non a loro vantaggio.

Infine, sentiamo che i giusti dicono: Siamo il buon odore di Cristo ( 2 Cor 2,16 ) in ogni luogo, che per gli uni, però, è odore di vita per la vita, per altri è odore di morte per la morte.

Chi, anche se scelleratissimo non approva il buon nome di giusto, anche se non a male opere che lo procurano?

E beato se non si giudica per il fatto che approva.

Giudica, infatti, approvando il bene senza amarlo, e perciò non beato davvero, ma misero, condannato dal proprio giudizio.

Chi più è miserabile di colui per il quale l’odore della vita è annunziatore, non della vita, ma della morte?

Anzi, neanche annunziatone, ma apportatore.

IV. Tutte le cose riguardanti lo sposo sono gigli; quali gigli hanno gli amici dello sposo; almeno due gigli sono necessari alla salvezza

7. Presso lo Sposo vi sono molti altri gigli oltre questo che abbiamo incontrati nel Profeta, cioè la verità, la mansuetudine e la giustizia; e non sarà difficile ormai a chiunque di voi trovarne di simili da se stesso nel giardino di uno Sposo così delizioso.

Ve n’è in grande abbondanza, chi potrebbe contarli?

Tante virtù, altrettanti gigli.

C’è un limite alle virtù nel Signore delle virtù?

Che se in Cristo vi è la pienezza delle virtù, vi è anche la pienezza dei gigli.

E forse per questo egli si è chiamato giglio perché è tutto tra i gigli e tutte le cose sue sono gigli: la concezione, la natività, la vita, le parole, i miracoli, i sacramenti, la passione, la morte, la risurrezione, l’ascensione.

Quale di queste cose non è candida e soavemente odorosa?

Nella sua concezione rifulse tanto splendore di luce celeste per l’abbondanza dello Spirito sopravvenuto, che neppure la stessa Vergine Santa l’avrebbe sopportato se non fosse stata adombrata dalla virtù dell’Altissimo.

La sua natività fu resa candida dalla verginità incorrotta della Madre, la sua vita dall’innocenza della condotta, le sue parole dalla verità, i miracoli dalla purità, i sacramenti dall’arcano della pietà, la passione dalla volontà di soffrire, la morte dalla facoltà che aveva di non morire, la risurrezione dalla fortezza dei martiri, l’ascensione dalla esposizione delle promesse.

Che buon odore di fede in queste singole cose, che riempie i tempi e le viscere di noi che non abbiamo veduto il suo candore!

Beati coloro che non videro e hanno creduto ( Gv 20,29 )!

Tra queste cose c’è la parte mia, l’odore di vita che procede da esse.

Inondato da questi profumi, mediante una specie di strumento della fede adattato alle mie narici, e abbondantemente per la moltitudine di gigli, sento in realtà più leggero l’esilio, mentre il desiderio assiduo della patria si rinnova nel mio cuore.

8. Hanno gigli anche alcuni compagni dello Sposo, ma non in abbondanza.

Tutti, infatti, hanno ricevuto lo Spirito con misura, con misura le virtù e i doni; solo per lo Sposo non c’è misura, avendo egli tutto.

Altro è avere dei gigli, altro non avere che gigli.

Chi ci sarà tra i figli della cattività così innocente e santo, che abbia potuto occupare tutta la sua terra in questi fiori?

Neppure un bambino di un sol giorno è senza macchia sopra la terra.

È grande colui che avrà potuto far crescere nella sua terra tre o quattro gigli, in mezzo a tanto rigoglio di spine e di triboli che sono germi inveterati dell’antica maledizione.

Per me poi che sono povero, va bene se sarò capace una volta, in mezzo a questa pessima vegetazione di iniquità e di vizi, di salvare un pezzetto della mia terra, estirpando e coltivando, perché possa produrre anche un solo giglio, e così anche presso di me si degni talvolta di venire a pascersi colui che si pasce tra i gigli.

9. Ma ho detto poco dicendo un giglio solo: la mia bocca ha parlato dalla penuria del mio cuore.

Uno solo proprio non basta, ne occorrono almeno due.

Dico la continenza e l’innocenza, di cui l’una non salverà senza l’altra.

Invano, dunque, a una di queste inviterò lo Sposo che non si pasce presso un giglio, ma tra i gigli.

Mi sforzerò, pertanto, di avere dei gigli, perché egli non sia urtato per la presenza di un solo giglio, non volendo egli pascersi se non tra i gigli, e nel caso passi oltre irritato.

Pongo, dunque, prima di tutte l’innocenza; e se a questa riuscirò a unire la continenza, mi riterrò ricco possessore di due gigli.

Sono addirittura re se ne potrò aggiungere una terza: la pazienza.

E possono bastare queste; ma poiché nelle tentazioni possono venir meno è infatti una tentazione la vita dell’uomo sulla terra ( Gb 7,1 ) la pazienza è necessaria per essere quasi la nutrice e custode delle due precedenti.

Penso che se verrà quell’amatore di gigli, e troverà così le cose, non disdegnerà di pascersi tra di noi, e fare presso di noi la pasqua, trovando molta soavità nelle due e molta sicurezza per la terza.

Ma per qual ragione si dica che si pasce colui che pasce tutte le cose, lo vedremo dopo.

Ora, intanto, è chiaro che lo Sposo non solo appare tra i gigli, ma per nessun modo si può trovare fuori dei gigli, essendo egli stesso tutto quello che si dice di lui, essendo cioè egli stesso giglio, Sposo della Chiesa Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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