La Scala del Paradiso

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Grado XXIII

Della superbia acefala, cioè sanza capo

La superbia è negazione di Dio;

la superbia è uno trovamento delle demonia, però ch'elleno la cominciarono;

la superbia è disprezzamento degli uomini,

la superbia è madre del condennare e giudicare,

la superbia è figliuola della laude,

la superbia è segno di non far frutto

la superbia è discacciamento dell'aiutorio di Dio;

la superbia è precursore del perdimento della mente e della stoltizia;

la superbia è operatrice delle ruine e de' cadimenti,

la superbia è cagione de' difetti,

la superbia è fonte di furore,

la superbia è porta della ipocrisia,

la superbia è fermezza delle demonia,

la superbia è acquistamento e guardia dei peccati,

la superbia è conduttrice della crudelità;

la superbia è ignoranza di compassione,

la superbia è uno amaro inquisitore e ponitore di ragione de' fatti altrui;

la superbia è uno esattore e cognitore inumano e crudele;

la superbia è uno combattitore contradio a Dio;

la superbia è radice della bestemmia.

Lo principio della superbia è il fine della vanagloria, il mezzo è il disprezzamento del prossimo e manifestamente delle propie fatiche e sudori sanza vergogna, e cordiale amore della lauda ed odio di reprensione; la fine è negamento dello aiutorio di Dio, ed estollenza della propia sollicitudine e costume di demoniaco.

Tutti noi che volemo fuggire di non cadere in questa fossa, udiamo come questa passione spesse fiate ama di ricevere nutricamento dallo rendere la grazia a Dio, però che dal principio non à tanta irriverenzia, che ammonisca di negare Iddio.

Vidi alcuno che colla bocca ringraziava Iddio, e col cuore magnificava sè medesimo e levavasi in alto per la propia prudenzia, e di questa cosa fa testimonianza quel fariseo che dicea: Grazie ti rendo, Iddio, secondo ch'è scritto nel Vangelio.

Là ove è venuta la roina e 'l cadimento, ivi prima la superbia avea ficcato il padiglione, ma la seconda è diminuzione della prima, però che la ruina è menomamento della superbia.

Io udii dire a uno, il quale è degno d'essere ricordato ed onorato, questa parola: « Se fossone dodici le passioni della ignominia, cioè li vizii capitali, ed una sola di quelle sia messa in cuore, cioè la superbia, essa riempie il luogo di tutti gli altri undici ».

Il monaco coll'alto sapere e superbo, contradice fortemente al suo comandatore, ma il monaco umile non sa contradire, però che come lo cipresso si disdegna di giacere in terra, però che vuole ire pure in alti, così lo monaco superbo si disdegna di possedere ubbidienzia.

L'uomo ch'è alto di cuore, desidera di principare e di soprastare, però che altrimenti non si potrebbe perdere al tutto, come ad esso si conviene, anzi non vuole.

Se alli superbi Iddio risiste, secondo che la santa Scrittura dice, adunque chi potrae a loro fare misericordia?

E se è immondo nel conspetto di Dio ogni uomo arrogante e superbo di cuore, secondo che la santa Scrittura dice, chi gli potrae mondare?

La correzione e la disciplina de' superbi è la ruina e 'l cadimento, lo stimolo loro è il demonio che gli pugne; ma quello che finalmente li seguita, è lo perdimento della mente e la pazzia; e delle prime cose, cioè ruina e cadimento, gli uomini spesse fiate sono curati dagli uomini, ma l'ultimo è insanabile dagli uomini.

Quegli che caccia da sè la reprensione, significa che abbia questa passione della superbia; ma quegli che corre alla reprensione questi si scioglie dalli rei legami.

Se sanza niuna altra passione per questa sola alcuno cadde da cielo, da cercare è se per sola umilitade fosse possibile che alcuno salisse in cielo.

La superbia è perdizione delle ricchezze e de' sudori.

Dice il santo profeta d'alcuni: Chiamarono a Dio, ed Iddio nolli esaudì, però che la cagione della colpa, contra alla quale chiamavano, non mozzarono da sè.

Uno antico frate, pieno di scienzia e di conoscimento, ammonì uno frate superbo per carità che lasciasse la superbia, e quello essendo acciecato, rispuose così: « Perdonami, padre, ch'io non son superbo »; e quello sapientissimo frate rispuose e disse: « Quale probazione ne potresti tu, figlio, dare della superbia tua maggiore che questa, dicendo: Non sono superbo? »

A questi cotali si conviene al postutto l'obedienzia e la subiezione stretta, e lo stato vile di vergogna e non d'onore, e la lezione delle diritture e delle perfezioni de' santi padri, gli quali furono sopra natura; forse che in questo modo s'arebbe alcuna picciola speranza della salute della loro infermità.

