Esposizione dei Salmi

Indice

Salmo 84 (83)

Discorso al popolo

1 - [v 1.] La via obbligata della purificazione

Il salmo ha come titolo: Sui torchi.

Eppure, nel testo che segue, nessun cenno né del compressore né dei cesti né dei tini né di altri attrezzi o dell'intera costruzione del torchio.

L'ha notato la vostra Carità che vedevamo quanto mai attenta ad ascoltare.

Di tali cose non abbiamo udito proprio nulla.

Sorge pertanto un problema non piccolo a proposito del titolo della composizione, che reca: Sui torchi.

Se infatti, dopo una tal dicitura, fosse venuto a trattare, anche in breve, delle cose che ho elencate qui sopra, la gente carnale avrebbe potuto concludere che il profeta avesse inteso comporre un canto sui torchi a tutti noti.

Al contrario, se dopo aver premesso un titolo che suona Sui torchi, di questi torchi comuni e noti ad ognuno non dice nulla per tutta la durata del salmo, non v'è dubbio che d'altro genere debbono essere i torchi che in questo testo scritturale ci esorta a ricercare e a intendere la Spirito di Dio.

Ci sia quindi permesso ricordare un istante quel che avviene nei torchi usuali, per poi indagare come la stessa cosa si verifichi spiritualmente nella Chiesa.

Tutti sappiamo che l'uva pende dalle viti e l'oliva dagli olivi: come pure sappiamo che è per questi due frutti che si sogliono allestire i torchi.

Orbene, fino a tanto che stanno sull'albero, tali frutti si godono, per così dire, della loro aria libera; e l'uva non è vino né l'oliva è olio, finché non vengano ad essere spremute.

Così capita agli uomini che dall'eternità Dio predestinò a diventare conformi all'immagine di suo Figlio unigenito: ( Rm 8,29 ) il quale, soprattutto nella passione, ci appare come un grappolo di grandi proporzioni che viene spremuto.

Tali uomini, dunque, prima che si consacrino al servizio di Dio, nel mondo godono di una certa libertà, per molti aspetti deliziosa.

Sono come le uve o le olive ancora pendenti sull'albero.

Viceversa, la Scrittura contiene la massima: Figlio, quando ti metti al servizio di Dio, sta' saldo nella giustizia e nel timore e disponiti alla prova; ( Sir 2,1 ) per cui chi si consacra al servizio di Dio ha da sapere che è entrato nel torchio.

Sarà stritolato, schiacciato, spremuto.

Non perché abbia a morire fisicamente, ma perché fluisca nei serbatoi divini.

Egli viene liberato dagli abiti dei desideri carnali, come da vinacce.

Quest'essere avviluppato, infatti, gli capitò per colpa delle passioni disordinate, delle quali dice l'Apostolo: Spogliatevi dell'uomo vecchio e rivestitevi del nuovo. ( Col 3,9.10 )

E tutto questo non avviene se non nella torchiatura.

Ben a ragione, quindi, col nome di torchi vengono designate le Chiese di Dio nella loro esistenza terrena.

2 - I figli di Dio, figli di Cristo

Noi dunque siamo posti nel torchio.

Ma chi siamo noi? I figli di Core.

Così infatti prosegue il titolo: Sui torchi, per i figli di Core.

A voler tradurre figli di Core, si ha " figli del calvo ", conforme hanno interpretato coloro che conoscevano la lingua originale, in grazia di un ministero loro affidato da Dio.

In questo nome non rifuggo dal vedervi contenuto un grande mistero: un mistero che insieme con voi, con l'aiuto del Signore, vorrei scoprire.

Non è lecito infatti beffarsi di ogni calvizie, come potrebbero fare certi tipi pestilenziali, per paura che, mettendo in ridicolo una calvizie consacrata a Dio, si abbia ad essere maltrattati dal demonio.

Mi riferisco al fatto di Eliseo.

Egli andava per la strada, e dei giovinastri scapestrati si misero a seguirlo gridando: " Testa pelata, testa pelata! ", e allora, perché si adempisse il mistero, egli rivolto al Signore chiese che dal bosco sbucassero fuori degli orsi e li sbranassero. ( 2 Re 2,23.24 )

Essi persero la vita temporale e se ne andarono da questo mondo in tenera età ( morirono da giovani, mentre sarebbero dovuti morire da vecchi ); ma con ciò fu incusso agli uomini il timore per il mistero.

Eliseo infatti in quel frangente teneva le veci di un altro del quale noi tutti siamo figli, del [ vero ] figlio di Core, voglio dire del nostro Signore Gesù Cristo.

Riandando al Vangelo, la vostra Carità potrà certo ricordare per quale motivo un calvo poteva rappresentare Cristo.

Basta che pensiate al fatto che questi fu crocifisso in una località detta Calvario. ( Mt 27,33 )

Comunque, tanto se il termine: Per i figli di Core viene spiegato come abbiamo fatto noi, alla scuola degli antichi, quanto se lo si spieghi diversamente, in una maniera che a noi non risulta, certo la frase è piena di mistero.

Figli di Core sono i figli di Cristo!

Infatti, di figli suoi parla lo sposo quando dice: Non possono i figli dello sposo digiunare finché lo sposo è con loro. ( Mt 9,15 )

Dunque, si riferiscono proprio ai cristiani questi torchi.

3 - Sgombrare il cuore dai desideri terreni per gustare Dio

Quando veniamo posti nello strettoio, lo scopo per cui ci si schiaccia è questo: affinché l'amore nostro, che ci trascinava a cose mondane, temporali e profane, a cose caduche e periture, una volta che abbiamo sperimentate nei torchi, durante la vita presente, tribolazioni ed angustie e prove in gran copia, lo volgiamo a ricercare quella pace che non è di questa vita né di questa terra.

Allora il Signore diviene, come dice la Scrittura, il rifugio per il povero. ( Sal 9,10 )

Che vuol dire: Per il povero? Per il derelitto, per colui che è privo di sostanze, che non ha appoggi né altro su cui riporre la propria fiducia quaggiù.

A tali poveri Dio si avvicina. Ci sono infatti delle persone che, sebbene dispongano di ricchezze materiali in gran copia, si danno a considerare ciò che dice l'Apostolo: Ai ricchi di questo mondo ingiungi di non nutrire sentimenti di orgoglio e di non sperare nelle ricchezze che sono tanto instabili. ( 1 Tm 6,17 )

E, riflettendo sull'instabilità di ciò che loro procurava della gioia quando ancora non si dedicavano al servizio di Dio ( quando, in altre parole, non erano ancora scesi nel torchio ), s'accorgono che dalle ricchezze o scaturiscono loro angustie e preoccupazioni ( come si amministrino, come si mantengano ) ovvero, se poco poco si lascia alla cupidigia campo aperto di amarle, ne risultano più timori che vantaggi.

Cosa c'è infatti di più instabile d'una materia che gira?

Non per nulla la moneta la si conia rotonda, ma per significare che essa mai sta ferma.

Orbene, le persone di cui ci occupiamo, anche se posseggono dei beni, sono povere.

Al contrario, chi non possiede nulla ma smania di acquistare, è da annoverarsi fra i ricchi meritevoli di condanna.

Poiché Dio non bada alla condizione economica ma alla volontà.

Ecco dunque questi poveri, spogli di ogni risorsa mondana: sebbene possano nuotare tra gli agi, sono persuasi della fugacità d'ogni terrena cosa.

