Profeti una missione a rischio

Indice

Essere segni profetici

di Maria Canepa

Premessa

Sembra che il tema della profezia torni a essere di particolare attualità nella Chiesa contemporanea.

Sentiamo infatti parlare con frequenza di « dimensione profetica della Chiesa », di « annuncio profetico », di « segni profetici »: una terminologia che torna a far parte del linguaggio comune dei cristiani quasi per la riscoperta di un valore già tenuto in grande considerazione nella Chiesa primitiva, come traspare dal pensiero paolino ( 1 Cor 12-14; Rm 12,6; Ef 2,20; Ef 3,5; Ef 4,15 ).

Qualche semplice nota esplicativa ci può aiutare a comprendere meglio il significato di questa espressione - profezia - e la sua portata soprannaturale.

Che cos'è profezia

Il termine « profezia » significa in generale « interpretazione » ( etimologicamente = parlare a nome di un altro ), o anche annunciare pubblicamente, ad alta voce ( e non tanto predire il futuro, come comunemente si crede ).

In senso biblico: profezia è « visione », « intelligenza » del disegno di Dio nella storia, è « annuncio della parola del Signore espressa con forza, senza mezzi termini » e, come tale, « manifestazione » della sua volontà.

È dunque dono dello Spirito, carisma soprannaturale comunicato liberamente e gratuitamente da Dio, e non attitudine naturale proveniente da qualità umane.

Come « intelligenza » e « manifestazione del disegno di Dio che si attua nella storia », la profezia si definisce in rapporto alla storia della salvezza e alle sue tappe fondamentali:

- nell'Antico Testamento è essenzialmente « promessa », annuncio di una salvezza futura proclamata di generazione in generazione;

- nel Nuovo Testamento è « presenza », annuncio che la salvezza promessa si è compiuta in Gesù Cristo e che i tempi ultimi si sono già inaugurati;

- nel tempo della Chiesa è « testimonianza », annuncio di quanto si è già realizzato nel mistero di Cristo e di quanto si realizza, ormai, nella Chiesa e per mezzo della Chiesa in ogni credente in Cristo.

La profezia del tempo della Chiesa riproduce i caratteri propri di questo tempo, che è contemporaneamente un « già » e un « non ancora », conoscenza e non conoscenza, luce e oscurità, possesso e desiderio.

In tal senso anche la storia umana acquista il suo vero significato, come « luogo » in cui Dio si rivela e compie il suo disegno di salvezza.

Chi è il profeta

È l'uomo dello Spirito, che, in forza del dono ricevuto, e sotto la guida dello stesso Spirito, è fatto capace di:

- vedere ciò che altri non vedono, cioè intuire i progetti di Dio che si rivelano nel tempo e proclamarli al popolo;

- farsi portavoce di Dio per manifestare la sua volontà con franchezza, contestando apertamente ciò che vi si oppone;

- testimoniare con la vita, anche fino al martirio, la verità che Dio ha rivelato attraverso la sua Parola e il mistero di Cristo;

- svolgere la sua missione nel presente, guardando al passato per « fare memoria » delle grandi opere compiute da Dio e aprendosi al futuro nell'attesa del compimento di ciò che Dio ha promesso per i tempi ultimi.1

1. Profezia oggi

Fatte queste semplici premesse di carattere culturale, vogliamo ora attualizzare questo tema applicandolo alla vita cristiana nel nostro tempo.

Evidentemente, parlando di profezia dei cristiani, non intendiamo riferirci a quel dono particolare dato da Dio ad alcuni da Lui scelti secondo un suo disegno ( come ad esempio i profeti dell'Antico Testamento, o taluni membri della primitiva comunità cristiana, secondo quanto ci viene riferito dai testi sacri, o altre eminenti figure profetiche che segnano la storia della Chiesa lungo i secoli ).

Intendiamo invece riferirci a quel dono che tutti i cristiani ricevono nel Battesimo con l'inserimento nel mistero pasquale, e cioè la partecipazione alla missione sacerdotale, profetica e regale di Cristo.

Il secondo aspetto di tale partecipazione - l'aspetto profetico - è quello che ora interessa la nostra riflessione.

I cristiani sono dunque chiamati ad essere profeti, oggi come ieri come domani, lungo tutto l'arco del « tempo della Chiesa » che va dalla Pentecoste alla Parusia.

Una profezia che si caratterizza - già si è detto - come « testimonianza »: « … avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni … fino agli estremi confini della terra » ( At 1,8 ).

