Contro Giuliano

Indice

Libro II

1.1 - Le affermazioni patristiche contro gli argomenti dei pelagiani

Ed ora, o Giuliano, bisogna che affronti quello che avevo deciso di fare nella terza parte della mia trattazione: demolire, con l'aiuto di Dio, le tue macchinazioni mediante le parole dei vescovi che con grande gloria hanno illustrato la Sacra Scrittura.

Non intendo dimostrare che sul peccato originale essi hanno pensato secondo la fede cattolica.

L'ho già fatto nella prima parte di quest'opera nel mostrarti contro quali e quanti uomini, santi ed illustri Dottori della Chiesa, tu scagli l'accusa di manicheismo, e nel farti notare come per sminuire la mia stima di fronte al giudizio di uomini inesperti, tu accusi di nefasta eresia i difensori della Chiesa contro gli eretici.

Ora è necessario che con le parole dei Santi controbatta le vostre argomentazioni con cui pretendete dimostrare che la prima nascita degli uomini non è soggiogata al peccato originale.

Bisogna che il popolo cristiano anteponga costoro alle vostre profane innovazioni e scelga di aderire ad essi anziché a voi.

1.2 - I cinque argomenti pelagiani contro il peccato originale

Questi sono i vostri argomenti capitali, apparentemente terribili, con i quali spaventare i deboli e quelli meno esperti nelle Sacre Scritture, di quanto sarebbe necessario contro di voi.

Ci accusate che "sostenendo il peccato originale, noi dichiariamo il diavolo creatore dell'uomo che nasce, condanniamo il matrimonio, neghiamo che nel battesimo siano rimessi tutti i peccati, accusiamo Dio del crimine di iniquità, ingeneriamo la disperazione della perfezione".

Tutto questo perché, voi dite, noi siamo convinti che i bambini nascono soggetti al peccato del primo uomo e che per questo si trovano sotto il potere del diavolo fino a quando non rinascono in Cristo.

"Il diavolo, dite infatti, è creatore se i bambini traggono la loro origine dalla ferita da lui inferta alla natura umana primigenia; il matrimonio è condannato se si ritiene che abbia qualcosa donde nascono persone condannabili; nel battesimo non sono rimessi tutti i peccati se nei coniugi battezzati resta qualcosa di male donde nascono i figli cattivi.

Come può non essere iniquo Dio, che, mentre rimette ai battezzati i peccati personali, condanna i bambini, che, pur creati da lui, senza volerlo e senza saperlo hanno contratto peccati altrui anche da quei genitori a cui erano stati rimessi?

Neppure la virtù, a cui, come tutti sanno, si oppone il vizio, può essere ritenuta perfettibile, dal momento che non è possibile eliminare vizi congeniti che neppure potrebbero essere chiamati tali.

Non pecca infatti chi non può essere diverso da come è stato creato".

1.3 - Sintetica risposta dei cattolici

Se vi fermaste ad esaminare con attenta diligenza questi punti invece di opporvi con incredibile audacia a tutto ciò che è fondato sulla verità ed antichità della fede cattolica, arrivereste certamente, con l'aiuto della grazia di Cristo, alla conoscenza di quelle verità che sono nascoste ai sapienti ed agli intelligenti e sono rivelate ai semplici. ( Mt 11,25 )

Grande è infatti la bontà del Signore che egli non rifiuta e tuttavia la riserva per quelli che lo temono, e la perfeziona per quelli che confidano non in se stessi ma in lui. ( Sal 31,20 )

Noi professiamo solo ciò che contiene quella fede di cui è scritto: Se non avrete creduto non capirete. ( Is 7,9b sec. LXX )

Non il diavolo, ma Dio vivo e vero, che produce ineffabilmente cose monde dalle immonde, è il creatore degli uomini anche se nessun uomo nasce puro e tutti sono costretti a restare in potere dello spirito immondo fino a quando non sono purificati dallo Spirito Santo.

Non vi è alcun crimine nel matrimonio qualunque sia la contaminazione delle nature: il bene proprio del matrimonio si distingue da qualsiasi vizio delle nature.

Non resta neppure il reato di alcun peccato che non sia sciolto dalla rigenerazione in Cristo, anche se rimane l'infermità, contro cui il rigenerato, che la porta radicata dentro di sé, deve combattere se vuole progredire.

Non è affatto iniquo Dio quando retribuisce secondo giustizia i peccati originali e quelli personali.

Apparirebbe maggiormente iniquo o debole qualora imponesse, come sta scritto: Un giogo pesante sui figli di Adamo dal giorno in cui sono usciti dal seno della madre fino al giorno del ritorno nel grembo della madre di tutti, ( Sir 40,1 ) giogo sotto il quale la sua immagine è schiacciata, senza che ci sia stato in precedenza alcun peccato originale o personale, oppure permettesse che qualche altro glielo imponesse contro il suo volere.

Non bisogna, infine, disperare della perfezione della virtù perché la grazia di Dio può mutare e sanare la natura viziata dall'origine.

2.4 - L'autorità di Ambrogio contro i primi tre argomenti pelagiani

Eccomi dunque ad adempiere il mio impegno.

Ma non comincerò a confutare con la testimonianza dei Santi una ad una le vostre cinque argomentazioni in cui riassumete tutto quanto andate disputando in lungo e in largo contro la fede cattolica.

Anche quando ricorderò singolarmente le vostre argomentazioni, a seconda degli scritti dei vescovi cattolici colpirò ed abbatterò il maggior numero possibile di esse, una, due, o più secondo la possibilità della testimonianza addotta.

Questo succede per esempio citando il libro del beato Ambrogio Sull'Arca di Noè: "Si predica che ai popoli verrà la salvezza, vi si legge, solo attraverso Cristo Gesù, che, essendo corrotta ogni umana generazione nell'errore, non avrebbe potuto essere il solo giusto se non per il fatto che, nato da una Vergine, per privilegio non era tenuto alla legge di una generazione soggiogata.

Ecco, nel delitto io fui procreato e nel peccato mi concepì mia madre, ( Sal 51,7 ) afferma colui che era ritenuto giusto più di ogni altro.

