Discorsi sul Vecchio Testamento

Indice

Il roveto bruciava ma non si consumava

Discorso tenuto nel digiuno di quinquagesima

1 - Il grande miracolo del roveto
2 - Il roveto figura del popolo giudaico
3 - Questione controversa: apparve a Mosè Dio o un suo angelo?
4 - Unità e Trinità di Dio secondo la fede cattolica
5 - Altra questione: fu inviato Cristo o un angelo di Dio?
6 - La apparizione ad Abramo
7 - Il significato di: Io sono colui che sono

1 - Il grande miracolo del roveto

Ascoltata la divina lettura, anche noi abbiamo guardato con cuore aperto al grande miracolo che aveva richiamato tutta l'attenzione del servo di Dio Mosè, e noi stessi ci siamo fatti attenti [ per sapere ] come mai nel roveto apparve il fuoco ma il roveto non si consumava. ( Es 3,2 )

Notiamo anzitutto che la Sacra Scrittura poco sopra ha detto che l'angelo del Signore apparve a Mosè nel roveto. ( At 7,30 )

E poi che Mosè parlava non già con un angelo, ma con il Signore.

La terza cosa che notiamo: avendo Mosè richiesto a Dio il suo nome, onde avere di che rispondere ai figli d'Israele che gli avrebbero domandato quale fosse il nome del Dio che lo aveva inviato a loro, Dio rispose: Io sono colui che sono.

Non lo disse per modo di dire, ma ripetendolo aggiunse: Questo dirai ai figli d'Israele: Colui che è mi ha mandato a voi. ( Es 4,14 )

Infine, dopo aver rivelato il suo nome, aggiunse ancora: Questo dirai loro: Il Signore Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi.

Questo sarà il mio nome per sempre. ( Es 3,15 )

Su queste cose ascoltate quanto il Signore ci concede di dire.

Sono cose grandi che si perdono nella profondità dei misteri di Dio; se tentassimo di spiegarle in modo adeguato e sufficiente, non basterebbero né le forze né il tempo.

2 - Il roveto figura del popolo giudaico

Quello che possiamo brevemente dire non sarà inutile né vano, ma porterà alla delucidazione di qualche segreto.

Nel roveto c'era il fuoco e tuttavia il roveto non si consumava. ( Es 3,2 )

Il roveto è un genere di spine e non poté essere menzionato in modo elogiativo ciò che la terra produsse per il peccatore.

Infatti fu detto all'uomo dopo il primo peccato: La terra ti produrrà spine e rovi. ( Gen 3,18 )

Né il fatto stesso che il roveto non si consumava, cioè che non era circondato dalle fiamme, lo dobbiamo giudicare positivamente. ( Es 3,2 )

Se la fiamma, nella quale apparve l'angelo o il Signore - anche quando venne lo Spirito Santo furono viste lingue diverse come di fuoco ( At 2,3 ) - significa qualcosa di buono, dobbiamo essere afferrati da questo fuoco, ma non in maniera da non essere consumati a causa della nostra durezza.

Il roveto che non si consumava significava il popolo che resisteva a Dio.

Il roveto significava il popolo spinoso dei giudei, al quale Mosè veniva inviato.

Il roveto non si consumava perché la durezza dei giudei, come ho già detto, resisteva alla legge di Dio.

Se quel popolo non fosse rappresentato dal roveto, Cristo non sarebbe stato da lui coronato di spine. ( Mt 27,29 )

3 - Questione controversa: apparve a Mosè Dio o un suo angelo?

Se poi colui che parlava a Mosè, chiamato sia angelo del Signore sia Signore, fosse la stessa identica persona, è molto difficile stabilirlo; non lo si può affermare temerariamente ma bisogna prudentemente investigare.

Due sono le opinioni che qui si possono portare; qualunque delle due sia la vera, tutte e due sono secondo la fede.

Dicendo: quale delle due sia la vera, ho inteso dire: quale delle due abbia inteso dire lo scrittore.