Confusione è all'uomo di levarsi in alto dell'ornamento altrui, e grandissima insipienzia è di fantasticare sopra le grazie di Dio.

Tutte le perfezioni delle grazie che avesti innanzi che fossi generato, di quelle sole ti leva, però che quelle che ài avute dopo la generazione, t'à donate Iddio, come Egli ti donò la generazione, tutte le virtù che ài acquistate sanza la mente, queste solo sono tue, però che la mente ti donò Dio; tutte le vittorie che tu ài avute delle battaglie sanza il corpo, tutte queste sole sono fatte per tue sollicitudini, però che 'l corpo non è tuo, ma è fattura di Dio.

Non ti confidare di stare bene, infino a tanto che abbi ricevuta la sentenzia, vedendo colui, del quale dice il santo Vangelio, che poi che fu chiamato e posto a sedere alle nozze, gli furono legate le mani e li piedi, e gittato nelle tenebre.

Non volere essere arrogante e tenerti alcuna cosa, essendo di terra, però che molti ne furono gittati da cielo, essendo immateriali e santi, per l'arroganza e per volersi tenere alcuna cosa.

Quando lo demonio prende luogo negli operatori suoi, allora apparendogli manifestamente per sogni o in visione o in figura d'alcuno santo angelo o martire, fa loro alcuna revelazione o gli dona alcuna grazia spirituale, acciò che essendo ingannati per le cose false, perfettamente faccia loro perdere il senno.

Se mille morti avessimo patite per Cristo, ancora non avremmo fatto cosa che s'agguagliasse a quello che egli fece per noi, però che più alta cosa è il sangue di Cristo, che lo sangue de' suoi servi ( dico secondo la dignità, non secondo la essenzia ).

Non cessiamo di cercare e d'esaminare noi medesimi, e di fare comparazione degli fatti nostri cogli fatti delli padri alluminati, che furono dinanzi da noi; e troveremo noi medesimi, che al postutto non entriamo ancora nella via della conversazione spirituale, ma stiamo ancora nello stato secolare.

Monaco propiamente è uno occhio non levato in superbia, cioè che si veggia essere alcuna cosa, ed è uno umile sguardo dell'anima ed uno sentimento del corpo non commosso;

monaco è detto quello, il quale fuggendo le demonia, da esso le provoca e conducete ad ira, come fa l'uomo agli cani e ad alcune altre bestie;

monaco è incessabile tristizia e passamente di questa vita;

monaco è quello che così è qualificato e compreso di virtù, come alcuno uomo possa essere preso da concupiscenza e dilettazioni viziose;

monaco è quello che à lume incessabile negli occhi del cuore;

monaco è uno abisso d'umilitade, la quale ogni spirito contrario abbatte ed affoga.

Lo enfiamento della mente fa dimenticare i peccati, ma la memoria di quelli conduce l'umilità.

La superbia è l'ultima penuria e povertà dell'anima, la quale s'imagina d'avere le ricchezze, ed istando in tenebre, arbitra e si pensa vedere lume, la quale non tanto che lasci ire e procedere l'anima innanzi, ma se l'anima avesse avuto alcuna cosa d'altezza di bene, a lunga la ne getta.

La superbia si è come la carne, nella quale è la nascenzia o la postema, la quale è di fuori colorita e bella, e dentro è piena di feccia e d'omeri fracidi.

Il monaco superbo non à bisogno di demonio, imperò ch'egli è fatto demonio ed impugnatore a sè medesimo.

Aliene e strane sono le tenebre dal lume, e lo superbo è alieno e fuori d'ogni virtù.

Nelli cuori de' superbi si fanno le parole della bestemmia, ma nell'anime degli umili si fanno da Dio le parole celestiali.

Il furo ae in odio il sole, e lo superbo disprezza e tiene a vile gli mansueti.

Molti delli superbi sono celati ( non so come ) a sè medesimi, pensando d'essere sanza vizio ed impassibili, ma al tempo della morte se n'avvedranno della loro povertà; quegli che è preso da questa superbia, non pregherà Iddio, però che è vana apo lui la salute degl'uomini.

