Il Padre misericordioso

Luca 15,11-32

All'inizio del capitolo 15 Luca aveva già messo in scena due atteggiamenti che ritroviamo nei due figli della parabola: la premura dei peccatori nell'avvicinarsi a Gesù e il brontolare dei farisei …

Così, la parabola esprime la ricchezza emergente da tutto il vangelo: la misericordia di Dio, il Padre, che accoglie i peccatori ed "esce a pregare" il giusto di entrare in casa.

In Gesù - Egli mangia con i peccatori, rimanda le prostitute quando "hanno molto amato" ( Lc 7,36-50 ), entra da Zaccheo e lo converte ( Lc 19,1-10 ), perdona chi lo crocifigge e il ladrone condannato con Lui alla stessa pena ( Lc 23,34.43 ) - il nostro Dio si manifesta come Padre misericordioso.

E la sua Misericordia non viene capita né dal figlio ribelle né dal figlio obbediente: essi esprimono il loro rapporto con il padre in termini di bisogno e di "servitù" ( vv. 19 e 29 ).

Da notare anche la degradazione dell'uomo nel momento in cui rinnega la paternità di Dio: va con i porci, animali immondi; sperpera tutto ciò che ha di buono, si riduce alla fame.

Da notare, il rispetto di Dio per l'uomo: lo lascia andare liberamente, è Lui che gli corre incontro, esce a pregare il figlio rimasto fuori della porta; gioisce per la salvezza ritrovata; fa festa per il figlio ritrovato.

É l'amore del Padre, non la santità dell'uomo che conduce alla salvezza; il nostro rapporto con il Dio di Gesù Cristo è un rapporto filiale e deve essere vissuto affidandoci al Suo amore e alla Sua misericordia.

Così il rapporto con il Padre si estende anche ai fratelli: al petulante "questo tuo figlio" ( v.30 ), il padre risponde "questo tuo fratello": il v.24 è un ritornello già presente nelle due parabole precedenti e rivolto a tutti per condividere la gioia, entrando nella logica della casa del Padre, la logica stessa dell'amore.

Quale decisione prenderà il primogenito?

"Dio si colloca al di là delle differenze di sesso e riunisce in sé i valori della paternità e della maternità …

Il Padre di Gesù non soffoca la libertà, non preserva dalla fatica e dalla sofferenza, non favorisce la passività, la viltà, il servilismo, il fatalismo …

É premuroso e onnipotente, ma non invadente; è vicino anche nell'apparente assenza; non impedisce il male, ma ne trae il bene, rispettando la libertà delle creature".

La parabola dunque traccia tre itinerari, su cui possiamo riflettere:

- L'itinerario di Gesù che è venuto ad accogliere i figli perduti e i figli fedeli, rivelando la paternità misericordiosa di Dio.

- L'itinerario dell'uomo che nascendo si stacca dalla casa paterna e un giorno ritorna accolto dalla misericordia di Dio, avendo imparato a vivere da figlio e non più solo da servo fedele.

- L'itinerario del peccatore e del giusto, i quali - entrambi - devono imparare a trattare Dio come un Padre e considerarsi suoi figli.

Vedi anche la parabola del fariseo e del pubblicano.

É soprattutto una parabola sul senso della vita umana: il nostro andare per il mondo e il nostro lavorare nei campi, che senso ha?

Ti ricordi di avere un Padre e sai riconoscerlo nei momenti determinanti, quando sei solo, affamato e lontano da casa?

Ti ricordi di avere un Padre comune a tutti quando ti senti privilegiato perché hai trovato lavoro, stai bene, puoi tornare a casa quando vuoi, hai tutto dalla vita, anche se un frainteso pudore ti impedisce di appropriarti della vita per viverla semplicemente e non per considerarla un dovere da compiere, in nome dell'obbedienza e del sacrificio?

Certo non è facile, lontani da casa, fuori per fuga o fuori per lavoro, riconoscere in Dio un Padre: "Veramente tu sei un Dio misterioso, le tue vie sono distanti dalle nostre vie come il cielo è distante dalla terra …( Is 45,15 )".

Forse la vita ci è data proprio per questo, perché facendo le nostre esperienze, da una parte della barricata o dall'altra, nelle favelas o nei mitici quartieri alti, impariamo una cosa sola: riconosciamo l'amore da cui proveniamo, che è amore di un Padre, per riuscire a tornare a casa, non perché comunque la vita finirà e tu ti troverai sulla porta della Sua casa, senza saperlo.

