Summa Teologica - I-II

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II - Per un trattato tomistico degli atti umani

3 - Fin dalla Prima Parte abbiamo fatto notare , che la struttura dei vari trattati nella Somma Teologica è necessariamente condizionata alla sintesi generale.

Cosicché la completezza di ciascuna di essi viene necessariamente a mancare.

Volendo dare al trattato degli atti umani la sua naturale integrità, dovremmo necessariamente inserirlo nel De homine.

Altrimenti saremmo costretti a farlo precedere da una morale fondamentale, così come è stata concepita dal manuale del Mausbach-Ermecke, Teologia Morale, I, La morale generale, Alba, 1957, pp. 17-40.

S. Antonino Pierozzi [ 1389-1459 ], il quale fu uno dei primi e dei più fortunati autori di Somme morali, aveva già pensato a soddisfare codesta esigenza, iniziando l' impresa con un buon trattato De anima, in cui trovano posto gli atti umani, immediatamente dopo le rispettive facoltà o potenze.

S. Tommaso presuppone che il lettore della sua Somma Teologica non abbia dimenticato il luogo che egli avrebbe desiderato assegnare agli atti relativi alla volontà, nel suo trattato De homine.

Nel prologo della q. 84 ( Prima Parte ) abbiamo letto: « Passiamo ora a studiare le operazioni dell'anima, spettanti alle sole potenze intellettive e appetitive; poichè le altre facoltà non ricadono direttamente nel campo della teologia.

Gli atti poi della parte appetitiva appartengono alla scienza morale; perciò ne tratteremo nella Seconda Parte di quest'opera, in cui ci occuperemo ditale scienza » ( cfr. vol. VI, p. 16 ).

Il disegno generale dell'Opera ha portato così allo smembramento del trattato sugli atti umani.

Da una parte sono rimasti gli atti dell'intelletto, dall'altra sono andati a finire quelli della volontà.

Per essere esatti, alcuni brandelli della prima categoria sono stati aggregati alla seconda; mentre qualche elemento della seconda era già stato anticipato dalla Prima Parte.

4 - Volendo ricomporre il quadro esatto di tutte le nostre funzioni psicologiche secondo il pensiero dell'Aquinate, dobbiamo sottolineare la sua opera di semplificazione a proposito delle facoltà.

Non pochi scolastici suoi contemporanei ammettevano l'esistenza di più facoltà di ordine intellettivo: intelletto speculativo, intelletto pratico, ragione superiore, ragione inferiore, mente, memoria, sinderesi, coscienza, intelligenza, memoria intellettiva.

Un vero esercito di potenze.

S. Tommaso comprese che si trattava di una sola potenza, sotto varie funzioni e denominazioni.

Qualche cosa di simile era avvenuto anche per la volontà.

Molti sdoppiavano il volere, distinguendo in esso come facoltà a sè stante il libero arbitrio.

L'Aquinate, come abbiamo visto ( I, q. 83, a. 2 ), ridusse quest'ultimo ad un semplice atto, col quale talora si usa denominare la stessa facoltà volitiva.

Riducendo il numero delle potenze, si veniva così a ingrossare, materialmente almeno, il numero degli atti, in modo particolare di quelli intellettivi.

Ma considerando le cose nella loro struttura essenziale, S. Tommaso riduce la moIteplicità di questi atti alle tre funzioni della semplice apprensione, del giudizio e del raziocinio ( cfr. I, q. 85, a. 5; in 1 Post. Analyt., proem., n. 4 ).

- Nessun dubbio può sussistere sull'adesione dell'Aquinate a codesta semplificazione aristotelica.

Se mai si può rimanere esitanti sul valore che egli intende attribuire ai procedimenti e alle funzioni, descritte da autori di altro orientamento e di altra scuola.

Dal Damasceno, p. es., egli ha accettato la serie di sei atti, che descrivono il moto intellettivo dalla prima apprensione alla parola esterna: Intelligentia, intentio, excogitatio, phronesis o sapientia, sermo interior, sermo exterior ( cfr. I, q. 79, a. 10 ad 3 ).

Ma si tratta di atti realmente distinti dai tre atti intellettivi aristotelici?

E più probabile che si tratti di funzioni e atteggiamenti psicologici, che abbracciano per lo più un insieme di atti fondamentali, cioè di apprensioni, di giudizi e di raziocini.

La stessa cosa va detta a proposito delle complesse funzioni della sinderesi, della coscienza, della reminiscenza, dell'assenso, della dubitatio, del consiglio e dell' imperium, ecc. In questo momento, però, a noi non interessano tanto le funzioni intellettive, quanto piuttosto quelle volitive.

Ma era necessario enumerare anche quelle, per la connessione innegabile tra le due serie di atti e di funzioni.

5 - I manuali moderni sono soliti presentare lo schema completo « di dodici atti parziali, sia dell'intelletto, sia della volontà, i quali concorrono all' integrità dell'atto umano » ( LEHU, op. cit., p. 61 ).

Facciamo lo stesso anche noi, per comodità dei nostri lettori.

Riguardanti il fine

Atti dell' intelletto pratico.

1°) Semplice apprensione del fine ( I-II, q. 9, a. 1 ).

3°) Giudizio che presenta il fine come assequibile ( 2 Sent., d. 38, q. 1. a. 3; I-II, q. 12. a. 1, ad 1, 3 ).

Atti della volontà.

2°) Semplice volizione del fine ( I-II, q. 8, a. 2 ).

