Sermoni sul Cantico dei Cantici |
1. Ritorna, sii simile, mio diletto, alla capriola e al cerbiatto ( Ct 2,17 ).
Che? Ora se ne va, e ora lo richiami?
Che cosa è successo improvvisamente in così breve spazio di tempo?
Si è forse dimenticata di qualche cosa?
Sì, ha dimenticato tutto quello che non è lui, anche se stessa.
Sebbene, infatti, non sia priva di ragione, in questo momento, però, non sembra completamente in sé.
E neppure sembra avere affatto nel sentimento quella verecondia che dimostra nella condotta.
È un effetto dell’amore eccessivo, che diventa intemperante.
È questo, infatti, che trionfando e vincendo in sé ogni senso di pudore, ogni misura di convenienza, e facendo passare sopra ogni considerazione di ragione, produce una certa negligenza e noncuranza di quanto può prescrivere la modestia e la convenienza.
Vedi, infatti, ora come, appena ha cominciato ad andarsene, già gli fa pressione perché ritorni.
Lo prega anzi di far presto e di correre come i veloci animali della foresta, quali il capriolo e il cerbiatto.
Questo è il tenore della lettera, e questa la porzione dei Giudei.
2. Ma io, come ho ricevuto dal Signore, scruterò per me nel profondo grembo del sacro eloquio lo spirito e la vita, e questa è la porzione per me che credo in Cristo.
Perché non dovrò cavare dalla sterile e insipida lettera un nutrimento dolce e salutare per lo spirito, come grano dalla paglia, dal nocciolo il gheriglio, dall’osso il midollo?
Non voglio aver nulla a che fare con questa lettera che al gusto sa di carne, e mangiata dà la morte!
Quello, invece, che in essa è nascosto è dallo Spirito Santo.
Ora lo Spirito parla dicendo cose misteriose ( 1 Cor 14,2 ), secondo l’Apostolo; ma Israele riguardo al mistero svelato ritiene il velo del mistero.
E questo perché un velo è ancora posto sopra il suo cuore.
Così la lettera come suona, appartiene a lui; quello che significa è mio.
E perciò ad esso appartiene il ministero della morte nella lettera, e a me la vita nello spirito.
Infatti è lo Spirito che vivifica ( Gv 6,64 ): dà, infatti, l’intelligenza.
Non è forse vita l’intelligenza?
Dammi l’intelligenza e avrò vita ( Sal 119,144 ) dice il Profeta al Signore.
L’intelletto non rimane al di fuori, non si ferma alla superficie, non palpa come un cieco le cose esterne, ma scruta le cose profonde per strapparne e cogliere in sé con somma avidità i tesori di verità, e poter dire poi con il Profeta: Io gioisco per la tua promessa come uno che trova grande tesoro ( Sal 119,162 ).
Così infatti il regno della verità patisce violenza e i violenti lo rapiscono ( Mt 11,12 ).
Invece, quel fratello maggiore che torna dal campo è figura del popolo vecchio e terreno, il quale edotto ad amare la fatica per l’eredità terrena con fronte stanca geme ansioso sotto il pesante giogo della legge e porta il peso del giorno e del calore, questi dico, perché non ha avuto l’intelligenza, se ne sta fuori anche adesso, e neanche invitato dal Padre vuole entrare nella casa del convito, privando se stesso della partecipazione alla sinfonia e alla danza e al vitello grasso.
Misero, che non vuole sperimentare quanto buona cosa sia e quanto gioconda che i fratelli vivano insieme!
Ciò sia detto per distinguere la parte della Chiesa dalla parte della Sinagoga, per cui sia più manifesta la cecità di questa dalla prudenza di quella, e la felicità dell’una risalti maggiormente dalla misera stoltezza dell’altra.
3. E ora scrutiamo le parole della sposa, e sforziamoci di esprimere i casti affetti del santo amore in modo che nulla nel sacro testo appaia senza una ragione, nulla meno che decoroso e opportuno.
E se verrà alla mente quell’ora quando il Signore Gesù questi è infatti lo Sposo passava da questo mondo al Padre, e nello stesso tempo che cosa provasse nel suo animo quella domestica Chiesa, novella sposa, mentre si vedeva lasciata quasi vedova desolata, con l’unica speranza degli Apostoli, i quali, avendo lasciato tutto avevano seguito Gesù, ed erano rimasti perseveranti con lui nelle sue prove; se penseremo a questo vedremo come a ragione e senza alcuna incongruenza si sia dimostrata tanto triste della sua dipartita, quanto sollecita per il suo ritorno, specialmente se si considerano i suoi sentimenti e lo stato in cui veniva lasciata.
Pertanto, e l’affetto e il bisogno erano per lei due ragioni per supplicare il diletto, dato che non era possibile persuaderlo a non andarsene per salire dove era prima, che per lo meno affrettasse il suo promesso ritorno.
E questo che qui desidera e chiede, che sia simile a quelle fiere che sono più agili nella corsa, è indizio di un animo impaziente per il desiderio, per il quale nessuna fretta è eccessiva.
