L'amore di Dio cancella il dolore

A fronte della pandemia Covid-19

"L'amore di Dio cancella il dolore persino dalla mente" ( Fra Leopoldo Maria Musso 19 maggio 1909 )

Non solo rassegnazione a fronte del male, ma fede e speranza.

"Sem nasù per patì: patèm!" ( siamo nati per patire: patiamo! ).

Ho sempre trovato simpatico questo proverbio in dialetto milanese perché mi pare enunci una delle più drammatiche situazioni umane, la sofferenza, con una rassegnazione che però non rigetta la speranza, forse perché scaturito in un contesto che sottintende una concezione cristiana della vita.

È comunque esplicito e reale nel dichiarare che il nostro pellegrinaggio "in questa Valle di lacrime", come afferma S. Bernardo nella Salve Regina, è contrassegnato dal dolore.

Introduco tale proverbio alle pur brevi, ma delicatissime riflessioni che ci poniamo, trovandoci nell'attuale sconcertante pandemia.

La domanda che sorge spontanea, di reazione, o di rassegnazione è: "Perché Dio, Bene e Bontà assoluta e senza limiti, permette il dolore, specie quello degli innocente e dei piccoli?"

Da tale interrogativo taluni traggono la conseguenza, espressa o implicita, che Dio non esista.

Tralasciando quest'ultimo assurdo, ampiamente contraddetto da prove lncontutabili,1 resta il problema del la permissività da parte di Dio del dolore umano.

Anzi, come esposto in seguito, potremmo dire della coesistenza in Dio stesso del dolore umano, per l'Incarnazione di Gesù, il Verbo fatto uomo.

Il male è privazione di qualcosa della creatura, per la sua limitazione, soggetta a varianza.

Il male non ha un'esistenza autonoma, in sè e per sè considerata, ma è privazione di entità, cioè di qualcosa essenziale, sia materiale che spirituale, in una determinata cosa.

Ciò comporta comunque un cambiamen to.

La variabilità è intrinseca al creato, e quindi alla nostra natura.2

Ciò che esiste è variare per esistere, ed esistere variando.

Quindi Iddio, nel suo atto creativo, volendo liberamente fare essere un altro stato di esistenza ( diverso rispetto al suo, che è infinito ed eterno ), vi inserisce di conseguenza il limite, poichè la limi tazione entra nella natura di tutte le cose fuori di Dio, e quindi la variabilità, il mutamento, la possibile tra sformazione.

E tale condizione può comportare, nella creatura intelligente e volitiva, quale è l'uomo, dolore e sofferenza, tra cui la più tragica, la morte corporale.

Elargizione della Grazia originaria e Peccato originale.

Avvenimenti storici ( Bibbia e tradizioni ).

Iddio però, nella sua bontà e misericordia, ha gratificato l'uomo rendendolo partecipe della divinità, pur conservandolo nel suo stato naturale di umanità, conferendogli a tale scopo la Grazia santificante, cioè una stretta partecipazione alla sua vita divina.

Tale stato è significato nel testo biblico dalla confidenza e dai col loqui dei progenitori con Lui, nel Paradiso terrestre, e per di più con un'assistenza continua, che ne garantisse l'assenza del dolore e l'esenzione da ogni male.

Ma l'uomo disubbidì a Dio violando il suo comando, nel tentativo di emularlo, perdendo di conseguenza la Grazia, e trovandosi quindi sottomesso ai limiti proprii della natura umana, con la perdita quindi dell'immunità dal dolore fisico e morale, e dalla morte.

Il racconto biblico riporta in termini narrativi la disobbedienza di Adamo ed Eva, che un'effettiva ribellione al Creatore.

V .M

( continua )


1 Per brevità ne riportiamo una da mons. Giuseppe Pollano.

« Ciò vale ricordare, ad esempio, nel caso in cui si dica: "Dio non è" , perché tale frase ha senso se ipotizza Dio ( per negarlo ) come "l'essere da cui tutto è", ma poi ne afferma l'assenza con una proposizione che esiste, mentre a Dio inesistente anch'essa non esisterebbe affatto ».

Cfr. Segreti del Logos, § 27, opera inedita,

2 Osserva al riguardo G. Pollano che « L'assenza della divina autoreferenza ( cioè essere Dio ) che caratterizza » il creato « comporta direttamente anche l'assenza della stabilità del proprio essere, ossia la potenza di essere precisamente ed assolutamente ciò che si è ».

« L'essere del creato è segnato da tale intrinseca instabilità e ha perciò nel variare il primo attributo della propria realtà ».

Cfr. Opera citata, § 68