Le piaghe di Gesù e le piaghe dell'uomo

N° 19 - Luglio 2002

S. Giovanni ci mette in guardia: "Chi non ama il fratello che vede, non saprà amare il Dio che non vede" ( 1 Gv 4,20 ).

Parimenti come si possono amare e venerare le Piaghe di Gesù se non fasciamo le piaghe del nostro vicino e della società?

Occorre dunque essere sensibili alla sofferenza dell'uomo e alle infinite sofferenze di Gesù per alleviare e guarire la sofferenza dell'uomo.

Occorre desiderare la salvezza dell'anima e del corpo di coloro che soffrono attorno a noi.

E Gesù ci insegna il valore redentivo che acquista la nostra sofferta compassione quando è offerta a Lui insieme a Lui.

Gesù, nel suo amore infinito per noi, si è offerto nella Sua carne, fino a farsi piaga, per guarire tutte le Piaghe future.

Il suo amore l'ha spinto ad offrirsi sulla croce, a soffrire, a morire e a resuscitare per resuscitare tutti coloro che vogliono unirsi a Lui e credere in Lui.

"Non c'è amore più grande che dar la vita per i propri amici".

"Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino all'estremo" ( Gv 13,1 ).

Le Sue Piaghe sono l'estrema e sublime prova dell'indicibile limite del Suo amore, assetato delle nostre anime.

Scrive San Giovanni Crisostomo che le Piaghe di Gesù sono altrettante bocche che gridano il loro amore per noi.

Le Sante Piaghe ci ricordano che il Salvatore ancora oggi ci tende la mano, ci indica le sue Piaghe, come le mostrò all'apostolo Tommaso ( Gv 20,27 ), per risvegliare la nostra fede sonnolenta, e ci dice che vi possiamo trovare il tesoro dei tesori, cioè tutto per le necessità quotidiane nostre e dei nostri fratelli.

( Raccolta di riflessioni di un gruppo di preghiera )

Maria Assunta in cielo

" Tutta splendore è la figlia del Re, tessuta in oro la sua veste " ( Sal 45,14 )

Maria Santissima non è morta come muoiono tutti gli uomini.

La morte e la corruzione del corpo nella tomba è la conseguenza del peccato originale e dei peccati personali.

La morte non era voluta da Dio.

Pensato e voluto da Dio era l'uomo fedele, ricolmo della sua Grazia, l'uomo a sua "immagine e somiglianza" ( Gen 1,27 ).

La vita di Maria SS.ma - la sua perfetta Unione con Dio, la sua Assunzione, la sua gloria tra gli angeli e i santi in corpo e anima - è l'esempio di ciò che Dio aveva pensato per tutti gli uomini. Maria SS.ma è veramente a "immagine e somiglianza di Dio", è la meraviglia dell'universo, il capolavoro della creazione.

L'Assunzione di Maria è uno dei più grandi miracoli di Dio.

Fin dai primi tempi della Chiesa ci fu il culto dell'Assunzione e della misteriosa e mistica "dormizione di Maria", durante la quale fu trasportata in cielo con il suo proprio corpo.

Il 1° novembre 1950, Papa Pio XII definiva il dogma dell'Assunzione, facendo rientrare questo evento nel deposito della fede ricevuto dagli apostoli.

Si ricordano altre due persone che sono state assunte in cielo:

" Enoch piacque al Signore e fu rapito, esempio istruttivo per tutte le generazioni " ( Sir 44,16 );

" Elia fu assunto in un turbine di fuoco, su un carro di cavalli di fuoco " ( Sir 48,9 ).

Anche Enoch ed Elia, dunque, furono rapiti dalla terra e non conobbero la morte per essere subito anche con il corpo nel Regno dei giusti.

Figure minori, rispetto a Maria SS.ma, di ciò che Dio voleva per tutti gli uomini.

Il 15 agosto celebriamo la festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria: nel ricevere Gesù nell'Eucarestia possiamo meditare che anche Maria SS.ma, prima della sua Assunzione in cielo, faceva la S. Comunione: il suo Gesù non era più con Lei: era quasi in esilio sulla terra, in attesa dell'incontro con il suo amato Figlio.

