Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone LXXII

I. Come si aggiunge a entrambi i capitoli delle parti: « Finché aspiri » e come allora lo Sposo non si pasce, ma beve

1. Il mio diletto a me e io a lui che si pasce tra i gigli fino a che aspiri il giorno e si inclinino le ombre ( Ct 2,16-17 ).

Abbiamo da parlare soltanto dell’ultima parte di questo versetto, e, cominciando, non so a quale riallacciarla delle due parti precedenti: posso farlo con l’una o con l’altra indifferentemente.

Sia infatti che si dica: Il mio diletto a me e io a lui fino a che aspiri il giorno, saltando solo che si pasce tra i gigli, sia che si dica, seguendo la lettera: che si pasce tra i gigli fino a che aspiri il giorno e si inclinino le ombre, non c’è inconveniente alcuno per l’una o l’altra versione.

C’è una cosa, che quel fino a che unito alla prima parte include anche la seconda; se lo metti in mezzo escludi la prima parte per forza.

Ammettiamo che lo Sposo cessi di pascersi tra i gigli quando spira la brezza del giorno, cesserà similmente anche di essere rivolto alla sposa e lei a lui? Certamente no.

Per sempre persevereranno a tendere l’uno verso l’altra, e viceversa, e più felicemente nell’eternità, dove questa tendenza sarà anche più veemente, più veemente perché più libera.

Abbia dunque questo fino a che quel senso che ha presso il Vangelo di Matteo, dove si racconta che Giuseppe non conobbe Maria fino a che partorì il suo figlio primogenito ( Mt 1,25 ), infatti non è che la conobbe dopo; ovvero come nel salmo: I nostri occhi al Signore nostro Dio finché abbia pietà di noi ( Sal 123,2 ) non vuol dire che cesseranno di essere rivolti a Dio quando comincerà ad avere pietà; oppure ancora come quando il Signore disse agli Apostoli: Ecco io sono con voi fino alla consumazione dei secoli ( Mt 26,20 ), il che non significa che dopo non sarà più con loro.

Questo va bene se fino a che si riferisce alle parole il mio diletto a me e io a lui.

Se invece preferisci che si riferisca a quelle altre che si pasce tra i gigli, sarà da prendere in altro senso.

Resta più difficile da dimostrare come il diletto cessi di pascersi quando spunterà il nuovo giorno.

Se questo, infatti, è il giorno della Risurrezione perché non dovrebbe più pascersi quando vi sarà molto più grande abbondanza di gigli?

Ciò per quanto riguarda il senso da dare alla lettera.

2. Ora osserva con me che in tutto il regno dove lo Sposo sta e si delizia tra tanti fulgidi gigli, non si dice però che si pasce, secondo quello che era solito fare prima.

Dove sono infatti ormai i peccatori che Cristo cerca di incorporarsi, masticati e morsicati in certo qual modo dai denti di un’austera disciplina, cioè con l’afflizione della carne e la contrizione del cuore?

Ma ormai il Verbo Sposo non ha più bisogno di cibo che gli venga procurato da alcuni fatti o opere di obbedienza, là dove ogni attività è riposo, solo consistendo nella visione e nell’affetto.

Certo è suo cibo fare la volontà del Padre suo, ma qui, non lassù.

Perché, infatti, fare quella che è già fatta?

Consta che allora sarà anche perfetta.

Tutti i santi, infatti, proveranno allora quale sia la volontà di Dio, buona, gradita e perfetta ( Rm 12,2 ).

E certamente, dopo ciò che è perfetto non resta da fare nulla, resta solo da godere, non da fare, da sperimentare, non da operare, da vivere in essa, non da esercitarsi in essa.

Non è, forse, quella stessa volontà che con istantissima orazione, istruiti dal Signore, chiediamo che si faccia così in terra come in cielo, dove ne gusteremo il frutto senza che l’azione ci procuri fatica?

Non vi sarà, dunque, per il Verbo Sposo il cibo delle opere, perché verrà meno necessariamente ogni opera, dove in ogni modo più pieno da tutti si percepisce la sapienza: poiché chi ha poca attività la percepisce ( Sir 38,25 ).

