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Lettera 238

Di data incerta.

Agostino a Pascenzio, conte ariano della corte imperiale, che l'aveva sfidato a un dibattito a Cartagine ( cf. Possidio, Vita Aug. 17 ) e l'aveva preso in giro professando la propria fede ( n. 1-3; 6-9 ) e poi s'era vantato d'aver vinto Agostino ( n. 27 ).

Agostino gli dichiara la propria fede riguardo alle tre Persone e all'unico Dio ( n. 10 ) spiegando il mistero della Trinità ( n. 11-25; 28 ) e il termine όμοούσιον ( n. 4-5; 27 ); esorta Pascenzio a scrivere e sottoscrivere la professione della propria fede ( n. 26 ) ammonendolo che può esser felice solo chi si assoggetta alla verità ( n. 29 ).

Agostino a Pascenzio

1.1 - Accusa Pascenzio di menzogna

Dietro tue insistenti richieste - come tu stesso vorrai ricordare - anzi dietro tuo ordine ( tenuto conto di quanto si deve alla tua età e alla tua dignità ) ero disposto a conferire a voce con te, anche da solo a solo, sulla fede cristiana nella misura della capacità che il Signore mi avrebbe concesso.

Dopo pranzo invece ti dispiacque la proposta che avevamo concordata tra noi, di fare cioè raccogliere le nostre parole dagli stenografi.

Affinché quindi tu non vada più dicendo quanto sento dire che vai affermando, che cioè io non avrei osato esporti la mia fede, ricevi con questa lettera ciò che tu potrai leggere e darai a leggere a chi vorrai, ed anche tu, a tua volta, rispondimi per iscritto ciò che vorrai.

Poiché non è giusto che uno voglia trinciare giudizi su di un altro e poi non voglia essere giudicato da altri.

1.2 - Perché Pascenzio non volle far registrare la sua professione di fede

Riguardo poi all'accordo stabilito tra noi due che tu non volesti osservare nell'incontro del pomeriggio, si può facilmente giudicare chi di noi non aveva coraggio d'esporre la propria fede, se chi voleva la si manifestasse, ma temeva che fosse registrata, oppure chi fino a tal punto non voleva fosse sottratta al giudizio dei disputanti, che anzi voleva fosse messa per iscritto per essere affidata anche alla memoria dei lettori; in tal modo nessuno di noi, o perché confusosi per dimenticanza o perché irritato per la divergenza d'opinioni, avrebbe potuto affermare che da uno di noi non era stato detto ciò che lo era stato o ch'era stato detto quanto non lo era stato.

Con questi espedienti infatti sono soliti cercare una scappatoia alla loro sfavorevole difesa coloro che hanno maggior desiderio della contestazione che della verità.

Una cosa simile non si sarebbe potuta dire né da me né da te né di me né di te, se tu fossi rimasto fedele al patto secondo il quale le nostre parole dovevano essere registrate per iscritto, soprattutto perché proprio tu, riguardo ai termini con cui hai dichiarato la tua fede, li hai cambiati ogni volta che li hai ripetuti, ma penso che ciò sia avvenuto non tanto per inganno quanto per dimenticanza.

1.3 - Astuzia e sotterfugi di Pascenzio per ingannare

All'inizio infatti tu affermasti "di credere in Dio Padre onnipotente, invisibile, non generato, incomprensibile, e in Gesù Cristo, suo Figlio, Dio come lui, nato prima dei secoli, per mezzo del quale è stata creata ogni cosa, e nello Spirito Santo ".

Sentite queste parole io risposi che, di quanto avevi detto, non c'era niente contrario alla mia fede e perciò, se tu lo avessi scritto, avrei potuto sottoscriverlo anch'io.

Si arrivò allora, non so come, al punto che tu, preso un foglio di carta, acconsentisti a dichiarare, anche per iscritto, le cose che avevi dette.

Avendomelo tu dato a leggere, m'accorsi che avevi tralasciato il termine " Padre ", perché avevi scritto solo " Dio onnipotente, invisibile, non generato, non nato ".

Appena ti feci notare questa omissione tu, dopo una breve discussione, aggiungesti il termine " Padre ".

Nello scritto avevi bensì tralasciato anche il termine " incomprensibile " che avevi espresso a parole, ma io non ne feci alcuna menzione.

1.4 - Contraddizioni nell'usar il termine όμοούσιον

Dopo di ciò io ti dissi ch'ero ancora pronto a sottoscrivere che quelle parole potevano essere anche mie; prima però, al fine di non dimenticare quel che mi era venuto in mente, ti chiesi se l'espressione " Padre non generato " si leggesse in qualche passo della S. Scrittura.

Feci questo perché all'inizio della nostra discussione era stata fatta menzione di Ario e d'Eunomio e ti era stato chiesto, non da me bensì dal mio fratello Alipio, quale di essi fosse stato seguito da Aussenzio, ch'era stato lodato da te con un alto elogio; tu allora ad alta voce dichiarasti degni di anatema sia Ario che Eunomio, ma subito dopo chiedesti a noi di lanciare l'anatema all'όμοούσιον come se fosse un individuo che si chiamasse così come Ario ed Eunomio.

In seguito pretendesti con tutte le forze che noi ti mostrassimo questo termine nelle Scritture e allora saresti entrato subito nella nostra comunione ecclesiale.

Ti rispondemmo che, parlando noi latino e quel termine essendo greco, occorreva prima cercare il significato di όμοούσιον e poi esigere che fosse mostrato nei libri sacri.

Tu al contrario ripetevi sempre lo stesso termine, sbandierandolo con astio e, ricordando ch'esso era registrato nei concili dei nostri antenati, ti accanivi nell'insistere che assolutamente ti mostrassimo nelle Sacre Scritture proprio il termine όμοούσιον, mentre noi ti ricordavamo ripetutamente che la nostra lingua non era la greca e che perciò occorreva prima spiegare e capire bene il senso del termine όμοούσιον e poi cercarlo nei Libri sacri: poiché, sebbene non si trovasse quel termine preciso, tuttavia si sarebbe trovata certamente la realtà da esso significata.