Sospirando verso Dio e non trovando in questo mondo nulla che li diletti e li trattenga, posti in mezzo a molteplici angustie e prove, come in altrettanti torchi, stillano vino e olio.

E che cosa sono questi liquidi se non i buoni desideri?

A costoro infatti non resta da desiderare altro che Dio.

Essi non amano più la terra; amano colui che fece il cielo e la terra.

Lo amano; ma non sono ancora con lui.

Da qui il loro desiderio: il quale, se non viene subito soddisfatto, è perché si accresca, e si accresca per poter contenere quanto desidera.

Non sarà infatti piccola cosa quella che Dio darà a chi nutre tali desideri, né scarso deve essere l'allenamento di chi vuole rendersi capace di accogliere un bene così grande.

Dio non ci darà una cosa creata ma se stesso, creatore di tutte le cose.

Allenati dunque per accogliere Dio!

Desidera a lungo il bene che avrai da possedere per sempre.

Nel popolo di Israele furono disapprovati quelli che avevano fretta.

Spesso nella sacra Scrittura si rimprovera la fretta.

Chi sono coloro che hanno fretta?

Sono coloro che si danno a Dio, ma poi, non trovando quaggiù la quiete cui aspiravano e le gioie che s'erano ripromesse, vengono meno per via; e, sembrando loro troppo lungo il tener duro sino alla fine della vita, o del mondo presente, si mettono alla ricerca di un po' di requie terrena, la quale, se pur c'è, è falsa; si voltano indietro e si ritraggono dalla meta propostasi. Essi non fanno conto di quanto tremenda sia la raccomandazione: Ricordatevi della moglie di Lot! ( Lc 17,32 )

Perché mai infatti fu tramutata in statua di sale, ( Gen 19,26 ) se non per condire gli uomini e renderli sapienti?

Il cattivo esempio di lei diventa un beneficio per te, se starai attento.

Diceva [ Gesù ]: Ricordatevi della moglie di Lot!

Guardò indietro, verso Sodoma, donde era stata liberata; e sul posto ove si volse a guardare rimase immobile.

Ferma per sempre in tal luogo, lei, al fine di rendere sapidi gli altri che sarebbero passati lì presso.

Scampati, dunque, da Sodoma, cioè dalla vita antecedente di peccato, non voltiamoci indietro.

Poiché " aver fretta " significa questo: non por mente alle promesse divine per il fatto che esse sono lontane e incantarsi su ciò che è vicino, ma da cui sei stato liberato.

Di tal sorta di gente, cosa dice l'apostolo Pietro?

Capita loro quanto con verità asserisce il proverbio: Il cane torna a mangiare ciò che ha vomitato. ( 2 Pt 2,22 )

Ti gravava il petto la consapevolezza d'essere in peccato?

Col ricevere il perdono hai, per così dire, vomitato e il tuo intimo s'è sentito più leggero.

La tua coscienza da cattiva è divenuta buona.

Perché volgerti di nuovo a quello di cui ti sei liberato?

Se provi ribrezzo quando fa ciò un cane, come sarai tu agli occhi di Dio?

4 - Voto ed esecuzione del voto

Pur tuttavia, carissimi fratelli, dalla posizione raggiunta e consacrata a Dio con voto, ciascuno si volge indietro quando la abbandona.

Per esempio: uno ha deciso di osservare la castità coniugale ( è questo l'inizio della giustizia ), impegnandosi a smetterla con le fornicazioni e le altre sudicerie del genere.

Se per caso ricomincia a fornicare, quel tale si volta indietro.

Un altro, per dono divino, s'è votato a qualcosa di più eccellente: ha stabilito di rinunziare allo stesso matrimonio.

Questo tale, che nessuno avrebbe potuto condannare qualora avesse preso moglie, se si sposa dopo il voto fatto a Dio, è soggetto a condanna.

Fa la stessa cosa dell'altro che non è vincolato da premessa; eppure quegli non è condannato, lo è invece quest'altro.

Per quale motivo, se non perché il secondo s'è voltato indietro?

[ Rispetto all'identica meta ] infatti costui era passato oltre, l'altro non vi era ancora arrivato.

Così è di una ragazza nubile, la quale se si marita non commette alcun peccato; ( 1 Cor 7,28 ) mentre, al contrario, se si sposasse una monaca, sarebbe considerata adultera nei riguardi di Cristo.

Indietreggia infatti dal posto ove è pervenuta.

Così è da dirsi di coloro che, deposta ogni aspirazione mondana e ogni sorta di attività terrena, sono voluti entrare nella società dei santi, in quella vita comunitaria dove nessuno chiama suo alcunché ma tutte le cose sono possesso comune dei membri, i quali hanno un'anima sola e un sol cuore in Dio. ( At 2,44; At 4,32 )

Se uno volesse ritirarsi da uno stato simile, non sarebbe certo da considerarsi come un altro che non vi sia entrato per nulla.

Questi non è ancora arrivato a tal meta; l'altro si è volto indietro.

Comunque, o carissimi, emettete pure dei voti secondo le vostre capacità, ma poi mantenete dinanzi al Signore vostro Dio gli impegni che vi siete assunti. ( Sal 76,12 )

Nessuno si volga indietro.

Nessuno torni a riporre il cuore nelle cose di un tempo.

Nessuno abbia a distogliersi da ciò che gli sta davanti per ciò che si è lasciato alle spalle.

Corra finché non sia arrivato: dico della corsa che si fa non con le gambe ma coi desideri.

Nessuno pensi, finché è nella vita presente, che abbia raggiunto la meta.

Chi infatti potrebbe ritenersi perfetto quanto san Paolo?

Eppure costui afferma di se stesso: Fratelli, io non ritengo affatto d'aver conquistato la palma; solo questo dico: Dimenticando ciò che è ormai indietro e proteso verso ciò che mi sta dinanzi, con tensione [ adeguata ] mi muovo verso la palma, che è la chiamata di Dio in Gesù Cristo. ( Fil 3,13.14 )

Eccoti dinanzi Paolo ancora in atto di correre e tu ti lusinghi d'essere già arrivato?

5 - [v 2.] Nell'esilio terreno sia acuta la nostalgia del cielo

Se pertanto senti vive le molestie di questo mondo, anche se sei felice, è segno che hai compreso di essere nel torchio.

Cosa credete infatti, o miei fratelli? Che si abbia a temere l'infelicità di questo mondo e non la sua felicità?

Al contrario: nessuna avversità può abbattere colui che la prosperità non riesce ad intaccare.

Come, quindi, è da evitarsi e temersi quest'ultima, la corruttrice, perché non abbia a trascinarti al male con le sue lusinghe!

Non appoggiarti a un bastone di canna! Sta infatti scritto che taluni si appoggiano a bastoni di canna. ( 2 Re 18,21 )

Non te ne fidare! È troppo fragile un simile sostegno; si spezza e ti uccide.

Se quindi il mondo verrà a sorriderti offrendoti felicità, considerati anche allora nell'angustia, ed esclama: Mi sono imbattuto nella tribolazione e nel dolore, ma ho invocato il nome del Signore. ( Sal 115,3.4 )

Non avrebbe detto: Mi sono imbattuto nella tribolazione, se non si fosse riferito ad una cosa nascosta.

C'è infatti una tribolazione ignorata da non poca gente del mondo, da coloro, dico, che si ritengono fortunati mentre ancora sono pellegrini e lontani dal Signore.