L'Assunzione di Maria è quindi una grande festa anche per Gesù, perché in questo giorno Gesù ha potuto riabbracciare e avere di nuovo con sé la sua cara Mamma.

Marco

Difensore intrepido di Gesù, Figlio di Dio: S. Eusebio

Il 1° agosto, ricorre la festa di S. Eusebio, Vescovo di Vercelli e patrono del Piemonte.

La sua nobile figura è nota però in tutta la Chiesa, come uno dei più grandi Vescovi che essa ha avuto.

Era nato in Sardegna verso il 283 d.C. ed era emigrato a Roma.

Lì aveva ricevuto il battesimo dal Papa Eusebio ( 310 d.C. ), prendendone anche il nome e diventando poi sacerdote del clero cagliaritano.

Nel 345, dal Papa Giulio I fu mandato a Vercelli, come primo Vescovo della città che ormai cominciava ad avere una fiorente comunità cristiana.

Da Vercelli, si prese cura di gran parte della regione piemontese, diffondendo il Vangelo a piene mani, convertendo le popolazioni ancora pagane alla fede, curando assai la Liturgia.

Nella sua casa, raccolse numerosi membri del suo clero, avviando con loro una vita comune con una regola che prevedeva momenti di preghiera e di studio insieme.

Molti Vescovi lo imitarono per la formazione e la santificazione dei sacerdoti.

Nel suo tempo - anche dopo che il Concilio di Nicea ( 325 d.C. ), con Papa S. Silvestro I, aveva condannato Ario che negava la divinità di Gesù - l'eresia ariana aveva continuato a diffondersi, raggiungendo l'Italia settentrionale, anche con l'appoggio dell'imperatore Costanzo.

Contro questa eresia che nega la verità fondamentale del cristianesimo, era insorto S. Atanasio, Vescovo di Alessandria, che per la sua difesa della fede, era stato emarginato, condannato e proscritto.

Nel 355, Eusebio, per essersi rifiutato di firmare la condanna di S. Atanasio, fu mandato in esilio, in Palestina, in Cappadocia e poi in Egitto.

Visse esule sei anni a Scitopoli, dove riuscì a mandare diverse lettere ai suoi preti e al suo popolo, che non dimenticherà mai il suo santo Vescovo, che amava intensamente Gesù-Dio, Gesù Eucaristico, la Madonna e i fratelli più poveri.

Ai suoi "figli", dall'esilio, Eusebio scrive: "Vi raccomando di custodire la vostra fede, di mantenervi concordi, di essere assidui nella preghiera, di ricordarvi sempre di noi affinché il Signore si degni di dare libertà alla sua Chiesa e affinché noi che siamo perseguitati, possiamo riacquistare la libertà e rallegrarci con voi ".

Le piaghe di Gesù e le piaghe dell'uomo

Finalmente rimpatriato a Vercelli, tutt'altro che intimidito dall'esilio, Eusebio collaborò con S. Ilario di Poitiers a restaurare la Fede cattolica nella sua diocesi e in tutto il Piemonte.

Per le persecuzioni sofferte, è stato venerato come martire.

Alla sua morte, nel 371, fu sepolto nella cattedrale che egli stesso aveva consacrato.

Anche oggi, più che ai tempi di Ario e dell'arianesimo, c'è il tentativo diffuso di svuotare il Cattolicesimo, negando che Gesù è Dio e riducendo la nostra fede a una delle numerose religioni dell'umanità, Eusebio appare oggi di singolare bellezza e attualità, perché - vero difensore di Gesù, Figlio di Dio - afferma con assoluta energia che soltanto Gesù, Uomo-Dio, è l'unico Salvatore del mondo, che la salvezza viene da Lui solo e dalla Chiesa cattolica che Egli ha fondato.

Eusebio, nella confusione di oggi, riporta al centro: un solo Dio, una sola fede, un solo Salvatore, Gesù Cristo.

