Contro Giuliano

Indice

Libro I

7.29 - Inganno o imperizia di Giuliano

A che ti è servito, dunque, l'aver addotto la testimonianza di Giovanni di Costantinopoli, quasi che tornasse a tuo vantaggio?

Ad afferrare forse con fine intuito una parola da lui sorvolata per scuotere da te la montagna di parole dalle quali saresti stato seppellito?

Sei stato tanto sprovveduto ed incauto da non avvertire che san Giovanni di Costantinopoli nella stessa omelia, in cui a mala pena hai trovato una testimonianza che, interpretata male, ti ha portato ad ingannare gli altri, sostiene con molta evidenza che tutti gli uomini, oltre che dei peccati personali, sono debitori del chirografo paterno.

Ciò nonostante, dopo aver citato le sue parole con cui hai creduto poter aiutare la tua tesi, continui a dire: "Essendo dunque chiarissimo che questa è la sana e vera dottrina, fondata sulla ragione, rafforzata dall'autorità della Scrittura e suffragata sempre dalla erudizione dei Santi, i quali tuttavia non hanno dato forza alla verità con il proprio consenso ma dall'incontro con essa hanno ricevuto testimonianza e gloria, nessun assennato sia turbato dalla cospirazione di uomini perduti".

A che giovano queste parole se non a dimostrare che hai trascurato di conoscere il pensiero e le parole dei maestri cattolici su questo argomento, oppure, nel caso abbia tentato di conoscerli, hai raggirato con l'inganno quelli che non li conoscevano?

Tacendo per il momento la ragione e l'autorità della Sacra Scrittura, che forse l'insegnamento dei Santi ha sempre difeso la tesi per cui negate che i bambini sono soggetti al peccato del primo uomo?

Non si evince affatto questo dalle testimonianze citate da tali e tanti uomini santi e dottissimi.

Anzi, al contrario, credo che tu debba aver capito quanto tale opinione ti ha ingannato, a meno che tu non agisca per inganno, avendolo già compreso.

Voglio pensar bene di te. Se è vero che per la prima volta apprendi queste cose, se per la prima volta ti rendi conto che tanti Santi hanno imparato ed insegnato ciò che noi impariamo ed insegniamo, che cioè i bambini dalla nascita secondo la carne sono legati dal peccato del primo uomo e che da esso non ne sono sciolti se non in virtù della rigenerazione spirituale, muta il tuo pensiero, deponi il tuo errore, o, meglio ancora il furore con cui hai scagliato l'insulto del nome manicheo contro tali e tanti Padri della Chiesa.

Se l'hai fatto senza saperlo, perché non respingi la tua miserabile ignoranza?

Se poi l'hai fatto coscientemente, perché non deponi la tua sacrilega audacia?

7.30 - Agostino in compagnia di tanti e santi Dottori

Sei confutato da ogni parte: la testimonianza di tanti Santi è più luminosa della luce.

Osserva bene in quale assemblea ti ho introdotto.

C'è Ambrogio di Milano che il tuo maestro Pelagio ha lodato con tanto entusiasmo da affermare che "nei libri risplende sommamente la fede di Roma e che egli eccelse come un fiore bellissimo tra gli scrittori latini, tanto che neppure un nemico avrebbe osato criticare la sua fede e la sua purissima interpretazione della Scrittura".

C'è Giovanni di Costantinopoli che tu stesso, nell'opera alla quale sto rispondendo, hai collocato in un posto preminente nel numero degli eruditi e dei Santi.

C'è S. Basilio di cui alcune parole, non pertinenti al problema ora trattato, hai creduto potessero favorirti.

Ci sono tutti gli altri, la cui concorde testimonianza ti dovrebbe convincere.

Questa non è, come hai scritto con penna maligna, una cospirazione di uomini perduti.

Essi hanno brillato nella Chiesa Cattolica con lo studio della sana dottrina; rivestiti e muniti di armi spirituali hanno combattuto valorose battaglie contro gli eretici e, dopo aver svolto fedelmente il proprio lavoro, si sono addormentati serenamente in grembo alla pace.

Ciò nonostante, indicandomi, esclami: "È venuto fuori uno che si vanta di aver riposte in lui le sorti della battaglia".

No, non sono io solo. Tanti Santi ed eruditi Dottori ti rispondono per me ed insieme a me, per la salvezza di tutti noi ed anche, se vuoi esser sensato, per la tua salvezza.

7.31 - Ai pelagiani non si oppone soltanto la voce popolare

Non è vero, come ci calunni, che "ti opponiamo solo il mormorio del popolo", anche se il popolo, proprio per questo, mormora contro di voi perché non si tratta di un problema che possa sfuggire la comprensione popolare.

Ricchi e poveri, grandi e piccoli, dotti e ignoranti, uomini e donne sanno bene che cosa in ogni età viene perdonato nel battesimo.

Per questo ogni giorno in tutto il mondo le madri corrono non solo a Cristo, cioè all'Unto, ma a Gesù Cristo, cioè all'Unto Salvatore.