Che cosa c'è infatti di più rissoso che discutere su un termine quando è nota la realtà significata?

1.5 - La Scrittura non è un dizionario teologico

Avevamo dunque parlato già di tali cose tra noi dopo essere giunti al punto in cui - come ho ricordato - tu scrivesti la tua professione di fede con parole in cui io non vedevo nulla di contrario alla mia fede e perciò mi dichiarai pronto a sottoscriverle; ciononostante io ti chiesi - come ho già detto - se nella S. Scrittura ricorresse il termine " ingenerato " da te riferito al Padre.

Avendomi tu risposto che vi stava scritto, ti chiesi con maggior insistenza di farmelo vedere.

Allora uno dei presenti, seguace - per quanto è dato capire - della tua fede, mi disse: " Ebbene? Affermi forse che il Padre è generato? "

Ed io: " No " gli risposi.

Ed egli: " Se dunque non è generato, è ingenerato ".

" Vedi da te stesso - gli rispondo - che può succedere che d'un termine che non ricorre nelle SS. Scritture si può dare la spiegazione con la quale dimostrare che viene usato correttamente.

Così dunque anche se nelle Scritture non troviamo il termine όμοούσιον che ci costringevate a mostrarvi in esse, può darsi che vi troviamo la cosa per la quale si giudichi che questo termine è usato correttamente ".

1.6 - Ambiguità e prepotenza di Pascenzio

Detto ciò, rimasi attento per ascoltare che cosa te ne paresse e mi dicesti ch'era giusto che nelle Sacre Scritture il Padre non fosse chiamato " ingenerato ", per non fargli offesa neppure con tale appellativo.

" Dunque - rispondo - poco fa è stata fatta offesa a Dio e proprio di tuo pugno ".

A questa mia replica cominciasti ad ammettere che neppure tu avresti dovuto dire una simile parola.

Mentre però ti esortavo a cancellare quella parola dal foglio in cui l'avevi scritta se ti pareva che fosse tale, tu riflettesti - credo - ch'essa poteva essere giusta ed essere difesa, e di nuovo dicesti: " Io dico precisamente così ".

Io allora ripetei quanto avevo già detto, che cioè non si trovi scritto nei Libri sacri neppure la parola όμοούσιον e tuttavia si possa difendere che sia usata nel proclamare la fede, allo stesso modo che in nessun passo dei Libri sacri si legge " Padre ingenerato " e tuttavia si può sostenere che lo si può dire.

Allora mi strappasti dalle mani il foglio che mi avevi dato e lo stracciasti.

Stabilimmo quindi che nel pomeriggio fossero presenti degli scrivani che stenografassero le nostre parole e che si trattassero questi problemi tra noi, con la maggior diligenza possibile.

1.7 - Infido modo di discutere di Pascenzio

Come ben sai, all'ora stabilita venimmo e conducemmo gli stenografi essendo presenti anche i tuoi; cominciammo la discussione.

Tu esponesti di nuovo la tua fede, ma tra le tue parole io non udii " Padre ingenerato ".

Credo che tu pensavi alla discussione della mattinata riguardo a quel termine e volevi stare in guardia.

Di poi richiedesti che facessi anch'io la mia professione di fede.

Ricordandoti allora il patto stabilito tra noi la mattina, ti pregai che ti degnassi dettare quello che avevi detto; tu allora ti mettesti a gridare che noi ti tendevamo un tranello e che per questo volevamo che le tue parole fossero conservate scritte.

Non mi piace ricordare quel che allora io risposi e volesse il cielo che nemmeno tu lo ricordassi!

Non mancai però di rispetto dovuto alla tua carica né reputai come un'ingiuria una parola che m'era capitato d'udire non dalla verità, ma dalla tua autorità.

Tuttavia, poiché ho ripetuto solo le stesse tue parole - dissi infatti sottovoce: " È proprio vero che ti tendiamo un tranello? " - ti prego di scusarmi.

1.8 - Schermaglia verbale in una discussione teologica

Tu però, udite quelle parole, ripetesti un'altra volta con voce più chiara la tua professione di fede, ma nelle tue parole non sentii l'espressione " ( e nel ) Figlio, Dio come lui ", che non avevi mai taciuta ogni qualvolta l'avevi proclamata.

Io allora, con il maggior riguardo possibile, richiesi che si osservasse il patto stabilito tra noi, di far cioè stenografare le nostre parole e ne mostrai l'utilità con quanto avevamo sperimentato allora, dicendo che tu stesso non avevi potuto tenere a mente delle parole per te del tutto abituali, dal momento che non eri stato mai capace di tenere in mente le tue parole, senza tralasciarne qualcuna assai necessaria; tanto meno - aggiungevo - avrebbero potuto ricordare le nostre parole gli ascoltatori in modo che, se tu o io avessimo voluto per caso riesaminare o discutere qualcuna delle nostre parole, potessero ricordarsi s'era stata proferita o no, mentre esse, lette ad alta voce dagli stenografi, ci avrebbero aiutato facilmente in una tale difficoltà.

A questo punto tu, sdegnato, dicesti che sarebbe stato meglio se tu mi avessi conosciuto solo per fama, poiché mi trovavi molto inferiore a quello che la fama mi aveva decantato.

Io allora ti ricordai che nel salutarti prima di pranzo, avendo tu esaltata la mia fama, io t'avevo risposto ch'essa era stata menzognera a mio riguardo.

Tu allora mi dicesti che avevo detto la verità.

Per questo motivo, poiché la fama ti ha detto sul mio conto il contrario di quanto ti ho detto io, naturalmente debbo rallegrarmi che tu abbia trovato più verace me che non la fama.