Riuscire a tornare a casa con la certezza che sarà Lui a correrti incontro e a gettarti le sue braccia al collo; e sarà lui ad uscire da sé per invitarti ad entrare, anche se tu non lo vuoi, perché pensi di esserti sbagliato e di trovarti davanti alla casa di un padrone che ti chiede conto del lavoro fatto.

Non è facile districarsi nella vita e trovare Dio nel nostro girovagare per paesi stranieri e sentimenti ostili ed esperienze frustranti e palazzi corrotti.

La nostra fragilità in qualche modo ci allontana sempre un po' da Dio.

Ma la sua casa rimane un punto di riferimento: basta che facciamo un passo verso di essa, per un motivo qualsiasi …

Sarà Lui ad accoglierci, siamo sicuri, dice la parabola, perché Dio non lascerà fuori nessuno dei suoi figli, né i farisei e gli scribi né i peccatori.

Perché tutti infine gli sono andati incontro: chi per ascoltarlo, chi per criticarlo della sua magnanimità, chi per esibire il proprio stato di servizio illibato.

Ma tutti gli sono andati incontro, anche se per strade diverse, lunghe o brevi, tortuose o lisce, avendo dilapidato il patrimonio della vita ricevuta in dono o avendo custodito il gregge con scrupolosa – fin troppo – sollecitudine.

Anche se sei stato un pastore mercenario.

Anche se hai sempre approfittato della tua posizione per mormorare e giudicare e condannare chi si affacciava per farsi le sue ragioni.

Ma finché l'uomo non avrà imparato e riconosciuto l'Amore sarà ancora per la strada, fuori della casa: soltanto l'Amore lo farà incontrare con Dio, il Padre.

L'Amore che è cercato e mai trovato totalmente.

L'Amore che è tutto: l'amore che è Dio.

E Dio è tutto ciò che cerchi nella vita.

Infine, la parabola è raccontata dalla chiesa per tracciare l'itinerario che ognuno di noi deve compiere per giungere alla fede e convertirsi: e qui la parabola diventa interessante.

Bisogna valutare bene la nostra vita: che cos'è che conta veramente?

Riconoscere la gratuità e la sconfinatezza dell'amore di Dio o i nostri piccoli idoli o i nostri piccoli affanni quotidiani o le insegne che garantiscono il nostro ruolo?

Così tante volte, nella vita, ci siamo trovati a dover decidere se avere la nostra parte di soddisfazioni e andarcene per i fatti nostri oppure prestare fiducia a questo Padre che non costringe nessuno ad amarlo né soffoca con le sue richieste né toglie a nessuno la sua privacy …

La sfida della vita è proprio questa.

Fidarsi o non fidarsi.

La tua libertà la vedi e la godi: l'amore di Dio rimane sullo sfondo, piuttosto si danna l'anima Lui a venirti a cercare piuttosto che costringerti a restargli fedele.

Per seguire le tue piccole idolatrie ti sei allontanato da Lui, sei andato a cercare la tua libertà lontano dal Padre e lui ti ha lasciato andare affinché provassi … testardo hai provato finché ti sei trovato nel bisogno.

Il fatto più grave è non aver capito che lontano da Lui ti scappa persino la voglia di vivere, perdi anche la tua dignità …

Perché non c'è nessuno al mondo che ti rispetti come ti rispetta Dio: sembrano darti molto gli amici, invece ti prendono tutto quello che hai.

Sembra farti tante promesse la tua giovinezza, i tuoi progetti sembrano grandiosi, poi il tempo passa e c'è sempre qualcosa che ti ostacola, un impegno dell'ultimo momento, un intoppo, un ritardo e tu non trovi più la strada giusta.

Il peggio è che avresti potuto trovare tutto questo senza allontanarti da Lui perché ogni cosa sua era anche tua, come per l'altro figlio.

Ma si sa non ti piace dipendere da nessuno: vorresti sostituirti a Dio e decidere tu come spendere i tuoi giorni.

Se godertela soltanto o amare veramente.

Perché la tua dignità di uomo fatto ad immagine e somiglianza con Dio passa proprio attraverso questa scelta: fare di testa tua, decidere tu che cosa è bene e che cosa è male, oppure lasciarti guidare dall'amore che egli ha impresso in te, specchio fedele della sua gratuità.

Ma che cosa ci guadagno io? Non ci guadagni niente, non ti viene il contraccambio, ma ti conservi uomo, fatto ad immagine e somiglianza con Dio che è Amore.