Difatti, dice Paolo, finché siamo uniti al corpo siamo esuli, lontano dal Signore. ( 2 Cor 5,6 )

Metti il caso che tu fossi lontano da quell'uomo che è tuo padre: certo ti sentiresti sventurato.

Sei lungi da Dio; e puoi essere felice? Tuttavia ce ne sono di quelli che ritengono di sentirsi bene quaggiù.

Al contrario però, altri ce ne sono che, per quanto sia loro dato di avere a profusione ricchezze e piaceri, per quanto cose di ogni specie stiano pronte a un loro cenno ed essi siano esenti da molestie né abbiano a temere avversità, tuttavia si rendono conto che, per il fatto di essere lontani dal Signore, si trovano in una condizione di miseria.

Con occhio penetrante hanno scoperto la tribolazione e il travaglio e hanno invocato il nome del Signore.

Del numero di costoro è il cantore di questo salmo.

Chi è costui? Il corpo di Cristo. Chi mai? Voi, se lo volete; noi tutti, se lo vogliamo: noi tutti che siamo i figli di Core e tutti siamo un uomo solo, poiché unico è il corpo di Cristo.

Come infatti non sarebbe un unico uomo se ha una sola testa?

E capo di noi tutti è Cristo; e noi tutti siamo il corpo di quel capo.

Orbene, noi tutti in questa vita siamo dentro a dei torchi.

Se abbiamo retto sentire, siamo già entrati nei torchi.

E allora, nell'angustia delle prove che ci opprimono, esclamiamo col salmista ed esprimiamo il nostro desiderio dicendo: Come oltre ogni dire sono incantevoli le tue tende, o Signore delle schiere!

Si trovava sotto delle tende, cioè dentro al torchio; desiderava però altre tende dove non ci fossero angustie.

Dal luogo ove si trovava mandava sospiri verso un altro luogo, e già in certo qual modo vi fluiva attraverso il canale del desiderio.

6 - [v 3.] Gioiosi nella speranza

Cosa viene appresso? La mia anima anela e si strugge verso gli atri del Signore.

Sarebbe stato poco dire: Anela e si strugge. Qual è la meta per cui si strugge? Gli atri del Signore.

L'uva pigiata si liquefà; ma che diventa? Vino.

L'uva pigiata dal tino passa nella tranquillità della cantina, dove viene conservata nella massima quiete.

Quaggiù si brama, lassù si consegue; qui si sospira, là si gode; qui si prega, là si cantano lodi; qui si geme, là si esulta.

Nessuno rigetti quaggiù le prove di cui parlavo, trovandole troppo gravose; nessuno si rifiuti di accettarle.

C'è pericolo per l'uva che, mentre teme il torchio, venga mangiata dagli uccelli e dalle bestie selvatiche.

Quegli che esclama: L'anima mia anela e si strugge verso gli atri del Signore, dà l'impressione che sia nella tristezza e che non abbia quel che desidera.

Ma è forse senza gioia? E quale sarà questa gioia? Quella che enunzia l'Apostolo: Gioiosi nella speranza.

Lassù si gioirà per la realtà posseduta; adesso ancora per la speranza.

Comunque, quelli che gioiscono nella speranza, essendo sicuri che riceveranno ciò che bramano, sopportano nel torchio ogni sorta di pressure.

Sicché lo stesso Apostolo, dopo aver detto: Gioiosi nella speranza, quasi che le sue parole siano rivolte a persone collocate nello strettoio, aggiunge subito: Pazienti nella tribolazione.

Notate bene: Nella tribolazione, pazienti. E poi? Perseveranti nella preghiera. ( Rm 12,12 )

Perché mai perseveranti? Perché ve se ne differisce l'esaudimento.

Voi pregate e vi si fa aspettare. Sopportate questa attesa! sì, si sopporti il ritardo!

Quando verrà il premio, non vi verrà tolto mai più.

7 - [vv 14.] Desiderio del cielo e pratica di opere buone

Hai udito il gemito che si leva dal torchio: La mia anima anela e si strugge verso gli atri del Signore.

Senti ora come resista gioioso nella speranza.

Il mio cuore e la mia carne esultano verso il Dio vivente.

Esultano quaggiù per le cose di lassù. Donde infatti l'esultanza, se non dallo sperare?

E in vista di che cosa esultano? Verso il Dio vivente.

E chi è che esulta? Il mio cuore e la mia carne.

Ma, per che cosa esultano? Continua il testo: Infatti, anche il passerotto s'è trovato una casa e la tortora un nido, ove collocare i suoi piccoli.

Cosa vuol dire questo? Aveva menzionato due cose e due ne ripropone ora con l'esempio degli uccelli.

Aveva detto che a provare l'esultanza erano il suo cuore e la sua anima.

A questi due soggetti corrispondono il passero e la tortora: al cuore corrisponde il passero, alla carne la tortora.

Il passero si è trovato una casa: il mio cuore si è trovato anche lui una casa.

Muove le ali: cioè si esercita nelle virtù proprie di questa vita ( la fede, la speranza e la carità ) con le quali volerà alla sua dimora.

Quando poi sarà arrivato alla meta, vi resterà per sempre e non farà più udire la sua voce lamentosa che si udiva quaggiù.

È infatti il cuore il passero gemebondo di cui si dice in un altro salmo: Come un passero solitario sul tetto. ( Sal 102,8 )

Da sopra il tetto vola verso la casa.

Che però fin da adesso sia sopra il tetto: tenga cioè sotto i piedi la casa carnale.

Avrà in sorte a suo tempo una casa celeste, una dimora eterna, dove questo passero cesserà di pigolare.

Quanto alla tortorella, cioè alla carne, il salmista le dà dei pulcini.

La tortorella ha trovato un nido ove deporre i suoi nati.

Il passero trova una casa, la tortora un nido, e precisamente un nido per deporvi i suoi nati.

Una casa la si sceglie per sempre; il nido si imbastisce per breve tempo.

Col cuore pensiamo a Dio, come il passero in atto di volare verso la propria abitazione; col corpo invece ci dedichiamo alle opere buone.

Non vi sfugge infatti quanto bene compiano i santi mediante il loro corpo: è infatti col corpo che compiamo le opere a noi prescritte, aiutandoci a vicenda durante la vita presente.

Spezza il tuo pane all'affamato e recati in casa il povero cui manca l'abitazione; se vedi un ignudo, vestilo, ( Is 58,7 ) e così ancora gli altri precetti dello stesso genere.

Tutto questo non si compie se non mediante il corpo.

In tal modo il passero, sollecito della sua dimora, non si separa dalla tortorella intenta a cercarsi un nido per deporvi i suoi piccini.

Poiché essa non li abbandona in qualunque sito ma va a trovarsi il nido per depositarveli.

Intendo riferirmi a una cosa che voi, fratelli, ben sapete.

Quanti sono coloro che restano fuori della Chiesa e fanno mostra di opere buone?

Anche fra i pagani, quanti sogliono cibare l'affamato, vestire l'ignudo, accogliere l'ospite, visitare l'infermo e consolare il prigioniero?

Quanti ce ne sono che si regolano così! Sembrano la tortora in atto, quasi, di far l'uovo; ma non si è saputa trovare il nido!

A quante opere si dedicano le molte e molte sette eretiche al di fuori della Chiesa!

Neppure loro depongono i loro nati nel nido.