Chi dunque potrei dichiarare giusto se non l'uomo libero da questi vincoli, l'uomo cioè non legato dai vincoli della comune natura?

Tutti sono sotto il peccato. Dopo Adamo in tutti regnò la morte.

Venga avanti il solo giusto al cospetto di Dio del quale senza eccezioni non solo si dica: non peccò con le sue labbra, ( Gb 1,22 ) ma anche: non fece peccato". ( 1 Pt 2,22 )

Dì pure a lui, se hai coraggio, che ha fatto del diavolo il creatore degli uomini che nascono dall'unione dei due sessi, dal momento che, a differenza di tutti gli altri che nascono da Adamo soggetti al peccato seminato dal diavolo, ha ritenuto libero dai vincoli di una generazione macchiata il solo Cristo perché nato da una Vergine.

Rimprovera come condannatore del matrimonio, chi dice esser senza peccato solo il figlio di una Vergine.

Incriminalo pure perché nega la possibilità di perfezionamento alla virtù ed afferma che il vizio si inserisce nel genere umano nello stesso istante della concezione.

Dì pure a lui ciò che, nel tuo primo volume, credi di aver detto molto a proposito e con molto acume contro di me: "Non peccano affatto quelli che diciamo che peccano, dal momento che essi, da chiunque siano stati creati, si trovano nella necessità di vivere secondo la condizione in cui sono stati creati senza poter andare contro la propria natura".

Dì pure di Ambrogio o ad Ambrogio tutte quelle cose che con tanto orgoglio, con tanto disprezzo, con tanta insolenza e petulanza hai detto a me.

- Quando scriveva quelle parole probabilmente egli non parlava dei discendenti dei battezzati e, di conseguenza, non si può dire che deformi il sacramento del battesimo, nel senso che in esso non si abbia la piena remissione dei peccati, e non si può dire neppure che dichiari Dio iniquo quando nei figli condanna i peccati altrui già perdonati nei genitori.

- Sant'Ambrogio non è uno di quelli che fanno del diavolo il creatore degli uomini, che condannano il matrimonio e che ritengono la natura umana incapace di virtù.

Appartiene piuttosto alla schiera di coloro che ritengono e professano Dio sommo e sommamente buono, unico Creatore di tutto l'uomo, di tutta l'anima cioè e di tutto il corpo, che onorano il matrimonio nella bontà del suo grado e non disperano che l'uomo possa essere perfettamente giustificato.

Come vedete, tre delle vostre argomentazioni sono annientate dall'autorità di tanto uomo e non possono essere ulteriormente usate contro di noi che sul peccato originale diciamo le stesse cose dette da lui: non ha attribuito al diavolo la creazione dell'uomo, non ha condannato il matrimonio, né ha ritenuto impossibile per la natura dell'uomo raggiungere la perfezione della giustizia.

3.5 - Altra testimonianza di Ambrogio contro tutti gli argomenti dei pelagiani

Vediamo ora cosa pensava quell'uomo delle rimanenti due vostre argomentazioni riferentesi al battesimo e come vi stritola con la sua immensa autorità.

Nel libro Contro i Novaziani scrive: "Tutti gli uomini nascono sotto il peccato e la stessa nostra origine è nella colpa, come si può leggere negli scritti di Davide: Ecco, nel delitto io fui procreato e nel peccato mi concepì mia madre. ( Sal 51,7 )

Per questo la carne di Paolo era corpo di morte come egli stesso affermava: Chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,24 )

La carne di Cristo invece condannò il peccato, che non sentì nascendo, e che crocifisse morendo, affinché nella nostra carne vi fosse la giustificazione per mezzo della grazia, laddove prima c'era la confusione della colpa".1

Per la verità qui vengono demolite insieme tutte le vostre argomentazioni.

Se tutti noi uomini nasciamo sotto il peccato e la nostra stessa origine è nella colpa, come puoi obiettarmi che faccio del diavolo il creatore degli uomini, dal momento che affermo le stesse cose di Ambrogio, che mai ha dichiarato il diavolo creatore degli uomini?

Se Davide, proprio perché la nostra stessa origine è nella colpa, esclama: Ecco, nel delitto io fui procreato e nel peccato mi concepì mia madre, ( Sal 51,7 ) e queste parole non incolpano l'unione matrimoniale ma il peccato originale, per qual motivo affermi che io condanno il matrimonio, mentre non oseresti mai dirlo di Ambrogio?

La carne di Paolo, proprio perché tutti noi uomini nasciamo sotto il peccato e la nostra stessa origine è nella colpa, era un corpo di morte, secondo le sue parole: chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,24 )

Ti rendi conto che in queste parole l'Apostolo ha voluto includere anche se stesso?

Mentre il suo uomo interiore si dilettava della legge di Dio, avvertiva nelle sue membra un'altra legge che contrastava la legge delle sua mente, e per questo diceva che la sua carne era un corpo di morte.

Nella sua carne non abitava il bene e, di conseguenza, non compiva il bene che voleva, ma il male che odiava. ( Rm 7,15-24 )

Tutta la vostra causa è respinta, demolita, stritolata e, come pula che il vento sospinge dalla superficie della terra, ( Sal 1,4 ) così la vostra causa sarebbe spazzata via dal cuore di coloro che avevate cominciato ad ingannare se, mettendo da parte la polemica, riflettessero su queste cose.

Che forse l'apostolo Paolo non era battezzato?

O non gli era stato rimesso qualche peccato originale o personale, commesso per ignoranza o con avvertenza?

Perché diceva queste cose se non perché ciò che scrivo nel mio libro, a cui ti vanti di avere risposto, è assolutamente vero?

Questa legge del peccato che si trova nelle membra di questo corpo di morte è stata rimessa nella rigenerazione spirituale ma rimane nella carne mortale.

È stata rimessa poiché il reato è stato sciolto dal sacramento in virtù del quale rinascono i fedeli, ma rimane poiché genera i desideri contro cui lottano anche i fedeli.

Tutto questo sconvolge dalle fondamenta la vostra eresia.

Fino a tal punto voi lo comprendete e temete che, per venir fuori da queste parole dell'Apostolo, non trovate altra via che asserire, con tutta l'energia possibile, che non vi si deve vedere la persona dell'Apostolo, bensì quella di un qualunque giudeo posto ancora sotto la legge e non sotto la grazia, contro di cui combatte l'abitudine della sua cattiva tendenza.