3. Ma vediamo adesso se quello che diciamo possa reggere anche secondo la sentenza di alcuni che intendono per pascersi tra i gigli il compiacersi del candore delle virtù; abbiamo, infatti, riferito anche questa.

Diremo, forse, che allora non vi saranno virtù, o che non saranno gradite allo Sposo?

È da stolto pensare l’una o l’altra di queste due cose.

Ma osserva come forse se ne compiace in modo diverso perché è certo che ne prova gusto ma forse non come da cibo, quanto come da bevanda.

Veramente in questo tempo e in questo corpo nessuna delle nostre virtù è talmente purificata, nessuna così soave e genuina da poter servire da bevanda allo Sposo.

Ma colui che vuole che tutti gli uomini si salvino dissimula molte cose, e da quello che non può per il momento deglutire come facile bevanda, cerca di estrarre qualche cosa di saporito, quasi con una certa arte, e un certo lavoro di masticazione.

Vi sarà un tempo in cui la virtù sarà facile a deglutirsi, senza lavoro di denti, né fatica da parte di chi mastica, o piuttosto non stancherà chi mastica, e recherà diletto a chi la beve senza fatica, appunto come bevanda, come cibo solido.

C’è, infatti, la promessa del Vangelo: Non berrò più del frutto della vite, dice, fino a che beva quel vino nuovo con voi nel regno del Padre mio ( Mt 26,29 ).

E del cibo non si fa menzione alcuna.

Anche nel Profeta si legge: Come un prode assopito dal vino ( Sal 78,65 ); anche qui non si trova nulla del cibo.

La sposa, dunque, conscia di questo mistero, avendo saputo e riferito che lo Sposo si pasce tra i gigli, ha posto un termine a questa sua degnazione, anzi conobbe che era stabilito questo termine e lo ha riferito dicendo: Fino a che aspiri il giorno e si inclinino le ombre.

Sapeva, infatti, che gli si doveva dare più da bere che da mangiare.

Anche l’usanza sembra appoggiare questo senso, in quanto dopo mangiato si è soliti bere.

Dunque, colui che qui mangia di là berrà, e la sua bevanda sarà tanto più dolce quanto più sicura, e deglutirà anche quelle cose che adesso più con minuzia, e in qualche modo, con più fatica, rende liquide masticando.

II. Il giorno e le ombre spirituali, e come, spirando il giorno, si inclinano o scompaiono

4. Ma ora veniamo a considerare quel giorno e quelle ombre: quale sia quello, e quali queste: perché si dica di quello che spira, e perché si dica che le ombre si inclinano.

È detto letteralmente: fino a che aspiri il giorno, al singolare.

Solo in questo passo, se non erro, si trova questa frase: il giorno spira.

Si dice, infatti, che spirano i venti, le brezze, non i tempi.

Respira l’uomo, respirano gli altri animali, ai quali questo ricambio di aria fa continuare la vita.

E questo che è se non vento?

Spira anche lo Spirito Santo, e per questo si chiama Spirito.

Per qual ragione, dunque, si dice che il giorno spira, che non è né vento, né spirito, né animale?

Sebbene non è detto neppure che spira, ma che « aspira ».

Né meno fuori dell’uso comune è detto: e si inclinino le ombre.

Infatti, al nascere di questa luce corporea e visibile le ombre non s’inclinano, ma spariscono.

Bisogna, dunque, cercare un senso fuori del corporale.

E se troveremo un giorno spirituale forse troveremo anche le ombre e la loro inclinazione, e si comprenderà più facilmente come « aspiri » questo giorno.

Chi pensa che sia corporeo quel giorno di cui dice il profeta: è meglio un solo giorno nei tuoi atri che mille altrove ( Sal 84,11 ), non so proprio che cosa possa pensare che non sia corporeo.

C’è anche un giorno con senso cattivo, quel giorno che hanno maledetto i Profeti.

Ma non pensiamo che sia di questi visibili che Dio ha fatto.

Dunque, è spirituale.