Essi saranno calpestati e schiacciati; non saranno preservati, né resteranno incolumi.

A raffigurare questa carne intenta alle opere di bene, Paolo pone l'esempio di una donna, della quale afferma: Adamo non fu sedotto, ma la donna sì. ( 1 Tm 2,14 )

Adamo infatti solo in un secondo tempo acconsentì all'invito della donna; la donna al contrario fu sedotta dal serpente. ( Gen 3,6 )

Similmente oggi: una suggestione perversa non può per altra via agire sulla tua anima se non eccitando prima la voglia nella tua carne.

Alla quale se tu, poi, consenti con la ragione, ecco che cade anche il passero.

Se invece tieni a freno le voglie dell'appetito, le membra saranno impiegate in opere di bene né saranno somministrate armi alla passione smodata.

La tortora comincerà allora ad avere dei figli.

Difatti, come dice l'Apostolo nel passo citato: Raggiungerà peraltro la salvezza mettendo al mondo dei figli. ( 1 Tm 2,15 )

Una vedova che non abbia avuto figli, se persevererà non avrà forse sorte più lieta? ( 1 Cor 7,40 )

Forse che non si salverà perché non ha avuto figli?

E una vergine consacrata a Dio non è forse in una condizione più eccellente?

O che non abbia a salvarsi perché non ha dei figli? O che non appartenga al Signore?

Che sarà salva attraverso la procreazione dei figli è detto dunque della donna in quanto simbolo del corpo dell'uomo: il quale otterrà la salvezza compiendo opere buone.

Ma, che questa tortorella non si scelga dove le capita il nido per deporre i suoi nati!

Compia le sue opere buone nella vera fede, nella religione cattolica, in quella società cementata dall'unione che è la Chiesa.

Non invano infatti parlando di quella donna l'Apostolo soggiungeva: Si salverà attraverso la procreazione dei figli, a patto però che perseveri nella fede, nell'amore e nella santificazione congiunta con la temperanza. ( 1 Tm 2,15 )

Se dunque resterai saldo nella fede, questa stessa fede ti si fa nido per i tuoi pulcini.

Difatti, essendo gracili i piccoli della tua tortorella, ecco che il Signore s'è degnato fornirti il materiale per il nido: s'è rivestito della paglia d'un corpo di carne per avvicinarsi a te.

In questa fede deponi i tuoi piccoli, in questo nido esercita le tue opere buone.

Infatti, quali siano i nidi, o, per meglio dire, quale sia l'unico nido, lo dice subito appresso: I tuoi altari, o Signore degli eserciti.

Aveva detto: E la tortora ha trovato un nido per deporvi i suoi nati.

Prevenendo la tua domanda: " Ma quale nido? ", dice: I tuoi altari, o Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

Che vuol significare: Mio re e mio Dio? Tu mi reggi, tu che sei stato il mio creatore.

8 - [v 5.] La felicità eterna

Quaggiù dunque si è nel nido. Si è pellegrini e si sospira; si è stritolati e pigiati poiché siamo nel torchio.

Ma cos'è quel che si desidera, quel che si brama? Dove va, dove tende il nostro desiderio?

Dove ci trascina? Collocato qui in terra, il giusto medita le cose di lassù.

Posto tra le prove e le angustie, cacciato dentro lo strettoio, sospira verso i beni eterni che gli sono stati promessi e, come occupato nelle cose del cielo, assapora già i gaudi avvenire.

Beati, dice, coloro che abitano nella tua casa! Perché beati? Che avranno? Che faranno?

Difatti, qui in terra, quelli che sono detti beati lo sono o per quanto hanno o per ciò che riescono a fare.

Beato, per esempio, quel tale! Quanti campi possiede! quanta servitù! quant'oro e argento!

È detto beato per ciò che possiede. Un altro viene detto beato per le cariche onorifiche: è stato fatto proconsole, prefetto.

È beato per le attività che esercita. Beati dunque o perché posseggono beni o perché esplicano attività.

Ma nella vita futura che cosa ci renderà beati? Che si avrà? Che si farà? Ciò che si avrà, l'ho esposto più sopra.

Beati coloro che abitano nella tua casa.

Se possiedi una tua casa, sei ancora povero; se possiedi la casa di Dio, allora sei ricco.

A casa tua avrai paura dei ladri; se invece la casa sarà di Dio, Dio stesso le farà da muro.

Beati, dunque, coloro che abitano nella tua casa!

Posseggono la Gerusalemme celeste, senza preoccupazioni né molestie, senza discriminazione né delimitazione di confini.

La posseggono tutti, e ciascuno la possiede per intero.

Grandi ricchezze sono quelle! Il fratello non condiziona il fratello: lassù non c'è scarsità di nulla.

E di che si occuperanno? poiché è risaputo che alla radice di tutte le occupazioni umane c'è il bisogno.

Ve l'ho detto già, sia pur brevemente, o fratelli.

Scorrete con la mente ogni sorta di occupazioni e vedete se dipendano da altro fattore che non sia il bisogno.

Prendiamo ad esempio le stesse arti più nobili, quelle che sono ritenute di primo piano nel campo delle prestazioni umane: il patrocinio dell'avvocatura e gli apporti della medicina ( ché queste sono le occupazioni più elevate di questo mondo ).

Elimina i contendenti: chi avrà da difendere l'avvocato?

Fa' scomparire le piaghe e le malattie: cosa si metterà a curare il medico?

E così per le altre attività umane, che si compiono perché richieste dalla vita di ogni giorno: tutte provengono dal bisogno.

Arare, seminare, trapiantare, navigare: tutte queste opere chi ce le fa compiere se non il bisogno e la necessità?

Fa' che non ci sia più né fame né sete né nudità: a che cosa serviranno tutti questi lavori?

Lo stesso per le opere di misericordia che sono a noi comandate.

Difatti, le attività che ho menzionato qui sopra sono, sì, attività oneste, ma ad esse si dedicano tutti gli uomini ( ometto ogni accenno alle azioni criminose e detestabili: alle infamie e ai delitti, agli omicidi, alle rapine e agli adulteri; cose che io rifuggo dal chiamare azioni umane ).

Orbene, limitando il discorso alle attività oneste, dico che queste non provengono se non dal bisogno di provvedere alla carne e alla sua fragilità.

Lo stesso anche per le attività che, come sopra ricordavo, sono prescritte a noi da Dio.

Ad esempio: Spezza il tuo pane all'affamato. A chi spezzarlo, se affamati non ci sono?

Accogli in casa il povero, sprovvisto di tetto. ( Is 58,7 )

Chi ospitare in casa quando ciascuno vive nella propria casa paterna?

Quale malato occorrerà visitare là dove godono tutti una perfetta salute?

Quali litiganti potresti rappacificare là dove regna pace inalterabile?

Qual morto seppellire, là dove tutti vivono sempre?

Non avrai, quindi, da esplicare nessuna di quelle attività oneste comuni a tutti gli uomini; non avrai nemmeno da compiere le opere buone di questa seconda categoria.

Anche questi implumi della tortorella saranno già volati dal nido.

E allora? Dicesti già quel che sarà la nostra possessione.

Ecco: Beati sono coloro che dimorano nella tua casa!

Di dunque adesso quale ne sarà l'occupazione, poiché di bisogni che mi costringano all'azione non ne riscontro.

Al presente io me ne sto qui a parlare e ragionare: è la necessità che me lo impone.