Ma poiché è scritto: Dio solo è veritiero, e ogni uomo è bugiardo, ( Rm 3,4 ) ho timore di aver detto questo di me stesso con temerarietà; noi infatti non siamo veritieri in noi stessi, né per merito nostro, quando lo siamo, ma quando parla in noi, suoi servi, Colui che solo è veritiero.

1.9 - Perché Pascenzio contrario a fare stenografare la sua fede

Se ti ricordi che questi fatti si sono svolti come li ho raccontati io, comprendi che non dovresti vantarti presso la gente che io non abbia osato dichiarare la mia fede, dal momento che tu non hai voluto mantener fede al patto stipulato tra noi e che un personaggio come te, il quale, per la fede che deve allo Stato, non teme gl'insulti dei provinciali, per la fede dovuta a Cristo teme i raggiri dei vescovi!

Dal momento poi che fosti tu a desiderare che alla nostra conferenza fossero presenti dei personaggi onorati, mi meraviglio come proprio tu, mentre vuoi evitare i tranelli, temi che le tue parole vengano registrate dagli stenografi e poi non temi che vengano ascoltate da testimoni tanto illustri.

Non rifletti che difficilmente la gente possa credere che non c'era in te nessuna paura di un qualche raggiro da parte nostra, per rifiutarti a far registrare le tue parole, ma che tu, piuttosto, avendo pensato che avresti dovuto stare alla parola sottoscritta di tuo pugno prima di pranzo, pensasti anche, nello stesso tempo, che non avresti potuto cancellare le tavolette, scritte dagli stenografi, con la stessa facilità con cui avevi stracciato quel foglio?

Se invece dici che i fatti non si sono svolti come li ho narrati io, o sei tu che t'inganni per dimenticanza - poiché non oso dire: " mentisci " - oppure sono io a ingannarmi come te o a mentire.

Vedi dunque quanto io abbia ragione di dire che occorre registrare e trascrivere le cose che si trattano soprattutto su questi problemi e quanto giustamente anche tu avevi approvato questa misura, se la paura del pomeriggio non ti avesse fatto infrangere il patto della mattina.

2.10 - Professione di fede di Agostino

Ascolta dunque adesso la mia fede.

Potente è la misericordia di Dio Signor nostro la quale voglia concedermi d'esporre la mia fede in modo da non offendere né la sua verità né la tua dignità.

Dichiaro di credere in Dio, Padre onnipotente, e affermo ch'è eterno in virtù dell'eternità cioè dell'immortalità ch'è propria di Dio solo; la stessa cosa credo del Figlio suo unigenito, in virtù della sua natura divina; la stessa credo dello Spirito Santo di Dio, ch'è lo Spirito di Dio Padre e del Figlio suo unigenito.

Ma poiché lo stesso Signore e Dio nostro Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre, nella pienezza dei tempi, ( Gal 4,4 ) assunse, per la nostra salvezza, la natura di schiavo, ( Fil 2,7 ) nella sacra Scrittura si dicono di lui molte cose conformi alla natura di Dio e molte cose conformi alla sua natura di schiavo.

Per portare un esempio ricordo due espressioni, per riferirle ciascuna a ciascuna natura di lui.

Parlando di se stesso secondo la sua natura divina egli disse: Io e il Padre siamo una cosa sola. ( Gv 10,30 )

Parlando invece secondo la natura umana: Poiché il Padre mio è più grande di me. ( Gv 14,28 )

2.11 - La Comunicazione degli idiomi

Quanto poi all'espressione della Scrittura che di Dio dice: il solo che possiede l'immortalità; ( 1 Tm 6,16 ) e: All'unico Dio, invisibile, onore e gloria ( 1 Tm 1,17 ) e tutte le altre simili a queste, le intendiamo riferite non solo al Padre, ma anche al Figlio, per quel che riguarda la natura divina, e allo Spirito Santo, poiché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un unico Dio, un solo vero Dio, il solo immortale secondo la sostanza perfettamente immutabile.

Se infatti della carne di sesso diverso la Scrittura dice: Chi si unisce a una meretrice forma con lei un solo corpo; ( 1 Cor 6,16 ) e se, nel versetto seguente, dello spirito dell'uomo, che non è ciò ch'è il Signore, sta scritto: Chi si unisce al Signore forma un solo spirito con lui; ( 1 Cor 6,17 ) quanto più Dio Padre nel Figlio e Dio Figlio nel Padre e Dio Spirito del Padre e del Figlio formano un solo Dio, non essendo in essi alcuna diversità di natura, se la Scrittura, di due cose diverse, in qualche modo unite fra loro, dice che formano un solo spirito o un solo corpo ?

2.12 - Identica la natura del Padre e del Figlio

Se inoltre si dice che l'uomo risulta dall'unione dell'anima e del corpo tra loro, perché mai non dovrebbe affermarsi a più forte ragione che l'unione del Padre e del Figlio forma un solo Dio, dato che sono uniti intimamente e inseparabilmente tra loro, come invece non lo sono l'anima e il corpo?

E poiché l'anima e il corpo formano un solo uomo sebbene il corpo e l'anima non siano una cosa sola, perché mai il Padre e il Figlio non dovrebbero, a più forte ragione, formare un solo Dio, dato che il Padre e il Figlio sono un medesima unica sostanza secondo l'affermazione della Verità: Io e il Padre siamo una sola cosa? ( Gv 10,30 )

Allo stesso modo l'uomo interiore e quello esteriore non sono la stessa cosa: quello esteriore infatti non è della medesima natura di quello interiore, poiché quello esteriore è detto uomo insieme col già nominato corpo, mentre quello interiore s'intende consistere solo nell'anima razionale; ciononostante l'anima e il corpo uniti insieme si dice che formano non due uomini, ma un uomo solo.