4°) Intenzione del fine ( I-II, q. 12; q. 19, a. 7 ss. ),

Atti riguardanti i mezzi

5°) Consiglio ( I-II, q. 14 ).

7°) Giudizio discretivo pratico ( I-II, q. 13, a. 3; q. 14, a. 6; 3 Ethic., lect. 9 ).

9°) Imperium, o comando ( I-II, q. 17 ).

6°) Consenso ( I-II, q. 15 ).

8°) Elezione ( I-II, q. 13 ).

10°) Uso attivo del volere ( I-II, q. 16 ).

Conseguimento del fine

11°) Uso passivo delle facoltà esecutive ( I-II, q. 16, a. 1 ).

12°) Fruizione ( I-II, q. 16, a. 2 ).

( I numeri ordinati Indicano chiaramente la successione di codesti atti )

6 - Da notare che S. Tommaso non ha mai presentato codesto schema completo; ma ha parlato di questa o di quella funzione più complessa, in cui sono convogliati, o presupposti, fino a quattro o cinque degli atti descritti.

- I tomisti stessi non sono perfettamente d'accordo sulla struttura dell'elenco.

Il Gaetano, p. es., ricava i dodici atti, scomodando due volte sole l'intelletto: apprehensio finis, volurttas, imperfecta truitio finis, intentio, usus consilii, consilium, consensus, electio, imperium, usus, executio, fruitio perfecta ( cfr. In I-II, q. 16, a. 4 ).

Per il Gaetano codesto ordine è « in rapporto a un unico oggetto» ( ibid. ).

Per il P. R. Garrigou-Lagrange O. P. lo schema indicato ci dà « la successione degli atti che concorrono alla deliberazione e all'esecuzione di un qualche proposito » ( cfr. De Revelatione, Roma, 1932, p. 284 ).

Per il P. O. Gredt abbiamo qui la descrizione del « processo completo dell'atto deliberato » ( Elementa philosophiae, Friburgo Bris., 1926, n. 600 ).

Si è creata così la convinzione che per S. Tommaso ogni atto completo deliberato debba subire ben dodici fasi preparatorie, e cioè dodici atti parziali, suddivisi tra intelletto e volontà.

Leggendo il testo della Somma abbiamo però la netta impressione che qui la sistematica dei discepoli ha forzato la mano del maestro.

Essi sono troppo preoccupati di raccogliere quello che il maestro ha dislocato in ordine sparso, con criteri non sempre perspicui.

Per procedere all'impresa ci voleva un elemento unitario: e si è fatto forza sull'oggetto.

Ma può trattarsi di un qualsiasi oggetto, che interessi la deliberazione della volontà?

La risposta affermativa a codesto quesito compromette, a nostro modo di vedere, l'esatta comprensione del pensiero dell'Aquinate.

7 - Bisogna ricordare che il primo tentativo di descrivere le fasi successive dèl processo volitivo si deve a S. Giovanni Damasceno.

Ora, secondo i teologi del secolo XIII, quale significato poteva avere codesta descrizione?

Per S. Alberto Magno, « Damascenus ponit omnes actus rationis qui sunt ad consecutionem ultimi voliti, sive sint rationis in se, sive sint aliarum potentiarum per imperium rationis » ( Summa de Creaturis, II, q. 69, a. 2 ).

Se ci mettiamo da questo punto di vista, gli atti di cui si parla non sono ordinariamente le fasi parziali di un unico atto di volontà, bensì le varie e distinte funzioni psicologiche, complementari o a sè stanti, per giungere al fine desiderato attraverso l'uso dei mezzi occorrenti.

E vero infatti che la volizione del mezzo, in quanto mezzo ordinato al fine, implica la volizione del fine stesso; ma non è affatto vero il contrario ( cfr. I-II, q. 8, a. 3 ad 2 ).

Si noti inoltre che non è neppure possibile fissare un oggetto Unico alle suddette funzioni; poichè alcuni atti hanno per oggetto il fine, altri i mezzi.

Non si vede, poi, come la pluralità degli oggetti cui si riferisce il consiglio possa conciliarsi con l'oggetto unico dell'intenzione, o della elezione.

Del resto chi potrebbe difendere l'unità psicologica di un atto, emesso da facoltà distinte?

Ma non è necessario insistere; poichè gli stessi manualisti con i loro esempi correggono efficacemente l' inesattezza dei loro enunciati.

I dodici atti si riferiscono quindi alle varie funzioni e ai vari atteggiamenti psicologici di un uomo, il quale dalla volizione di un fine, raggiungibile attraverso una pluralità di mezzi, si orienta e si conduce al perfetto conseguimento di esso.

- Quando invece S. Tommaso parla di atti che si presuppongono, o che si implicano vicendevolmente, per lo più si ferma a descrivere le fasi o gli aspetti complementari di un unico atto morale ( cfr. I-II , q. 8, a. 2 ad 2; q. 17, a. 4; q. 20, a. 3 ).

Ma in codesti casi non è in giuoco tutta la gamma dei dodici atti, e non si tratta di vera unità psicologica.

Spesso si tratta di aggruppamenti occasionali, o di concrete identificazioni, per entità psicologiche le quali possono anche essere atti ben distinti nel tempo e nello spazio ( cfr. q. 17, a. 3 ).

Probabilmente S. Tommaso non ha voluto darci lo schema suddetto, proprio perchè si tratta di un complesso di funzioni dalla struttura cangiante ed eterogenea.

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