5. Chi vi sarà mai che dubiti che fu spirituale quell’ombra con cui fu coperta Maria nell’atto di concepire, e quella di cui parla così il Profeta: Spirito è davanti alla nostra faccia Cristo Signore, all’ombra di Lui viviamo tra le genti? ( Lam 4,20 secondo i LXX ).

Io, tuttavia, penso che in questo passo siano chiamate ombre le potestà avverse, che non solo come ombre e tenebre, ma come principi delle tenebre vengono designate dall’Apostolo, e quelli della nostra razza che aderiscono a quelli, figli veramente della notte e non della luce o del giorno.

Queste tenebre non del tutto spariscono all’apparire del giorno, come fanno le tenebre corporali all’apparire della luce corporea, che non solo spariscono, ma le vediamo completamente dissolversi.

Saranno dunque queste spirituali tenebre un po’ meno ridotte che il nulla, ma più miserevoli.

Vi saranno ancora, ma inclinate e suddite.

S’inclinerà è detto certamente del diavolo, principe delle tenebre, e cadrà quando avrà dominato sui poveri ( Sal 10,10 ).

Non sarà, dunque, distrutta la sua natura, ma gli verrà sottratta la potenza; non sarà distrutta la sua sostanza, ma passerà l’ora e la potestà delle tenebre.

Vengono tolti i demoni perché non vedono la gloria di Dio, non vengono annientati perché sempre siano tormentati dal fuoco.

Come non saranno inclinate le ombre quando saranno deposti i potenti dai loro seggi e saranno posti a sgabello dei piedi?

E questo deve avverarsi presto: È l’ultima ora ( 1 Gv 2,18 ); la notte è avanzata, il giorno è vicino ( Rm 13,12 ).

Spunterà il giorno, sparirà la notte.

La notte è il diavolo, è l’angelo di Satana, anche se si trasfigura in angelo di luce.

Notte è l’Anticristo, che il Signore ucciderà con il soffio della sua bocca, e distruggerà con la luce della sua venuta.

Non è, forse, il Signore il giorno?

Giorno veramente illuminante e spirante: col soffio della sua bocca fuga le ombre e distrugge i fantasmi con la luce del suo avvento.

Oppure, se piace maggiormente dare alla parola « inclinarsi » nient’altro che il significato di essere distrutto, tanto per non omettere anche questo senso, diciamo ombre le figure e gli enigmi delle Scritture, nonché le locuzioni sofistiche e i cavilli di parole e gli argomenti confusi, tutte cose che allo stato attuale danno ombra alla luce della verità.

Imperfetta è infatti la nostra conoscenza, e imperfetta la nostra profezia ( 1 Cor 13,9 ).

Ma con lo spuntare di questo giorno si inclineranno le ombre, perché tutto venendo occupato dalla pienezza della luce non potrà restarvi alcuna parte di tenebre.

Come dice l’Apostolo: Quando verrà quello che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà ( 1 Cor 13,10 ).

III. Il giorno spira o inspira, espira o cospira, respira, la notte sospira

6. Potrebbe bastare quanto è stato detto fin qui su questo argomento, se il testo portasse semplicemente « spiri » e non « aspiri » parlando del nuovo giorno.

Per questa piccola differenza penso di dover aggiungere qualche cosa, per spiegare cioè la diversità di queste due parole.

Io infatti per dire la verità, sono da un pezzo persuaso che nel testo del sacro e prezioso eloquio non vi sia neppure una particella inutile, senza una ragione.

Siamo, dunque, soliti usare questa parola quando desideriamo ardentemente qualche cosa, come per esempio quando diciamo: « Quello aspira a quell’onore o a quella dignità ».

Viene, perciò, designato con questa parola che si compiranno cose meravigliose e grandiose in quel giorno per opera dello Spirito, quando non solo i cuori, ma anche i corpi nel loro genere, saranno spirituali; e coloro che ne sono degni saranno inebriati dall’abbondanza della casa del Signore, e berranno al torrente della sua voluttà.

7. Oppure in altro senso: già per i santi Angeli è spuntato il giorno santificato, spirando ad essi con forza costante e con soffio sempiterno i melliflui arcani dell’eterna divinità.