Con quanta maggior ragione quindi il Padre e il Figlio formano un Dio solo, essendo essi una sola cosa?

Essi infatti sono della medesima natura o sostanza, o con qualunque altro termine più appropriato voglia chiamarsi l'essenza di Dio, del quale il Figlio dice: Io e il Padre siamo una sola cosa.

Perciò uno solo è lo Spirito del Signore e uno solo lo spirito dell'uomo - essi però non sono una sola cosa -; tuttavia, quando questo si unisce a quello, non sono più due spiriti, ma uno solo.

Così pure uno solo è l'uomo interiore e uno solo quello esteriore, ma non sono una cosa sola, eppure, a causa della connessione con cui sono uniti nel vincolo della natura, formano insieme non già due uomini, ma uno solo; a molto maggior ragione avendo il Figlio di Dio detto: Io e il Padre siamo una cosa sola, uno solo è Dio Padre e uno solo Dio Figlio, eppure l'uno e l'altro insieme formano non due dèi, ma un solo e medesimo Dio.

2.13 - Perché Padre e Figlio sono un sol Dio

Come l'unica fede, l'unica speranza e l'unica carità ( Ef 1,5 ) ha prodotto in molti Santi, chiamati all'adozione di figli ( Rm 8,17; 1 Cor 13,13 ) e all'eredità di Cristo, l'effetto che avessero un'anima sola e un solo cuore, ( At 4,32 ) protesi verso Dio, così l'identica unica natura della divinità - se così può dirsi - del Padre e del Figlio più che ogni altra cosa ci obbliga a intendere che il Padre e il Figlio, i quali sono inseparabilmente ed eternamente una sola cosa, non sono due dèi, ma un solo Dio.

Quei primi Cristiani, infatti, perché viventi in comunità e perché partecipi della medesima natura per cui erano uomini, erano una sola cosa, sebbene talora, per la diversità della volontà e dei sentimenti, per la differenza dei pareri e dei costumi, non fossero una sola cosa.

Saranno comunque pienamente e perfettamente una sola cosa quando si sarà giunti al bene supremo in modo che Dio sia tutto in tutti. ( 1 Cor 15,28 )

Dio Padre invece e il Figlio suo, suo Verbo e Dio come lui, ( Gv 1,1 ) sono sempre e ineffabilmente una sola cosa; essi quindi a maggior ragione non sono due dèi, ma un solo Dio.

2.14 - Differenza tra la natura e le relazioni

Certi individui però, non comprendendo a che cosa si riferiscono certi termini, preferiscono avere opinioni avventate e, senza esaminare attentamente le Scritture, prendono la difesa di qualsiasi opinione senza poi allontanarsene mai più o difficilmente, dal momento che bramano più d'essere reputati dotti e sapienti, che esserlo in realtà; essi naturalmente preferiscono trasferire alla natura divina ( di Cristo ) ciò che la Scrittura afferma della natura umana e al contrario i termini, che la Scrittura usa per indicare le mutue relazioni che intercorrono tra le persone divine, sostengono che stiano a indicare la natura e la sostanza.

La nostra fede consiste nel credere e professare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono un solo Dio, non già nel chiamare Padre colui ch'è il Figlio né Figlio colui ch'è il Padre né Padre o Figlio colui ch'è lo Spirito Santo del Padre e del Figlio.

Con questi termini s'indicano le relazioni vicendevoli delle tre persone divine tra loro, non già la natura in virtù della quale sono un solo Dio.

Mi spiego: quando si dice Padre, non lo si dice se non di un Figlio e il Figlio non s'intende che di un Padre, e lo Spirito, come termine relativo ad altro, è lo Spirito di qualcuno ch'è Spirante e questo è naturalmente colui dal quale procede lo Spirito.

2.15 - Molteplici i sensi del termine spirito

Ma queste cose non le pensiamo nel senso fisico e neppure le intendiamo a proposito di Dio secondo la nostra abitudine di pensare, poiché egli, come dice l'Apostolo, ha la potenza di agire al di sopra di quanto chiediamo o comprendiamo; ( Ef 3,20 ) ma se oltrepassa la nostra intelligenza il suo agire, quanto più il suo essere?

Il termine " spirito " infatti si usa per denotare - come ho già detto - non già un essere ch'è relativo a un altro, ma per indicare una natura spirituale.

Ora, nelle SS. Scritture viene chiamata " spirito " ogni natura incorporea, per cui questo termine si addice non solo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, ma ad ogni creatura razionale e all'anima.

Ecco perché il Signore dice: Dio è spirito.

E perciò quelli che adorano Dio, occorre che lo adorino in spirito e verità. ( Gv 4,24 )

Sta pure scritto che Dio fa suoi messaggeri gli spiriti. ( Sal 104,4 )

Di alcuni individui è stato anche detto che sono carne e spirito che passa e non ritorna. ( Sal 78,39 )

L'Apostolo inoltre dice: Nessuno sa che cosa accade nell'uomo se non lo spirito dell'uomo ch'è dentro di lui. ( 1 Cor 2,11 )

Sta anche scritto: Chi sa se lo spirito dell'uomo sale in alto e se lo spirito degli animali bruti scende sotto terra? ( Qo 3,21 )

Nelle Sacre Scritture si chiama spirito anche una parte distinta dell'unica anima d'una stessa persona.

Ecco perché l'Apostolo dice: Tutto il vostro essere, spirito, anima e corpo, sia conservato per il giorno della venuta del Signore nostro Gesù Cristo. ( 1 Ts 5,23 )

Così in un altro passo sta scritto: Se pregherò con la lingua, il mio spirito prega ma la mia intelligenza resta priva di frutto.

Che farò allora? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l'intelligenza. ( 1 Cor 14,14-15 )

Quando al contrario diciamo Spirito Santo in un modo tutto proprio, usiamo questo termine in relazione al Padre e al Figlio poiché è lo Spirito di essi.