Quasi che nel battesimo si perda la forza della tendenza e i battezzati non abbiano a combattere contro di essa e con tanta maggiore forza ed energia quanto maggiormente vogliono piacere a Colui, dalla cui grazia sono aiutati perché non siano sconfitti in questa lotta.

Se volessi riflettere con più attenzione e senza testardaggine, nella stessa forza della tendenza scopriresti che la concupiscenza è stata rimessa nel reato, ma rimane nell'atto.

Non si può dire infatti che non accada nulla nell'uomo quando è agitato dagli stimoli della concupiscenza, anche se non acconsente.

Pur tuttavia l'Apostolo chiamava la sua carne corpo di morte non per la forza della tendenza, ma per il fatto - Ambrogio l'ha capito molto bene - che tutti nasciamo sotto il peccato e la nostra stessa origine è nella colpa.

Non poteva dubitare che il reato di questa colpa fosse stato rimesso nel battesimo.

Combattendo però contro la sua irrequietezza, in un primo tempo temeva di essere da essa vinto e soggiogato.

Più tardi, quantunque non sconfitto, preferiva non il combattere più a lungo, bensì non avere il nemico, allorquando esclamava: Me infelice!

Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

Ben sapeva che la grazia di Cristo che ci aveva liberati dal reato originale con la spirituale rigenerazione, poteva liberarci da questa spinta della concupiscenza.

Questa guerra che in noi stessi abbiamo cominciato a combattere contro di noi, la sperimentano in se stessi e non la possono negare i forti vincitori della libidine e non i suoi impudentissimi adulatori.

3.6 - Una testimonianza di Cipriano dalla lettera Sull'orazione del Signore

Il vittorioso Cipriano nella sua lettera Sulla Preghiera del Signore dice: "Noi chiediamo che si faccia la volontà di Dio in cielo ed in terra: entrambe le petizioni si riferiscono al raggiungimento della nostra incolumità e salvezza.

Possedendo un corpo che viene dalla terra ed uno spirito che viene dal cielo, siamo noi stessi terra e cielo e, di conseguenza, preghiamo che la volontà di Dio si faccia nell'una parte e nell'altra, nel corpo cioè e nello spirito.

Tra il corpo e lo spirito c'è una lotta.

Essendoci discordanza tra di loro, c'è una lotta quotidiana reciproca e così finiamo per non fare quello che vogliamo.

Lo spirito cerca le cose celesti e divine, mentre la carne aspira alle cose terrene e secolari.

Per questo chiediamo che con l'aiuto e l'opera di Dio tra i due si faccia pace, affinché, mentre nel corpo e nell'anima si fa la volontà di Dio, l'anima che per lui è rinata si salvi.

L'apostolo Paolo lo dichiara apertamente e manifestamente: La carne, infatti, ha voglie opposte allo spirito e lo spirito desideri opposti alla carne: essi stanno in lotta tra loro, così che voi non fate ciò che vorreste ( Gal 5,17 )" .2

Osserva in che modo l'illustre Dottore istruisce il suo popolo battezzato - chi non sa che la Preghiera del Signore si riferisce ai battezzati? - per capire che l'incolumità umana e la salvezza della natura stanno non nel fatto che la carne e lo spirito, quali nemici naturali, si separino, secondo la pretesa dell'insipienza manichea, ma piuttosto nel fatto che, sanati, ritrovino la concordia dopo il vizio della discordia.

Questo significa essere liberati dal corpo di questa morte.

Quello che era un corpo di morte diventi un corpo di vita dopo che è morta in esso la morte per la fine della discordia, non della natura.

Per quale altro motivo si direbbe: Dov'è, o morte, la tua vittoria? ( 1 Cor 15,55 )

Che questo non abbia il suo compimento in questa vita ce lo attesta ancora il Martire nella sua lettera Sulla mortalità dove dice che l'apostolo Paolo desidera dissolversi ed essere con Cristo ( Fil 1,23 ) per non essere più a lungo soggetto ai peccati e ai difetti della carne.3

Con quanta precisione nella lettera sul Padre Nostro parla contro il vostro dogma, secondo il quale riponete troppa fiducia nella vostra forza!

Così, infatti, egli insegna: "È necessario chiedere a Dio più che presumere delle proprie forze, affinché la grazia divina più che la virtù umana ottenga la concordia tra la carne e lo spirito".4

Perfetta, così, è l'armonia con l'Apostolo che dice: Chi mi libererà da questo corpo di morte?

La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore. ( Rm 7,24-25 )

3.7 - Testi di Gregorio di Nazianzo sulla lotta interiore nei battezzati

Anche san Gregorio lo attesta dicendo: "Quando l'anima si trova nelle fatiche e nelle angustie, quando è ostilmente oppressa dalla carne, ricorre a Dio e sa dove chiedere aiuto".5

E perché nessuno pensi che le parole del vescovo Gregorio: "la carne che ostilmente opprime" significhino la natura avversa del male secondo la insana mente dei manichei, nota come è perfettamente in armonia con i suoi colleghi e fratelli dottori insegnando che non per altri motivi lo spirito ha desideri contro la carne se non perché entrambi tornino al proprio Creatore, dopo l'aspro combattimento di questa vita, nel quale si cimentano tutti i Santi.

Nel suo Apologetico, infatti, scrive: "Non ancora faccio menzione dei combattimenti con cui siamo contrastati internamente dai nostri vizi edalle nostre passioni, mentre, giorno e notte siamo tormentati dai brucianti stimoli di questo corpo di bassezza e di morte, che, ora occultamente ora apertamente, ci provocano e ci irritano con la seduzione delle cose visibili e con il fango di questa feccia a cui siamo attaccati e che esala dalle sue larghe vene il fetore della sua sozzura.

Siamo tormentati anche dalla legge del peccato che è nelle nostre membra, e che ripugna alla legge dello spirito, mentre cerca di fare prigioniera l'immagine regale che è dentro di noi per mettere tra le sue spoglie tutto quanto ci era derivato dal beneficio della nostra primitiva divina condizione.