Forse che anche nell'aldilà ci sarà bisogno di simili esposizioni, al fine d'istruire gli ignoranti o di rinfrescare la memoria ai dimentichi?

Ovvero, occorrerà anche in quella patria leggere il Vangelo, là dove vedremo svelatamente lo stesso Verbo di Dio?

Pertanto, dopo che, prestando a noi le parole, il cantore desideroso e gemebondo del salmo ci ha indicato cosa possederemo in quella patria verso cui sospiriamo e ci ha detto: Beati coloro che dimorano nella tua casa! venga di nuovo e ci dica di che cosa ci occuperemo.

Nei secoli dei secoli essi ti loderanno. Ecco tutta la nostra occupazione: un alleluia senza fine.

Non immaginatevi, o fratelli, che lassù ci possa essere del tedio.

Qui in terra, se ripetete a lungo i vostri canti, alla fine non ce la fate più: è il bisogno che viene a distogliervi dal godimento della lode divina.

E poi si sa che da oggetti non veduti è impossibile trarre un godimento perfetto.

Orbene, se con tanto trasporto, per quanto posti fra le angustie e la miseria della condizione carnale, lodiamo ciò che conosciamo solo per fede, con quanta intensità non loderemo ciò che vedremo svelato?

Allorché la morte sarà stata inghiottita nella vittoria, quando questo nostro corpo mortale si sarà rivestito d'immortalità e questo nostro corpo corruttibile avrà indossato la veste dell'incorruttibilità, ( 1 Cor 15,53.54 ) nessuno dirà più: " Com'è lungo questo stare in piedi! " ovvero: " Troppo lungo questo digiunare, troppo lunga la mia veglia ".

Ci sarà infatti lassù un'assoluta stabilità e il nostro corpo stesso, conseguita l'immortalità, si librerà in alto contemplando Dio.

Che se anche adesso la parola che vi sto dispensando ha la forza di mantenere in piedi per tanto tempo chi è appesantito da un fragile corpo, cosa non avrà a produrre in noi quella beatitudine?

Come non ci trasformerà? Saremo infatti simili a lui, poiché lo vedremo così com'è. ( 1 Gv 3,2 )

Divenuti simili a lui, potremo forse venir meno? potremo forse volgerci altrove?

Stiamone certi, o fratelli! La lode e l'amore di Dio non ci sazieranno mai completamente.

Se ti stancassi d'amare, verresti meno anche nella lode; ma, se è vero che l'amore sarà eterno, poiché la bellezza di lui sarà inesauribile, allora ( non temere! ) nulla ti impedirà di lodare per sempre colui che per sempre potrai amare.

Ecco cosa vuol dire: Beati quelli che abitano nella tua casa, per tutti i secoli ti loderanno.

È questa la vita che dobbiamo ora sospirare.

9 - [v 6.] La grazia di Dio ci libera e salva

Ma, in che modo vi arriveremo? Beato l'uomo che tu, Signore, ti assumi.

Il salmista ben sapeva dove si trovasse e come per la fragilità della propria carne non poteva volare fino a quella beatitudine.

Si pose a considerare i pesi che lo gravavano, e di cui sta scritto: Il corpo corruttibile appesantisce l'anima e una dimora d'argilla grava lo spirito nei suoi molti pensieri. ( Sap 9,15 )

Ecco lo spirito invitare all'alto; il peso della carnalità richiamare al basso.

Fra le due spinte, quella che eleva in alto e quella che tende al basso, c'è del contrasto: un contrasto che fa parte delle strette del torchio.

A proposito di questa lotta che aveva da sostenere nel torchio, ascolta l'Apostolo: poiché anche lui si sentiva schiacciato e oppresso lì dentro.

Diceva: Secondo l'uomo interiore, provo compiacenza per la legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge in contrasto con la legge della mia mente, una legge che mi rende schiavo della legge del peccato sita nelle mie membra.

Lotta senza quartiere! Né ci sarebbe via di scampo se non si badasse a quel che soggiunge: O uomo infelice che sono io!

Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio, ad opera del nostro Signore Gesù Cristo. ( Rm 7,22-25 )

Dunque, anche l'autore del nostro salmo vedeva i gaudi del cielo e li meditava nel suo intimo.

Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore! Essi ti loderanno per sempre.

Ma chi potrà salire fino a quell'altezza? E che fare del gravame della carne?

Beati coloro che abitano nella tua casa, poiché ti loderanno per sempre!

Sì, io con la mia parte più intima provo compiacenza per la legge di Dio.

Ma che ho da fare? Come potrò volare? Con quali mezzi raggiungere la meta? poiché vedo nelle mie membra un'altra legge in contrasto con la legge della mia mente.

Si confessa infelice e invoca: Chi verrà a liberarmi da questo mio corpo mortale, affinché mi sia dato di abitare nella casa del Signore e lodarlo per sempre?

Chi mi libererà? La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo.

Ecco dunque, nelle parole dell'Apostolo, che in mezzo alle difficoltà, al centro di una lotta senza scampo, gli viene in mente una cosa che subito ricorda: La grazia di Dio ad opera del nostro Signore Gesù Cristo.

Allo stesso modo anche il salmista che con infuocato desiderio sospira verso la casa di Dio e la lode eterna di lui.

Dopo un attimo di scoramento al pensiero del gravame causatogli dal corpo e dall'ingombro della materia, di nuovo si desta a speranza ed esclama: Beato l'uomo che tu, Signore, ti assumi!

10 - [vv 63.] Ascendere a Dio per via d'amore. Legge e grazia nell'economia salvifica

Ma cosa conferisce il Signore con la sua grazia a colui che egli prende e conduce?

Prosegue il salmo e dice: Le ascensioni nel cuore di lui.

Vi produce dei gradini per ascendere. Dov'è che produce questi gradini? Nel cuore.

Sicché, quanto più amerai tanto più salirai.

Dice: Pose delle ascensioni nel cuore di lui.

Chi ve le pose? Colui che venne a prenderlo: Beato, infatti, è l'uomo che tu assumi, Signore!

Impotente com'è l'uomo per sua natura, bisogna che la tua grazia venga a sollevarlo.

E cosa fa la tua grazia? Gli pone delle ascensioni nel cuore.

Dove gliele pone? Nel cuore, nella valle del pianto.

Eccovi indicato cosa sia il torchio: è la valle del pianto.

Le lacrime piamente versate dai sofferenti sono mosto di gente che ama.

Pose delle ascensioni nel cuore di lui. Ma, dove gli fa questo? Nella valle del pianto.

Proprio qui infatti, nella valle del pianto, gli pone in cuore delle ascensioni.

Qui infatti si piange poiché qui si semina, come è detto: Si muovevano ed avanzavano piangendo, mentre spargevano le loro sementi. ( Sal 126,6 )

Lascia dunque che delle ascensioni siano poste da Dio nel tuo cuore ad opera della sua grazia.

Salisci per via d'amore. Con esso in cuore si canta il cantico dei gradini.

Ove dunque te l'ha poste queste ascensioni? Nel cuore, nella valle del pianto.

Ti ha detto dove le ha disposte e in vista di qual meta.

Cos'è che ha disposto? Le ascensioni. Dove? Dentro, nel cuore.

In che regione e, per così dire, in che soggiorno? Nella valle del pianto.

Ma per salire dove? Verso il luogo che egli ha predisposto.

Che vuol dire, fratelli, il luogo che egli ha predisposto?