Riguardo infatti alla sostanza divina, poiché è stato detto senza particolare connotazione: Dio è spirito, ( Gv 4,24 ) è spirito anche il Padre, il Figlio e lo stesso Spirito Santo, eppure non sono tre spiriti ma un solo spirito, come non sono tre dèi, ma un solo Dio.

2.16 - L'unità delle tre Persone, simbolo della concordia tra i fedeli

Di che ti stupisci? Tanta è la potenza della pace, non una pace quale che sia, come siamo abituati a concepirla, e neppure quella che si attua grazie alla concordia e alla mutua carità dei fedeli e che esaltiamo nella vita presente, ma la pace di Dio, che - al dire dell'Apostolo - sorpassa ogni intelligenza; ( Fil 4,7 ) quale intelligenza se non la nostra, cioè quella d'ogni creatura razionale?

Per questo motivo riflettiamo alla nostra debolezza e ascoltiamo l'Apostolo quando afferma: Fratelli, non penso d'avere ancora afferrata la mèta; ( Fil 3,13 ) e: Se uno crede di sapere qualcosa, non ha capito ancora in qual modo si deve sapere. ( 1 Cor 8,2 )

Attenendoci quindi, per quanto ci è possibile, alle SS. Scritture, discutiamo tra noi pacificamente senza litigare, senza cercare di sopraffarci a ogni costo l'un l'altro con vana e puerile animosità, affinché nei nostri cuori trionfi piuttosto la pace di Cristo, ( Col 3,15 ) per quanto egli stesso ci ha concesso di poterla provare anche in questa vita.

Pensando inoltre all'effetto prodotto dalla stessa pace tra i fratelli, di tante anime e di tanti cuori dei quali essa fece un'anima sola e un cuore solo, protesi verso Dio, ( At 4,32 ) animati da religiosi sentimenti crediamo che, a molto maggior ragione, nella pace di Dio la quale sorpassa ogni intelligenza, ( Fil 4,7 ) il Padre il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre dèi, ma un Dio solo; unità questa tanto superiore a quella formata da un'anima sola e da un cuor solo dei primi Cristiani, quanto la pace che sorpassa ogni intelligenza è superiore alla pace che possedevano tutti quei primi fedeli, ch'erano un'anima sola e un cuor solo protesi verso Dio. ( At 4,32 )

2.17 - In che modo il Figlio è Dio e uomo

Chiamiamo invece Figlio dell'uomo il medesimo Figlio di Dio, ma non in relazione alla natura divina per cui è uguale al Padre, ma in relazione alla natura di schiavo per cui è inferiore al Padre. ( Fil 2,6-7 )

E poiché chiamiamo Figlio dell'uomo il medesimo Figlio di Dio, per lo stesso motivo proclamiamo anche crocifisso il Figlio di Dio non a causa della potenza della divinità ma della debolezza dell'umanità, non a causa della persistenza nella sua natura divina, ma dell'assunzione della nostra natura umana.

3.18 - Unica natura e tre Persone distinte in Dio

Considera adesso un po' i passi della S. Scrittura che ci costringono a proclamare un solo Signore Iddio, sia che ci si domandi ragione della nostra fede riguardo al solo Padre, sia riguardo al solo Figlio, sia riguardo al solo Spirito Santo, sia riguardo alle tre persone insieme.

Certamente sta scritto: Ascolta, Israele. Il Signore Dio tuo è l'unico Signore. ( Dt 6,4 )

Di chi credi che affermi ciò la Scrittura? Se solo del Padre, allora Gesù Cristo non è il Signore nostro Dio.

E dove mai si trova l'espressione del discepolo, che palpa con la mano Cristo ed esclama: Signore mio e Dio mio!, espressione che Cristo non biasimò, ma approvò dicendo: Perché hai visto, hai creduto? ( Gv 20,28-29 )

D'altronde se non solo il Figlio ma anche il Padre è Dio e Signore e sono due signori e due dèi, come mai potrebbe esser vera l'asserzione: Il Signore tuo Dio è l'unico Signore? ( Dt 6,4 )

Forse che il Padre è l'unico Signore, mentre il Figlio non sarebbe l'unico Signore, ma solo un signore, come uno dei tanti dèi e signori e non come l'unico di cui sta scritto: Il Signore Dio tuo è l'unico Signore?

Che cosa dunque risponderemo all'Apostolo che afferma: Poiché, nonostante vi siano di quelli che vengono chiamati dèi sia in cielo sia sulla terra - come infatti vi sono molti dèi e molti signori - tuttavia per noi c'è un solo Dio Padre, dal quale sono tutte le cose e noi siamo in lui, e un solo Signore, Gesù Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose e noi siamo in lui. ( 1 Cor 8,5-6 )

Orbene, se quel che si afferma dell'unico Dio Padre esclude che si possa applicarlo al Figlio, affermino pure, quanti ne hanno l'ardire, che non si può più intendere che sia Signore il Padre poiché S. Paolo parla dell'unico Signore nostro Gesù Cristo.

Se infatti è l'unico, evidentemente è il solo; e se è il solo, come mai può esserlo anche il Padre, se non perché tanto il Figlio che il Padre sono l'unico e solo Dio senz'essere escluso lo Spirito Santo?

Unico Dio dunque il Padre e con lui unico Dio il Figlio, sebbene non sia con lui un solo Padre.

Allo stesso modo unico Signore è Gesù Cristo e con lui unico Signore il Padre, sebbene non sia con lui un solo Gesù Cristo, come se anche il Padre fosse Gesù Cristo: questo nome infatti ha la sua ragione nell'umanità assunta per disegno di misericordia.