Proprio per questo, col sostegno di una lunga ed acuta ricerca filosofica e ricordando a poco a poco la nobiltà della sua anima, a stento qualcuno riesce a richiamare ed a rivolgere a Dio la natura di luce che nel proprio interno è legata a questo basso e tenebroso fango.

Operando con l'aiuto di Dio li porterà entrambi alla concordia purché con lunga ed assidua meditazione l'uomo si abitui a guardare sempre in alto e, legandola a sé con freni più saldi, si abitui a sollevare in alto la materia che lo appesantisce e lo trascina verso il male".6

Sappi riconoscere, Giuliano, figlio mio, le concordi voci cattoliche e smettila di dissentire da esse.

Quando il beato Gregorio dice: "… siamo contrastati dai nostri vizi e dalle nostre passioni e notte e giorno siamo tormentati da brucianti stimoli …",7 egli parla quale battezzato e parla a persone battezzate.

Quando parla della "legge del peccato che è nelle nostre membra, e che ripugna alla legge dello spirito",8 egli parla quale battezzato e parla a gente battezzata.

Questa lotta riguarda i cristiani fedeli, non i giudei infedeli.

Se non combatti, abbi la forza di credere; se combatti, riconoscilo e con questa lotta sconfiggi la ribelle presunzione dell'errore pelagiano.

Non comprendi ormai, non distingui e non riconosci che nel battesimo sono rimessi tutti i peccati e tuttavia nei battezzati permane quasi una guerra civile tra le interne tendenze?

Queste tendenze, naturalmente, non possono ancora essere dette peccato fino a quando la concupiscenza non conduce lo spirito ad opere illecite e di conseguenza concepisce e partorisce il peccato.

Esse, però, non sono fuori di noi e per vincerle è necessario impegnarsi cimentandoci positivamente in questo conflitto.

Esse ci appartengono. Sono le passioni, sono i vizi che dobbiamo frenare, arrestare, sanare.

Sono molto moleste mentre le curiamo.

Pur se perdono virulenza man mano che avanziamo verso il meglio non cessano di esistere finché viviamo quaggiù.

Finiranno solo quando l'anima pia lascerà questo corpo e certamente non rivivranno nel corpo risorto.

4.8 - Il pensiero dei Padri sulla carne del peccato

Torniamo al beato Ambrogio che dice: "Anche il corpo di Paolo era un corpo di morte, come egli stesso dichiara: Chi mi libererà da questo corpo fonte di morte?".9

Questo ha inteso Ambrogio, questo Cipriano, questo Gregorio per non dire degli altri maestri dotati di altrettanta autorità.

A questa morte alla fine si dirà: Dov'è o morte la tua vittoria? ( 1 Cor 15,55 )

Questa è la grazia dei rigenerati, non dei generati.

"La carne di Cristo, infatti, aggiunge Ambrogio, condannò il peccato che non sentì quando nacque e che crocifisse morendo".10

Quando nacque non lo senti in sé, quando morì lo crocifisse in noi.

La legge del peccato dunque che ripugna alla legge della mente e che si trovava pure nelle membra di un così grande Apostolo, è rimessa nel battesimo, ma non scompare.

Di questa legge della carne che ripugna alla legge della mente, nulla prese il corpo di Cristo, perché la Vergine non lo concepì da essa.

Da questa legge della carne, però, che ripugna alla legge dello spirito, tutti gli uomini, nella prima nascita, hanno ricevuto la medesima legge perché tutte le donne hanno concepito da essa.

Proprio per questo il venerando Ilario non ebbe timore di affermare: "Ogni carne viene dal peccato".11

Dicendo questo ha forse negato che viene da Dio?

Quando diciamo che la carne viene dalla carne e che la carne viene dall'uomo, neghiamo forse che viene da Dio?

Viene da Dio perché Dio la crea, viene dall'uomo perché l'uomo la genera, viene dal peccato perché il peccato porta il vizio.

Dio però che ha generato il Figlio coeterno a sé, che in principio era il Verbo per mezzo del quale ha creato tutto ciò che non era, e l'ha creato uomo senza difetto, facendolo nascere per mezzo di una Vergine, ma non dal seme di un uomo.

In lui egli rigenera l'uomo generato e sana il viziato, subito dal reato e a poco a poco anche dalla infermità.

Il rigenerato, se possiede già l'uso di ragione, deve combattere contro la debolezza, sotto lo sguardo e l'aiuto di Dio, come in una gara: La virtù si perfeziona nella debolezza, ( 2 Cor 12,9 ) nel mentre che la parte di noi orientata alla giustizia si scontra con l'altra parte di noi che tende a staccarsi dalla giustizia.

Se vince quella orientata alla giustizia, tutto s'innalza verso il meglio; se vince quella che si stacca dalla giustizia, tutto precipita verso il peggio.

Il bambino invece, in cui non c'è l'uso della ragione, di propria volontà non sta né nel bene né nel male.

I suoi pensieri non pendono né in un senso né nell'altro.

Entrambi sono sopiti in lui, sia il bene naturale della ragione, sia il male originale del peccato.

Con l'avanzare degli anni, si sveglia la ragione, giunge il comando e rivive il peccato.

Iniziando il combattimento contro di esso, apparirà ciò che era nascosto ed allora, qualora vincesse il peccato, egli sarebbe condannato; se invece lo sconfiggesse, sarebbe salvo.

Questo non significa tuttavia che il fanciullo non ne avrebbe alcun danno nel caso morisse prima che esso si manifesti poiché il reato di quel male, - non quello per cui il cattivo è reo, ma quello per cui rende reo colui nel quale si trova - viene contratto con la generazione ed è tolto soltanto con la rigenerazione.

Proprio per questo i bambini vengono battezzati affinché non solo godano il bene del regno di Cristo, ma siano altresì sottratti al male del regno della morte.

