Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se gli angeli e gli uomini nel loro stato primitivo avessero la fede

I, q. 95, a. 3; In 2 Sent., d. 29, q. 1, a. 3; De Verit., q. 18, a. 3

Pare che gli angeli e gli uomini nel loro stato primitivo non avessero la fede.

Infatti:

1. Ugo di S. Vittore [ De sacram. 1,10,2 ] ha scritto: « L'uomo è incapace di vedere Dio e le cose che sono in Dio perché gli manca l'occhio della contemplazione ».

Ma l'angelo, nel suo stato primitivo, cioè prima della confermazione o della caduta, aveva l'occhio della contemplazione: poiché, stando a S. Agostino [ De Gen. ad litt. 2,8.16 ], vedeva le cose nel Verbo.

Parimenti l'uomo nello stato di innocenza pare che avesse l'occhio della contemplazione: infatti Ugo di S. Vittore [ De sacram. 1,6,14 ] insegna che nello stato primitivo « l'uomo conosceva il suo Creatore non con la conoscenza che si ha in base all'ascoltare soltanto dall'esterno, ma con quella che è fornita dalla contemplazione: cioè non con la conoscenza con cui adesso i credenti cercano Dio da lontano mediante la fede, ma con una conoscenza che lo faceva scorgere presente mediante la contemplazione ».

Quindi l'uomo e l'angelo nel loro stato primitivo non avevano la fede.

2. La conoscenza della fede è enigmatica e oscura, come afferma S. Paolo [ 1 Cor 13,12 ]: « Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa ».

Ma nello stato primitivo non c'era alcuna oscurità né per gli uomini né per gli angeli: poiché le tenebre sono un castigo del peccato.

Quindi nello stato primitivo non ci poteva essere la fede negli uomini, e neppure negli angeli.

3. L'Apostolo [ Rm 10,7 ] ha scritto che la fede « viene dall'ascoltare ».

Ma nello stato primitivo dell'angelo o dell'uomo ciò non si poteva verificare: poiché nessuno aveva parlato.

Quindi allora sia negli angeli che negli uomini non ci poteva essere la fede.

In contrario:

L'Apostolo [ Eb 11,6 ] insegna: « Chi si accosta a Dio deve credere ».

Ora, gli angeli e gli uomini nello stato primitivo erano in condizione di doversi accostare a Dio.

Quindi avevano bisogno della fede.

Dimostrazione:

Alcuni affermano che sia negli angeli prima della confermazione o della caduta, sia negli uomini prima del peccato, non c'era la fede, a motivo della chiarezza della contemplazione che essi avevano delle cose divine.

Siccome però la fede, secondo l'Apostolo [ Eb 11,1 ], è « prova delle cose che non si vedono », e secondo S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 40 e 79 ] « con la fede si credono le cose che non appaiono », la ragione formale di essa è incompatibile solo con quella chiarezza che rende evidente o visibile l'oggetto principale della fede stessa.

Ora, l'oggetto principale della fede è la prima verità, la cui visione, che segue alla fede, ci rende beati.

Siccome dunque gli angeli prima di essere confermati in grazia, e gli uomini prima del peccato, non avevano la beatitudine con cui si vede Dio per essenza, è evidente che non avevano una conoscenza così chiara da escludere la fede.

Quindi la mancanza della fede in essi ci sarebbe potuta essere solo per l'ignoranza di ciò che costituisce l'oggetto della fede.

E se gli uomini e gli angeli furono creati nello stato di natura pura, come dicono alcuni, forse si potrebbe ritenere che la fede sia stata assente negli angeli prima della loro confermazione in grazia, e negli uomini prima del peccato: poiché la conoscenza della fede trascende la conoscenza naturale di Dio, sia da parte dell'uomo che da parte degli angeli.

Siccome però già nella Prima Parte [ q. 62, a. 3; q. 95, a. 1 ] si è detto che gli uomini e gli angeli furono creati in grazia, dobbiamo concludere che la ricezione di questa grazia, non ancora consumata, dava ad essi un inizio della sperata beatitudine.

Ora questo inizio, che nel volere avviene mediante la speranza e la carità, nell'intelletto avviene mediante la fede, come si è visto [ q. 4, a. 7 ].

Perciò si deve affermare che prima della loro confermazione gli angeli avevano la fede, e così pure gli uomini prima del peccato.

Si deve però notare che nell'oggetto della fede c'è un elemento quasi formale, che è la prima verità, la quale trascende qualsiasi conoscenza naturale della creatura, e un elemento materiale, che è quanto accettiamo in conseguenza dell'adesione alla prima verità.

Ora, rispetto al primo elemento si ha la fede universalmente in tutti coloro che, nell'aderire alla prima verità, hanno una certa conoscenza di Dio senza il possesso della beatitudine.

Rispetto invece alle cose che sono oggetto materiale della fede, avveniva allora che certe verità credute da alcuni fossero oggetto di scienza per altri, come avviene anche adesso, secondo le spiegazioni date [ q. 1, a. 5 ].

E in base a ciò possiamo affermare che gli angeli prima della loro confermazione, e gli uomini prima del peccato, conoscevano chiaramente alcuni aspetti dei divini misteri che ora possiamo conoscere solo per fede.

Analisi delle obiezioni:

1. Sebbene le affermazioni di Ugo di S. Vittore siano semplicemente determinazioni magistrali, e non abbiano valore di autorità, possiamo tuttavia rispondere che la contemplazione capace di eliminare il bisogno di credere è la contemplazione della patria, in cui si vede per essenza la verità soprannaturale.

Ora, l'angelo prima di essere confermato in grazia e l'uomo prima del peccato non ebbero questa contemplazione; però la loro era una contemplazione superiore alla nostra, con la quale si accostavano a Dio più da vicino, e potevano conoscere più chiaramente di noi le operazioni e i misteri divini.

Per cui non avevano la fede con la quale noi ora cerchiamo Dio da lontano.

Infatti egli era più vicino ad essi di quanto lo sia a noi mediante la luce della sapienza; sebbene non fosse loro presente come lo è ai beati mediante la luce della gloria.

2. Nello stato primitivo degli angeli e degli uomini non c'erano le tenebre della colpa o della pena.

Tuttavia nel loro intelletto vi era una certa oscurità naturale, poiché ogni creatura è tenebra rispetto all'immensità della luce divina.

E basta questa oscurità a rendere possibile la fede.

3. Nello stato primitivo non si ascoltava un uomo che parla dall'esterno, ma Dio che ispira internamente; come ascoltavano anche i profeti, secondo il proposito del Salmista [ Sal 85,9 ]: « Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore ».

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