Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se il tempo della risurrezione sia nascosto

Pare che il tempo della risurrezione non sia nascosto.

Infatti:

1. Se di una cosa si conosce con esattezza il principio, se ne può conoscere con esattezza anche la fine, poiché « ogni cosa è misurata dal tempo », come dice Aristotele [ De gen. et corr. 2,10 ].

Ora, noi conosciamo con precisione il principio del mondo.

Quindi ne possiamo conoscere con esattezza anche la fine.

Ma proprio allora ci sarà la risurrezione e il giudizio.

Quindi quel tempo non è nascosto.

2. È scritto nell'Apocalisse [ Ap 12,6 ] che « la donna », raffigurante la Chiesa, « ha un rifugio preparato da Dio perché vi sia nutrita per milleduecentosessanta giorni ».

E anche Daniele [ Dn 12,11s ] parla di un determinato numero di giorni, che vanno interpretati come anni, secondo le parole di Ezechiele [ Ez 4,6 ]: « Computando un giorno per un anno ».

Quindi partendo dalla Sacra Scrittura è facile conoscere con esattezza il tempo della fine del mondo e della risurrezione.

3. L'antico Testamento è figura del nuovo [ 1 Cor 10,6.11 ].

Ora, conoscendo noi con precisione quanto è durato l'antico Testamento, potremo anche sapere quanto durerà il nuovo.

Ma questo durerà sino alla fine del mondo, secondo le parole del Vangelo [ Mt 28,20 ]: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo ».

Possiamo dunque conoscere con precisione quando il mondo finirà e quando ci sarà la risurrezione.

In contrario:

1. Ciò che è ignorato dagli angeli è molto più occulto per gli uomini, poiché tutto ciò che l'uomo può comprendere con la forza della sua ragione lo comprendono meglio e con maggiore certezza gli angeli per naturale cognizione.

Inoltre le stesse rivelazioni destinate agli uomini vengono fatte solo per mezzo degli angeli, come spiega Dionigi [ De cael. hier. 4,2 ].

Ora, dal Vangelo di S. Matteo [ Mt 24,36 ] risulta che gli angeli ignorano quel tempo: « Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno lo sa, neppure gli angeli del cielo ».

Quindi neppure gli uomini.

2. Gli Apostoli furono più addentro ai misteri di Dio che non gli altri che li seguirono.

Infatti S. Paolo [ Rm 8,23 ] afferma che essi « ebbero le primizie dello Spirito », ossia, come spiega la Glossa [ interlin. ], « lo ebbero prima e con maggiore abbondanza degli altri ».

Ma proprio ad essi, che chiedevano spiegazioni intorno a questo argomento, fu risposto [ At 1,7 ]: « Non sta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato in suo potere ».

Quindi molto più la cosa rimane occulta per gli altri.

Dimostrazione:

Come insegna S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 58 ], « l'ultima età del genere umano, che va dalla venuta di Cristo sino alla fine del mondo, non si sa quante generazioni esattamente comprenda »: come anche per la vecchiaia, che è l'ultima età dell'uomo, non è stabilito un tempo determinato in proporzione alle altre età, potendo succedere che essa da sola « si prolunghi quanto tutte le altre insieme ».

E la ragione di questa ignoranza sta nel fatto che l'ampiezza del tempo futuro non può essere conosciuta che per rivelazione, o con la ragione naturale.

Ma il periodo di tempo che va sino alla risurrezione non può essere determinato con la ragione naturale: poiché la risurrezione, come si è detto [ a. 1 ], sarà concomitante alla cessazione del moto dei cieli, in base al quale con la ragione naturale si prevede il tempo di ciò che accadrà nel futuro.

Ora, dal moto dei cieli non è possibile prevedere la sua stessa fine, poiché essendo esso un moto circolare, potrebbe per sua natura durare in perpetuo [ Phys. 8,8 ].

Perciò con la ragione naturale non si può determinare il tempo che ci separa dalla risurrezione.

Ma non possiamo determinarlo neppure per mezzo della rivelazione, in modo che così tutti in ogni tempo siamo in attesa e pronti ad andare incontro a Cristo.

Per questo anche agli Apostoli che lo interrogavano su questo punto egli rispose [ At 1,7 ]: « Non sta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato in suo potere ».

« Con la quale risposta », scrive S. Agostino [ De civ. Dei 18,53 ], « il Signore ha fermato le dita di tutti coloro che fanno tali calcoli e li ha mandati a riposare ».

Ora, ciò che Cristo non volle rivelare agli Apostoli, che pure glielo chiedevano, non lo rivelerà ad altri.

E così tutti coloro che fino ad oggi si sono messi in capo di determinare quel tempo, sono risultati dei bugiardi.

Alcuni infatti, secondo la testimonianza di S. Agostino [ De civ. Dei 18,53 ], « stabilirono quattrocento anni dall'ascensione del Signore al suo ritorno, altri cinquecento, altri mille ».

Tutte falsità evidenti.

E similmente risulteranno falsi i calcoli di coloro che continuano a fare delle predizioni.

Analisi delle obiezioni:

1. Per conoscere la fine di una cosa di cui conosciamo l'inizio è necessario conoscerne la misura.

Se dunque conosciamo l'inizio di una cosa la cui durata è misurata dal moto dei cieli, noi possiamo conoscerne la fine poiché conosciamo tale moto.

Ma la misura della durata del moto del cielo dipende solo dalla volontà divina, che per noi è occulta.

Quindi, per quanto conosciamo il principio, non possiamo conoscere la fine.

2. I « milleduecentosessanta giorni » dell'Apocalisse stanno a significare tutto il tempo della durata della Chiesa, senza determinazione del numero degli anni.

E ciò perché la predicazione di Cristo, su cui è fondata la Chiesa, durò tre anni e mezzo, ossia un tempo che corrisponde quasi allo stesso numero di giorni.

Così pure il numero degli anni della profezia di Daniele non riguarda il numero preciso degli anni che mancano alla fine del mondo o alla predicazione dell'Anticristo, ma va riferito alla durata della sua predicazione e della sua persecuzione.

3. Pur essendo vero in generale che il nuovo Testamento è prefigurato dall'antico, non è detto però che vi sia una corrispondenza tra i singoli avvenimenti: specialmente dopo che in Cristo ebbero il loro compimento tutte le figure dell'antico Testamento.

Perciò S. Agostino [ De civ. Dei 18,52 ], a coloro che volevano computare il numero delle persecuzioni della Chiesa secondo il numero delle piaghe d'Egitto, diceva: « Io non credo che nelle piaghe d'Egitto siano profetizzate tali persecuzioni; sebbene da quelli che lo credono siano messi a confronto con finezza e con ingegno i particolari di ognuna, servendosi non dello spirito di profezia, ma di congetture dell'ingegno umano, che può talvolta giungere alla verità, ma può anche sbagliare ».

E sembra che bisogna dare lo stesso giudizio degli scritti dell'abate Gioachino [ da Fiore ], il quale per mezzo di tali congetture ha predetto delle cose vere, mentre in altre si è ingannato.

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