3.19 - Padre e Figlio, un unico Dio

O forse non volete che l'attributo " unico " dell'espressione dell'Apostolo che dice: L'unico Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale esistono tutte le cose, sia riferito al termine Signore, ma alla proposizione per mezzo del quale esistono tutte le cose; di modo che sia presa non già nel senso di: " l'unico Signore ", ma " il solo per mezzo del quale esistono tutte le cose ", e non sia il Padre colui per mezzo del quale esistono tutte le cose, ma il solo dal quale procede ogni cosa e il Figlio sia il solo per mezzo del quale esistono tutte le cose?

In questa ipotesi ammettete una buona volta che il Padre e il Figlio sono l'unico nostro Signore e Dio!

Chi mai infatti conobbe la mente del Signore? Oppure chi mai fu suo consigliere?

Ovvero chi gli diede per primo perché ne possa avere il ricambio?

Poiché tutte le cose provengono da lui per mezzo di lui e in lui: a lui gloria! ( Rm 11,34-36 )

L'Apostolo non dice che " tutte le cose provengono dal Padre e tutte le cose esistono per mezzo del Figlio ", ma che tutte le cose provengono da lui per mezzo di lui e in lui.

E chi è " lui " se non il Signore, del quale afferma che nessuno conobbe la mente?

Tutte le cose dunque hanno origine dal Signore, per mezzo del Signore, e nel Signore, non già nel senso che il Padre o il Figlio producano l'uno o l'altro effetto, che invece è prodotto dall'unico medesimo Signore, poiché non dice: " Ad essi gloria " ma: A lui gloria!

3.20 - Apparenti contraddizioni nella dottrina della Trinità

Qualcuno però potrebbe dire che nell'espressione: l'unico Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale esistono tutte le cose ( 1 Cor 8,6 ), la parola " unico " non significa " l'unico Signore " o " l'unico per mezzo del quale esiste ogni cosa ", ma " il solo Gesù Cristo " che si chiama anche Signore, senza tuttavia essere il solo e unico Signore, ma l'unico Gesù Cristo; se uno dirà così, cosa potrà dire nel sentir proclamare dall'Apostolo: C'è un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti ? ( Ef 4,5-6 )

Stante infatti che l'Apostolo ricorda in questo passo Dio Padre, dove dice: un solo Dio e Padre di tutti; senza dubbio dicendo un solo Signore, chi voleva intendere se non Gesù Cristo?

Se ad essi piace, non è dunque Signore il Padre, perché solo Signore è Gesù Cristo.

Ma se è illogico ed empio pensare una simile cosa, impariamo a capire l'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, di modo che ciò che è detto del solo Dio, non ci sia vietato intenderlo senz'altro del Figlio o dello Spirito Santo, poiché il Padre non è certo il Figlio, né il Figlio è il Padre né lo Spirito di entrambi è il Padre o il Figlio, eppure il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il solo, cioè l'unico vero Signore Iddio.

4.21 - Lo Spirito Santo non minore del Figlio né il Figlio del Padre

Se infatti lo Spirito non fosse Dio o il vero Dio, neppure il nostro corpo sarebbe il suo tempio.

Non sapete - dice l'Apostolo - che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che abita in voi e che avete ricevuto da Dio? ( 1 Cor 6,19-20 )

E perché nessuno potesse negare che lo stesso Spirito è Dio, l'Apostolo soggiunge immediatamente: Voi inoltre non appartenete a voi stessi, poiché siete stati comprati a caro prezzo.

Glorificate quindi e portate Dio nel vostro corpo, quel Dio naturalmente del quale l'Apostolo aveva prima detto ch'è tempio il nostro corpo.

Ora è strano che voi affermiate - se è vero quanto sento dire - che lo Spirito Santo sarebbe minore del Figlio, come il Figlio sarebbe minore del Padre.

I nostri corpi, infatti, sono membra di Cristo, ( 1 Cor 6,15; 1 Cor 12,27 ) come dice l'Apostolo, e sono ugualmente tempio dello Spirito Santo, come dice lo stesso Apostolo: per questo motivo mi meraviglio assai come possano essere membra del maggiore e tempio del minore!

O forse preferite allora dire che lo Spirito Santo è maggiore di nostro Signore Gesù Cristo?

Pare infatti che suffraghi tale opinione anche la frase del Vangelo: Chi avrà pronunciato qualche parola contro il Figlio dell'uomo, sarà perdonato, ma chi avrà parlato contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato né in questo mondo né in quello futuro. ( Mt 12,32; Lc 12,10 )

È infatti più pericoloso peccare contro il maggiore che contro il minore.

Non è poi neppure lecito separare il Figlio dell'uomo dal Figlio di Dio, poiché fu lo stesso Figlio di Dio a farsi Figlio dell'uomo, non cambiando ciò ch'egli era, ma assumendo ciò che non era.

Ma lungi da noi una tale empietà, di credere cioè lo Spirito Santo più grande del Figlio.

Non lasciamoci quindi sconcertare, sì da cadere in errore, da certe espressioni che sembrano mostrare l'uno maggiore dell'altro.

4.22 - Il Padre vero Dio come il Figlio, verità generata da Dio vero

Alcune espressioni infatti sono tali che a persone poco intelligenti possono ingenerare l'impressione che anche il Figlio sia più grande del Padre.

Chi mai, se gli fosse chiesto se è più importante ciò ch'è vero oppure la verità, non risponderebbe ch'è più importante la verità?

Tutto ciò infatti ch'è vero lo è in virtù della verità.