Tutto questo non può avvenire se non per opera di Colui che "condannò con la sua carne il peccato che non sentì quando nacque e che crocifisse quando morì affinché nella nostra carne ci fosse la giustizia per la grazia, laddove c'era stata la caduta per la colpa".12

4.9 - La legge del peccato, un vizio della sostanza, che occorre frenare e risanare

Queste parole di Ambrogio, quindi, dimostrano che il diavolo non ha creato l'uomo con la bontà, ma lo ha viziato con la malizia; che il male della concupiscenza non ha tolto la bontà al matrimonio; che nel sacramento del battesimo è sciolto il reato di tutti i peccati; che Dio non è ingiusto se, per la legge della giustizia, condanna chi è diventato colpevole per la legge del peccato, anche se è nato sotto quella legge che non può più rendere colpevole il suo genitore appunto perché egli è rinato.

Se questo è vero, perché disperare della virtù che si perfeziona nella debolezza, dal momento che proprio per merito della carne di Cristo, che condanna il peccato, non sentito nella nascita e crocifisso nella morte, avviene la giustificazione nella nostra carne per mezzo della grazia, laddove c'era stata la caduta per la colpa?

Le vostre cinque argomentazioni con cui vorreste spaventare gli uomini, non turberanno né gli altri né voi, se ascolterete Ambrogio, Cipriano, Gregorio e gli altri santi cattolici ed illustri maestri, ed anche voi stessi.

Essi vi dicono che la legge del peccato, insita nelle membra dell'uomo e ripugnante alla legge della mente, ( Rm 7,23 ) proprio per la voglia che ha contro lo spirito, ( Gal 5,17 ) ingenera nei santi battezzati la necessità di combattere.

Ma contro che cosa combattere se non contro il male, che non è sostanza, ma solo difetto della sostanza, che non dovrà essere imputato per la grazia di Dio che ci rigenera, che dovrà essere frenato con la grazia di Dio che ci aiuta e che dovrà essere sanato dalla grazia di Dio che ci premia?

5.10 - Ambrogio attesta che la lotta interiore deriva dal peccato di Adamo

Non vorrei che tu abbia a dire che i battezzati combattono contro le cattive abitudini contratte nella vita precedente anziché contro il male con cui sono nati.

Se affermi questo, senza dubbio vedi ed ammetti che nell'uomo c'è qualcosa di male, non in se stesso, ma nel reato che da esso è stato contratto e viene tolto nel battesimo.

Tuttavia, poiché questo sarebbe troppo poco per la soluzione della questione se non si dimostrasse che esso è stato ingenerato in noi dal peccato del primo uomo, ascolta bene ciò che ancora più espressamente Sant'Ambrogio dichiara nell'Esposizione del Vangelo secondo Luca.

Spiegando in diverse maniere, ma tutte conformi all'unica regola della fede, il passo nel quale il Signore afferma esservi in una casa persone divise tra di loro, tre contro due,e due contro tre, ( Lc 12,52 ) scrive: "Possiamo vedervi rappresentati anche il corpo e l'anima che vivono in una stessa casa, separati dal fetore, dal contatto e dal gusto della lussuria, dividendosi contro gli assalti dei vizi, quando si sottomettono alla legge di Dio e si allontanano dalla legge del peccato.

Benché il loro dissidio per la prevaricazione del primo uomo sia divenuto una seconda natura, tanto che non si accordano più nelle inclinazioni alla virtù, diventati assolutamente impari, tuttavia, quando sia l'avversione sia la legge dei comandamenti sono stati annullati dalla Croce del Signore che ci ha salvati, si riuniscono nell'armonia del rapporto, dopo che Cristo, nostra pace, scendendo dal cielo, fece di entrambi una cosa sola ( Ef 2,14 )".13

Nella stessa opera, parlando del cibo spirituale ed incorruttibile, scrive: "La ragione è il cibo della mente, nobile e dolce alimento, che non appesantisce le membra e le rivolge non alle vergogne, ma agli ornamenti della natura, allorquando il pantano dei piaceri è trasformato in tempio di Dio ed il ritrovo dei vizi in sacrario di virtù.

Tutto questo avviene quando la carne, tornando alla sua natura, riconosce la nutrice della sua forza e, dopo aver deposto la sfida temeraria dell'arroganza, si sottopone alla volontà dell'anima moderatrice.

Tale essa fu quando ricevette come abitazione i luoghi appartati del Paradiso prima che, infetta dal veleno del serpente pestilenziale, conoscesse una fame sacrilega e, con avida voracità, cancellasse l'impronta dei divini comandi, impressa nell'anima sensitiva.

Da qui, si dice, ha tratto origine il peccato, e l'anima e il corpo ne sono stati i genitori; mentre la natura del corpo viene tentata, l'anima malferma subisce la stessa passione.

Se l'anima avesse frenato la cupidigia del corpo, l'origine del peccato sarebbe stata uccisa al suo sorgere.

L'anima, invece, corrotta nel suo vigore, appesantita da oneri altrui, generò il peccato come in una funesta gravidanza dietro l'impulso del corpo virile".14

5.11 - Lo stesso dottore considera ormai naturale la discordia dell'anima e della carne

In questo passo il santo dottore Ambrogio, tanto eccellentemente lodato dalla bocca del tuo maestro, ha chiarito molto apertamente cosa sia e donde venga il peccato originale.

Ha chiarito molto bene donde è venuta quella prima confusione, la disobbedienza cioè della carne che dissente dall'anima, e come tale dissidio fu sanato dalla grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.

Ecco perché la carne ha voglie contro lo spirito ed ecco perché nelle membra c'è una legge che ripugna alla legge della mente.

Il dissidio dell'anima e della carne è diventato una natura, e per questi dissidi in noi abbondano le miserie che non potranno cessare se non in virtù della misericordia di Dio.

Non metterti più contro di me.

Se lo fai ancora devi renderti conto contro quali e quante persone ti metti.

Tu mi accusi che faccio di tutto per non essere capito.

In alcuni passi hai interpretato il mio pensiero a tuo piacimento, abusando della mente più lenta degli uomini che non si rendono conto che tu hai voluto non tacere piuttosto che abbia potuto rispondere con i tuoi quattro libri al mio volume.

Ecco che Ambrogio fa scorrere un chiaro e profondo fiume di eloquenza: non c'è posto dove il lettore possa esitare, o dove chi ascolta possa fraintendere.