L'assemblea dei Santi, però, nella quale ti ho introdotto, non è una massa di popolo: essi sono figli, sì, ma anche Padri della Chiesa.

Essi fanno parte del numero di coloro di cui è stato detto: Al posto dei tuoi genitori ci saranno i tuoi figli; li costituirai principi su tutta la terra. ( Sal 45,17 )

Da essa sono stati generati come figli per imparare queste verità e ne sono diventati padri per insegnarle.

7.32 - Raccolta delle affermazioni patristiche

Perché vantarsi di gioire che questa verità che tu credi errore, o meglio, che vorresti far credere tale, "non può trovare un assertore tra tanta moltitudine"?

Ritieni forse insignificante il suo consenso per il fatto che, in questo antichissimo e fermissimo fondamento di fede, la stessa moltitudine sparsa per tutta la terra non si è trovata in disaccordo?

Se poi esigi degli assertori, illustri per dottrina e che hanno lasciato scritto qualche cosa, eccone un memorabile e venerabile consesso e consenso.

Sant'Ireneo dice che l'antica piaga del serpente è sanata dalla fede e dalla croce di Cristo e che dal peccato della prima creatura noi siamo stati legati come da catene.

San Cipriano dice che perisce il bambino non battezzato, anche se a lui nel battesimo vengono rimessi non i peccati personali, ma quelli di altri.

San Reticio dichiara che i peccati del vecchio uomo, di cui ci spogliamo con il lavacro di rigenerazione, non solo sono antichi, ma addirittura ingeniti.

Sant'Olimpio dice che il vizio della prima creatura è stato sparso nel seme cosicché il peccato nasce insieme all'uomo.

Sant'Ilario afferma che ogni carne viene dal peccato, eccetto quella di Colui che è venuto nella somiglianza della carne di peccato ma senza peccato.

Lo stesso Sant'Ilario continua affermando che è nato con vera origine peccaminosa e sotto la legge del peccato colui che grida: Sono stato concepito nell'iniquità! ( Sal 51,7 )

Sant'Ambrogio scrive che i bambini battezzati nei primordi della loro vita, risanati dal male, sono restituiti alla integrità della primitiva natura e che, tra i nati di donna, solo il Signore Gesù, in virtù della novità del parto immacolato, non ha subito alcun contagio della terra corrotta.

Tutti moriamo in Adamo, continua Ambrogio, perché per opera di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e la sua colpa significa la morte per tutti.

A cagione di quella ferita, è sempre Ambrogio che parla, tutto il genere umano sarebbe perito se il buon Samaritano non fosse accorso per curare le sue piaghe aperte.

Adamo ebbe la vita e tutti vissero in lui; Adamo è perito e tutti perirono in lui.

Noi siamo macchiati dal contagio prima ancora di nascere e l'umano concepimento non è immune da iniquità, perché siamo concepiti nel peccato dai genitori e nasciamo nei loro delitti.

Anche il parto ha il suo contagio e la stessa natura non ha solo un contagio.

Il diavolo è stato un usuraio, continua Ambrogio, ed Eva, macchiata da lui, ha rovinato tutto il genere umano con l'usura di un debito ereditario.

Eva è stata ingannata dal diavolo per abbattere il marito ed incatenarne la discendenza.

Adamo è stato morso dal serpente e tutti ne siamo diventati zoppi.

Nessuno di quelli che nascono dall'unione dell'uomo e della donna è immune dalla colpa.

L'unico che ne è stato immune, Cristo Signore, non ha avuto neppure un concepimento di tal genere.

Sant'Innocenzo ti dice che con il lavacro di rigenerazione viene purificata tutta la colpa passata che ci venne a causa di colui che, cadendo per il libero arbitrio, era stato sprofondato nell'abisso.

E i bambini, aggiunge, non potranno avere la vita se non mangeranno la carne del Signore e non berranno il suo sangue.

Sarebbe stato molto meglio, afferma San Gregorio, non staccarsi dall'albero della vita per il gusto amarissimo del peccato: dopo la colpa, tuttavia, è necessario emendarsi.

Passati dal bene al male, aggiunge, dobbiamo tornare dal male al bene, cosicché come ci ha condannato il gusto dell'albero proibito, così con grazia ancor maggiore ci giustificherà la croce di Cristo.

Dobbiamo venerare la nascita, dice ancora, in virtù della quale siamo liberati dai vincoli della nascita terrena.

Con la rigenerazione dall'acqua e dallo Spirito Santo sono purificate le macchie della prima nascita, a causa delle quali siamo concepiti nelle iniquità.

Abbiamo contratto la malattia del peccato, dice S. Basilio, perché Eva non ha voluto astenersi dal gustare il frutto proibito.

Siamo caduti dal Paradiso, aggiunge infine, perché non abbiamo digiunato; se vogliamo farvi ritorno, dobbiamo digiunare.

Eulogio, Giovanni, Ammoniano, Porfirio, Eutonio, Porfirio, Clemazio, tutti vescovi e santi, ad una sola voce ti ripetono: Abbiamo assolto Pelagio solo perché aveva condannato quelli che sostenevano che i bambini hanno la vita eterna anche se non sono battezzati.