Avrebbe descritto meglio questo luogo che Dio ha preparato, se di esso si potesse parlare.

Ti ha già detto: Ha posto delle ascensioni nel suo cuore, nella valle del pianto.

Ora tu gli vai a chiedere: " Ma verso dove? " Cosa ti risponderà?

Occhio non lo vide, orecchio non lo udì, né penetrò mai nel cuore dell'uomo. ( 1 Cor 2,9 )

È un colle, un monte, una terra, un prato: poiché con tutte queste immagini è stato indicato quel luogo.

Cosa poi esso sia nella realtà, in un linguaggio proprio e non figurato ( dato che attualmente solo per riflesso e confusamente noi vediamo come sia quel luogo, mentre nell'aldilà lo vedremo faccia a faccia ( 1 Cor 13,12 ) ), chi mai riuscirà a descriverlo?

Non voler dunque saperne troppe circa la meta delle tue ascensioni, circa il luogo che egli ha [ per te ] predisposto.

Dio lo conosce: lui che ha stabilito dove condurti, che ti ha ordinato in cuore le ascensioni.

E che? Temerai di salire per paura che sbagli colui che ti guida?

Ecco: nella valle del pianto ti ha posto in cuore delle ascensioni verso il luogo che egli ha [ per te ] predisposto.

Adesso piangiamo. Per quale motivo? Per il luogo in cui ci troviamo allorché ci si dispongono le ascensioni.

Per che cosa piangiamo, se non per quanto induceva l'Apostolo a confessarsi misero, vedendo nelle sue membra una legge diversa dalla legge di Dio e contrastante con la legge del suo spirito? ( Rm 7,23 )

E tutto questo donde ci proviene? È una punizione del peccato.

E siccome noi, prima che ricevessimo il precetto, ci si illudeva che con facilità saremmo potuti essere giusti, quasi con le sole nostre forze, venne il precetto ed il peccato acquistò vitalità e fu per me ( come si esprime l'Apostolo ) causa di morte.

Difatti, la legge che fu data agli uomini [ prima di Cristo ] non era destinata a salvarli, ma solo a far loro comprendere in quale stato di infermità si trovassero prostrati.

Senti le parole dell'Apostolo: Se effettivamente fosse stata data una legge capace di donare la vita, allora certo la giustizia sarebbe provenuta dalla legge stessa; ma la Scrittura rinserra ogni cosa sotto il peccato, sicché la promessa, tramite la fede in Gesù Cristo, è data in dono a chi crede. ( Gal 3,21.22 )

Dopo la legge sarebbe venuta la grazia; essa avrebbe trovato l'uomo non solo prostrato a terra ma già pronto alla confessione e ad esclamare: O uomo infelice che sono io!

Chi mi libererà da questo corpo di morte? E allora nel momento giusto sarebbe accorso il medico nella valle del pianto e avrebbe detto: " Bene! Ora sei persuaso della tua caduta.

Ascoltami e ti rialzerai, mentre in passato tu mi disprezzasti e così precipitasti a terra ".

La legge dunque fu data per persuadere il malato che si reputava sano del suo stato di malattia.

Essa venne perché i peccati fossero posti in risalto, non perché venissero cancellati.

Posto così in rilievo a mezzo della legge, il peccato in se stesso aumentò, poiché anche contro questa legge si peccò, come dice S. Paolo: Il peccato, prendendo occasione dalle prescrizioni della legge, fece insorgere in me ogni specie di cupidigia. ( Rm 7,7.8 )

Che vuol dire: Prendendo occasione dalle prescrizioni della legge?

Ricevute le norme legali, gli uomini pretesero d'adempierle poggiando, per così dire, sulle loro sole forze; ma, sopraffatti dalla concupiscenza, divennero rei anche per le trasgressioni che commisero contro la stessa legge.

Ma l'Apostolo cosa asserisce? Dove il peccato raggiunse il colmo, la grazia lo sorpassò. ( Rm 5,20.39; Gv 5,3 )

E vuol dire: Se la malattia divenne più grave, ne risaltò ancor più l'efficacia della medicina.

A questo proposito, mi viene fatto di pensare, o fratelli, a quei cinque portici di Salomone in mezzo ai quali si trovava la piscina.

Forse che essi ridonavano la salute ai malati? Giacevano, dice, i malati sotto quei cinque portici. ( Gv 5,3 )

L'abbiamo letto nel Vangelo. I cinque portici sono simbolo della legge, contenuta nei cinque libri di Mosè.

Lo scopo per cui i malati venivano condotti fuori di casa era di metterli a giacere sotto i portici.

Allo stesso modo la legge: segnalava i malati, non li guariva.

A un tratto, per una benedizione di Dio, l'acqua veniva mossa, come da un angelo che scendesse ad agitarla.

Vista l'acqua agitata, uno che era in grado di farlo vi si tuffava e guariva.

Quell'acqua rinchiusa da cinque portici era il popolo giudaico, cinto dalla sua legge.

Con la sua presenza il Signore turbò quel popolo al segno che egli ne venne ucciso.

Poiché, se Gesù Cristo scendendo dal cielo non si fosse messo a turbare il popolo giudaico, forse che l'avrebbero confitto in croce?

Pertanto, l'acqua in agitazione raffigurava la passione di Gesù Cristo, che ebbe luogo a seguito del turbamento dei giudei.

In questa passione ripone la sua fiducia il malato e scende, per così dire, nell'acqua in movimento e in tal modo riacquista la salute.

Quanti non erano guariti dalla legge, cioè dai portici, vengono guariti dalla grazia, mediante la fede nella passione del nostro Signore Gesù Cristo.

E se uno solo veniva guarito, era per inculcare l'unità.

Similmente, che cosa si dice nel nostro salmo? Pose delle ascensioni nel suo cuore, nella valle del pianto, verso il luogo che aveva predisposto. In quel luogo avremo i veri gaudi.

11 - [v 8.] L'esercizio delle molteplici virtù, ora necessarie, farà posto in cielo alla beatificante contemplazione della verità

Ma perché nella valle del pianto? E qual è la valle del pianto dalla quale perverremo a quel luogo di delizie?

Dice: Infatti chi ha dato la legge darà la benedizione.

Con la legge ci ha tribolati, schiacciati: ci ha fatto sperimentare il torchio e noi abbiamo assaporato l'angustia, abbiamo conosciuto lo stritolamento della nostra carne e siamo usciti in gemiti, vedendo l'insorgere del peccato contro la nostra mente.

Abbiamo gridato: Oh, misero uomo che sono io! ( Rm 7,24 )

Oppressi dalla legge, abbiamo gemuto. Che cosa resta se non che colui che ci ha dato la legge ci dia la benedizione?

Dopo la legge verrà la grazia ed essa è la benedizione.

E tale grazia, o benedizione, che vantaggi ci apporterà?

Cammineranno dalle virtù alla virtù.

Infatti molteplici sono le virtù che qui in terra ci vengono apportate dalla grazia.

A uno, dice, viene concesso, tramite lo Spirito, il linguaggio della sapienza; a un altro, secondo il medesimo Spirito, il linguaggio della scienza; a un terzo la fede, e poi a un altro il dono delle guarigioni, a un altro quello di molte lingue, ad altri quello di spiegare i discorsi o quello di profetizzare. ( 1 Cor 12,8-10 )

Molteplici dunque le virtù, ma in questa vita necessarie.