Oggi nel linguaggio cristiano questo termine « testimonianza » sembra aver acquistato una valenza più forte che in passato ( un passato neppure molto lontano! ), forse anche per l'esigenza di autenticità e di concretezza che si riscontra nella sensibilità dei nostri contemporanei.

Già Paolo VI affermava: « l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni » ( EN 41 ).

La nostra stessa esperienza ci conferma ampiamente questa autorevole affermazione.

Ci accorgiamo infatti che la parola, i ragionamenti sono spesso incapaci di catturare l'attenzione e di colpire la sensibilità della gente, superficiale e distratta, mentre tutto ciò che le viene offerto come segno visibile, come gesto concreto e soprattutto come coerenza di vita, acquista un'immediata incisività e forza persuasiva, rendendo credibile anche ciò che viene annunciato con la parola.

Questo, che per sé potrebbe ridursi a un semplice dato culturale tipico del nostro tempo, interessa chiaramente anche l'ambito della fede e della sua trasmissione.

Il tempo in cui viviamo, soprattutto nel mondo occidentale, si caratterizza, per certi aspetti, come un tempo post-cristiano, segnato da « un crescente secolarismo e indifferentismo » che si manifestano prevalentemente nella forma di un « relativismo che abbraccia tanto la sfera della verità quanto quella dell'etica » ( Giovanni Paolo II, Assemblea generale dei Vescovi italiani, maggio '92 ).

In questa realtà già cristiana ma oggi bisognosa di una nuova evangelizzazione, la Chiesa tutta è impegnata più di sempre a farsi profezia.

In modo particolare i laici sono chiamati a essere profeti per la loro condizione esistenziale che li pone nel cuore del mondo, in mezzo alla gente, a condividere con tutti le vicende quotidiane, i rischi, le scelte, i drammi, le speranze.

Non necessariamente l'essere profeti si manifesta attraverso gesti straordinari o comportamenti eccezionali ( anche se ciò non si esclude ), ma deve piuttosto trasparire, in modo permanente e significativo, da tutta la vita del cristiano, quando questa sia davvero posseduta dallo Spirito di Dio.

Una vita che esprima amore e speranza, misericordia e perdono, purezza di cuore e capacità di soffrire per la giustizia, povertà e mitezza, che incarni - in una parola - il messaggio delle Beatitudini non può non inquietare e non provocare al cambiamento coloro che sono lontani da una tale esperienza!

Sappiamo bene che non è facile, in un contesto culturale e sociale impregnato di materialismo, qual è quello odierno, tradurre lo spirito delle Beatitudini nei comportamenti pratici della vita personale, familiare, sociale, ma la scelta per il cristiano che voglia essere tale non ha alternativa: o essere « anima del mondo », come si legge nella lettera a Diogneto ( celebre documento del II secolo ), in una coraggiosa fedeltà al Vangelo, o diventare occasione di scandalo attraverso l'ipocrisia e l'incoerenza.

E poiché una tale testimonianza per essere profetica non può ridursi a momenti particolari, ma deve attraversare tutta la vita e non perdere di intensità lungo il cammino, essa non può che scaturire da una profonda comunione con Dio, in sintonia con l'esperienza di fede di tutta la comunità cristiana.

2. La nostra profezia

Se tutti i cristiani in forza della loro vocazione battesimale sono chiamati a essere segni profetici nel mondo, tanto più questo si fa esigente per noi che abbiamo scelto - per grazia di Dio - di radicalizzare gli impegni del nostro Battesimo con la consacrazione secolare.

Forse è venuto il momento, anche per le sollecitazioni che ci vengono dalla Chiesa e dalla storia, di riprendere coscienza di questa nostra responsabilità.

Essere segni profetici, nel mondo … ma come?

Gli ambiti, i tempi, i modi della nostra testimonianza e missione non sono certo classificabili, poiché vi è coinvolta tutta la nostra vita, dal piano dell'essere a quello del sentire e dell'operare.

Tuttavia possiamo evidenziare alcune coordinate di fondo, sulle quali riflettere e anche verificarci, per misurare la nostra tensione a vivere in dimensione profetica la stupenda vocazione che abbiamo ricevuto:

a) testimoniare la radicalità evangelica, cioè puntare su una chiara consapevolezza della forza profetica che i consigli evangelici, se vissuti in pienezza sulla linea del mistero pasquale partecipato nel Battesimo, hanno già in se stessi.