Rispondi ora: può Dio giusto privare della vita eterna una sua immagine che non è soggetta ad alcuna colpa?

7.33 - Raccolta dei testi del Crisostomo

Il santo vescovo Giovanni, infine, che tu stesso hai ricordato con onore, hai lodato come santo e dotto e del quale hai detto che ha ricevuto testimonianza e gloria per la sua adesione alla verità, dice che Adamo ha commesso un peccato così grave da condannare insieme tutto il genere umano.

Nella morte di Lazzaro, aggiunge, Cristo ha pianto perché la mortalità, scacciata dall'eternità, ha amato gli inferi e perché il diavolo ha reso mortali quelli che potevano essere immortali.

Prima del peccato le bestie erano soggette all'uomo in tutto; dopo che il peccato è entrato nel mondo, invece, abbiamo cominciato ad averne paura: fino a tal punto, ci ha voluto far capire Giovanni, il peccato del primo uomo appartiene a tutti gli uomini.

Chi non vede, di conseguenza, come nessuna bestia farebbe male ai bambini, se la nascita carnale non legasse anch'essi col vincolo di quel peccato?

Nello stesso discorso con cui hai voluto ingannare gli incauti, Giovanni dice che Cristo ci ha trovati obbligati al nostro paterno chirografo sottoscritto da Adamo ed alle nostre successive colpe personali.

Passa poi a spiegare il passo dell'Apostolo, essenziale per la nostra questione: Per opera di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, ( Rm 5,12 ) e tutti gli altri passi che hanno attinenza ad esso.

Nella sua lunga esposizione Giovanni non dice affatto quello che dite voi, che cioè il peccato si è trasmesso nel mondo per imitazione e non per propagazione, ma, al contrario, con piena adesione alle tesi dei suoi fratelli nell'episcopato, dimostra quanto egli sia lontano dal vostro modo di pensare.

Afferma che tutto è stato contaminato dal peccato del primo uomo e, affinché non si intendesse che ciò sia avvenuto per imitazione morale e non per generazione, aggiunge che Adamo è stato detto figura di Colui che doveva venire, perché come egli divenne per i suoi discendenti, che non avevano mangiato dall'albero, causa della morte introdotta dal cibo, così Cristo procurò a quelli che sono da lui, anche se nulla avevano fatto di meritorio, la giustificazione donata a tutti per mezzo della Croce.

Esprime poi la sua convinzione che con il peccato del primo uomo, per la cui sola disobbedienza tutto il mondo è stato condannato, è confutato il giudeo che nega al mondo la possibilità di essere salvato per virtù del solo Cristo; potrebbe sembrare non molto ragionevole che, aggiunge ancora, si venga condannati gli uni per gli altri, cosa che è avvenuta per opera di Adamo, mentre è molto più persuasivo credere, cosa del resto più conveniente e ragionevole, che si possa essere salvati gli uni per gli altri, come è avvenuto in Cristo.

Se, al contrario, il peccato del primo uomo si è trasmesso a tutti per imitazione e non per propagazione, chi non comprende come nessuno viene condannato per l'altro, ma ciascuno lo è per il proprio peccato, che non un altro gli ha trasmesso per generazione, ma che egli ha volontariamente commesso per imitazione?

Non solo quel peccato commesso dal primo uomo, dice inoltre, viene distrutto dalla grazia, ma tutti gli altri commessi dopo di esso.

Si può notare molto chiaramente la distinzione tra i peccati posteriori commessi, lo si può ben dire, per imitazione, da quel solo peccato trasmesso per propagazione.

La grazia, fa notare a questo punto, li ha distrutti tutti, cosicché appaia, secondo la mente dell'Apostolo, che ha portato molto più giovamento la rigenerazione anziché danno la generazione.

In questo senso, infatti, commenta le parole dell'Apostolo: Il fallo non è pari al dono; poiché il giudizio che tenne dietro a quel solo peccato si conchiuse con una condanna; ma l'opera di grazia che venne dopo le tante colpe si conchiuse con la giustificazione. ( Rm 5,16 )

Con questa verità scritta da Paolo e commentata da Giovanni, viene polverizzata la vostra teoria dell'imitazione, ultima macchinazione dell'errore di Pelagio.

Noi tutti, che siamo battezzati in Cristo, lo siamo nella sua morte. ( Rm 6,3 )

Commentando queste parole dell'Apostolo sul battesimo, Giovanni afferma che essere battezzati nella morte di Cristo null'altro significa che morire al peccato come Cristo è morto nella carne.

È necessario di conseguenza che i bambini o non siano battezzati in Cristo o, se sono stati battezzati, lo siano nella sua morte ed anche essi in tal modo muoiano al peccato e, poiché non hanno peccati propri, siano purificati dalla contaminazione del peccato altrui, di quello originale cioè, che è diventato comune a tutti.

7.34 - La testimonianza favorevole di Girolamo

Circondato da sì gran numero di uomini santi e dotti, sei ancora convinto che "la nostra causa non è stata in grado di trovare neppure un assertore tra tanta moltitudine"?