Presi in alcuno luogo l'errore e lo 'ngannamento della superbia sanza capo, il quale andava remigando nel cuor mio sopra le spalle della propia madre, le quali io legai col legame della ubidienzia, e flagellandole col flagello della viltade, con tormenti l'esaminai, e fecimi dire ond'ell'erano entrate in me; ed elle essendo flagellate, dissono cosi: « Noi non avemo principio nè generatura, ma siamo principio e generatrici di tutte l'altre passioni; ma impugnaci non poco la contrizione del cuore sotto l'obedienzia generata, ma non sostegnamo che altri sopra di noi abbia principato, però che in cielo fumo fatte principanti, ed indi apostatammo.

Noi per dicerie in somma, siamo generatrici di tutte quelle cose, le quali contra l'umilità s'adoperano, e tutte quelle cose che sono aiutorio alla umilità, a noi sono per contrario opposte.

Noi vincemo in cielo, e dove potrai tu fuggire dalla faccia nostra?

Noi avemo natura di seguitare spesse fiate lo ricevimento delle vergogne, la obedienzia, la inirascibilità, lo dimenticamento delle ingiurie e lo fare de' servigi; le nostre figliuole sono le ruine e li cadimenti e l'ira e la detrazione, l'amaritudine e 'l furore, lo rancore e la bestemmia, la ipocrisia e l'odio e la invidia e la contradizione; la nostra regolazione è il piacimento della propia volontà, la impersuasibilità, cioè non ricevere ammonizione, nè volere attendere alle parole nè al consiglio altrui, e la inobedienzia.

Una cosa è, sopra la quale non ci potemo sforzare, e questo diciamo per lo flagello: se tu starai dinanzi da Dio vituperando ed incolpando te medesimo interamente, tu ci reputerai come uno ragnatelo.

Il cavallo della superbia, come tu vedi, è la vanagloria, sopra la quale sono cavalcata; ma la santa umilità, la quale incolpa e vitupera sè medesima, si farà derisione del cavallo e del cavaliere suo, e della vittoria canterà le laude e lo cantico dilettevole con melodia, dicendo: Cantiamo a Dio, però che gloriosamente è onorificato.

Il cavallo e l cavalcatore abbattè nel mare e nell'abisso della umilità ».

Quegli che à salito questo grado, è vincitore, se elio veramente poteo salire.

Delle inesplicabili cogitazioni della superbia

Abbiamo udito nelle sopradette parole, che della crudele radice e madre nasce la crudelissima figliuola, dico della contaminata superbia nasce la pessima figliuola bestemmia; però è cosa necessaria di produrcela in mezzo, cioè di parlare di quella, imperò che questo difetto non è cosa leggiere nè comune, ma sopra tutti gli altri è nimico ed impugnatore crudelissimo, e pertanto è più crudele, però che non si può leggiermente spiegare e confessare e manifestare al medico spirituale.

Per la qual cosa a molti spesse fiate ae generata ostinazione e desperazione questo immondo nemico, consumando tutta la loro speranza, come il vermine che è nascosto nel legno, che lo rode e consuma tutto.

Questo immondissimo ama di trovarsi nelle sante congregazioni, ed in quella timorosa ora, quando si debbono ricevere e vedere li santi misterii, parlare male di quelle cose sante che si trattano, e d'infamare lo Signore; per la qual cosa siamo amaestrati saviamente, che non è l'anima nostra quella che parla dentro da noi quelle parole ree e maligne, ma è lo demonio inimico di Dio, quegli che fu cacciato di cielo, però che ivi si pensò di biastemmiare Iddio.

Se quelle parole disconvenevoli e disoneste che si parlano dentro dall'anima, fossero empie, come io ricevendolo l'adorerei?

Come posso insieme maledicere e benedicere?

Questo ingannatore e corrompitore dell'anime molti spesse fiate n'à menati in pazzia ed impedimento di mente, imperciò che niun'altra cogitazione è così forte a confessare come questa, però con molti è stata invecchiata, però che nulla è, che tanta potenzia dia alle demonia ed alli vizii contra noi, quanto che non confessarle e nasconderle nel cuore e notricarle.

Neuno reputi sè medesimo essere cagione delle cogitazioni della bestemmia, e non dubiti d'essere giudicato da Dio per esse, però che Dio è cognoscitore de' cuori, e sa bene che quelle parole non sono nostre nè per nostro senno, anzi sono delli nostri nimici; ma quelli che ànno data la cagione a queste bestemmie per la loro superbia, saranno puniti della cagione che diedero, e siccome lo 'nebriarsi è cagione di cadere, così lo levarsi in superbia è cagione delle sconvenevoli cogitazioni.

