La Scala del Paradiso

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Grado VII

Del pianto che letifica l'anima

Lo pianto e lutto, secondo Iddio, è una contristazione dell'anima con uno affetto e desiderio di dolore di cuore, il qual dolore l'anima il cerca sempiternalmente e ferventemente ed impetuosamente; e quando è privata di questo dolore che cerca, con fatica e con dolore il va seguitando, e va poi piangendo e lamentandosi.

Ancora il pianto è uno stimolo d'oro dato all'anima, il quale la spoglia d'ogni accostamento ed affligimento ed affezione di cose terrene, lo quale stimolo si ficca nel cuore, quando è visitato dalla santa tristizia, e questo stimolo disfa ed umilia l'anima per timore.

La compunzione è uno perpetuo cruciato e tormento, che fa la conscienzia all'anima per riconoscimento delle offensioni sue, per lo quale cruciato resuscita il fuoco del cuore.

La confessione vera del cuore è uno dimenticamento della natura, quando per essa alcuno si dimentica di mangiare il pane suo, e di prendere l'altre necessità naturali.

La penitenzia è continua privazione di ogni consolazione corporale sanza tristizia.

Le propie operazioni di quelli, che sono entrati nel pianto, son queste: l'astinenzia ed il silenzio della bocca.

Il primo segno di quelli che sono cresciuti nel pianto, è non adirarsi e lo dimenticamente della vendetta e della ingiuria ricevuta.

Li segni propii di quelli che sono perfetti piagnitori, sono questi: l'umilità, la sete delle vergogne, la volontaria fame delle tribulazioni non piacevoli e non elette per volontade, non giudicare e non condennare li peccatori, e compassione sopra potenzia.

Accettabili sono a Dio li primi, e degni sono di laude li secondi; ma beati quelli che ànno fame delle vergogne e delle tribulazioni, però che saranno saziati del cibo insaziabile.

Tu che tieni il pianto, tiello con tutta la forza tua, però ch'egli à natura di potersi perdere leggiermente, innanzi che l'anima sia ben compresa da lui, e da queste cose, cioè da' romori e dalle conturbazioni e dalle cure corporali e dalle delizie, e massimamente dal molto parlare e dalle parole da far ridere, come cera si dissolve e si distempera leggiermente, quando sta dinanzi al fuoco.

Il pianto ovvero fonte di lagrime dopo lo primo battesimo, è un altro maggiore battesimo dato da Dio all'anima, quantunque paia presunzione a dire, però che il primo battesimo lava dal peccato originale ed attuale, ma questo solo lava dalli peccati dopo il battesimo commessi; ma in tanto si può dire maggiore, imperò che avendo noi sozzato quello battesimo, lo quale ricevemmo in parvolezza, per questo altro battesimo ci ripurghiamo, lo qual battesimo se la benignità divina non avesse dato agli uomini, radi sarebbono stati; e forte sarebbe a trovare uomini che si fosseno salvati.

Li sospiri e la tristizia della mente gridano a Dio, le lacrime che procedono dal timore, intercedono a Dio, ma le lagrime della santa carità fanno la nostra orazione accettevole nel conspetto di Dio.

Come che neuna cosa si conviene tanto a l'umilità quanto il pianto, così niuna cosa tanto l'è contraria, quanto lo riso dissoluto.

Tu a cui è data la beata e gaudente tristizia della santa compunzione, tienla bene e non lasciare infino a tanto, che perfettamente t'abbia sollevato dall'amore delle cose transitorie, ed abbiati offerto a Gesù Cristo tutto mondo.

Studiati d'immaginare in te medesimo, e non cessare di cercare col cuore l'abisso del fuoco etemale, e li ministri crudeli e lo giudice sanza compassione e sanza perdonare, e lo infinito caos della fiamma infernale, e quel luogo sotterraneo terribile e spaventoso, e quelli discendimenti e viaggi stretti ed oscuri; e le imagini di queste così fatte cose sempre porta in te, acciò che la immondizia e la lussuria che è nell'anima, essendo percossa e rimossa per lo molto timore, l'anima s'accenda della incorruttibile castità, la qual fa l'anima che la riceve, essere più che ogni fuoco risplendiente.