Quando noi studiando le Scritture vi intendiamo qualcosa che forse non ha inteso dire lo scrittore, [ lo possiamo ], tuttavia non dobbiamo ritenere un senso contrario alla regola della fede, alla regola della verità, alla regola della pietà.

Propongo tutte e due le opinioni.

Forse ce ne potrà essere anche una terza che a me sfugge.

Delle due che vi propongo scegliete quella che volete.

Alcuni affermano che è stato chiamato sia angelo del Signore che Signore perché si trattava di Cristo, di cui chiaramente afferma il profeta che è angelo del gran consiglio. ( Is 9,6 sec. LXX )

Angelo è un nome che indica l'ufficio, non la natura.

In greco infatti si chiama angelo chi in latino è detto messaggero.

Messaggero è nome che indica azione: chi agisce, cioè annunzia qualcosa, si chiama messaggero.

Chi negherà che Cristo ci abbia annunziato il regno dei cieli?

Perciò l'angelo, cioè il messaggero, viene inviato da colui che tramite lui deve annunziare qualcosa.

Chi negherà che Cristo è stato inviato? Colui che tante volte ha detto: Non sono venuto a fare la mia volontà, ma la volontà di chi mi ha inviato, ( Gv 6,38 ) è proprio lui il messaggero.

Anche quella piscina di Siloe significa Inviato.

Per questo a quel tale cui aveva spalmato di fango gli occhi comandò di lavarvisi la faccia. ( Gv 9,7 )

Si aprirà soltanto l'occhio di colui che viene mondato da Cristo.

Perciò l'angelo è lo stesso Signore.

4 - Unità e Trinità di Dio secondo la fede cattolica

Qui occorre però evitare un altro pericolo.

Non mancano eretici che affermano che le nature del Padre e del Figlio sono distinte e diverse e che i due non sono di un'unica e identica sostanza.

La fede cattolica crede invece che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un unico Dio, Trinità di un'unica sostanza, inseparabile e uguale, non confusa per mescolanza né separata per divisione.

Quelli che si sforzano di provare che il Figlio non è della stessa sostanza del Padre, l'argomentano da questo, che il Figlio è stato veduto dai loro padri.

Invece: il Padre - dicono - non è stato veduto; e l'invisibile e il visibile sono di natura diversa.

Per questo - continuano - del Padre è stato detto che nessun uomo l'ha visto né lo può vedere, ( 1 Tm 6,16 ) per cui colui che è stato visto non solo da Mosè, ma anche da Abramo, non solo da Abramo ma anche dallo stesso Adamo e dagli altri padri, si crede essere non Dio Padre, ma piuttosto il Figlio e viene considerato creatura.

La fede cattolica non dice così.

Che cosa dice? È Dio il Padre, è Dio il Figlio; immutabile il Padre, immutabile il Figlio; eterno il Padre, coeterno il Figlio; invisibile il Padre, invisibile il Figlio.

Se dici invisibile il Padre e visibile il Figlio, distingui, anzi separi le sostanze.

Come hai trovato grazia, tu che hai perso la fede?

La questione si risolve in questo modo. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, è per natura propria invisibile.

Ma si è manifestato quando ha voluto e a chi ha voluto.

Non come è, ma come ha voluto colui al quale servono tutte le creature.

La tua anima, essendo invisibile nel tuo corpo, per manifestarsi si serve della voce; e la voce, nella quale si manifesta la tua anima quando parli, non è la sostanza della tua anima: una cosa è l'anima, un'altra è la voce; tuttavia l'anima si manifesta anche in una realtà che non è essa stessa.

Così anche Dio, se si è manifestato nel fuoco, non è fuoco; se si è manifestato nel fumo, non è fumo; se si è manifestato in un suono, non è un suono.

Queste realtà non sono Dio, ma manifestano Dio.

Convinti di questo, crediamo con certezza che il Figlio che appare a Mosè poté essere chiamato sia Signore che angelo del Signore.

5 - Altra questione: fu inviato Cristo o un angelo di Dio?