Molto chiaramente egli dice che l'Apostolo in tanto ha esclamato: Chi mi libererà da questo corpo di morte? ( Rm 7,24 ) in quanto tutti nasciamo sotto il peccato e la stessa nostra origine è nella colpa.

Molto chiaramente dice che Cristo Signore fu senza peccato perché, nato da una Vergine, non era tenuto legato dai vincoli della schiavitù, comune alla natura umana, e appunto per questo poté condannare il peccato che non sentì quando nacque.

Molto chiaramente dichiara che il dissidio tra il corpo e l'anima è diventato una seconda natura per la prevaricazione del primo uomo.

Molto chiaramente sostiene che la carne, pantano di vizi e ritrovo di piaceri, si trasformerà in tempio di Dio e in sacrario di virtù, solo quando, tornata alla sua natura, riconoscerà la nutrice della sua forza e, deposta la sfida temeraria dell'arroganza si sottoporrà alla volontà dell'anima moderatrice, quale essa fu quando ricevette come abitazione i luoghi apportati del Paradiso prima che fosse infettata dal veleno pestifero del serpente.

Perché vai ancora cercando quali libri scrivere contro di me?

Guarda lui, osa pure qualcosa contro di lui che scoprì il veleno della vostra eresia prima ancora che essa nascesse, e preparò questi antidoti perché lo si potesse espellere.

Se tutto questo non è sufficiente, ascolta ancora.

5.12 - L'immagine ambrosiana dei cavalli buoni e cattivi

Nel libro Su Isacco e l'Anima egli scrive: "Il buon cavaliere frena e richiama i cavalli selvaggi ed incita i buoni.

I cavalli buoni sono quattro: prudenza, temperanza, fortezza, giustizia; i cavalli selvaggi sono: ira, concupiscenza, timore, iniquità".15

Ha detto forse che il buon cavaliere possiede i cavalli buoni e non quelli selvaggi?

No, ma "i buoni li incita e i selvaggi li frena e richiama".

Donde vengono questi cavalli? Se li diciamo o li crediamo sostanze, noi favoriamo o aderiamo all'insipienza dei manichei.

Lungi da noi! Secondo la visione cattolica noi siamo convinti che i cavalli sono i nostri vizi, che per la legge del peccato resistono alla legge della mente.

Questi vizi, separati da noi, non continueranno ad esistere da qualche parte, ma, sanati in noi, non esisteranno più.

Perché mai dunque non sono scomparsi nel battesimo?

Non vuoi ancora ammettere che il loro reato non esiste più - non il reato per il quale essi erano rei, ma il reato per il quale ci hanno fatti rei nelle cattive azioni a cui ci avevano indotti -, mentre la loro infermità è rimasta?

La loro infermità è rimasta, ma non come fossero animali che si ammalano, bensì nel senso che essi stessi sono la nostra infermità.

Neppure si deve credere che in quei cavalli selvaggi ha chiamato iniquità quella che è distrutta nel battesimo.

Quella infatti era l'iniquità dei peccati commessi, che sono stati rimessi tutti e che ora non esistono più, ed il cui reato era presente soltanto mentre venivano commessi e passavano via.

Questa legge del peccato che rimane, mentre il suo reato è stato rimesso nel sacro fonte, l'ha chiamato iniquità perché è iniquo che la carne abbia voglie contro lo spirito, anche se nel nostro rinnovamento c'è la giustizia, perché è giusto che lo spirito abbia desideri contro la carne ed è giusto che camminiamo secondo lo spirito e non poniamo in atto le voglie della carne.

Questa nostra giustizia la troviamo nominata tra i cavalli buoni.

5.13 - Altro testo ambrosiano sulla legge del peccato

Ascolta ancora quanto scrive nel libro Sul Paradiso: "Probabilmente l'apostolo Paolo ha detto: Ciò che non è permesso a uomo ripetere, ( 2 Cor 12,4 ) perché si trovava ancora nel suo corpo, vedeva cioè le sue passioni e la legge della sua carne che ripugnava alla legge della sua mente".16

Un po' più avanti continua: "Quando egli parla del serpente come più sapiente, ( Gen 3,1 ) tu capisci che vuol parlare del nostro avversario che tuttavia possiede la sapienza di questo mondo.

Anche la voluttà ed il piacere sono giustamente detti sapienti, perché anche quella della carne è detta sapienza, secondo quanto è scritto: La sapienza della carne è nemica di Dio. ( Rm 8,7 )

Quelli che ricercano i piaceri sono molto astuti nello scovare ogni genere di diletto.

Se la s'intende come ricerca del piacere, certamente è contraria al comando divino ed è nemica ai nostri sensi.

Per questo S. Paolo dice: Sento nella mia carne un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione, che mi tiene prigioniero della legge del peccato esistente nelle mie membra ( Rm 7,23 )".17

È facile capire di quale piacere il nostro maestro intenda parlare in questo passo, dal momento che si serve della testimonianza dell'Apostolo: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione, che mi tiene prigioniero della legge del peccato esistente nelle mie membra.

Questa legge è il piacere di cui hai preso la difesa, quantunque ne condanni gli eccessi.

Quale essa sia tu lo confessi apertamente, ma con tante belle parole la difendi e la lodi quando è moderata, quasi che essa stessa ne avesse fissato la misura e non lo spirito che ha desideri contro il suo impeto.

Contro di essa invece resisteva tenacemente colui che esclamava: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione.

Se si lasciasse libero verso quali nefandezze non farebbe scivolare?

In quali abissi non trascinerebbe e non farebbe precipitare?

Bisogna convincersi - ed è la cosa che maggiormente c'interessa ora - che l'apostolo Paolo non intendeva parlare di un giudeo qualsiasi, secondo la vostra interpretazione, ma di se stesso, secondo l'interpretazione di Ambrogio, quando dice: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione, che mi tiene prigioniero della legge del peccato esistente nelle mie membra.

Nella stessa opera, in un altro passo, Ambrogio continua: "S. Paolo viene attaccato e vede la legge della sua carne in conflitto con la legge della sua ragione, che lo tiene prigioniero della legge del peccato.

Egli non presume della sua coscienza, ma confida nella grazia di Cristo per essere liberato da questo corpo di morte.

Come puoi pensare che un saggio non può peccare?