Chiamerei ancora "cospirazione di uomini perduti" un così importante consesso di sacerdoti cattolici?

Non vorrai, credo, disprezzare San Girolamo che fu solo prete.

Erudito nella lingua greca, latina ed ebraica, egli passò dalla Chiesa Occidentale a quella Orientale e visse fino a tardissima età nei luoghi santi studiando le Sacre Scritture.

Dopo aver letto tutto o quasi tutto quello che, nell'una o nell'altra parte del mondo, era stato scritto sulla dottrina della Chiesa, in merito al nostro problema non ebbe né manifestò alcun parere diverso.

Commentando il profeta Giona, dice molto chiaramente che "anche i bambini erano soggetti al peccato commesso da Adamo".40

E tu amerai tanto l'errore nel quale sei caduto per giovanile baldanza e più incautamente per umana debolezza da osare non solo di dissentire da questi sacerdoti dell'unità e della verità cattolica, che, pur provenendo dalle parti più diverse del mondo, hanno assoluta identità di fede in un problema così importante ed essenziale della religione cristiana, ma addirittura di chiamarli manichei?

Se non osi farlo con loro, non lo puoi fare neppure con me che, in questo problema, come ben vedi nei miei scritti, per i quali t'irriti terribilmente contro di me, seguo le loro orme.

Se poi rivolgi solo a me un simile insulto per il semplice motivo che, riguardo al peccato originale, io penso come pensano essi, ritengo quello che essi ritengono e predico quello che essi predicano, chi non si accorge come tu pronunci la tua condanna apertamente contro di me, ma mediti segretamente un giudizio identico nei loro riguardi?

Pur tuttavia, se, tralasciando il resto, ti fermerai a considerare le parole del vescovo Giovanni riguardo al nostro paterno chirografo sottoscritto da Adamo che, credo, hai trovato nell'omelia da cui hai citato quello che ti è piaciuto, o le altre parole del vescovo Ambrogio, secondo le quali, dall'unione dell'uomo e della donna, nessuno può nascere esente da peccato - queste parole le hai lette nel mio libro, ma tu hai avuto timore di accennarle nei tuoi -, anche se dinanzi agli uomini farai il duro, la tua coscienza dovrà arrossire dinanzi a Dio.

7.35 - Giuliano esortato a correggersi

L'amore che mi lega a te, figlio Giuliano, e che, con l'aiuto di Dio, tu non potrai estirpare dall'intimo del mio cuore con nessuna offesa, mi spinge a desiderare che tu vinca te stesso con una gioventù migliore e più forte e che, con una più ardente pietà, vinca l'animosità - umana animosità, che altro potrebbe essere? - con cui brami far prevalere la tua tesi, qualunque essa sia, solo perché è tua.

Il tuo comportamento sia come quello di Polemone, che, deponendo gradualmente dalla testa la corona della lussuria e disprezzandola, pose le mani sotto il mantello, accomodò il viso e l'aspetto a modestia e, da ultimo, si abbandonò come discepolo nelle mani di colui che era venuto a deridere.

Allo stesso modo, mentre ti parlano tanti uomini venerabili e soprattutto il vescovo Ambrogio, lodato per la sua integrità di fede anche dalla bocca del tuo cattivo maestro ed ingannatore, ed i vescovi Basilio e Giovanni, che tu stesso, con vera testimonianza, hai collocato tra i santi ed eruditi, vorrei che tu disprezzassi, come le corone degli ubriachi, le lodi dei pelagiani dai quali sei acclamato come il più grande loro difensore.

Più che nascondere col manto del pudore la tua penna sprezzante - per usare un termine più pacato -, vorrei che la spezzassi con mano decisa a correggersi.

Vorrei che aprissi il tuo cuore per farlo riempire di verità non al platonico Senocrate, ma a questi sacerdoti di Cristo o, meglio ancora, per mezzo di essi allo stesso Cristo Signore, non come chi viene a lui per la prima volta, ma come uno che ritorna dopo essersene allontanato.

Se il mio consiglio ti dispiace, fa' come vuoi.

Se ti correggerai, come è mio grandissimo desiderio, godrò di abbondante gioia.

Se poi resterai in questa cattiveria, cosa che detesto, dalle tue offese deriverà un frutto: un aumento di grazia celeste per me e una spina di dolore misericordioso per te.

8.36 - I pelagiani offrono appigli ai manichei

Dopo averti dimostrato quali e quanti dottori e difensori della fede cattolica a torto chiami manichei, ascolta un po' quanto giovamento offri con la tua rozza temerarietà ai veri manichei.

Questo, infatti, ho promesso di dimostrarti nella seconda parte della mia risposta.

I manichei, che dici di conoscere abbastanza bene, con la vanità sacrilega del loro nefando errore fanno derivare le due nature, l'una del bene e l'altra del male, da due principi coeterni, diversi tra loro ed opposti.

Contro di essi la fede cattolica predica l'unica ed eterna natura di Dio, sommo ed immutabile Bene, la natura cioè dell'ineffabile Trinità.