Sta nella tua orazione con tremore, come sta l'uomo condennato dinanzi al giudice che 'l condanna, acciò che colla vista di fuori e col modo dentro possa placare il furore del giusto giudice, però ch'egli non potrà patire di dispregiare e di non consolare l'anima, che gli sta innanzi come vedova ed abbattuta e soperchiata e dolente, anzi si lascerà sforzare e vincere.

Colui che non si può vincere nè sforzare.

Quegli che à lo pianto e le lagrime mentali e spirituali, a colui ogni luogo gli fra atto ed acconcio; ma colui che ae il pianto e le lagrime pur di fuori, questi cerchi di trovare luogo atto a sè però che come il tesoro nascosto è più sicuro da' ladroni che 'l palese e il publico, così è in queste cose spirituali.

Non essere siccome quelli che seppelliscono i morti, i quali alcuna fiata fanno gli lamenti sopra essi, ed alcuna fiata s'inebriano per loro cagione, ma dèi essere come quelli, che sono incatenati nelle publiche prigioni, flagellati a tutte l'ore dalli guardiani, però che quegli che alcuna fiata piagne, ed alcuna fiata ride ed istà in dilizie, è assimigliato a colui, che lapida il cane col pane, il quale in apparenza il caccia, ma in verità e in effetto l'alletta.

Tu che piagni, non amare di dimostrarti nè d'essere veduto, e di questa cosa fa la inquisizione nel cuore tuo però che le demonia temono il pianto, s'egli è semplice e puro e senza macula, come gli ladroni temono i cani.

O amici, non ci à chiamati Iddio in questo tempo presente a nozze, anzi à chiamato Iddio noi al pianto di noi medesimi.

Alcuni mentre c'ànno il pianto e le lagrime, non si studiano di pensare alcuna cosa nè di fare orazione a Dio in quel tempo beato, non pensando che lagrimare sanza intenzione e sanza pensieri è propietà d'animali non razionali, però che le lagrime nascono dalle intenzioni e dalle meditazioni, e la 'ntenzione e meditazione nascono dallo intelletto razionale; e però lo inchinare e lo coricare che tu fai nel letto tuo, sia a te rappresentazione di reclinare, quando sarai messo nella sepultura, e dormirai meno; e quando sederai a mensa a mangiare, ricorditi de' vermini che sono apparecchiati a mangiare te dolorosamente, e non arai tanto diletto; e non bere, che non ti ricordi della sete di quelli, che sono cruciati in quella fiamma infernale, e della terribile sete che patono, e non sarai tanto sollecito a bere, ed al postutto farai violenza alla natura.

Nella disonorabile riprensione e vergogna e correzione che ci fa il nostro pastore, ricordiamci e pensiamo la spaventosa sentenzia, che ci sarà data alla nostra fine, ed uccideremo la tristizia e ramaritudine irrazionabile, che ci nasce nel cuore, con uno coltello da ogni parte tagliente di mansuetudine e di pazienzia, come dice santo Iob: Il mare per lungo tempo menomando a poco a poco verrebbe meno, e così la impazienzia nostra, e la pazienzia e gli altri beni che son detti, verranno a perfezione in noi.

La memoria del fuoco eternale ogni sera dorma e mangi teco e teco si rilievi, e già mai la negligenzia ti potrà signoreggiare al tempo della salmodia.

All'operazione del pianto ti muova ed induca il tuo vestimento nero, imperò tutti quelli che piangono i morti loro, si vestono di nero; e però se tu non ài il pianto, per questa cagione piagni; e se tu sanza questa cagione ài il pianto, eziandio per questa cagione ti lamenta e piagni più, perchè se' partito da l'ordine e dallo stato mondano, il quale è sanza dolore, e se' venuto allo stato monachile doloroso a piagnere le tue offensioni.

Nello spargere delle lagrime il buono e giusto giudice nostro pensa e giudica la potenzia della nostra virtù come in tutti gli altri beni.

Io vidi picciole gocciole di lagrime spargere con gran dolore, e vidi fonti di lagrime spargere sanza dolore; e giudicai più secondo il dolore che secondo le lagrime, e penso che cosi giudichi Iddio.