Non chiede, forse, anche questo ogni giorno quando dice nell’orazione: Venga il tuo regno? ( Mt 6,10 ).
4. Io però, oltre che penso che venga indicata in questi due animali anche la debolezza, nella capriola per il sesso, per l’età nel cerbiatto.
Vuole, pertanto, la sposa che lo Sposo venga si con potestà, ma non appaia nella forma di Dio come giudice, bensì in quella forma in cui non solo è nato, ma è nato per noi bambino, e solo per opera di una donna, cioè del sesso più debole.
Perché questo? Perché da questo sia portato ad essere mite con i deboli nel giorno dell’ira, e si ricordi nel giudizio di tener più conto della misericordia che della giustizia.
Infatti, se guarderà le iniquità, anche degli eletti, chi potrà sussistere?
Le stelle non sono monde al suo cospetto, e anche negli Angeli ha trovato malizia.
Senti come un santo ed eletto parli a Dio: Tu hai rimesso la malizia del mio peccato, per questo ti prega ogni fedele ( Sal 32,5-6 ).
Anche i santi, pertanto, devono pregare per i peccati, perché per la misericordia siano salvati, non fidandosi della loro giustizia.
Tutti infatti hanno peccato ( Rm 3,23 ) e tutti hanno bisogno della misericordia.
Affinché, dunque, quando sarà adirato si ricordi della misericordia, viene dalla sposa pregato di apparire in quell’abito di misericordia di cui dice l’Apostolo: apparso in forma umana ( Fil 2,7 ).
5. Ed è necessario questo.
E infatti se, anche con questo addolcimento, tanta sarà nel giudizio l’equità, tanta nel giudice la fierezza, tanta la sublimità nella maestà e novità di fronte alle stesse cose che, secondo il Profeta, non è possibile immaginare il giorno della sua venuta, che cosa pensi che sarebbe se quel fuoco divoratore cioè Dio onnipotente venisse nella grandezza della sua divinità, fortezza, splendore, per mostrare la sua potenza contro una foglia che il vento porta via e per far vendetta contro la paglia secca?
È anche uomo, dice. E chi sopporterà il giorno della sua venuta?
Chi resisterà al suo apparire? ( Ml 3,2 ).
Quanto più se si presentasse come puro Dio, senza l’umanità, nessun uomo potrebbe sopportarne la vista, in quanto inaccessibile per lo splendore, irraggiungibile per l’altezza, incomprensibile per la maestà.
Ora invece quando, d’improvviso, si accenderà la sua ira, come apparirà gradita per i figli della grazia quella dolce figura di uomo, fermezza della fede, forza della speranza, motivo di fiducia, che cioè sia per fare grazia e misericordia ai suoi santi e guardare con benevolenza i suoi eletti ( Sap 4,15 ).
E poi lo stesso Padre, Dio, ha dato al Figlio la potestà di fare il giudizio, non perché è figlio suo, ma perché Figlio dell’uomo ( 2 Cor 1,3 ).
O veramente Padre delle misericordie!
Vuole che gli uomini siano giudicati da un uomo, perché questa somiglianza della natura dia fiducia agli eletti.
Il santo Davide aveva un giorno predetto questo, pregando insieme e insieme profetando: Dio dà al re il tuo giudizio e al figlio del re la tua giustizia ( Sal 72,2 ).
E neanche differisce da questo la promessa fatta dagli Angeli agli Apostoli dopo l’ascensione: Questo Gesù che é stato tra di voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo ( At 1,11 ), cioè nella stessa forma e sostanza corporea.
6. Si vede da questo che la sposa possiede il divino consiglio, e non ignora affatto il mistero della superna volontà, mentre sotto la figura di imbelli e deboli animali predice con l’affetto della preghiera e con spirito profetico che nel giudizio il Salvatore si presenterà nella natura più debole, o meglio, nella natura inferiore poiché non sarà più inferma in quanto colui che muoverà il cielo e la terra con la sua forza, cinto di potenza contro gli insensati, apparirà tuttavia soave e mite e quasi del tutto inerme per gli eletti.
A questo si può aggiungere che, per discernere gli uni dagli altri avrà bisogno, in certo qual modo, con i salti del cerbiatto, dell’occhio della capriola, per poter vedere e distinguere in tanta moltitudine e in così grande turbamento in quali salire e in quali occorra scavalcare, perché non avvenga che il giusto sia conculcato invece dell’empio quando abbatterà i popoli nella sua ira.
Poiché, quanto agli empi, è necessario che si adempia la profezia di Davide, anzi la parola del Signore che parlava per bocca di lui: Li ho dispersi come polvere al vento, calpestati come fango delle strade ( Sal 18,43 ); e così si vedrà adempiuta un’altra profezia fatta da un altro Profeta, quando facendo ritorno agli Angeli, il Redentore dirà: Li ho pigiati nel mio sdegno, li ho calpestati nella mia ira ( Is 63,3 ).