Paolo afferma: Non faccio il bene che voglio, ma commetto il male che non voglio, ( Rm 7,19 ) e tu continui a credere che all'uomo possa giovare la scienza per accrescere l'odio al peccato?".18

Nella stessa opera, il santo vescovo, rivolgendo il discorso a tutti noi, tratta con cura la causa comune dicendo: "La legge della carne è in conflitto con la legge della mente e noi dobbiamo lavorare e sudare per castigare il nostro corpo, per ridurlo alla servitù e per seminare le cose dello spirito".19

5.14 - Esortazione di Ambrogio al combattimento spirituale

In un altro libro Sul Sacramento della rigenerazione o Sulla Filosofia, scrive: "Beata pertanto la morte che ci sottrae al peccato per trasformarci in Dio.

Chi è morto è liberato dal peccato. ( Rm 6,7 )

Che forse qualcuno è liberato dal peccato solo quando muore?

No davvero, poiché chi muore peccatore, rimane nel peccato.

È liberato dal peccato solo colui al quale per mezzo del battesimo vengono rimessi tutti i peccati".

Hai qualcosa da dire al riguardo? Vedi come il venerando uomo spiega che nel battesimo la morte dell'uomo diventa beata, perché in esso sono rimessi tutti i peccati?

Ma fa' attenzione, ti prego, fa' attenzione a quello che non vuoi capire.

"Abbiamo compreso, è sempre Ambrogio che scrive, come si muore misticamente.

Consideriamo ora come deve essere la sepoltura.

Non è sufficiente che muoiano i vizi, se non marcisce la lussuria del corpo, se non si sciolgono tutti i legami della carne e se non si allentano tutti i nodi delle abitudini corporali.

Nessuno si illuda di aver perso un altro aspetto, di aver ricevuto mistici precetti e di aver impegnato il suo animo nella disciplina della continenza.

Noi non facciamo quello che vogliamo, ma quello che abbiamo in odio.

Molte cose opera in noi il peccato.

Nonostante i nostri sforzi contrari, i piaceri risorgono e tornano a vivere in noi.

Dobbiamo lottare contro la carne.

Contro di essa dovette lottare Paolo, che alla fine esclama: Sento nelle mie membra un'altra legge in conflitto con la legge della mia ragione, che mi tiene prigioniero della legge del peccato esistente nelle mie membra. ( Rm 7,23 )

Sei forse più forte di Paolo? Non credo che vorrai confidare nella premurosa carne ed affidarti a lei, quando Paolo andava ripetendo: So bene infatti che il bene non dimora in me, vale a dire nella mia carne, perché volere il bene è alla mia portata, ma praticarlo no; non faccio il bene che voglio, ma commetto appunto il male che non voglio.

E se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, bensì il peccato che abita in me". ( Rm 7,18-20 )

Per quanto grande sia, o Giuliano, l'ostinazione dell'animo cui ti lasci guidare, per quanto grande sia la caparbietà con cui ti opponi a noi nella difesa dell'errore pelagiano, altrettanto grande è l'evidenza dei fatti con i quali il beato Ambrogio ti assedia e la chiarezza degli argomenti con i quali ti bersaglia.

Se nessuna ragione, nessun pensiero, nessuna considerazione di religione, di pietà, di umanità, di verità da scoprire in te stesso, ti revoca dalla cocciuta ostinazione, possa mostrare qual grande male è l'essere giunti in un punto nel quale non è più lecito restare e dal quale ci si vergogna di tornare indietro.

Sarà questa la condizione in cui ti troverai quando avrai letto le mie parole.

Ma, volesse il cielo che nel tuo cuore vinca la pace di Cristo e una penitenza salutare abbia il sopravvento su una cattiva vergogna!

6.15 - Il pensiero di Ambrogio sul piacere della concupiscenza

Ora rifletti un po' su questa legge del peccato, le cui sollecitazioni l'uomo mortale casto deve sopportare ed a cui la castità dei coniugati si affatica ad imporre una misura quando la concupiscenza della carne ed il piacere che tu esalti sono eccitati ed esercitano il loro impeto contro il proposito della volontà, anche se, quando sono frenati, non si compie azione alcuna.

Osserva dunque un tantino come da questa legge del peccato è generato ogni uomo, che, di conseguenza, contrae il peccato originale.

Lo afferma Sant'Ambrogio nello stesso libro Sul Sacramento della rigenerazione o Sulla Filosofia.

"C'è una casa, egli scrive, edificata dalla sapienza ( Pr 9,1 ), ed una mensa ricolma di celesti sacramenti nella quale il giusto mangia il cibo del piacere divino, gustando la soave bevanda della grazia, se si rallegra nell'abbondanza dei suoi eterni meriti.

Volendo generare questi figli, Davide aveva in orrore quei frutti dell'unione carnale e desiderava essere purificato al sacro fonte perché la grazia spirituale lavasse la macchia carnale e terrena.

Ecco nel delitto io fui procreato e nel peccato mi concepì mia madre. ( Sal 51,7 )

Eva ha partorito male per lasciare quel parto in eredità alle donne, cosicché tutti, tuffati nelle viscere genitali, formati nel piacere della concupiscenza, coagulati nel sangue e avvolti in panni, prima ancora di bere il dono dello spirito vitale, subiscono il contagio della colpa".

Se un po' di sensibilità umana non ti ha abbandonato ancora del tutto, cerca di capire cosa ha detto del piacere, al quale tu offri uno sfacciato patrocinio, il venerato dottore Ambrogio, esaltato - bisogna dirlo spesso - dalla testimonianza del tuo stesso maestro.

Tutti sono stati formati in essa, tutti sono stati concepiti con essa nelle viscere genitali e con essa sono stati coagulati nel sangue ed avvolti nei panni, non in quelli di lana o di lino o di altro materiale simile, con i quali sono avvolti i bambini appena nati, ma in quelli di una origine viziata, tramandati come per eredità.

Sicché tutti subiscono il contagio delle colpe, prima ancora di respirare il soffio di quest'aria vitale, nella quale chi nasce è immerso come in una immensa fonte di comune ed inesauribile alimento dopo l'oscuro respiro delle viscere materne, e per piangere nella nascita il reato contratto prima ancora di nascere.

