Dialogo della Divina Provvidenza

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Capitolo CLVI

Qui insiememente si parla de la miseria de li inobedienti e de la excellenzia de li obedienti.

- Ma Io ti dico, carissima figliuola, tucto questo ha facto la bontá e providenzia mia, che providdi che ’l Verbo racconciasse la chiave, come decto è, di questa obbedienzia; ma gli uomini del mondo, privati d’ogni virtú, fanno tucto il contrario.

Essi, sí come animali sfrenati, perché non hanno il freno de l’obbedienzia, corrono, andando di male in peggio, di peccato in peccato, di miseria in miseria, di tenebre in tenebre e di morte in morte; tanto che si conducono in su la fossa della extremitá della morte col vermine della conscienzia che sempre gli rode.

E poniamo che anco possano ripigliare l’obbedienzia di volere obbedire a’ comandamenti della legge, avendo il tempo e dolendosi di quello che hanno disobbedito, nondimeno è molto malagevole per la longa consuetudine del peccato.

E però non sia veruno che se ne fidi, indugiando a pigliare la chiave de l’obbedienzia ne l’ultima extremitá della morte, benché ogniuno possa e debba sperare infine che egli ha il tempo; ma non se ne debba fidare, che per questo pigli indugio a corrèggiare la vita sua.

E chi è cagione di tanto loro male e di tanta ciechitá, che non cognoscono questo tesoro?

La nuvila de l’amore proprio con la miserabile superbia, unde sonno partiti da l’obbedienzia e caduti nella disobbedienzia.

Non essendo obbedienti, non sonno pazienti, come decto è, e nella inpazienzia sostengono intollerabili pene.

Halli tracti della via della veritá e menali per la via della bugia, facendosi servi e amici delle dimonia, e con loro insieme, se non si correggono con l’obbedienzia, vanno co’ loro signori dimòni a l’etterno supplicio; sí come i dilecti figliuoli observatori della legge e obbedienti godono ed exultano nella etterna mia visione con lo inmaculato e umile Agnello, facitore, adempitore e donatore della legge.

In questa vita, observandola, hanno gustata la pace, e nella beata vita ricevono e vestonsi della perfectissima pace, dove è pace senza veruna guerra, e ogni bene senza veruno male, sicurtá senza veruno timore, ricchezza senza povertá, sazietá senza fastidio, fame senza pena, luce senza tenebre, uno sommo bene infinito e non finito, e uno bene participato con tucti e’ veri gustatori.

Chi l’ha messo in tanto bene?

Il sangue de l’Agnello, nella virtú del quale sangue la chiave de l’obbedienzia perde la ruggine, acciò che con essa potesse di serrare la porta.

Sí che l’obbedienzia, in virtú del sangue, te l’ha diserrata.

O stolti e macti, non tardate piú a escire del loto delle inmondizie, che pare che faciate come il porco che s’involle nel loto, cosí voi nel loto della carnalitá.

Lassate le ingiustizie, omicidii, odio e rancore, le detrazioni, mormorazioni, giudici e crudeltá, e’ quali usate verso il proximo vostro, furti e tradimenti, col disordenato piacere e dilecti del mondo.

Tagliate le corna della superbia, col quale tagliare spegnerete l’odio che avete nel cuore verso di chi vi fa ingiuria.

Misurate le ingiurie che fate a me e al proximo vostro con quelle che sonno facte a voi, e trovarrete che, a rispecto di quelle che fate a me e a loro, le vostre non sonno cavelle.

Voi vedete bene che, stando ne l’odio, voi fate ingiuria a me, perché trapassate il comandamento mio, e fate ingiuria a lui, privandovi della dileczione della caritá.

E giá v’è stato comandato che voi amiate me sopra ogni cosa e ’l proximo come voi medesimi.

Non vi fu messa chiosa veruna, che vi fusse decto: - Se egli vi fa ingiuria, non l’amate: - no; ma libero e schiecto, perché fu dato a voi dalla mia Veritá, che con schiectezza l’osservò e fece.

Con questa schiectezza il dovete observare voi, e, se non l’osservate, fate danno a voi e ingiuria a l’anima vostra, privandola della vita della grazia.

Tollete, dunque, tollete la chiave de l’obbedienzia col lume della fede; non andate piú con tanta ciechitá né freddo; ma con fuoco d’amore tenete questa obbedienzia, acciò che, insiememente con gli observatori della legge, gustiate vita etterna.

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