Perché a volte è persino l'interesse che ti spinge a praticare la religione e frequentare la parrocchia: ti accorgi che non riesci a sfondare, non hai più tanti soldi – al massimo provi un po' di invidia per quelli che stanno a Beverly Hills o per le veline che sono state scelte – due fra migliaia …

Va beh, allora vado in chiesa: chissà che Dio non mi porti fortuna e io non sfondi lì.

Sì perché non è forse Dio onnipotente?

Allora se io lo prego lui può farmi vincere alla lotteria, se io lo prego mi può difendere dai mali della vita, se io accendo una candela mi farà ritrovare il mio amore perduto.

Dio può tutto: io ho voluto fare di testa mia e mi sono allontanato da Lui, ecco perché mi ha castigato e mi ha fatto trovare lungo: carestie, solitudine, porci …

Per molti cristiani la religione è una questione di interesse: non si sa mai …

Io sto buono, così non mi capita niente di brutto e finisce anche che vado in paradiso.

Certo, mi procura un certo fastidio il fatto che spesso i cattivi fanno fortuna lo stesso anche se sono cattivi, almeno dal mio punto di vista.

Ma allora, dove sta la giustizia di Dio?

Ah, la giustizia di Dio …

Molti non hanno ancora capito.

Certo il figlio minore, prima di tornare, si prepara la sua bella preghiera, come fanno i bambini quando vanno a fare la prima comunione, orgoglio di nonne bizzarre e promessa di zie con cappellino viola a larga tesa … vanno là con il loro bigliettino che sembra proprio che l'abbiamo scritto loro e non sia invece una frase di circostanza: Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te …

Ma il cielo e Dio non sono la stessa cosa?

Ecco, ti è scappato … si vede subito che non è farina del tuo sacco.

Preghi perché hai paura, torni perché hai fame, pratichi la religione perché se no ti senti solo e vuoto e inutile nella vita.

Ma non hai capito la cosa più importante: quale? Aspetta e vedrai.

Perché la storia della tua vita continua …

Dunque, un giorno quando hai constato il tuo fallimento come uomo, come padre, come sposo, torni verso casa perché gli anni passano e ogni uomo dopo un certo numero di anni, quando non è più giovane e rampante sente il bisogno di avvicinarsi a casa.

Torna da dove è venuto, è più forte di Lui.

O con Dio o con qualcosa che gli assomiglia.

Ma questo Padre di Gesù Cristo nella parabola è proprio un padre particolare, persino esagerato, proprio imprevedibile.

Infatti, quando vede il figlio di lontano – non sa ancora neanche perché sta tornando, forse voleva altri soldi … figurati se Dio non lo sa dove sei andato a cacciarti e in che stato di degrado ti sei ridotto – lo sa perché ti ha fatto, sei frutto delle sue viscere di misericordia – lo vede di lontano e gli corre incontro commosso, gli si getta al collo come una donna innamorata pazza e lo bacia.

Ma stai scherzando?

Invece di dirgli: Te l'avevo detto io che sarebbe andata a finire così!

Invece di sgridarlo per le malefatte o chiedergli di confessarsi subito prima di mettere piede in casa …

Invece di fare il burbero e almeno aspettare una giustificazione come ogni padre che abbia un minimo di ritegno, Lui no, Lui gli corre incontro – padre senza ritegno – gli getta le braccia al collo – non aspetta la dichiarazione di colpa, lo bacia.

Ma che razza di padre è questo?

Di fatti, quel padre – che ha una sua dignità da difendere come padre – fa finta di niente: finge di non sentire ciò che il figlio maldestro gli ha detto.

Credo proprio che spesso Dio faccia finta di non sentire le nostre preghiere maldestre perché sono un insulto alla sua intelligenza e al suo cuore di Padre …

E prosegue per la sua strada divina: si rivolge ai servi – i servi di Dio sono gli angeli? – e dice loro di fare sette cose: la prima, il vestito più bello, non un vestito qualsiasi ma un vestito degno di un figlio che si è ridotto ad un verme, ad uno straccione e vorrebbe rimanere tale.

Poi la seconda, mettetegli l'anello al dito: l'anello di famiglia che garantisce la sua nascita illustre e la sua dignità senza pari – perché gli è costata la vita a questo Dio amare suo figlio.

La terza: i calzari ai piedi, perché la casa degli uomini liberi è la casa di questo padre, non la terra degli ululati selvaggi dove camminano i pagani e dove pascolano i porci.