Non si conviene che quelli che sono nello stato de' piagnenti, facciano parlamenti ad altri di teologia, cioè delle cose di Dio, però che questo parlare naturalmente dissolve il pianto.

Sono diversi li stati de' parlatori di Dio e degli piagnitori: lo stato dei parlatori è di quelli, che seggono sopra la cattedra ad ammaestrare; lo stato de' piagnitori è di quelli, che seggono in terra vestiti di cilicio e di sacco, e questo è quello che disse il grande David, che quantunque fosse savio e dottore, stando in pianto, rispuose a quelli che 'l domandavano, e disse: Come canteremo il cantico del Signore nella terra altrui, cioè nello stato vizioso?

Siccome è nelle creature, che alcuna si muove da sè, alcuna è mossa d'altrui, così è nella compunzione.

Quando sanza suo studio l'anima diventa compunta e lagrimosa e devota e mansueta, corriamo, però, che 'l Signore è venuto, non essendo vocato da noi, ed acci data la spugna della tristizia a Dio piacevole, della quale esce l'aqua del refrigerio delle devote e sante lagrime, a distrigare le nostre offensioni, che sono scritte nella carta del libro del giudice Iddio.

Guardiamla questa compunzione, che non la perdiamo, per nostra cagione, siccome guardiamo la pupilla dell'occhio, insino ch'ella si parta, però che questa compunzione ae più grande virtù e potenzia, che quella che proviene per nostra sollecitudine ed intenzione e pensiero.

Non è pervenuto alla bellezza del pianto quegli che piagne sempre che vuole, nè quegli che piange di quello che vuole, ma quegli che piagne di quello che dee piagnere, ed in quel modo che vuole Iddio; e ancora spesse fiate il piagnere secondo Iddio, cioè di quello che dobbiamo piagnere, non è in quel modo che vuole Iddio.

Spesse volte lo piagnere secondo Iddio fece abbracciare le ingratissime lagrime della vanagloria?

e questo, cioè che le nostre lagrime sieno per vanagloria, conosceremlo bene e santamente, quando vedremo noi medesimi piagnenti e maligni.

La propia e verace compunzione è uno dolore dell'anima bene umiliata, il quale non si dà niuna consolazione, imaginando solamente la morte sua a tutte l'ore, ed aspettando come aqua di refrigerio la divina consolazione, la qual consola gli umili monaci.

Coloro che posseggono il pianto in sentimento di cuore, questi ànno in odio la lor vita, siccome operatrice di cosa dolorosa, degna di pianto e lamento, e dal corpo loro si guardano come dal nemico.

Quando in quelli che pare che piangano secondo Iddio, vedemo ira e superbia, le loro lagrime reputiamo non essere secondo Iddio, però che non à convenienza la luce colle tenebre, però che la superbia del cuore e la propia reputazione sono figliuole della non diritta e non legittima compunzione; ma le figliuole della verace e laudabile compunzione sono l'umiliazione e la consolazione però che come il fuoco consuma la stoppa, così le lagrime caste e sante consumano ogni contaminazione ed ogni sozzura dell'anima visibile ed invisibile.

Da molti padri fu fatto parlamento delle lagrime molto oscuro e forte a trovare, particolarmente e spezialmente in quelli che novellamente sono convertiti ed ànno lasciato il mondo, però che dissono che le lagrime nascono in molti e diversi modi; alcuna fiata dalla natura, cioè dalla complessione naturale, alcuna fiata da Dio, alcuna fiata dalla tribulazione che riceve l'anima per le cose contrarie, alcuna fiata dalle laude e dalle cose lodate, alcuna volta dalla vanagloria, alcuna volta dall'amore fornicario, alcuna fiata da ebrietà, alcuna fiata dalla carità, alcuna fiata dalla memoria della morte, e da molte altre cagioni.

Ma noi gli modi di tutti questi piagnitori predetti con timore discernendo, e gli buoni estogliendo e levando in alto, principalmente ci studiamo d'acquistare le lagrime della memoria della morte nostra, le quali sono monde e sanza difetto di malizia, però che in esse non c'è furto nè superbia di propia reputazione, anzi c'è purgazione d'ogni superbia ed accrescimento di carità verso Dio, estrigazione e consumazione di peccato, e liberazione delle tentazioni che l'anima patisce.