Non dovevano forse arrossire quei primi uomini per l'impeto di questa concupiscenza, al quale anch'essi apparivano soggetti, mentre i loro figli erano destinati ad essere ugualmente soggetti al peccato dei genitori?

Volesse il cielo che come essi arrossirono perché avevano nude quelle parti del corpo, in cui avvertivano la disobbedienza della libidine, così tu, obbedendo alla fede cattolica, arrossissi per avere lodato quelle cose di cui bisognava arrossire!

6.16 - Cosa scrisse sulla vergogna dei primi uomini

Esamina inoltre quanto lo stesso dottore ha scritto nel libro Sul Paradiso in merito al coprirsi con le foglie di fico: "La cosa più importante è che Adamo, secondo questa interpretazione, si cinse nel punto dove avrebbe dovuto cingersi maggiormente a causa del frutto della castità.

Si dice che nei lombi che noi cingiamo ci siano alcuni semi di generazione, e per questo a torto si cinse Adamo con inutili foglie di fico laddove voleva indicare non il frutto futuro della futura generazione, ma soltanto certi peccati".20

In questo punto il nostro Santo ha reso vana la tua tanto elaborata dissertazione forse troppo affrettata, perché non si credesse che Adamo ed Eva, dopo il peccato, abbiano cinto i loro lombi ad occhi aperti. ( Gen 3,7 )

Affaticandoti con la tua eccessiva loquacità andavi contro il senso comune di tutti e desideravi intrappolare tutti con lo strepito delle tue chiacchiere.

Che c'è di più semplice per coprire o cingere i lombi degli uomini che le mutandine o la cintura, chiamate in greco perizomata o muniturae presso il popolino?

L'uomo di Dio, con le cui parole ti sto confutando, non l'ha esposto come se si trattasse di qualcosa di misterioso.

Con semplicità ha illustrato il significato di una cosa che tutti conoscevano: "Nei lombi che ci cingiamo si dice che ci siano alcuni semi di generazione e perciò a torto si cinse Adamo con foglie inutili".

Perché a torto? Continua spiegando: "nel punto dove voleva indicare non il frutto futuro della futura generazione, ma alcuni peccati".

Puoi rispondere qualcosa? Ecco donde è derivata quella confusione, la necessità di cingersi di foglie, ed il peccato originale per i posteri.

6.17 - Il pensiero del Crisostomo sullo stesso argomento

San Giovanni, vescovo di Costantinopoli, per quanto gliel'ha potuto permettere il pudore, ha espresso con due parole chiare ciò che fece arrossire quei primi uomini: "Erano ricoperti con foglie di fico per coprire una specie di peccato".

Chi non comprende quale tipo di peccato dovevano coprire nella regione lombare coloro che prima del peccato non arrossivano affatto della nudità?

Cercate di capire, vi prego. E cercate di far capire gli uomini che seguono il vostro pensiero e non vogliate costringerci a parlare più a lungo, quasi impudentemente, di cose di cui dobbiamo vergognarci.

6.18 - La circoncisione come segno del battesimo

Giustamente anche il beato Giovanni, come pure il martire Cipriano, ci ricordano che la circoncisione della carne è stata imposta come simbolo del battesimo.

"Vedi, egli scrive, come i giudei non differivano la circoncisione a cagione della minaccia che chiunque non fosse stato circonciso entro l'ottavo giorno sarebbe stato escluso dal loro popolo.21

Tu invece vuoi differire una circoncisione fatta non da mano di uomo, che si ottiene nel corpo con la spoliazione della carne, proprio mentre ascolti la parola stessa del Signore che dice: In verità, in verità vi dico: nessuno, se non nasce da acqua e Spirito, può entrare nel regno di Dio? ( Gv 3,5 )".22

Capisci come quest'uomo, conoscitore della dottrina della Chiesa, paragona una circoncisione ad una circoncisione ed una minaccia ad una minaccia?

Quello che significava non essere circoncisi entro l'ottavo giorno, significa non essere battezzati in Cristo; quello che significava essere escluso dal suo popolo, significa non entrare nel regno di Dio.

Ciò nonostante voi pretendete che nel battesimo dei bambini si celebri la spoliazione della carne, la circoncisione cioè fatta non da mano di uomo, perché, a vostro dire, essi non hanno nulla di che essere spogliati.

Non li credete, infatti, morti nel prepuzio della propria carne, con cui è significato il peccato, soprattutto quello che si contrae con la nascita.

Ma proprio per questo il nostro corpo è un corpo di peccato, che, secondo l'Apostolo, viene svuotato dalla Croce di Cristo. ( Rm 6,6 )

Indice

1 Ambrogio, De paenit. 1, 3, 13: PL 16, 490-491
2 Cipriano, De dominica oratione 16: PL 4, 529 s
3 Cipriano, De mortalitate: PL 4, 608
4 Cipriano, De dominica oratione 16: PL 4, 530
5 Gregorio Naz., Orat. 17, 5, 2; CSEL 46, 199
6 Gregorio Naz., Orat. Apol. 2, 91: PG 35, 494
7 Ibidem.
8 Ibidem.;
Rm 7,23
9 Rm 7,24;
Ambrogio, De paenit. 1, 3, 13: PL 16, 490s
10 Ambrogio, De paenit. 1, 3, 13: PL 16, 490 s
11 Ilario, In PS 118, 175: PL 9, 641
12 Ambrogio, De paenit. 1, 3: PL 16, 490 s
13 Ambrogio, In Lc 7, 141: PL 15, 1825
14 Ambrogio, In Lc 7, 142: PL 15, 1826
15 Ambrogio, De Isaac et anima 8, 65: PL 14, 553
16 Ambrogio, De paradiso 11, 13: PL 14, 317
17 Ambrogio, De paradiso 12, 14: PL 14, 318
18 Ambrogio, De paradiso 12, 60: PL 14, 324
19 Ambrogio, De paradiso 15, 77: PL 14, 332
20 Ambrogio, De paradiso 13, 67: PL 14, 325
21 Cipriano, Ep. 64, 4: PL 3, 1053; cf. Gn 17, 4
22 Basilio, Homil. 13: PG 31, 430