Un fiume impetuoso, dice il Salmo, rallegra la città di Dio ( Sal 46,5 ), ma una città a cui è detto: Coloro che abitano in te sono tutti festanti ( Sal 87,7 ).

Quando poi avrà cominciato a spirare anche per noi che abitiamo la terra, non sarà allora soltanto spirante, ma aspirante, per ammettere anche noi nel suo seno dilatato.

Oppure, parlando un po’ più difficile, e allargando il discorso, plasmato l’uomo con il fango della terra il Creatore, come narra la vera storia, soffiò nella sua faccia un alito di vita ( Gen 2,7 ), e per lui divenne quello giorno inspirante; ed ecco che la notte invidiosa fece irruzione in questo giorno, simulando astutamente la luce.

Infatti, mentre veniva promesso quasi uno splendido lume di scienza, sparse contro la nuova luce le tenebre insospettate del malvagio consiglio, e portò sui primordi della nostra origine la tetra caligine dell’esiziale prevaricazione.

Ahimè! Ahimè! Non capiscono, non vogliono intendere, avanzano nelle tenebre ( Sal 82,5 ), ignorando, ritenendo le tenebre luce e la luce tenebre ( Is 5,20 ).

Insomma la donna mangiò il frutto dell’albero proibito che le aveva dato e cominciarono a conoscere qualche cosa di nuovo; infatti subito si aprirono i loro occhi, e divenne quello il giorno cospirante, mortificando l’ispirante, e sostituendo l’espirante.

Cospirarono infatti e congiurarono insieme contro il Signore e contro il suo Messia ( Sal 2,7 ) l’astuzia del serpente, le lusinghe della donna e la mollezza dell’uomo.

Per cui parlavano tra di loro, il Signore cioè e il suo Cristo: Ecco, Adamo è diventato come uno di noi ( Gen 3,22 ) perché si era lasciato sedurre dai peccatori, commettendo ingiuria contro l’uno e l’altro.

8. In questo giorno nasciamo tutti.

E portiamo tutti impresso il marchio dell’antica cospirazione.

Eva cioè vivente nella nostra carne, e, per mezzo della concupiscenza che da lei abbiamo ereditato, il serpente cerca con ogni sollecitudine di indurci a dare il nostro consenso alla sua fazione.

Perciò, come ho detto, questo giorno hanno maledetto i santi, desiderandolo breve, e che presto si mutasse in tenebre, perché è giorno di contraddizione e di lotta, nel quale la carne non cessa di avere desideri contrari allo spirito, e la legge delle membra, contraria alla legge della mente, con infaticabile ribellione assiduamente la contraddice.

Così il giorno si è fatto morente.

Da allora in poi qual è l’uomo che vivrà e non vedrà la morte?

Lo dica qualcuno a causa dell’ira; io penserei non meno per la misericordia, perché gli eletti, per i quali tutto viene fatto, non siano troppo affaticati dalla contraddizione per la quale sono anch’essi condotti schiavi della legge del peccato che esiste nelle loro membra.

Hanno, infatti, in orrore e sopportano con grande pena questa turpe cattività e triste lotta.

9. Affrettiamoci a respirare dalla cospirazione antica e iniqua, perché brevi sono i giorni dell’uomo ( Gb 14,5 ).

Ci riceva pure il giorno che respira prima che veniamo assorbiti dalla notte che sospira, per immergerci nelle tenebre esteriori dell’eterna caligine.

Chiedi in che consista questa respirazione?

In questo: quando comincia lo spirito a desiderare a sua volta cose contrarie alla carne.

Se resisti a questa respiri, se con lo spirito mortifichi le opere della carne hai respirato.

Castigo, dice l’Apostolo, il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che dopo aver predicato agli altri io stesso venga riprovato ( 1 Cor 9,27 ).

È la voce di chi respira, anzi di chi aveva già respirato.

Va’, e fa’ tu lo stesso per dar prova di aver respirato, perché tu sappia che il giorno inspirante è nuovamente sorto per te.