Che se li piagnitori cominciano alcuna fiata a lacrimare per buona intenzione e finiscono nel contrario, non è meraviglia, ma avendo incominciato a lagrimare con viziosa intenzione o per cosa naturale e transmutare lo pianto alle intenzioni spirituali, questa è cosa degna di laude.

Questa parola chiaramente la 'ntendono quelli, i quali sono più inchinati al vizio della vanagloria.

Non avere fede nel pianto tuo, e non ti confidare in esso innanzi che tu sii perfettamente purgato da' vizii, siccome non si può dar fede al mosto incontanente che si trae dal canale.

Neuno contradice a questo, che tutte le lagrime che sono secondo Dio, cioè per intenzione di piacere a Dio, non sieno utili nè proficue; ma qual sia l'utilità, conosceremlo al tempo della morte.

Coloro che non cessano di piagnere secondo Dio, questi non cessano di far festa ogni dì; ma quelli che non cessano di far festa corporale, questi fieno ricevuti dal pianto eternale nell'altro secolo.

Non ànno tempo d'allegrezza quelli che stanno in carcere sentenziati, nè li veri monaci non ànno festa sopra la terra, però che 'l profeta ch'avea il bel pianto, sospirando dicea: Signore, trai di carcere l'anima mia, acciò che da quinci innanzi io mi goda nel segreto lume tuo.

Sedendo te in umilità, sta come un alto re nel tuo cuore e comanda e di' allo riso: Va via, e vada via, e al dolce pianto: Vieni, e venga, ed al servo tuo tiranno corpo di': Fa questo, e faccialo.

Quegli che s'è vestito del beato e grazioso pianto come di vestimento sponsale, questi ae conosciuto il riso spirituale dell'anima; e chi è quegli tanto sollecito, che tutto il suo tempo abbia speso nella conversazione monastica?

Che in neuno dì ed in neuna ora ed in neuno punto abbia ricevuto danno, ma tutti li abbia offerti a Dio, pensando che quella ora e quel die in vita sua nol potrà mai più vedere nè ricomperare?

Beato quel monaco, che può gli occhi dell'anima levare a vedere le virtù intellettuali, cioè gli spiriti beati; ma quegli è stabile a non potere cadere, che del continuo bagna le sue guance dell'acqua viva delle lagrime per la memoria della morte e delle sue offensioni.

Non m'è fatica a credere, che 'l primo è passato per questo secondo stato.

Io vidi poveri vergognosi mendicanti, li quali con be' parlamenti subitamente inchinarono a compassione gli cuori degli re; e vidi poveri di virtudi e bisognosi, li quali non con belli parlamenti, ma con parole oscure, umili e dubbiose chiamando ferventemente con piena fede al re sopracelestiale dal cuore profondo e quasi desperato, per la loro violenza fecioro violenza alla benigna natura di quegli, a cui non si può fare violenza.

Colui che delle sue lagrime si leva in superbia, nella mente sua e dentro a sè giudica coloro che non lagrimano, questi è assimigliato a colui, che dimanda al re l'armi contra li suoi nimici, e con quelle armi uccide sè medesimo.

O amici, non abbisogna Dio di nostre lagrime, e non vuole che l'uomo per dolore e per tristizia di cuore pianga, anzi vuole maggiormente che per la carità e' abbiamo a lui, si rallegri in riso dell'anima.

Togli il peccato, e non sarà bisogno il dolore e la tristizia del pianto e delle lagrime agli occhi sensibili, però che non essendoci la piaga, non è mestieri rasoio per tagliarla.

Non erano in Adamo lagrime innanzi che peccasse, siccome non saranno dopo la risurrezione, però che essendo distrutto il peccato, cessa il dolore e la tristizia e li sospiri.

Vidi in alcuni il pianto, e vidi in alcuni altri il pianto della povertà del pianto i quali quantunque abbiano il pianto dentro per lo molto dolore, così sono afflitti, parendo loro essere vili ed abbandonati, quasi non avessero dolore e pianto, però che non aveano le lagrime, e per questa buona e bella ignoranza permangono non predabili; e questi son quelli, de' quali si dice, che 'l Signore gli savi fa diventare ciechi, però che spesse frate il dono delle lagrime quelli che sono voti di virtudi, suole levare in superbia, e però ad alcuni non è dato, acciò che per privazione di questo dono affligano sè medesimi con sospiri e con dolori e con tristizia mentale, e per la profonda conturbazione ed estenuazione della povertà del pianto siano angosciati; le quali cose adempiono il luogo delle lagrime sanza pericolo di vanagloria, quantunque eglino queste cose debbiano reputare neente a rispetto delle lagrime.

