Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se anche nei beati si riscontri qualche grado di profezia

Supra, q. 173, a. 1; III, q. 7, a. 8; In 1 Cor., c. 13, lect. 3

Pare che anche nei beati si riscontri qualche grado di profezia.

Infatti:

1. Mosè, come si è detto [ a. 4 ], vide l'essenza divina.

E tuttavia egli è denominato profeta.

Quindi per lo stesso motivo anche i beati possono dirsi profeti.

2. La profezia è « una rivelazione divina » [ Cassiod., Exp. in Ps., Prol. ].

Ma le rivelazioni divine vengono fatte anche agli angeli beati.

Quindi anch'essi possono dirsi profeti.

3. Cristo fu comprensore fin dall'istante del suo concepimento.

E tuttavia egli ha affermato di essere un profeta quando disse [ Mt 13,57 ]: « Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria ».

Perciò anche i beati contemplanti possono dirsi profeti.

4. Di Samuele si legge [ Sir 46,20 ]: « Anche dal sepolcro levò ancora la voce, per allontanare in una profezia l'iniquità dal popolo ».

Quindi per lo stesso motivo possono denominarsi profeti dopo la morte anche gli altri santi.

In contrario:

S. Pietro [ 2 Pt 1,19 ] paragona « la parola dei profeti » a « una lampada che brilla in un luogo oscuro ».

Ora, nei beati non c'è alcuna oscurità.

Quindi essi non possono dirsi profeti.

Dimostrazione:

La profezia implica una visione in lontananza di verità soprannaturali.

Ora, questa lontananza può dipendere da due cose.

Primo, dalla conoscenza medesima: cioè perché la verità soprannaturale non è conosciuta in se stessa, ma nei suoi effetti.

E se viene a essere conosciuta mediante figure di realtà corporee è ancora più lontana che se venisse conosciuta mediante effetti di ordine intellettivo.

Ora, tale è soprattutto la visione profetica, che avviene attraverso immagini di realtà materiali.

- Secondo, la lontananza può dipendere direttamente dal conoscente, il quale non ha raggiunto la sua perfezione: poiché, come dice S. Paolo [ 2 Cor 5,6 ], « finché abitiamo nel corpo siamo in esilio, lontano dal Signore ».

Ora, in nessuno di questi due modi i beati sono lontani.

Quindi essi non possono dirsi profeti.

Analisi delle obiezioni:

1. Quella visione di Mosè avvenne nell'estasi e in maniera transitoria, non già in maniera permanente, come nei beati.

Per cui, pur vedendo, era lontano.

E così tale visione non perdeva del tutto il carattere di profezia.

2. Gli angeli ricevono la rivelazione divina non come esseri lontani, ma come spiriti totalmente uniti a Dio.

Perciò tale rivelazione non ha carattere di profezia.

3. Cristo era insieme comprensore e viatore.

Quindi non poteva dirsi profeta in quanto comprensore, ma solo in quanto viatore.

4. Samuele in quel tempo non aveva ancora raggiunto lo stato dei beati.

Se quindi per volontà di Dio la sua anima, grazie a una rivelazione divina, predisse a Saul l'esito della battaglia [ 1 Sam 28,8ss ], il fatto ha ancora carattere di profezia.

Non si può dire invece altrettanto dei Santi che sono già nella patria beata.

- Né fa obiezioni dire che ciò avvenne per arte diabolica.

Poiché sebbene i demoni non possano evocare l'anima di un santo, né obbligarla a compiere qualcosa, tuttavia può avvenire per virtù divina che, mentre si consulta il demonio, Dio stesso servendosi del suo messaggero enunzi la verità: come servendosi di Elia egli rispose la verità ai messaggeri inviati dal re per consultare il dio di Accaron [ 2 Re 1,2ss ].

Sebbene si possa anche rispondere che in quel caso non fu l'anima di Samuele ad apparire, ma un demonio che parlava a suo nome; e il Savio lo chiama Samuele, e dà al suo responso il nome di profezia, secondo l'opinione di Saul e dei presenti, che pensavano in tal modo.

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