Da questo sommo ed immutabile Bene ogni creatura è stata creata: tutte sono nature buone anche se non uguali al Creatore, appunto perché create dal nulla e per questo mutevoli.

Non esiste pertanto natura che non sia Lui o che non sia stata creata da Lui.

Ogni natura, di qualunque genere o grandezza, in quanto natura è sempre buona.

8.37 - L'origine del male

I manichei ci chiedono donde ha origine il male.

Noi rispondiamo: dal bene, ma non dal sommo e immutabile Bene.

Il male è derivato dai beni inferiori e mutevoli.

Sebbene affermiamo che questi mali non sono nature, ma difetti della natura, nello stesso tempo, tuttavia, diciamo che essi non possono derivare se non da una natura e non possono sussistere se non in una natura perché il male altro non è che defezione dal bene.

Ma defezione di chi, se non di una natura?

La stessa volontà cattiva, infatti, non è se non la volontà di una natura.

L'angelo e l'uomo sono nature.

Se c'è una volontà, non può essere la volontà di nessuno.

Le volontà valgono tanto che costituiscono le qualità delle nature cui appartengono.

Se si chiede chi sia l'angelo o l'uomo di cattiva volontà, si risponderà giustamente: quello cattivo, preferendo, cioè, prendere il nome della qualità dalla volontà cattiva anziché dalla natura buona.

La natura è la stessa sostanza capace di bontà o di malizia.

È capace di bontà per la partecipazione al Bene da cui è stata fatta; è capace invece di malizia non per la partecipazione al male, ma per la privazione di un bene.

In altre parole, la natura acquisisce un male non in quanto si mescola ad una natura che è un male - nessuna natura infatti in quanto tale è male -, bensì in quanto ha una defezione dalla natura che è Sommo ed Immutabile Bene, e questo perché non da essa è stata tratta, ma dal nulla.

Se non fosse mutevole, d'altronde, la natura non potrebbe neppure avere la cattiva volontà.

La natura, in verità, non avrebbe potuto essere mutevole se fosse derivata direttamente da Dio e non fosse stata tratta dal nulla.

Per questo, Dio Creatore delle nature è Creatore di cose buone; la loro spontanea defezione dal bene indica non da chi sono state create, ma da che cosa sono state tratte.

E questo non è un qualche cosa perché è assolutamente nulla. Ciò che è nulla non può avere un creatore.

8.38 - I mali vengono dalle creature buone

I manichei si oppongono alla fede cattolica, alla fede cioè della verità e della vera pietà, allorquando affermano che il bene ed il male sono talmente contrari tra di loro che non è la natura che diventa cattiva separandosi dal bene - ed il male, di conseguenza, sarebbe solo una defezione - ma il male stesso è chiamato natura e, cosa ancor più insana, natura eterna e senza principio.

La chiamano altresì corpo e spirito, corpo che operi per lo spirito e spirito che operi per mezzo del corpo.

Non è facile dire quanto giovamento arrechi a questi nemici della fede chi nega che dal bene possa derivare il male ed interpreta in questo senso le parole del Signore: Non può un albero buono fare frutti cattivi. ( Mt 7,18 )

Il Maestro e Signore in realtà non ha inteso dire che l'albero è una natura da cui ha origine il frutto di cui parla, ma semplicemente che si tratta di una volontà buona o cattiva, i cui frutti, le opere cioè, non possono essere buoni se essa è cattiva, né possono essere cattivi se essa è buona.

Questo è il senso delle parole: Non può l'albero buono fare frutti cattivi, né un albero guasto fare frutti buoni. ( Mt 7,18 )

Sarebbe insomma lo stesso che dire: la volontà cattiva non porta frutti buoni e la volontà buona non porta frutti cattivi.

Quando poi si vuol ricercare l'origine degli alberi, vale a dire delle volontà, a cos'altro si può ricorrere se non alle nature, create da Dio tutte quante buone?

Per questo diciamo che dalle cose buone sono derivate quelle cattive: non le opere cattive dalle buone volontà, ma le cattive volontà dalle nature buone.

Cosa potrebbero desiderare di meglio i manichei se non che dalle nature buone non possano derivare le cose cattive?

Dal momento che nessuno può negarne l'esistenza, non potendo derivare da una natura buona, il male non potrebbe che derivare da una cattiva.

Esso di conseguenza avrebbe origine da una natura cattiva, eterna e senza inizio, sicché vi sarebbero due nature, l'una del bene e l'altra del male.

Necessariamente quindi: o il male non esiste o deve derivare da una natura buona o da una cattiva.

Se diciamo che il male non esiste, inutilmente diremmo a Dio: Liberaci dal male. ( Mt 6,13 )

Se diciamo che il male non può che venire dal male, avremmo il trionfo del manicheismo che devasterebbe ogni cosa e violerebbe la natura stessa di Dio, mescolandola ad una natura cattiva e ponendola alla pari di una natura mutevole.

Resta quindi una sola possibilità: il male deriva dal bene.