Altri affermano che fu veramente un angelo del Signore, non Cristo, ma un angelo inviato; costoro debbono provare perché è stato chiamato Signore.

Come coloro, che credono sia stato Cristo, debbono provare per quale motivo è stato chiamato angelo, così a quelli che dicono sia stato un angelo si chiede per quale motivo è stato chiamato Signore.

Coloro che dicono sia stato Cristo, già ho ricordato come escono da questa difficoltà, cioè perché sia stato chiamato angelo: il profeta chiaramente chiama il Signore Cristo angelo del grande consiglio. ( Is 9,6 )

Coloro che affermano sia stato un angelo, debbono spiegare perché sia stato chiamato Signore.

Ed essi spiegano: "Come nelle Scritture parla il profeta e si dice che è il Signore a parlare, non perché il profeta è il Signore ma perché il Signore è nel profeta, così quando il Signore si degna di parlare attraverso un angelo, come attraverso un apostolo, come attraverso un profeta, si può rettamente chiamare angelo per se stesso e Signore perché Dio è in lui".

Certamente Paolo era un uomo e Cristo era Dio e tuttavia così dice l'Apostolo: Volete la prova che in me parla Cristo? ( 2 Cor 13,3 )

Ha detto anche il profeta: Ascolterò ciò che dice in me il Signore Dio. ( Sal 85,9 )

Chi parla in un uomo può parlare anche in un angelo.

Per questo apparve a Mosè l'angelo del Signore e lo si chiama: Signore! e lui risponde: Io sono colui che sono. ( Es 3,14 )

È la voce dell'abitante, non del tempio.

6 - La apparizione ad Abramo

Se era Cristo, quando fu chiamato angelo, per il fatto che era uno solo, che faremo quando ad Abramo apparvero in tre?

Che dire qui? Apparvero tre e Abramo come parlando ad uno solo lo chiama Signore. ( Gen 18,2 )

Che dire? Perché tre? Era la Trinità? Perché allora "Signore"?

Perché la Trinità non è tre signori ma un solo Signore, e la Trinità è un solo Dio, non tre dèi; una sola sostanza, tre persone.

Il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre, lo Spirito Santo non è né il Padre né il Figlio.

Ma il Padre non è Padre se non del Figlio, il Figlio non è Figlio se non del Padre, lo Spirito è del Padre e del Figlio.

Nei riguardi di quelle tre persone alcuni dicono però che uno era superiore agli altri, e che Abramo lo chiamò Signore quando apparve con gli altri due: era Cristo con i suoi angeli.

Come interpretare però l'altro fatto quando due persone furono inviate a Sodoma per manifestarsi al fratello di Abramo Loth e questi riconobbe in essi la divinità, e pur vedendone due li chiama "Signore"? ( Gen 19,1-2 )

Abramo nei tre riconobbe il Signore, Loth nei due riconobbe il Signore.

Per non separare la Trinità e per non ammettere nel fatto di Sodoma una dualità, credo che possiamo meglio intendere che i nostri padri riconoscevano negli angeli il Signore, si rivolgevano a colui che era dentro alle forme esterne, adoravano non le persone che lo portavano ma colui che inabitava in esse.

Questa opinione è confermata non soltanto dalla Lettera agli Ebrei, dove si dice: Se la parola pronunciata per mezzo degli angeli si rivelò efficace … ( Eb 2,2 ) - parlava dell'Antico Testamento, confermò che allora parlavano gli angeli ma nei suoi angeli veniva onorato Dio e che attraverso gli angeli si faceva sentire l'abitante interiore - ma anche dalle parole dette da Stefano negli Atti degli Apostoli, nel rispondere e nel rimproverare i giudei: Duri di cervice e incirconcisi di cuore e di orecchie - duri di cervice cioè spine non consumate - voi sempre avete resistito allo Spirito Santo. ( At 7,51 )

Il roveto non si consumava perché le spine dei peccati resistevano al fuoco dello Spirito.