7. Se a qualcuno piace di più l’interpretazione secondo cui il nostro cerbiatto debba piuttosto scavalcare i cattivi e salire nei buoni, non contraddico: soltanto pensi che i salti sono disposti per la discriminazione dei buoni e dei cattivi.
Così infatti abbiamo detto anche noi in un altro sermone, dove si trovano le stesse parole dell’autore da me commentate.
Solamente là si trattava della dispensazione della grazia che nella vita presente ad alcuni viene data, ad altri no, per un giudizio di Dio giusto, ma occulto, e così si diceva che il cerbiatto saliva o scavalcava i vari generi di persone; qui invece questo viene fatto secondo l’ultima e varia retribuzione dei meriti.
E forse a questo senso si accordano le ultime parole di questo capitolo che quasi dimenticavo.
Dicendo infatti: Sii simile, o mio diletto, alla capriola o al cerbiatto, aggiunge: Sopra i monti di Bethel ( Ct 2,17 ).
Bethel significa « Casa di Dio ».
Ora nella casa di Dio non vi sono monti cattivi.
Per la qual cosa salendo in essi il cerbiatto non conculca, ma rallegra, perché si adempia la Scrittura che dice: I monti e le colline canteranno lodi davanti a Dio ( Is 55,12 ).
E vi sono monti che, secondo il Vangelo, vengono trasportati da una fede simile alla senapa, ma non sono i monti di Bethel; quelli, infatti, che sono monti di Bethel la fede non li toglie di mezzo, ma li coltiva.
8. Che se i Principati e le Potestà e le altre schiere dei beati Spiriti e le Virtù dei cieli sono monti di Bethel in modo che ad essi applichiamo il detto: Le sue fondamenta sono sui monti santi ( Sal 87,1 ), non è certamente vile e spregevole questo cerbiatto che fu visto apparire sopra monti così eccellenti, diventato tanto superiore agli Angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato ( Eb 1,4 ).
Che importa se nel Salmo lo leggiamo fatto di poco inferiore agli Angeli?
Non cessa di essere migliore perché un poco inferiore; né hanno detto cose contrarie l’Apostolo e il Profeta, in quanto animati dal medesimo Spirito.
Poiché se l’essere fatto meno degli Angeli fu effetto di degnazione, non di necessità, nulla in questo viene imposto alla bontà, ma piuttosto attribuito ad essa.
Infine, il Profeta lo dice non inferiore, ma fatto poco meno degli Angeli, esaltando la grazia ed evitando l’ingiuria.
L’essere inferiore, infatti, è ricusato dalla sua natura divina, e la sua minorazione è giustificata dalla causa.
Si abbassò, infatti, perché volle, per la sua volontà e la nostra necessità.
Ma abbassarsi equivaleva ad avere misericordia.
Quale spreco ci fu in questo? In realtà andò ad accrescere la pietà quanto poteva sembrare perduto per la maestà.
Ma neppure l’apostolo tacque su questo grande mistero di pietà, ma disse: Quel Gesù che fu fatto di poco inferiore agli Angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore ( Eb 2,9 ).
9. Abbiamo detto quanto sopra riguardo al nome e alla similitudine del cerbiatto, per adattarla secondo le parole della sposa, allo Sposo, senza far torto alla sua maestà.
Che cosa dico « senza far torto alla maestà », quando neppure la sua infermità restò senza onore?
È un cerbiatto, è un piccolo; è presentato anche come una capriola, in quanto nato da donna, ma sopra i monti di Bethel, ma elevato sopra i cieli ( Eb 7,26 ).
Non dice: « che è o esiste sopra i cieli », ma elevato sopra i cieli, perché non si creda che ciò è stato detto riguardo a quella natura in cui è colui che è.
Ma anche dove è messo sopra gli Angeli, si dice che è stato « fatto migliore » di loro, non che era tale.
Dal che appare chiaro che il Cristo vanta una superiorità su tutti i Principati e le Potestà e su ogni creatura non solo per quello che in lui è ab aeterno, ma anche per quello che nel tempo è stato fatto, in quanto primogenito di ogni creatura.
Pertanto ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini ( 1 Cor 1,25 ).
Questo secondo l’Apostolo.
A me sembra anche giusto il dire che ciò che è debolezza di Dio e stoltezza di Dio è più forte e più saggio degli Angeli.
Così il passo in questione si adatterà bene alla Chiesa universale.
10. Per quanto riguarda singolarmente un’anima poiché anche una sola di esse, se ama Dio con dolcezza, sapienza e forza, è sposa chiunque è spirituale può avvertire in se stesso quello che la propria esperienza gli indica.
Quanto a me non avrò timore di dire apertamente quanto mi fu dato di sperimentare a riguardo, perché, anche se sarà giudicato forse vile e spregevole quando verrà udito, non m’importa, perché chi è spirituale non mi disprezzerà, a meno che non mi capisca.
Tuttavia, se riserverò questo a un altro sermone non mancheranno, forse, di quelli che saranno edificati da quelle cose che, pregato nel frattempo, mi ispirerà il Signore, Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.
Amen.
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