Una castità assoluta vissuta come libertà del cuore e matura capacità di amare, che trova la sua piena e gioiosa realizzazione nell'amore sponsale per Cristo e nel dono di sé ai fratelli …

Una povertà vissuta come scelta dell'essenziale sulle orme di Cristo povero, come rifiuto del potere e del privilegio, come solidarietà e condivisione con i poveri …

Un'obbedienza vissuta come fedele adesione al progetto di Dio, come rispetto delle norme della convivenza civile, come esercizio di libertà responsabile, come umile e generoso servizio … tutto questo, se c'è, non può non porsi come segno e messaggio per gli uomini e le donne del nostro tempo.

Si tratta dunque di incarnare i consigli evangelici, che pure sono un tesoro da custodire gelosamente nelle varie manifestazioni della vita, per offrire al mondo una testimonianza che sia contestazione della sua logica perversa e insieme proposta di uno stile di vita alternativo.

b) Amare il nostro tempo, cioè vivere il presente come il tempo di Dio che è stato assegnato alla nostra generazione, ma insieme rifarci al passato - senza nostalgie o rifiuti - per trarne indicazioni feconde ma anche per romperne le incrostazioni; aprirci al futuro come promessa di un compimento progressivo del disegno di Dio, senza peraltro cedere alla tentazione del disimpegno o dell'evasione in sogni improbabili.

Il presente da vivere nella concretezza e nella fedeltà si colloca così fra due poli: il passato da cui trarre ispirazione superandone i condizionamenti, il futuro da preparare con una creatività che porti a esplorare l'inedito e a inventare il nuovo.

Questa dinamica del divenire che coinvolge tutti, ma che per il cristiano si fonda sulla fede, esige allora un costante atteggiamento di ricerca, una permanente disponibilità al cambiamento, una chiara consapevolezza del provvisorio e della necessità di dover reinterpretare a ogni svolta la trasformazione per approdare a sintesi sempre nuove.

Ciò suppone una sorta di spiritualità da pellegrini o meglio ancora da nomade che impedisce di installarsi su posizioni acquisite, e consente di spostarsi là dove lo Spirito chiama, lasciando comodità e sicurezza e assumendo il rischio della precarietà e dell'imprevisto.

Una spiritualità della tenda, che costringe a una essenzialità che è tipica di chi ha scelto la radicalità evangelica come condizione di libertà per il regno.

E tutto questo è profezia.

Amare il proprio tempo significa anche accettarlo con le luci e le ombre che lo caratterizzano, aperti alle nuove esigenze culturali e sociali, ma anche pronti alla denuncia profetica, alla presa di distanza dalle manifestazioni negative della modernità.

Per questo occorre conoscerlo, questo nostro tempo, saperlo « ascoltare » e « leggere », con mente aperta e cuore libero, per scorgervi, nella trama dei fenomeni e degli avvenimenti, quelle indicazioni che oggi chiamiamo « segni dei tempi », i quali si manifestano come indicatori della storia di Dio in mezzo agli uomini.

Non sempre essi sono immediatamente e chiaramente visibili, proprio per l'estrema complessità che caratterizza la società contemporanea, perciò vanno letti e interpretati alla luce del Vangelo e sotto la guida dello Spirito.

A una tale lettura e interpretazione a detta di un autore contemporaneo, è idoneo tanto il « dottore » o teologo, quanto e soprattutto il « profeta ».

c) Vivere la dimensione della laicità, cioè prendere sul serio il mondo, il che concretamente vuol dire rispettare la legittima autonomia e le leggi proprie di ogni realtà ( GS 36 e GS 43 ); accogliere e valorizzare la diversità apprezzando i semi di verità presenti in ogni uomo e in ogni situazione; promuovere mediazione e dialogo nel rispetto di tutte le posizioni culturali, politiche, religiose, senza tuttavia rinunciare alla propria identità cristiana, per favorire, al di là delle opposte tentazioni di integrismo e di conformismo, rincontro tra fede e cultura, fede e storia, fede e religione

Laicità è anche saper collaborare con tutti, credenti e non, partendo dai valori comuni, per il bene dell'uomo e la costruzione di una società più giusta e più umana.

Tutto ciò implica una serie di atteggiamenti maturi fondati su una robusta formazione umana e arricchiti dalla fede: ascolto, comprensione, fiducia, discernimento critico, ricerca umile e disinteressata della verità, onestà intellettuale.

Laicità significa ancora amare il mondo e accoglierlo così com'è, senza voler ignorare di esso ciò che ci piace meno, ci disturba, ci fa paura …, per capire le sue logiche e tentare di capovolgerle dal di dentro con la forza evangelica del lievito, del sale, della luce, del grano che muore per dare frutto; significa infine cercare di capire il linguaggio, la sensibilità, i modi espressivi e comunicativi dell'uomo contemporaneo per essere a nostra volta comprensibili.