Non c'è altro Nome in cui siamo salvi, all'infuori del Nome di Gesù-Dio, dell'adorazione a Lui solo.

Paolo

La fede non è utopia

Di fronte alla mediocrità degli uomini e alle disuguaglianze sociali si può essere tentati di disprezzare l'idea stessa di civiltà, fino a giudicarla come una vera "malattia" del pianeta.

È la posizione tenuta da un certo ecologismo estremista che sogna paradisi terrestri non contaminati dalla presenza umana.

Sorge perfino l'impulso di proiettare sulla Natura l'attesa di un'improbabile liberazione dai guasti del mondo.

Ecco allora l'esaltazione del buon selvaggio e delle tribù primitive prive di concetti come famiglia, pudore, istruzione.

Quando questa visione distorta delle cose si scontra con la vita reale e soccombe di fronte al martirio del "terribile quotidiano" ( tante volte descritto da Fr. Teodoreto ), palesando tutte le lacune che caratterizzano le utopie della ragione, si fa strada allora, dapprima in modo impercettibile, poi con foga sempre maggiore, il bisogno di trovare il colpevole di tanti fallimenti.

La Chiesa cattolica diventa, così, il bersaglio preferito degli inquisitori laicisti, in quanto essa, denunciando la debolezza morale che affligge l'uomo dopo la caduta di Adamo, spingerebbe le persone meno avvedute ad accettare i vincoli dei Sacramenti ( pensiamo al matrimonio ), impedendo a Madre Natura di guidare liberamente l'evoluzione umana verso i lidi dell'Eden ritrovato.

I falsi profeti della Modernità ( si vedano, ad es., i guru del New Age ) detestano sopra ogni cosa la teologia della Croce che educa a sostenere proprio quelle rinunce e quei sacrifici nei quali essi contemplano gravissimi atti contro natura e, quindi, il vero male del mondo.

I frutti di questa profonda insofferenza ai richiami di Madre Chiesa sono molteplici: nichilismo, materialismo, cinismo.

Ma è solo quando anche queste reazioni risultano ininfluenti a minare la solidità della Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, che incominciano a farsi strada propositi di "vendetta" molto più insidiosi.

La liberalizzazione e la promozione sociale dell'amoralità, si trasformano allora in progetti politici di largo respiro.

Le recenti direttive approvate dall'Unione Europea per scardinare, in aperto contrasto col Magistero Pontificio, la famiglia naturale e cristiana, sono il risultato di un lungo processo di scristianizzazione che tenta di tradurre in realtà l'utopia dei filosofi nichilisti.

Sembra quasi che gli alfieri di queste proposte di legge provino un sottile piacere nel disfare tutto quello che è stato costruito, in secoli di faticosa evangelizzazione, dalla civiltà cristiana.

Liberando la società dal "peso" dei Dieci Comandamenti costoro, invece di restituire l'uomo a qualche improbabile Paese del Bengodi, lo fanno ripiombare nella schiavitù del peccato, ricacciandolo, con una sorta di Esodo al contrario, tra le grinfie del Faraone.

Col pretesto di emancipare l'uomo dalle catene del dogma, viene deliberatamente ostruita la via della salvezza.

Gli adepti del New Age celebrano i progressi di questo "piano" di liberazione, ogni anno, con la "Grande Invocazione" alle "energie superiori" della Natura.

L'invocazione del Nome di Dio ( si veda la preghiera del pubblicano "Oh Dio, abbi pietà di me", Lc 18,13 ) ha obbiettivi opposti: essa non libera dal peso della Croce, culmine della Legge divina, ma aiuta a portarlo grazie all'acqua viva che sgorga dal Crocifisso.

Tuttavia, anche l'invocazione del Nome Santo può restare senza risposta: persino Fra Leopoldo fu provato dalla "mestizia" di Gesù che interrompeva il flusso delle locuzioni ( III, 1032 ).