Da tali virtù ci avanziamo verso l'unica virtù. Quale è questa virtù? Il Cristo, virtù di Dio e sapienza di Dio. ( 1 Cor 1,24 )

È lui che ci dispensa quaggiù in terra le diverse virtù e che, in sostituzione delle tante virtù, necessarie ed utili fino a quando siamo in questa valle di lacrime, alla fine ci darà un'unica virtù, vale, a dire se stesso.

Infatti, che quattro siano le virtù su cui si regge la nostra vita, lo troviamo descritto in molti trattatisti, e lo attesta anche la sacra Scrittura.

Di esse quella che ci fa discernere il bene dal male è chiamata prudenza.

Giustizia viene detta quella in forza della quale rendiamo a ciascuno il suo, senza aver debiti con nessuno ma amando tutti. ( Rm 13,8 )

È chiamata temperanza la virtù con cui teniamo a freno gli appetiti; fortezza quella con cui sosteniamo le avversità.

Queste sono le virtù che per grazia di Dio ci vengono distribuite adesso, nella valle delle lacrime.

Da queste virtù avanziamo verso l'unica virtù che non consisterà in altro se non nella contemplazione di Dio.

Lassù non sarà necessaria la prudenza, dove non ci potranno incogliere mali che occorra schivare.

Inoltre, cosa penseremo, o fratelli? Non ci sarà più nemmeno la giustizia che occorre praticare quaggiù, poiché nessuno avrà quei bisogni per cui altri lo debbano soccorrere.

Non vi sarà la temperanza, poiché non ci saranno più appetiti disordinati da tenere a bada.

Non vi sarà la fortezza, poiché non ci saranno mali da sopportare.

Quindi, da queste molteplici virtù e attività, passeremo a quella sola virtù che sarà la contemplazione di Dio visto svelatamente.

Come sta scritto: Di buon mattino mi porrò dinanzi a te e contemplerò. ( Sal 5,5 )

E sta a sentire come veramente dalle presenti virtù attive passeremo a questa contemplazione.

Seguita il testo: Andranno dalle virtù alla virtù.

Qual è questa virtù? La contemplazione.

Gli chiedi: Ma cos'è questa contemplazione? Il Dio degli dei apparirà in Sion.

Dio degli dei è Cristo rispetto ai cristiani.

In che senso farà posto in cielo alla beatificante contemplazione della verità.

Cristo, rispetto ai cristiani, è Dio degli dei? Ecco! Io ho detto: Voi siete dèi e figli dell'Altissimo voi tutti. ( Sal 82,6 )

Diede infatti ad essi il potere di diventare figli di Dio ( Gv 1,12 ) colui nel quale abbiamo creduto, lo sposo leggiadro che, per rimediare alla nostra deformità, volle apparire lui stesso deforme.

L'abbiamo visto, dice, e non aveva bellezza né attrattiva. ( Is 53,2 )

Ma quando ogni condizionamento della nostra mortalità sarà stato eliminato, allora egli si svelerà ai puri di cuore tale quale è: Dio presso Dio, Verbo del Padre per mezzo del quale tutto è stato creato.

Beati infatti i mondi di cuore poiché vedranno Dio. ( Mt 5,8 ) Il Dio degli dei apparirà in Sion.

12 - [v 9.] A questo punto il salmista dal pensiero di tanta felicità ritorna ai suoi gemiti.

Vede dove fosse arrivato con la speranza e dove, invece, ora si trovi realmente.

A suo tempo, è vero, Dio apparirà in Sion, e di questo godremo e della lode di lui ci occuperemo senza fine, ma, attualmente, è ancora tempo di preghiera, tempo di suppliche; e, se c'è una qualche gioia, essa viene solo dalla speranza.

Siamo pellegrini; siamo nella valle del pianto.

E allora, tornando al gemito che si confà a questo luogo, esclama: Signore, Dio degli eserciti, esaudisci la mia invocazione!

Porgi l'orecchio, o Dio di Giacobbe, tu che cambiasti Giacobbe in Israele.

Dio, infatti, gli si fece vedere, ed egli fu chiamato Israele, vale a dire " l'uomo che ha veduto Dio ".

Ascoltami dunque, o Dio di Giacobbe, e fa' di me un Israele.

Ma quando diverrò un Israele? Quando apparirà in Sion il Dio degli dei. ( Gen 32,28 )

13 - [v 10.] O Dio, nostro protettore, volgiti a noi. All'ombra delle tue ali essi spereranno. ( Sal 36,8 )

Per questo si dice: O Dio, nostro protettore, volgiti a noi. E volgi lo sguardo al volto del tuo Cristo.

Ma che forse vi è tempo in cui Dio non guarda al volto del suo Cristo?

Che vuol dire, dunque: Guarda al volto del tuo Cristo? Attraverso i lineamenti del volto ci si riconosce.

E allora, Guarda al volto del tuo Cristo, non significa altro se non: " Rivela a tutti il tuo Cristo ".

Volgi lo sguardo al volto del tuo Cristo, ecco quel che vuol dire: " Fa' che sia conosciuto da tutti il tuo Cristo ", di modo che ci sia dato passare dalle virtù alla virtù, e la grazia abbia ad essere effusa oltre misura, dal momento che grande è stato il peccato. ( Rm 5,20 )

14 - [v 11.] I giorni della vita presente e l'Oggi eterno

Un giorno solo nei tuoi atri è più prezioso che non mille.

Si riferisce a quegli atri ai quali sopra indirizzava il sospiro e per brama dei quali sentiva struggersi.

L'anima mia anela e si strugge verso gli atri del Signore.

Un giorno lì dentro vale più che non migliaia di giorni.

Gli uomini si augurano di vivere giorni a migliaia e vogliono vivere a lungo quaggiù.

Oh! disprezzino queste migliaia di giorni e volgano una buona volta il loro desiderio a quell'unico giorno che non ha né alba né tramonto: giorno unico, giorno eterno, prima del quale non c'è stato un ieri e dopo del quale non incalza un domani.

Quest'unico giorno ha da essere l'oggetto dei nostri desideri.

Cosa faremo noi delle migliaia di giorni?

Noi procediamo dai mille giorni all'unico giorno, allo stesso modo come procediamo dalle molte virtù all'unica virtù.

15 - Sorte magnifica abitare nella casa del Signore

Ho scelto d'essere tenuto in nessun conto nella casa del Signore piuttosto che soggiornare nelle tende dei peccatori.

Il salmista ha individuato la valle del pianto e ha scoperto l'umiltà, mediante la quale può iniziare l'ascesa.

Egli sa che se vorrà innalzarsi cadrà, mentre se si abbasserà sarà sollevato in alto: e allora sceglie di stare in basso per essere innalzato.

Quanti ce ne sono che vogliono tenersi in alto al di fuori di quel padiglione che è anche il torchio del Signore, voglio dire al di fuori della Chiesa cattolica, e, attaccati ai loro privilegi, non vogliono conoscere la verità!

Se nel loro cuore trovasse posto il verso: Ho scelto di essere tenuto in nessun conto nella casa del Signore piuttosto che soggiornare nelle tende dei peccatori, non butterebbero forse via i loro privilegi ed accorrerebbero nella valle del pianto?

E qui troverebbero le ascensioni spirituali e avanzerebbero dalle virtù alla virtù e riporrebbero la loro speranza nel Cristo e non in non so quale uomo!