Se noi attenderemo a noi medesimi, troveremo una amara derisione che le demonia fanno a noi, che quando saremo sazii e pieni di cibi, a quell'ora ci fanno diventare compunti e devoti e lagrimanti, e quando digiuniamo, ci fanno avere il cuore indevoto e duro, acciò che noi essendo ingannati per quelle non legittime lagrime, diamo per quelle noi medesimi a seguitare la gola, la quale è madre d'ogni vizio, imperò non si conviene d'obbedire a questi inganni, anzi si conviene fare il contrario; ed io conoscendo la virtù della compunzione, stupisco del predetto inganno, però che 'l pianto e la vera tristizia contengano in sè gaudio e letizia spirituale, quasi uno fiale di mele, e questo dobiamo conoscere che questa verace compunzione è propio uno dono di Dio, però che quando questa compunzione è nell'anima, non c'è se non delettazione spirituale, consolando Iddio segretamente coloro che son contriti di cuore.

Per cagione del pianto manifestamente efficacissimo e del fruttifero ed utile dolore, udiamo una storia utile all'anima, la quale storia è molto mirabile.

Uno chiamato Stefano, il quale abitoe in questo luogo di questo monte Sinai, amando la tranquillità e la solitaria vita e la quiete della remozione, essendo stato molti tempi a combattere nella conversazione monastica ben contrito, essendo ornato massimamente di digiuni e di lagrime e di molti altri beni, questi ebbe la cella alla discesa di Santo Elia, contemplatore di Dio in questo santo monte.

Questi per intenzione di fare più efficace e più dolorosa penitenzia, prese uno luogo di anacoriti, il quale è chiamato Sidim; ed essendo stato in quel luogo in penitenzia fortissima, però che il luogo era sanza consolazione, che quasi non vi si potea andare, remoto dal monasterio chiamato Castri quasi settanta miglia, essendo presso alla fine della vita sua, ritornò questo vecchio alla sua prima cella in questo santo monte, e aveva due discepoli di Palestina di molta religiosa vita, i quali avevano guardia della sua prima cella, e stando pochi dì, infermoe, della quale infermità mori; ed un dì innanzi che morisse, fu rana la mente sua, e tenendo gli occhi aperti, quando si volgea dalla parte ritta del letto, e quando dalla sinistra, a rendere ragione a quelli che lo esaminavano, e parlava.

Udendolo tutti noi ch'eravamo quivi presenti, ma non udendo quegli a cui rispondea, alcuna volta dicea: « Cosi è verità, ma io me ne confessai, e digiunai cotanto tempo per questo »; alcuna fiata dicea: « Non è vero, voi mentite, questo non feci »; alcuna fiata dicea così: « E vero, ma io piansi e patinne cotanta fatica »; alcuna fiata dicea: « Veramente m'accusate e calognate »; ed era alcuna fiata che dicea: « Così è e non so ch'io mi dica; in Dio è la misericordia ».

Ed era quello invisibile ed irremissibile esecutorio della ragione, che a lui si ricercava orribile e tenibile; e cosa più terribile e spaventosa, che l'accusavano e domandavano di quelle cose, di che era ignorante e che non avea fatte; a che era condotto quello quieto anacorita, il quale di alcune offensioni dicea: « Non ó ch'io vi dica, e non so »; ed essendo stato quasi quarant'anni monaco, ed avendo avuto dono di lagrime, era condotto a questa stretta: Veh! Veh! cioè guai, guai.

Ove era la parola del profeta Ezechiel, che dicea a quelli esecutori: In qualunque dì il peccatore sarà convertito a penitenzia, non mi ricorderò di tutte le sue iniquità, dice Iddio?

E quell'altra parola: In quello stato ch'io ti troverò, in quello ti giudicherò, dice Iddio?