Può incombere, così, sulla coscienza del fedele, l'ombra nera della desolazione, la stessa che l'Ecclesiaste già denunciava migliaia di anni fa: "vanità delle vanità, tutto è vanità" ( Qo 1,2 ).

Il senso di smarrimento suscitato dall'apparente insensatezza dell'esistenza è un passaggio obbligato di ogni maturazione cristiana, ma il vero credente, con l'aiuto della grazia, trova la forza di non fermarsi, di perseverare "oltre" ogni evidenza della ragione umana, di accettare la fatica del credere nonostante tutte le sconfitte e le disillusioni della vita, proprio come Giobbe, l'uomo che tutto sopporta in virtù della fede.

In effetti, senza un pizzico di "irrazionale" fiducia nel domani, neanche l'ateo più ostinato potrebbe alzarsi la mattina.

Per molti credenti inconsapevoli, infatti, "Caso" è solo lo pseudonimo di "Provvidenza".

Questo discorso, a maggior ragione, vale per chi invoca l'Onnipotente, in attesa di una Parola risolutiva: "Signore ascolta la mia voce … Io spero nel Signore, … nella Sua parola" ( Sal 130 ).

Attesa cui Cristo risponde in modo molto concreto: "Và, la tua fede ti ha salvato" ( Mc 10,52 ).

La fatica del credere, superata la palude dello sconforto ( Sir 1,2 ), non è sterile, ma porta frutto, lascia "segni" tangibili ( Mc 16,17-18 ), con i quali Dio rompe i silenzi che affliggono i suoi devoti.

Eventi che superano proprio quella Natura in cui troppi oggi vorrebbero rinchiudere l'orizzonte umano e che ci rammentano la "soprannaturalità" del nostro destino immortale.

Stefano

O Gran Madre di Dio, oggi è sabato dedicato a Te;
faccio perciò per te la Santa Comunione
e gloria sia a te e al tuo Divin Figlio.

Quante volte, Mamma dell'Altissimo Iddio,
benedico il tuo materno seno
che ha portato il mio amor innocentissimo ed eterno
Signore Gesù Crocifisso;
senza di te non avrebbe potuto albergare
nel mio cuore, nell'anima mia
l'amor dolce e innocentissimo e casto
del mio Gesù nel SSmo Sacramento.

Guarda, mamma SSma,
il dono di Dio Padre che ti ha fatta grande;
fa che ne sentiamo l'effetto pur noi deboli mortali
con santissime e altissime consolazioni.

Vera Madre di Dio, Gesù Crocifisso,
quante volte sei venuta a confortarci nelle nostre pene,
nelle nostre tribulazioni! Quante lagrime tu ci hai asciugato!

Nelle nostre necessità
quante volte sei venuta a soccorrerci, nei dubbi a consigliarci!

Quante grazie, favori, miracoli ottenuti per tua intercessione!
per segnarli ci vorrebbe la penna di un Serafino
o degli Angeli che in Cielo ti fanno corona.

[ Fra Leopoldo, Diario, 15 Maggio 1909 ]

Il mio Crocifisso

Lo porto dappertutto e lo preferisco a tutto.

Il mio Crocifisso, quando sono debole, è la mia forza.

Quando cado, mi rialza.

Quando piango, mi consola.

Quando soffro, mi guarisce.

Quando tremo, mi rassicura.

Quando lo chiamo, mi risponde.

Il mio Crocifisso.

È la luce che mi rischiara.

Il sole che mi riscalda.

La sorgente che mi rinfresca.

La dolcezza che m'inebria.

La bellezza che m'incanta.

La solitudine ove riposo.

La fortezza ove mi rinchiudo.

La fornace ove mi consumo.

L'oceano ove m'immergo.

L'abisso ove mi perdo.

Trovo tutto nel mio Crocifisso.

Io non voglio niente desiderare, niente cercare, niente domandare, niente attendere, niente ritenere che il mio Crocifisso.

Egli mi guiderà nel corso della vita.

Mi rassicurerà alla morte e mi coronerà nell'eternità, ove dovrò tutta la mia beatitudine al mio Crocifisso.