Non è però così quando si tratta di Dio, poiché noi non diciamo che il Figlio è maggiore del Padre, eppure il Figlio si proclama d'essere la verità: Io sono - dice - la via, la verità e la vita. ( Gv 14,6 )

Voi invece volete che s'intenda detto del solo Padre ciò che dice la S. Scrittura: Che conoscano te, unico vero Dio, e il tuo inviato, Gesù Cristo, ( Gv 17,3 ) dove noi sottintendiamo: " anche Gesù Cristo vero Dio ", in modo che il senso sia il seguente: " ( Conoscano ) te e il tuo inviato Gesù Cristo come l'unico vero Dio "; e ciò per evitare la conseguenza illogica per cui, se Gesù Cristo non è vero Dio per il fatto che dice al Padre: Te, il solo vero Dio, non è Signore il Padre per il fatto che di Gesù Cristo è stato detto " l'unico Signore ". ( 1 Cor 8,6 )

Sarebbe - dico - seguire una sbagliata interpretazione, o meglio un errore, il credere ch'è più grande Dio verità che Dio vero, per il fatto che il vero deriva dalla verità; il Figlio allora sarebbe più grande del Padre perché egli sarebbe la verità e il Padre soltanto vero.

Questo errore lo caccia via dall'animo chi sa che il Padre è Dio " vero " generando la verità, non già partecipando di essa.

Non c'è, al contrario, una sostanza del vero che genera e un'altra della verità generata.

4.23 - Temerarie affermazioni di Pascenzio

Ma oltre al fatto che per contemplare queste verità l'occhio dell'umana intelligenza è debole, s'aggiunge ch'esso è anche torbido per lo spirito polemico.

In queste condizioni quando mai potrà scorgerle?

La S. Scrittura afferma che Gesù Cristo, Figlio di Dio, Signor nostro e Salvatore, è non solo il Verbo di Dio, ma anche la verità e la sapienza; alcuni al contrario affermano ch'Egli, prima ancora dell'incarnazione presa dalla Vergine Maria, senza assumere nulla della natura corporea, era visibile e corruttibile in virtù della sua stessa natura ed essenza per cui è il Verbo e la sapienza di Dio: e affermano ciò perché vogliono incaponirsi nella propria opinione secondo la quale sarebbe riferita solo al Padre l'espressione della S. Scrittura: All'invisibile, incorruttibile, unico Dio! ( 1 Tm 1,17 )

Ma come mai? Se non è visibile la parola dell'uomo, tanto meno lo sarà la Parola di Dio.

Orbene, della Sapienza la S. Scrittura afferma che per la sua purezza penetra e pervade ogni cosa e che nulla d'impuro si riscontra in essa e ancora che, sebbene sempre immutabile, essa tutto rinnova, ( Sap 7,24-25.27 ) ed altre innumerevoli espressioni simili a queste; se dunque si afferma ch'essa è corruttibile, non saprei cos'altro dire che compiangere la presunzione umana e ammirare la pazienza divina!

4.24 - Padre e Figlio distinti come la luce e lo splendore

La S. Scrittura inoltre afferma che la Sapienza è lo splendore della luce eterna ( Sap 7,26 ) e non penso che i vostri affermino precisamente che la luce del Padre - la quale cos'altro è se non la sua essenza? - sia esistita un tempo senza lo splendore generato da essa, per quanto la fede e l'intelligenza ci permettono di credere e di comprendere in qualche misura questi concetti attinenti alle realtà divine, spirituali, incorporee, immutabili.

Sento dire infatti che i vostri hanno già corretto quell'opinione.

O è forse falso ch'essi una volta affermavano una simile cosa, che cioè il Padre fu un tempo senza il Figlio, come se la luce eterna fosse stata priva dello splendore da essa generato?

Che diremo dunque? Se il Figlio è nato dal Padre, questi ha cessato ormai di generare?

Se ha cessato, ha anche iniziato.

Se ha iniziato, c'è stato allora un momento in cui era senza il Figlio?

Ma il Padre non è stato mai senza il Figlio, poiché il Figlio è la sua Sapienza, ch'è lo splendore della luce eterna, cioè del Padre.

Sempre dunque il Padre genera e sempre nasce il Figlio.

A questo punto bisogna invece temere che si creda che la generazione non sia completa se diciamo " nasce " e non " è nato ".

Addolorati con me - ti scongiuro - per queste difficoltà nel pensare e nell'esprimerci e insieme ricorriamo allo Spirito di Dio che per mezzo del Profeta dice: Chi potrà narrare la sua generazione? ( Is 53,8 )

4.25 - La generazione eterna del Verbo

Ti prego frattanto di cercare attentamente se in qualche passo la Scrittura afferma che sostanze tra loro differenti siano una sola cosa.

Se infatti si trova ch'essa non parla così, se non delle cose di cui si è pienamente certi che appartengono a una stessa e unica sostanza, che necessità c'è di ribellarsi contro la fede autentica e cattolica?

Se invece troverai scritta una cosa di questo genere anche a proposito di sostanze differenti, in tal caso sarò costretto a cercare un altro argomento per dimostrarti come è corretto chiamare όμοούσιον il Padre e il Figlio.

Ecco: ci sono di quelli che non conoscono bene le nostre Scritture e non le indagano con laboriose ricerche e che tuttavia credono il Figlio consustanziale e uguale al Padre: costoro, a quelli che non vogliono credere questa verità, sebbene credano che Dio Padre ha un Figlio unigenito, potrebbero dire: " Perché mai Dio non ha un Figlio uguale a se stesso?

Non lo ha voluto o non ha potuto?

Se non ha voluto, vuol dire che è invidioso; se non ha potuto, vuol dire che è incapace; ma l'una e l'altra di queste due ipotesi è sacrilega "; non so quale risposta gli avversari potrebbero dare, se non vogliono cadere in affermazioni quanto mai illogiche e stolte!

5.26 - Pascenzio scriva e sottoscriva la sua professione di fede

Eccoti esposta - come ho potuto - la mia fede.

Si potrebbero dire molte altre cose e discuterle con più diligenza, ma temo che anche solo quanto ho detto possa riuscire gravoso per le tue occupazioni.

Non mi sono comunque limitato a dettare la presente al mio scrivano, ma l'ho anche sottoscritta di mio pugno, come avrei voluto fare anche prima, se fosse stato osservato il patto stabilito tra noi.