Voce saggia, voce gioconda, voce preferibile a qualunque altra, quella che suona: Ho scelto d'essere tenuto in nessun conto nella casa del Signore, piuttosto che soggiornare nelle tende dei peccatori.

Egli preferisce essere collocato tra i rifiuti della casa del Signore, ma colui che aveva mandato gli inviti per il banchetto chiama in alto colui che si è scelto il posto più basso e gli dice: Vieni avanti! ( Lc 14,10 )

Personalmente, però, egli non ambisce altro se non stare dentro la casa del Signore, in qualunque posto: purché non debba rimanere fuori della porta.

16 - [v 12.] Perdono della colpa e corona di gloria

Perché mai ha scelto d'essere tenuto in nessun conto nella casa del Signore piuttosto che abitare sotto le tende dei peccatori?

Poiché Dio ama la misericordia e la verità.

Il Signore ama la misericordia, in quanto mi è venuto inizialmente in aiuto, e ama la verità, in quanto dà ciò che ha promesso al credente.

Ascolta come siano intervenute misericordia e verità nel caso dell'apostolo Paolo, un tempo Saulo persecutore.

Aveva certo bisogno di misericordia, ed eccolo confessare come gliene sia stata usata: Antecedentemente io ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento, ma mi fu fatta misericordia.

Gesù Cristo volle in me far mostra di tutta la sua longanimità, a pro di coloro che crederanno in lui per la vita eterna. ( 1 Tm 1,13.16 )

Avendo un Paolo conseguito il perdono di tanti misfatti, nessuno avrebbe dovuto disperare che non gli venissero condonati i propri peccati.

Ecco la misericordia. Dio non volle allora porre in opera la sua verità, per punire il colpevole.

La punizione del reo non sarebbe stata, in tal caso, una verità?

O che, forse, avrebbe potuto dirgli: " Io non merito di essere punito ", mentre certo non gli poteva dire: " Io non ho peccato "?

Che se avesse osato fare una tale affermazione, chi era colui al quale la faceva?

Forse uno capace d'essere ingannato? Quindi, verso Paolo, Dio prima usò misericordia; dopo la misericordia, la verità.

Sentilo come esige la verità. Aveva detto: In un primo tempo io ottenni misericordia, io che fino allora ero stato blasfemo, persecutore e violento.

Ma per grazia di Dio sono quello che sono. ( 1 Cor 15,10 )

Più tardi, ormai alla vigilia del martirio, dice: Ho sostenuto una buona battaglia, ho portato a termine la corsa, sono rimasto fedele.

Ormai è pronta per me la corona della giustizia. Colui che gli aveva accordata la misericordia gli tiene in serbo la verità.

In che modo? Tale corona me la renderà in quel giorno il Signore, giusto giudice. ( 2 Tm 4,7.8 )

Gli aveva accordato gratuitamente il perdono; ma, quanto alla corona, il Signore gliela renderà.

Del perdono è datore benevolo; della corona è debitore.

Ma perché " debitore "? Forse che Dio aveva preso in prestito qualcosa da lui?

Con quale uomo Dio sarà mai in debito? Eppure, vediamo che Paolo lo ritiene suo debitore, quando, ottenuta la misericordia, ne esige la verità.

Dice: Il Signore, giudice giusto, in quel giorno me la renderà.

Ma, che ti verrà a rendere, se non una cosa che ti è dovuta? E di che cosa può Dio essere in debito con te?

Che gli hai prestato? C'è stato forse qualcuno che per primo gli ha dato qualcosa, sì che abbia ad essere ripagato da lui? ( Rm 11,35 )

È stato lui, il Signore, che s'è voluto rendere nostro debitore, non ricevendo qualcosa da noi, ma facendoci delle promesse.

Non gli si va, quindi, a dire: " Restituiscimi ciò che m'hai preso ", ma: " Rendimi quel che mi hai promesso ".

Dio mi ha accordato misericordia, diceva, ridonandomi l'innocenza.

E se io prima ero stato un bestemmiatore e uno spietato, dopo per dono della sua grazia divenni innocente.

Orbene, colui che prima gli ha elargito la misericordia, forse che potrà in seguito negargli una cosa dovuta?

Egli ama la misericordia e la verità. Egli concederà la grazia e la gloria.

Quale grazia se non quella di cui diceva Paolo: Per grazia di Dio sono ciò che sono?

Quale gloria, se non quella di cui lo stesso apostolo affermava: Mi è tenuta in serbo la corona della giustizia?

17 - [v 13.] I beni divini riservati agli amici del Signore

Pertanto, così prosegue il salmo: Il Signore non priverà dei beni coloro che vivono nell'innocenza.

Perché mai, o uomini, vi allontanate dall'innocenza, se non perché vi piace conseguire altri beni?

Uno è disposto a perdere l'innocenza per non restituire ciò che era stato depositato presso di lui.

Vuol possedere l'oro e perde l'innocenza. Cosa guadagna? e a che prezzo lo guadagna?

Guadagna un po' di denaro; compromette la sua innocenza.

E che cosa c'è di più prezioso dell'innocenza? Ma, ribatte l'amico, se vorrò conservarmi irreprensibile, mi toccherà restare per sempre in miseria!

Ebbene, ti par proprio che sia un tesoro trascurabile codesta tua onestà?

Se, quando hai la cassetta piena d'oro, ti senti ricco, quando hai il cuore ricolmo di virtù, forse che sarai povero?

Comunque, se aspiri ai [ veri ] beni, conservati irreprensibile adesso, in mezzo alle scarsezze, alle tribolazioni, nella valle del pianto, nell'oppressione e nelle prove.

Verrà poi anche il benessere che desideri. Verranno in seguito il riposo, l'eternità, l'immortalità, l'incorruttibilità.

Ché questi sono i beni da Dio tenuti in serbo per i giusti suoi amici.

Quanto agli altri beni, che ora avidamente desideri, beni per i quali consentiresti, forse, a peccare e a compromettere la tua innocenza, guarda un istante chi li possegga e chi ne disponga in gran copia.

Le ricchezze le ritrovi presso i ladri, presso gli empi, presso la gente dedita al delitto e ad attività ignominiose, presso gli infami e gli assassini: là trovi le ricchezze. Dio dispensa loro tali beni perché anch'essi partecipano al consorzio umano, mosso dall'infinita larghezza della sua bontà.

È lui infatti che fa brillare il suo sole sui buoni e sui cattivi e invia la sua pioggia ai giusti e agli ingiusti. ( Mt 5,45 )

Anche ai cattivi, dunque, Dio dispensa doni magnifici; e non vorrà tener nulla in serbo per te?

E sarà fallace tutto quello che ti ha promesso? Te lo tiene da parte, sta' sicuro!

Colui che ha avuto misericordia di te allorché eri nell'empietà, potrà abbandonarti ora che sei suo servo devoto?

Lui che per il peccatore ha sacrificato gratuitamente il suo proprio Figlio, cosa non terrà in serbo per colui che la morte del suo Figlio ha condotto a salvezza?

Sta' dunque tranquillo! Considera pure Dio qual tuo debitore, dal momento che credi in lui, autore delle promesse.

Il Signore non priverà dei beni coloro che vivono nell'innocenza.

E allora, che cosa ci resta da fare quaggiù, mentre viviamo nel torchio, nell'afflizione, nelle asperità e nei pericoli della vita presente?

Cosa ci resta per poter arrivare lassù? O Signore, Dio degli eserciti, beato l'uomo che ripone in te la sua speranza!

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