Se lo neghiamo, dovremmo necessariamente dire che deriva dal male ed in tal caso suffragheremmo la dottrina manichea.

8.39 - Se il male non viene dal bene, necessariamente viene dal male

"Se, stando alle parole del Vangelo, l'albero si deve riconoscere dai suoi frutti, come può costui essere ascoltato mentre dichiara il matrimonio un bene e nello stesso tempo dice che da esso null'altro può derivare se non un male?".

Con queste parole vorresti che il matrimonio sia riconosciuto come albero buono, ma non vorresti che da esso nasca, quale frutto cattivo, un uomo macchiato dal contagio del peccato originale.

Non ti accorgi però che, se il matrimonio è un albero buono, ne segue necessariamente che l'adulterio dev'essere un albero cattivo.

Poniamo ora che chi nasce dal matrimonio è frutto del matrimonio e deve essere considerato senza difetto, dal momento che da un albero buono non può nascere un frutto cattivo, ne segue che chi nasce dall'adulterio non deve nascere senza difetto, affinché da un albero cattivo non nasca un frutto buono, avendo il Signore, con la sua divina autorità, stabilito che un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni.

Dal momento, però, che tu affermi che neppure dall'adulterio può nascere un uomo viziato, per uscire da questo vicolo dovrai negare che l'adulterio è un albero cattivo, onde evitare che chi nasce da esso senza difetto possa sembrare un frutto buono nato da un albero cattivo, cosa che sarebbe contraria alle parole del Signore.

Nega pure, quindi, che anche il matrimonio è un albero buono e confessa di avere errato ritenendolo tale.

Sarai pronto però a dire che chi è generato da un accoppiamento adulterino non nasce dall'adulterio.

Donde nasce allora? "Dalla natura umana, risponderai, che anche negli adulteri è opera di Dio e non opera loro".

Perché allora non intendere alla stessa maniera che l'uomo generato dall'accoppiamento coniugale, cioè, non nasce dal matrimonio ma dalla natura umana, che anche nei coniugi è opera di Dio e non opera loro?

In tal modo non sarà attribuito alla bontà del matrimonio il fatto che i figli traggano un male da un difetto di natura, così come non è attribuito alla cattiveria degli adulteri il fatto che i figli traggano un bene da una istituzione di natura.

Tu intendi l'albero buono non come l'ha inteso Cristo, vale a dire la buona volontà dell'uomo, ma l'opera stessa di Dio: il matrimonio o la natura.

Siccome queste opere di Dio sono buone, tu dici che da esse non può derivare un male perché l'albero buono non può fare frutti cattivi.

E così i manichei volgono a favore del proprio domma il loro ragionamento contro di te, e tu, con le tue parole, li aiuti al punto che essi non desiderano sentire di meglio che dal bene non può derivare il male.

Ricevuta questa testimonianza, concludono e ti dicono: se il male non può derivare dal bene, donde potrà derivare se non dal male?

Non ha potuto certamente prodursi all'improvviso senza alcun creatore!

Per non andare contro le parole del Vangelo: L'albero buono non può portare frutti cattivi, tu torni a ribadire che il male non può derivare dal bene. In questo caso, però, rimane un'unica conclusione: ci deve essere una natura eterna del male che produce gli altri mali appunto perché, secondo te, non possono derivare dal bene.

8.40 - Un testo di Giuliano favorevole ai manichei

Vuoi deciderti una buona volta a mutare l'opinione tirata fuori per aiutare il pestilenziale errore dei manichei, non già per favorirli, ma solo ignorando ciò che dicevi?

Come avrebbe potuto dire Cristo: O voi ammettete che l'albero è buono e il frutto sarà buono, o voi ammettete che l'albero è guasto e guasto sarà il suo frutto ( Mt 12,33 ) - e questo lo diceva agli uomini che egli stesso aveva creati -, se dalla sua opera buona, dall'uomo cioè, come tu pensi, non poteva derivare il male, essendo l'albero buono, vale a dire il matrimonio o la natura, un'opera buona di Dio?

Affermando inoltre che il peccato non può derivare da essi, perché se dicessimo che il peccato deriva dal bene, ci opporremmo, come sei ben convinto, a Colui che ha detto: Un albero buono non fa frutti cattivi, ( Mt 7,18 ) non pensi che dalle nature buone dell'angelo e dell'uomo, nate non da genitori cattivi, ma create da Dio stesso sommamente buono da nessun genitore, hanno avuto origine non i frutti cattivi, ma addirittura gli alberi cattivi da cui sarebbero nati frutti cattivi?

Cristo Signore, però, sconfigge i manichei perché un uomo solo, vale a dire una sola natura può produrre l'uno e l'altro albero; e sconfigge anche te perché da una natura buona può derivare un albero cattivo.

Si dimostra falso, di conseguenza, cioè che dici a favore dei manichei, che dal bene, cioè, non può derivare il male, cosicché il male non potrebbe derivare da nessun'altra parte se non dalla natura del male, inventata dal loro nefasto errore.