Neuno cade volontariamente, e però non è punito del cadere, ma al postutto sarà punito dello inebriare.

Quando noi stiamo in orazione, allora quelle immonde e pessime cogitazioni levano il capo in noi, e compiuta l'orazione, incontanente si partono, però che queste demonia non sono usate di combattere se non con quelli che repugnano a essi, e non solamente bestemmiano Iddio e tutte le cose sue, ma immettono in noi parole laidissime e immonde e sconvenevoli, acciò che lasciamo l'orazione, noi ci desperiamo di noi medesimi; onde alcuni per questo modo fece cessare dalla orazione e da ricevere le sante sacramenta, e ad alcuni fece questo demonio consumare le corpora per la molta tristizia.

Alcuni altri questo maligno e crudele tiranno per molto digiuno macerò in tanto, che non gli permise avere neuno riposo, non solamente a persone mondane, ma a persone religiose fece questo, facendo loro vedere che già mai non si poteano salvare, e che erano più miserabili che tutti li pagani o infedeli.

Quegli che vuole essere liberato dallo spirito della bestemmia, essendo d'esso impugnato, cognosca diligentemente che l'anima sua non è cagione di quelle cotali cogitazioni, ma ene cagione lo maligno demonio, quegli che disse a Gesù Cristo: Tutte queste cose ti darò, se tu cadi e adorerà mi; e imperò noi disprezzandolo, ed avendo per neente le sue parole, diciamo a lui: Va adietro, Satanas; io adorerò lo mio Iddio e a lui solo servirò, ma la tua malizia si rivolterà sopra il capo tuo, e la tua bestemmia discenderà teco nell'Inferno in saecula saeculorum.

Quegli che altrimenti vuole combattere contra il demonio della bestemmia, è simile a colui che pensa di tenere la corruscazione colle mani, cioè il baleno; come lo potrà prendere e ligare e combattere, come quello che subitamente viene in cuore, e così si parte ed ae minore stabilità che la parola?

Tutti li combattitori stanno e combattono e dimorano ed ànno vicenda di tempo contro allo avversario; ma questi insiememente come apparisce, così si parte, e come ae parlato, così passa via.

Spesse fiate questo demonio ama di dimorare nelle menti di quelli che sono più semplici, però che questi di questa cosa si conturbano più che gli altri, ne' quali dicemo che non aviene questo dalla loro superbia le più volte, ma aviene dalla invidia del demonio.

Cessiamo di giudicare e di condennare il prossimo, e non temeremo le cogitazioni della bestemmia, però che 'l primo è cagione del secondo.

Come l'uomo che sta rinchiuso in casa, ode le parole di quelli che passano per la via, non parlando con essi, così l'anima ode le parole della bestemmia, le quali parla lo demonio che passa da essa, e turbasi pensando che siano sue parole.

Quegli che questo disprezza, conoscendo che questa non è sua opera, è liberato da questa passione; ma quegli che vuole stare a combattere con esso, infine ci verrà meno, però che quegli che vuole tenere lo spirito che non parli, è simile a colui che vuole legare e rinchiudere le ventora.

Uno monaco molto sollecito essendo molestato da questo demonio venti anni, crucioe ed afflisse la carne sua con digiuni e vigilie, e non sentendone per questo niuna utilità, scrisse in una carta questa sua passione, ed andone ad uno santo uomo, e gittandosi in terra dinanzi a lui, dielli questa carta scritta, ed egli per la grande vergogna non era ardito di levare il capo e ragguardallo in faccia; e quegli avendo letta quella carta, sorrise, e levando suso quello frate, disse a lui: « Figliuolo, poni la mano tua sopra il collo mio »; e facendolo quel frate, disse quel santo: « Sopra il collo mio sia, fratello, tutto lo tuo peccato, ed ogni cosa che à fatto e farà in te, solo questo fa tu, che tu te ne curi neente ».

Ed affermava quel frate, che innanzi che uscisse di quella cella di quel santo uomo, quello vizio fu esterminato, che non ci apparette più in esso; e quegli che ebbe questa esperienza, sì lo narrò a me, rendendone grazie a Dio.

Quegli che à salito questo grado, è vincitore, se egli veramente l'à potuto salire.

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