Niuna di queste cotali parole potea rispondere in sua escusazione, della qual cosa abbiane gloria Iddio, il quale solo questa cosa conosce.

Alcuni frati, li quali non mentirebbono, narravano a me di questo infermo, che colla sua mano pascea il leopardo, il quale andava a lui nel deserto; e questo così grande nel render della ragione si partì dal corpo, non lasciando a noi certezza in che fosse terminato, o qual sentenzia o giudicio avesse ricevuto.

Come la vedova e la femina che non ae marito, ma ae uno figliuolo solo, questo suo solo figliuolo dopo Iddio tiene per sua consolazione, così l'anima caduta ne' peccati al tempo della morte non ae simile consolazione a quella dell'astinenzia e delle lagrime.

Questi caduti piagnitori nel canto della ecclesia e nelle laude non cercano di ricevere in sè melodia nè giubilo, però che la melodia e 'l giubilo ànno questa natura d'esterminare il pianto; e se tu per queste cose cerchi di trovare il pianto, la sua operazione e la sua misericordia anco sta di lunge da te, però che 'l pianto è uno dolore, il quale infocatamente ae compresa l'anima. Lo pianto è fatto in molti precursore della beata impassibilitade, andando innanzi, ed espiantando e scopando e consumando la selva de' vizii; onde narroe a me uno probato operatore di questo bene del pianto, e disse così: « Quando alcuna fiata io fossi stato impugnato di opera di vanagloria o d'ira o di gola, incontanente l'operazione del pianto chiamava dentro, e protestava dicendo: « Non ti vanagloriare, imperò ch'io mi partirò da te »; così facea d'ogni altro vizio o passione; ed io dicea a lui: « Giammai non ti sarò inobediente, insino a tanto che tu mi rappresenti a Cristo ».

Lo abisso del pianto, cioè il pianto profondo non superficiale, vide la consolazione, ma la mondizia del cuore ricevette la illuminazione.

La illuminazione è una segreta operazione incognoscibilmente cognosciuta ed invisibilmente veduta; la consolazione è una refrigerazione nel dolore dell'anima, a modo del parvolo, il quale piangendo con singhiozzi, insieme col pianto chiaramente sorride.

La opitulazione è una recreazione e una renovazione dell'anima, la quale per la tristizia è caduta a fondo, per la quale recreazione ed opitulazione l'anima è maravigliosamente transformata dal doloroso spargimento delle lagrime nello spargimento delle lagrime non doloroso.

Lo spargimento delle lagrime partode il timore, e del timore procedendo la sicurtà, appairette il gaudio, e del continuo gaudio procedette il fiore della santa carità.

Cessa e discaccia da te come indegno colla mano della umilità il gaudio peregrino non conosciuto da te, però che se tu fossi molto leggiere a riceverlo, forse die riceveresti il lupo, credendo ricevere il pastore.

Non correre innanzi alla contemplazione nel tempo della non contemplazione, acciò ch'ella si giunga con teco, correndo e seguitando la bellezza della tua umilità, e sia poi congiunta teco in saeculum saeculi nelle castissime nozze.

Il fanciullo picciolo, quando prima cognosce 'l padre, tutto si riempie di gaudio, ma quando il padre per dispensazione sottrae la presenzia sua per alcun tempo da lui, e poi ritorna, allora il parvolo si riempie di gaudio e di tristizia; di gaudio, però che vede colui che à desiderato, di tristizia però che teme che un'altra volta non si diparta da lui, e per la privazione della buona bellezza per tanto tempo.

La madre si nasconde al suo figliuolo parvolo, ed allegrasi vedendo che 'l parvolo con dolore e con lamento la va cercando, per la qual cosa il fanciullo impara di non partirsi nè dilungarsi neente dalla sua madre; ed ancora per questa cosa l'affetto del parvolo s'infiamma d'amore verso la madre.

Chi à orecchie da udire, oda, dice il Signore.

Quegli che è sentenziato e condennato, non si cura di risguardare alle cose belle, le quali sono poste per mostra, acciò che le sguardi la gente; e quegli che sta in lamento ed in pianto efficace, non intenderà a delizie nè ad onore nè ad ira nè a indegnazione, imperò che 'l pianto è una tristizia fitta nell'anima del penitente e compresa con essa, la quale ogni di accresce tristizia sopra tristizia, e dolore sopra dolore, quasi di femina che partorisce, alla quale incresce di partorire.