8.41 - Altre affermazioni simili

Non solo in questo passo, nel quale hai citato la parabola evangelica dell'albero buono, ma anche in altri passi della tua disquisizione hai favorito i manichei con la tua perversità.

Ad un certo punto, per esempio, tu affermi che "il peccato non può essere contratto attraverso la natura, perché all'opera del diavolo non è permesso di passare attraverso l'opera di Dio".

Ti rispondo subito. Come mai all'opera del diavolo è permesso rimanere nell'opera di Dio, se non le è permesso il passaggio attraverso di essa?

Non è forse peggior cosa il rimanere in essa anziché il passarvi soltanto?

Ti domanderai probabilmente in qual modo l'opera del diavolo rimanga nell'opera di Dio.

Non cercare lontano. Pensa al diavolo stesso.

È un'opera di Dio, una creatura angelica, eppure l'invidia, opera del diavolo, si sviluppa da lui e rimane in lui.

È stupido pertanto affermare che "l'opera del diavolo non può passare attraverso l'opera di Dio", quando tu stesso puoi costatare che rimane in essa.

Non comprendi ancora quanto i manichei ti sono grati? Non ti sei ancora svegliato?

I manichei infatti si affannano a dimostrare che il male non può derivare da un'opera buona di Dio, affinché, come essi vogliono, ci si convinca che il male non può che derivare dal male.

Per essi, quindi, sei di mirabile aiuto. "Attraverso l'opera di Dio non può passare il male", dici, infatti, ed i manichei con tutta facilità concludono che è molto meno possibile che il male possa nascere laddove non gli è neppure permesso passare.

9.42 - La radice del male nel dono di Dio

C'è ancora un punto, più grave probabilmente, in cui parimenti favorisci i manichei.

Scrivi: "Il peccato originale è sfumato perché la radice del male non può essere collocata in quello che tu chiami dono di Dio".

Osserva come ti confuto con chiara verità. I sensi dell'uomo non sono forse un dono di Dio?

Eppure il seminatore nemico vi ha posto la radice del male, quando, con l'inganno del serpente, ( Gen 3,1-6 ) ha persuaso l'uomo al peccato.

Se i sensi dell'uomo, infatti, non avessero ricevuto la radice del male, mai egli avrebbe acconsentito al cattivo consigliere.

Che dire poi dell'avarizia, radice di tutti i mali? E dove si trova se non nell'anima dell'uomo?

E l'anima dell'uomo cos'altro è se non un dono di Dio?

E come puoi tu dire, se non sragionando, "che la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio"?

Ma poni attenzione a quanto ti dicono i manichei, che si sentono oltremodo avvantaggiati dalle tue sconsiderate affermazioni: se l'essere una creatura ragionevole è un dono di Dio, e tu dici che la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio, con quanta maggior verità si deve dire che la radice del male non può nascere dal dono di Dio?

E così, con la tua compiacenza, i manichei ti portano ad affermare che la radice del male deriva da una natura che essi ritengono non creata da Dio, ma coeterna a lui.

Qualora, infatti, dicessi che la radice del male deriva dal libero arbitrio della natura buona creata da Dio - questa è la verità cattolica -, essi ti potrebbero molto facilmente sconfessare con le tue stesse parole: "la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio", giacché indubbiamente anche il libero arbitrio è un dono di Dio.

Affermando quindi che "la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio", tu stesso hai offerto ai manichei gli argomenti contro di te.

È ovvio infatti che se il male non può essere collocato nel bene, come tu dici, molto a maggior ragione non può nascere dal bene, come dicono essi.

Pacificamente quindi concludono che il male non può derivare se non dal male.

E così si sentono vincitori, e lo sarebbero certamente se non ci opponessimo ad essi e a te.

In queste vostre parole la verità della fede cattolica sconfigge i manichei proprio perché sconfigge anche te.

Se essa, infatti, non sconfiggesse te che affermi: "la radice del male non può essere collocata nel dono di Dio", molto meno potrebbe sconfiggere i manichei i quali dicono che la radice del male non può nascere dal dono di Dio.

La fede cattolica, però, per vincere entrambi sostiene che da nessun'altra parte può nascere e che in nessun'altra parte può essere collocata la radice del male se non dalla natura e nella natura razionale.

L'essere natura razionale altro non è se non un dono di Dio.

Siccome però da Dio stesso, sommo ed immutabile Bene, essa è stata tratta dal nulla per essere un bene sia pure mutevole, può venir meno dal Bene da cui è stata creata e, di conseguenza, da questa defezione o in questa defezione sta la radice del male, perché esso altro non è se non la privazione del bene.

9.43 - Solo la dottrina cattolica distrugge il veleno manicheo

"Il retto ordine delle cose, dici ancora, non permette che il male possa derivare dal bene o l'ingiusto dal giusto".

Sono parole decisamente manichee.

Questo infatti sostengono: il male non può derivare che dal male.

Tutta la loro nefanda dottrina sta precisamente nel principio che il male non può derivare dal bene.

Se, al pari di te, gli concedessimo questo, non ci rimarrebbe null'altro per combattere le loro nefaste tesi.