Voi sempre avete resistito allo Spirito Santo.

Quale dei profeti non hanno ucciso i vostri padri? ( At 7,52 )

E prosegue: Voi che avete ricevuto la legge per ministero degli angeli e non l'avete osservata. ( At 7,53 )

Se avesse detto "dell'angelo" e non degli angeli, non sarebbero mancati coloro che avrebbero detto: "riguarda Cristo" perché Cristo è stato chiamato angelo del gran consiglio. ( Is 9,6 )

Se il termine "angelo" significa Cristo, forse anche "angeli" significa Cristo?

Dice l'apostolo Paolo che l'eredità di Abramo fu trasmessa dall'Antico Testamento fino al Nuovo.

E come fu trasmessa? Fu trasmessa - disse - dagli angeli per mezzo di un mediatore. ( Gal 3,19 )

7 - Il significato di: Io sono colui che sono

Era dunque un angelo, e nell'angelo il Signore rispondeva a Mosè che gli chiedeva il proprio nome: Io sono Colui che sono.

Questo dirai ai figli di Israele: Colui che è mi ha mandato a voi. ( Es 3,14 )

Essere è nome indicante immutabilità.

Tutto ciò che muta termina di essere quello che era e comincia ad essere quello che non era.

L'essere è. Il vero essere, il genuino essere, il puro essere non ce l'ha se non chi non muta.

Ha il vero essere colui al quale è detto: Tu le muti ed esse mutano, ma tu sei sempre lo stesso. ( Sal 102,28 )

Che significa: Io sono Colui che sono, se non: sono eterno?

Che significa: Io sono Colui che sono, se non: non posso mutare?

Nessuna creatura, non il cielo, non la terra, non l'angelo, non la virtù, non i troni, non le dominazioni, non le potestà.

Avendo già un nome che esprime eternità, in più s'è degnato di avere un nome che esprimesse misericordia: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. ( Es 3,15 )

Il primo per sé, il secondo per noi.

Se volesse essere soltanto ciò che è per sé, che cosa saremmo noi?

Se Mosè capì bene, anzi proprio perché capì bene, quando gli fu detto: Io sono Colui che sono, Colui che è mi ha mandato a voi, ( Es 3,14 ) credette che questo era troppo elevato per gli uomini [ dai quali andava ], vide che questo era molto al di sopra della capacità comprensiva degli uomini.

Chi infatti ha bene capito "ciò che è" ed "è" veramente, perché è stato ispirato in qualche maniera dalla luce della veracissima essenza o anche solo fugacemente come un lampo, vede se stesso assai più in basso, lontanissimo, enormemente diverso, come disse anche il salmista: Io ho detto nella mia estasi. ( Sal 31,23 )

Con la mente rapita in alto vide non so che cosa, che era più elevata delle sue possibilità.

E questo era la Verità. Ho detto - disse - nella mia estasi.

Che cosa? Sono scacciato dalla presenza dei tuoi occhi. ( Sal 31,23 )

Mosè si vedeva molto diverso e non adatto a comprendere non quello che vedeva ma quello che gli si diceva; acceso dal desiderio di vedere l'essere, chiedeva a Dio col quale parlava: Mostrami te stesso. ( Es 33,18 )

Quasi disperando Mosè per la grande distanza da quella preminenza dell'essere, Dio lo risollevò mentre stava per disperare, perché lo vide timoroso, come dicendogli: Poiché ho detto: Io sono Colui che sono, e: Colui che è mi ha mandato, hai intuito cosa sia l'essere e hai disperato di capire.

Risolleva la speranza: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. ( Es 3,14 )

Sono ciò che sono, sono l'essere, ma non voglio sottrarmi agli uomini.

Se pertanto in qualche modo possiamo cercare Dio e trovare colui che è, e per giunta posto non lontano da ciascuno di noi: In Lui infatti viviamo ci muoviamo e siamo, ( At 17,27-28 ) lodiamo la sua ineffabile essenza e amiamo la sua misericordia.

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