Lo giusto e santo Signore colui che ragionevolmente lo stato della quiete solitaria mantiene, ragionevolmente il fa essere compunto; e quegli che mantiene lo stato della subiezione come si conviene, continuamente lo letifica e fallo stare in delizie; ma qualunque di questi due stati serva l'uomo con negligenzia, del pianto sarà privato.

Discaccia da te quello come demonio, lo quale viene a te nel profondissimo pianto, e vuoiti fare credere che Dio non abbia compassione nè pleiade; che se ben ti poni a mente, tu troverai che questo demonio innanzi al peccato ti predicava, che Dio era benigno e passionevole e perdonatore.

La esercitazione del cuore nell'opere virtuose genera frequenzia ed insistenzia, la insistenzia finisce in sentimento.

Quegli che è condotto a sentimento, ed è qualificato e confetto e compreso colla mente, è malagevole a tor via.

Pognamo che noi abiamo alcune alte e grandi conversazioni ed operazioni: se noi non abiamo il cuore compunto e contrito, reputiamo quelle operazioni non essere legittime, però che quelli che dopo il battesimo si sono sozzati, abisognano che col fuoco continuo del cuore per la misericordia di Dio lavino le mani loro dalla contaminazione della pece.

Io vidi in alcuni molto e sopra molto esterminato pianto, i quali per la grande copia del pianto e del fedito cuore vidi che sensibilmente gittavano il sangue per la bocca, e ricorda'mi del profeta che dice: Io sono percosso come il fieno, ed oe seccato il cuore mio.

Le lagrime che procedono dal timore, ànno in sè medesime la guardia, che non si possono perdere dalla vanagloria, e questa guardia è il timore; ma quelle lagrime che procedono dalla caritade, innanzi la perfetta carità lievemente possono essere rubate ad alcuna anima, se al postutto il fuoco beato non ae acceso il cuore nel tempo della efficace orazione; ed è cosa mirabile, come la cosa minore è più certa nel tempo suo che la maggiore.

Sono alcune materie, che seccano le fonti nostre, e sono alcune materie, le' quali nelle nostre fonti generano loto e vermini.

Per le prime materie Lotto diventò prevaricatore colle sue figliuole, per le seconde il demonio cadde da cielo.

Molta potenzia è apo li nostri nimici, che le madri delle virtù fanno occasionevolmente diventare madri delle malizie, e quelle cose che debbono conducere umilità, fanno diventare conducitrici di superbia.

Le mansioni e le luogora delle nostre abitazioni e l'aspetto loro ànno usato spesse fiate e ànno natura di conducere la mente e lo 'ntelletto nostro a compunzione e devozione, imperò Gesù Cristo, Elia e Jovanni Battista elessero luogora diserte per orare o per dimorare, quando voleano attendere a sè medesimi, per dare a noi esempio di questa cosa.

Vidi molte fiate uomini, i quali dentro infra le cittadi e ne' romori delle genti aveano le lagrime palesemente; e questo è inganno che fa il demonio a questo intendimento, acciò che pensando noi, che stare infra le genti non ci possa nuocere, amiamo di stare infra 'l mondo e d'approssimarci a lui; ed essendo, mescolati infra le genti del mondo, siamo poi contaminati dalli modi e dalle opere loro.

Una parola mondana spesse fiate discioglie il pianto dell'anima, ed è miracolo se per una parola spirituale si racquista.

O amici, nel tempo del partimento dell'anima non saremo incolpati, e non ci fia richiesta ragione, perché noi non abbiamo fatti miracoli, e perché non abbiamo fatti parlamenti di Dio, e perchè non siamo fatti contemplatori, ma al postutto, renderemo ragione a Dio, se non aremo fatta penitenzia, e se non saremo stati umili, e se non aremo pianto continuamente li nostri peccati.

O tu, che se' fatto degno di salire a questo grado, aiuta me, però che tu ài già ricevuto l'aiutorio, lavando per lo pianto le contaminazioni e le macchie di questo secolo.

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