Ma c'è anche un altro aspetto che ci interessa riflettendo sulla laicità; esso riguarda l'impegno a vivere responsabilmente questa dimensione anche nell'ambito ecclesiale poiché in esso siamo laici a pieno titolo, anche se consacrati.

Ciò significa che siamo chiamati - per vocazione - a portare il nostro contributo alla crescita della comunità cristiana, facendoci animatori e forza trainante di un laicato maturo, consapevole della missione affidata ai laici nella Chiesa di oggi ( Documenti conciliari sui laici e ChL ), offrendo una qualificata collaborazione nei vari settori della vita ecclesiale ( evangelizzazione e catechesi - liturgia e sacramenti - servizio di carità ), e in particolare non facendo mancare la nostra presenza nei vari organismi di partecipazione per portarvi la nostra esperienza del mondo e dei suoi problemi.

Anche questo nostro stile laicale nell'ambito della Chiesa può acquistare valore di segno profetico specialmente quando si verifichino nella nostra comunità cristiana segnali di chiusura e di stanchezza.

d) Spendere la vita nel servizio, cioè aprirci agli altri, farci solidali, mettere a disposizione risorse, capacità, competenze, tempo, disponibili sempre ad assumerci responsabilità e a prendere iniziative per la soluzione dei problemi, specialmente a favore dei fratelli più poveri.

Molti, anche non credenti, oggi fanno questo, malgrado il dilagare di una cultura individualistica che induce a chiudere il cuore nell'egoismo.

Ma il cristiano ha qualcosa di più da dare, qualcosa che lo distingue per uno stile diverso e più alto nel suo servizio ai fratelli: è l'amore-carità, che nasce dall'amore di Dio e lo rivela al mondo.

Un amore-carità che non cerca gratificazioni, che dà senza misurare, che sa intuire il bisogno del fratello e andargli incontro concretamente facendosi carico della sua situazione fino a pagare di persona, che è attento alle esigenze più profonde dell'uomo, al di là di quelle materiali, per offrire risposte ulteriori e prospettive liberanti.

Questo è lo stile che caratterizza il servizio del cristiano qualunque ne sia la forma concreta, il livello, l'ampiezza: dalle espressioni individuali ( impegno professionale, opere di misericordia ) a quelle sociali ( volontariato civile o ecclesiale ) a quelle politiche ( là dove si decidono le sorti del bene comune ).

In questi « territori » il servizio all'uomo assume una dimensione sociale di testimonianza che può essere profetica in prospettiva estremamente attuale: come promozione della persona e tutela dei suoi diritti, come denuncia delle ingiustizie e delle illegalità, come collaborazione alla costruzione della città terrena secondo le attese dell'uomo.

Non per nulla la politica è stata definita « la forma più alta di carità ».

Anche in questo campo si tratta per noi di vivere la radicalità evangelica che professiamo.

Infatti, afferma il documento della CEI Evangelizzazione e testimonianza della carità: « Sempre e per natura sua la carità sta al centro del Vangelo » ( n. 9 ).

E non c'è nulla di più evangelico dell'attitudine al servizio.

Dobbiamo credere al valore profetico della testimonianza della carità, specialmente oggi quando la credibilità del messaggio cristiano sembra legarsi sempre di più alla concretezza e alla gratuità del gesto.

Leggiamo ancora nel citato documento: « Solo dopo essere stato raggiunto dal segno tangibile della carità ( l'uomo di oggi ) si lascia guidare a scoprire la profondità e le esigenze dell'amore di Dio » ( n. 24 ) e ancora: « Ogni autentico gesto di carità rappresenta nella storia degli uomini una realizzazione anticipata del regno di Dio» ( n. 18 ).

Il campo è aperto, oggi in particolare, di fronte a tanti drammi dell'uomo e della società; tocca a noi, dunque, offrire dei « segni », nella docilità allo Spirito sempre creatore, per dare spazio alla speranza, attraverso gesti coraggiosi e significativi, anticipatori di un futuro migliore per l'uomo e per l'intera comunità.

3. Profezia nel quotidiano - rischio e libertà

Ma chi sono i profeti moderni? Certamente essi, il più delle volte, non fanno notizia; anzi può persino accadere che neppure i cristiani si accorgano della loro presenza …

Invece i profeti ci sono, per grazia di Dio, anche nel nostro tempo e si manifestano ordinariamente nelle scelte e nei comportamenti quotidiani.

C'è anche una profezia laica, se così si può dire, che, non ispirandosi alla fede, offre tuttavia uno stimolo di grande forza nella proposta coraggiosa dei valori umani.