Adesso, comunque, voglio crederlo sul serio, non devi più dire che io ho avuto paura d'esporti la mia fede, dal momento che non solo te l'ho esposta, ma l'ho anche scritta e sottoscritta di mio pugno per evitare che qualcuno affermi che ho detto ciò che invece non ho detto e che non ho detto ciò che invece ho detto.

Fa' così anche tu, se non cerchi, come giudici, individui inclini a onorare la tua persona, piuttosto che le tue parole, ma persone capaci di dimostrare la loro libertà rispetto alle tue affermazioni scritte.

Se invece temi un tranello - non oserei affatto dire questa parola se non fossi stato proprio tu a dirla - puoi anche non sottoscrivere.

Ecco perché io stesso mi sono astenuto dal mettere il tuo nome nell'intestazione di questa mia per timore che tu non lo desiderassi.

5.27 - Schernisce Pascenzio millantatore

È facile che uno riporti vittoria su Agostino; bisogna vedere però in che modo: se con la verità o con la voce grossa!

Non tocca a me dirlo: io dico solo ch'è facile per uno riportare vittoria su Agostino; quant'è più facile che uno possa dar l'impressione d'averlo vinto, oppure anche se non dà l'impressione, tuttavia vada dicendo che lo abbia vinto!

Questa è una cosa facile; io ammetto che tu non la reputi una cosa importante; lo ammetto; sì, ammetto che tu non brami una simile cosa come se fosse importante.

Poiché se la gente s'accorgerà di questa ardente e smodata tua vanagloria, saranno molti a rallegrarsi d'aver trovato l'opportunità di farsi amico un personaggio così potente, quale sei tu, solo con qualche " Bravo! Bravo! ".

Non voglio dire che, se non ti applaudissero o esprimessero un'opinione contraria, potrebbero aver paura di averti nemico; sarebbe certo cosa ridicola e stolta, ma tuttavia la maggior parte degli individui è fatta così.

5.28 - Unità di natura delle tre Persone

Non preoccuparti dei mezzi con cui si può vincere Agostino, ch'è un uomo qualunque, ma preoccupati piuttosto se può essere vinto l'όμοούσιον non già il termine greco che può essere facilmente messo in scherno dagli ignoranti, ma la realtà significata nella Scrittura: Io e il Padre siamo una sola cosa; ( Gv 10,30 ) e: Padre santo, conserva nel tuo nome coloro che tu mi hai affidati, affinché siano anch'essi una sola cosa come siamo noi; ( Gv 17,11 ) e poco dopo: Io però non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola, affinché tutti siano una sola cosa come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché siano anch'essi uno in noi perché il mondo creda che tu mi hai mandato.

Quanto a me, io ho dato loro la gloria che tu mi hai comunicata, affinché siano una sola cosa come siamo noi stessi: io in essi e tu in me, affinché giungano alla perfetta unità. ( Gv 17,20-23 )

Osserva quante volte egli ripete: siano una sola cosa come siamo noi, ma non dice mai: " Essi e noi siamo una sola cosa ", bensì: siano anch'essi una sola cosa in noi, come io e tu siamo una sola cosa.

Poiché, allo stesso modo che quelli, ch'egli voleva rendere anche una sola unità partecipe della vita eterna, erano della medesima natura, così del Padre e del Figlio la Scrittura dice: Siamo una sola cosa, perché sono della medesima unica natura divina e non perché sono partecipi della vita eterna, ma perché sono assolutamente la stessa vita eterna.

Cristo inoltre, in relazione alla sua natura umana, avrebbe potuto dire: " Io ed essi siamo ( o, affinché siamo ) una sola cosa "; eppure non lo disse, perché voleva mostrare l'unica natura sua e del Padre e la medesima natura di tutti gli uomini.

Se invece avesse detto: " Tu ed essi siate una sola cosa come anch'io e tu siamo una sola cosa " oppure: " Affinché tu ed io ed essi siamo una sola cosa, come lo siamo tu ed io ", nessuno di noi potrebbe negare che possa dirsi: " sono una sola cosa " anche di sostanze diverse.

Ora invece tu comprendi che non è così, poiché Cristo non disse così, ma anzi, col ripetere la stessa espressione, volle mettere fortemente in risalto e inculcarci quello che disse.

5.29 - Felice solo chi si assoggetta alla verità

Tu dunque trovi nelle Scritture l'espressione " una sola cosa " riferita a nature diverse, come abbiamo dimostrato più sopra, ma si aggiunge o si sottintende sempre quale sia quest'unica cosa, allo stesso modo che noi del composto anima e corpo diciamo che è ( o sono ) un unico essere vivente e un'unica persona e un unico uomo.

Se però troverai che nelle Scritture venga detto: sono una sola cosa senza una qualche aggiunta, tranne a proposito di coloro i quali sono esseri d'un'unica natura, allora avrai pieno diritto di esigere un altro argomento con cui dimostrarti il corretto uso di όμοούσιον.

Ce ne sarebbero infatti molti altri, ma per ora medita questo solo senza spirito di astiosa polemica al fine d'avere Dio propizio.

Il bene dell'uomo non consiste nel vincere un altro uomo; è bene invece per l'uomo lasciarsi vincere volentieri dalla verità, poiché è un male per l'uomo essere vinto dalla verità suo malgrado.

È infatti inevitabile ch'essa vinca, non solo chi la nega, ma anche chi la riconosce.

Perdonami se ho detto qualcosa un po' troppo schiettamente, non già per offenderti ma solo per difendermi.

Sono troppo sicuro della tua serietà e saggezza per non pensare che puoi riflettere che sei stato proprio tu a impormi questo ingrato obbligo di risponderti; e se anche questo non l'ho fatto bene, ti prego di perdonarmelo.

Questa lettera da me dettata e riletta l'ho sottoscritta io, Agostino.

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