IV. Come coloro che respirano di giorno crescano nell’abbondanza, coloro che sospirano nella notte maggiormente sono impoveriti

Né la notte della morte prevarrà su questo giorno redivivo; anzi, maggiormente splenderà nelle tenebre, e le tenebre non l’hanno compreso ( Gv 1,5 ).

Io penso che neanche con la fine della vita questo lume si spegnerà, e a uno che muore così, credo che si possano applicare quelle parole: La notte mi illumina nelle mie delizie ( Sal 139,11 ).

E come non vedrà più chiaro sciolto dalla nube, o piuttosto, dalla carcassa del corpo?

Sarà senza dubbio, libero da vincoli corporei, libero tra i morti, e come uno che vede tra i ciechi.

Poiché, come un tempo, mentre tutti erano immersi in fitte tenebre per tutto l’Egitto, solo in mezzo a quelle tenebre ci vedeva chiaramente il popolo che vedeva Dio, cioè il popolo d’Israele, perché dice la Scrittura, dovunque era Israele là c’era luce ( Es 10,23 ), così tra i figli delle tenebre, nella tetra oscurità della morte, rifulgeranno i giusti e vedranno tanto più chiaramente in quanto spogli dalle ombre dei corpi.

E quelli che prima non hanno respirato e infatti non domandarono il lume del giorno inspirante, e il Sole di giustizia non è sorto per essi questi tali, dico, andranno dalle tenebre in tenebre più dense, perché quelli che sono nelle tenebre diventino ancora più tenebrosi, e coloro che vedono, vedano con maggiore chiarezza.

10. E qui, forse, a proposito si potrà anche addurre la parola del Signore: A chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, e a quello che non ha sarà tolto anche quello che sembra avere ( Lc 19,26 ).

Tanto meno gli uni vedono, meno vedranno, fino a che questi ultimi vengano inghiottiti dalla sospirante notte, e gli altri li riceva il giorno aspirante, che sono i novissimi di entrambe le categorie, vale a dire l’estrema cecità e la suprema chiarezza.

Da questo momento non è più possibile togliere ancora qualche cosa a chi è già vuoto del tutto, non è più possibile togliere alcunché a chi è pieno, se non quel non so che promesso loro dalle parole: Una misura buona, e colma, e scossa e sovrabbondante vi sarà versata in seno ( Lc 6,38 ).

Non ti sembra più che pieno ciò che trabocca?

Così senti senza stupirti parlare di pieno e di più pieno, se ricordi di aver letto: In eterno e oltre ( Es 15,18 ).

Ecco, questa sarà l’abbondanza del giorno che aspira.

Essa, direi, aggiungerà una misura di ispirata pienezza all’abbondanza del giorno inspirante, operando sopra misura in sublime peso di gloria, di modo che ridondi nei corpi la traboccante aggiunta di gloria.

Per questa ragione questo giorno non fu detto spirare, ma aspirare, perché vi aggiunge l’ispirazione, come lo Spirito Santo ha voluto significare con l’aggiunta della preposizione « ad » perché quelli che esso interiormente illumina, questo li adorna al di fuori, rivestendoli della stola di gloria.

11. E questo basti per dare ragione della parola « aspira ».

E se volete sapere, il giorno che aspira è lo stesso Salvatore che aspettiamo il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso ( Fil 3,20-21 ).

Il giorno ispirante è ancora lui stesso, secondo l’operazione per cui prima ci fa respirare nella luce che ispira, perché siamo anche noi giorno che respira in lui, secondo che il nostro uomo interiore viene rinnovato nello spirito della sua mente, a immagine di colui che l’ha creato, fatto pertanto giorno da giorno e luce da luce.

Dato, pertanto, che due giorni precedono in noi, uno inspirante per la vita del corpo, l’altro respirante nella grazia della santificazione, resti il giorno aspirante nella gloria della risurrezione, faccia vedere che un giorno si adempirà nel corpo quello che è preceduto nel capo, grande sacramento di pietà testimoniato dal Profeta che disse: Ci darà vita dopo due giorni, nel terzo ci risusciterà, e vivremo al suo cospetto; affrettiamoci a conoscere il Signore ( Os 6,3 ).

Egli è colui nel quale gli Angeli bramano fissare lo sguardo, lo Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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