Qualche esempio:

è profeta la donna che accetta consapevolmente il rischio di una maternità difficile,

la coppia che sa conservare saldamente la fedeltà coniugale,

il funzionario che non si lascia corrompere in vista di vantaggi economici o di camera,

il sanitario che fa obiezione di coscienza per non dover operare contro il diritto alla vita, il magistrato che non teme i rischi del suo lavoro per una giustizia difficile … o, più in generale,

chi osa affermare con chiarezza verità scomode;

chi non teme di denunciare un'ingiustizia;

chi si schiera dalla parte dei più deboli a difenderne i diritti;

chi sa gestire responsabilità sociali e politiche come servizio e non come privilegio;

chi è capace di donare non solo qualcosa di suo, ma qualcosa di sé, pezzi della propria vita;

chi sa farsi operatore di pace esprimendo anche pubblicamente gesti di riconciliazione e di perdono;

chi sa accettare il dolore con serenità …

Noi dovremmo appartenere a questa generazione di testimoni, con una profezia di chiaro segno cristiano e con la forza del carisma della nostra vocazione.

II condizionale è d'obbligo perché questa strada non è facile, oggi come e più di sempre.

Si tratta di un cammino tutto in salita, per di più controcorrente, povero di soddisfazioni quanto ricco di insidie e di rischi.

Il profeta autentico, oggi come sempre, incontra facilmente sul suo cammino la critica, l'incomprensione, l'impopolarità, l'isolamento, talvolta anche l'ostilità aperta, non escluso il rischio della vita.

Anche oggi si uccidono i profeti!

La profezia, quando è vera, esige sempre che si paghi di persona.

Ma più che a questi eventuali ostacoli provenienti dall'esterno, è importante fare attenzione a insidie più sottili che possono verificarsi dentro di noi:

- la nostra fragilità, che deve fare i conti con la stanchezza, la delusione, il senso di impotenza e di sfiducia che a lungo andare possono spegnere lo slancio dell'anima e frenare il ritmo dell'impegno …

- la tentazione sempre ricorrente di addomesticare il messaggio, rendendolo rassicurante magari per essere aperti e comprensivi, ma in effetti per la paura di perdere il consenso degli interlocutori, diminuendo così la forza della Parola che induce alla conversione della vita e alla coerenza della fede …

- il rischio del conformismo che, insensibilmente, da contestatori della mentalità del mondo può trasformarci in suoi seguaci per una sorta di assuefazione che bene si configura nel « sale scipito » del Vangelo …

- la possibilità di razionalizzare la Parola di Dio riducendola a parola umana, magari ritenendo di renderla in tal modo più accettabile o comprensibile per la gente, o facendo prevalere la nostra opinione personale sull'oggettività del messaggio.

Scorciatoie possibili per divenire « falsi profeti ».

Tutto questo potrebbe scoraggiarci o riempirci di timore.

Ma il Signore è fedele e sappiamo che quando chiama qualcuno ad una particolare missione non gli lascia mancare la sua grazia.

A Lui bastano le nostre vite donate, tese costantemente alla ricerca di una profonda comunione con Lui, nell'ascolto amoroso della sua Parola, nella frequentazione dell'Eucaristia e di ogni altra espressione della vita sacramentale, nell'incessante preghiera da contemplativi sulla strada.

Vite radicate nel mistero della Chiesa e immerse nelle vicende della storia, consapevoli della propria piccolezza, ma tutte spese nell'amore, « in cordata » con i fratelli di fede e di vocazione, aperte alla perenne novità dello Spirito, che è fonte di gioia, di luce e di forza.

Conclusione

La nostra vocazione essenziale è dunque quella di essere santi per essere testimoni e profeti, in una stagione della storia che attende nuovi annunciatori delle buona notizia, seminatori di speranza e di gioia, costruttori di pace e di fraternità, donatori di significato e di certezza.

Simone Weil, nell'Attesa di Dio così invitava a reinventare la santità per un'epoca nuova: « Oggi non e ancora sufficiente essere santo: è necessaria la santità che il momento presente esige, una nuova santità anch'essa senza precedenti …

Un nuovo tipo di santità, cioè uno slancio, un'invenzione … quasi come una nuova rivelazione dell'universo e del destino umano ».

Un messaggio da raccogliere come una proposta ardita, una scommessa tutta da giocare.

Indice

1 Per ulteriori approfondimenti di questo tema dal punto di vista biblico-teologico, si può consultare il Dizionario di spiritualità dei laici ( Edizioni O.R., Milano 1981 ) alla voce « Profezia » di Carlo Rocchetta, da cui sono state tratte queste brevi note.