Dire l'ingiusto dal giusto è praticamente la stessa cosa che dire il male dal bene.

Per resistere a te e a loro, la fede cattolica sostiene che il male è derivato dal bene e l'ingiusto dal giusto.

L'angelo e l'uomo, infatti, da cui sono derivati, inizialmente erano buoni e giusti.

Non possiamo sconfiggere i manichei se non otteniamo anche da te l'ammissione che i mali sono derivati dai beni e che essi non sono sostanze, ma difetti delle sostanze create, che, possono venir meno dal bene perché, create dal nulla, sono mutevoli.

Questa è la sana dottrina cattolica con cui viene espulso il veleno della pestilenza manichea.

9.44 - Testimonianza di S. Ambrogio contro i manichei

Proprio per questo motivo il mio maestro Ambrogio, lodato anche dalla bocca del tuo cattivo maestro, nel libro Isacco e l'Anima scrive: "Cos'è dunque la malizia se non la privazione del bene?", ed aggiunge: "Il male è nato dal bene. Il male non esiste se non nella privazione del bene.

Esso tuttavia rende più eminente il bene. La radice del male, quindi, sta proprio nella privazione del bene".41

Vedi come il beato Ambrogio confuta i manichei con la vera ragione della fede cattolica?

Vedi come, pur senza nominarli, nella sua opera li confuta con la verità e la stringatezza di queste affermazioni?

Contro quest'uomo di Dio, spinto da malefico furore, scagli l'offesa di manicheismo, a motivo del peccato originale che, da buon cattolico, egli ha difeso secondo la dottrina cattolica, e che, contrariamente a te che deponi a favore dei manichei, offre ai cattolici il suo formidabile aiuto per sconfiggerli.

Contro i manichei egli esclama: "Il male è derivato dal bene".

Contro di lui invece e a favore dei manichei tu rispondi: "È necessario che ci sia un male dal quale ed attraverso il quale è venuto il frutto cattivo.

Attraverso l'opera di Dio non può passare l'opera del diavolo.

La radice del male non può essere collocata nel dono di Dio.

Il retto ordine delle cose non permette che dal bene possa derivare il male o dal giusto l'ingiusto".

Vai gridando queste parole a favore dei manichei contro la voce della verità cattolica predicata dal sacerdote di Dio.

Se ascoltassimo te, vincerebbero i manichei che, tralasciando il resto, affermano: "Se il retto ordine delle cose non permette che dal bene derivi qualcosa di male, significa che il male non deriva dal bene, come dice Ambrogio, ma deriva dalla natura del male come diciamo noi".

Ecco in quale abisso sei caduto per avere compreso male le parole del Signore: L'albero buono non fa frutti cattivi. ( Mt 7,18 )

Il Signore non riferiva queste parole alla natura o al matrimonio, istituito da Dio stesso, ma alla volontà buona dell'uomo, che non compie le opere cattive.

9.45 - La radice del male altro non è che la mancanza del bene

Non vorrei però che tu o qualsivoglia altro abbiate a dire: come mai dall'albero prodotto dall'uomo, dalla buona volontà cioè, non nascono frutti cattivi, mentre dalla natura prodotta da Dio nasce l'albero cattivo, quello cioè che produce frutti cattivi?

Può forse l'uomo far qualcosa di meglio di ciò che fa Dio, se fosse vero che da un'opera dell'uomo non possono nascere frutti cattivi, mentre da un'opera di Dio può nascere un albero cattivo?

Per non cadere in un simile sproposito, si ascolti diligentemente Ambrogio: "Che cosa è la malizia se non la privazione del bene?

Il male non esiste se non come privazione di bene, perché la radice del male sta proprio nella privazione del bene".

Da qui si capisce che vi è l'albero cattivo, vale a dire la volontà cattiva, proprio perché vi è una defezione dal sommo Bene, in quanto il bene creato è privato del Bene Creante, di modo che in esso la radice del male null'altro è se non la privazione del bene.

L'albero buono, invece, è la volontà buona perché per mezzo di essa l'uomo si converte al sommo ed immutabile Bene e si riempie di bene perché possa produrre frutti buoni.

Dio è creatore di tutti i beni, della natura buona, cioè, e della volontà buona che l'uomo non potrebbe avere se Dio non operasse in lui, giacché la volontà è preparata da Dio. ( Pr 8 sec. LXX )

9.46 - Conclusione del libro

Il retto svolgimento della mia risposta richiede che, con l'aiuto di Dio, mi accinga a fare quanto ho promesso di fare al terzo punto: schiacciare le tue esili arguzie e le tue fragili argomentazioni, che pur ti sembrano acute e nitide, con gli argomenti dei vescovi cattolici che ci hanno preceduto, raccogliendo tutto quanto può essere attinente al nostro argomento.

Per ricominciare dal nuovo esordio pongo fine alla lunghezza di questo libro.

Indice

40 Gerolamo, In Gio 2, 5: PL 25, 1195
41 Ambrogio, De Isaac et anima 7, 670: PL 14, 551; Op. Omn. 3,102-104