La quarta: portate il vitello grasso, quello conservato apposta per le grandi occasioni e dunque è una grande occasione questa, del ritorno di un figlio, anche se non ha capito niente.

La quinta: ammazzatelo: Perché niente vale quanto un figlio che è frutto gratuito dell'amore, quando l'amore è gratuito e esagerato.

Sesto: mangiamo, ecco la tavola imbandita del Regno dove si può gustare l'amore del Padre, saporito come i cibi succulenti e squisito come i vini dolci delle colline palestinesi.

Infine, settimo: facciamo festa perché l'incontro con il Padre è sempre una festa, mai un dovere, mai un peso, mai un precetto.

É una festa l'amore di Dio, una festa che non avrà mai fine.

Ma c'è ancora dell'altro, anzi c'è ancora l'altro figlio, quello rimasto a casa: momentaneamente si trovava nei campi a coltivare i possedimenti di Dio, a predicare il vangelo, ad eseguire la sua missione.

Sempre attento e sempre ligio: forse un po' formale, infatti chiama il servo – non si rivolge direttamente al padre, ha un po' di timore reverenziale, gli hanno sempre detto che a Dio bisogna dare del "Lei" – c'è sempre qualcuno che ha bisogno di intermediari, qualcuno che preghi per lui, qualcuno che gli indichi che cosa sta succedendo … come dall'altra parte c'è sempre qualcuno che ha la risposta ha tutto, ha capito tutto, ha la verità in tasca …

E così avviene, ma lui si arrabbia per quello che sta accadendo.

Si arrabbia perché fa rabbia vedere il mondo andare alla deriva: i matrimoni sfasciarsi, la gente non venire più a messa, il sesso non più peccaminoso ma espressione di vita – e allora che cosa sono stato a difendere io in tutti questi anni?

Una proprietà che ora è stata violata?

Una legge che non vale per tutti?

Non capisco e non accetto questo Padre così libero, come solo l'amore donato rende liberi.

Sta là fuori, fuori della casa, superbo nella sua posizione di giudice del fratello – non voglio aver a che fare con chi ha tradito i suoi voti di castità povertà e obbedienza – mi fanno arrabbiare quelli che vogliono sperimentare le strade del mondo e cercare nuove vie, perché mi tolgono la tranquillità del "si è sempre fatto così" – se l'istituzione cede alle pressioni del tempo cambiato, del mondo che si muove, allora perdo anche le mie sicurezze.

La religione di molti si regge sugli steccati che si erigono per sostenerla: è come un palazzo che quando togli le impalcature, crolla miseramente, accartocciandosi su se stesso …

Quindi meglio restarne fuori di questa vicenda scabrosa, lavarsene le mani: quando avranno finito la festa entrerò anch'io.

Dovrebbe starsene fuori lui, ma siccome lui sta là dentro, sto fuori io …

E tuttavia ancora una volta la sollecitudine materna del Padre, il cui amore è sempre più sconfinato, cioè non accetta ricatti, non traccia confini tra chi è dentro e chi è fuori, tra chi è fedele e chi si lascia andare via, il Padre dunque esce a pregarlo.

Non è il figlio che bussa, è il Padre che esce a pregarlo.

Non è lui che cerca di entrare, è il Padre che lo prega di entrare.

Non sei tu che ti salvi o salvi il mondo, è il Padre che entra nel mondo per salvarlo, uscendo da casa sua e ponendo una casa in mezzo a noi.

E noi abbiamo visto la sua gratuità e la verità del suo amore proprio attraverso il Figlio che si è fatto uomo ed è venuto a perdonare i peccatori, a mangiare con loro, a perdonarli in punto di morte.

Già è scandaloso che abbia detto soltanto una volta e soltanto ad un ladrone: "Oggi sarai con me in paradiso".

Agli altri ha detto: "Seguimi".

Ha detto: "La tua fede ti ha salvato".

Ma solo ad un ladrone ha dato la certezza di stare in paradiso con Lui.

Tanto che il figlio così preso dai suoi diritti di figlio, lavoratore instancabile a servizio delle sostanze del Padre, è talmente accecato che quando il padre esce a pregarlo, gli disse: Ecco, io ti servo …".

Non una parola gentile, non un appellativo degno del Padre: Papà, scusa … ma non è giusto!"

No, lui pensa solo a se stesso: così pieno e consapevole di essere il migliore che è già lì a dare consigli perfino a Dio, presuntuoso e cafone: di qua ci sono i buoni, di là ci sono i cattivi.

Di qua chi ha voglia di lavorare, di là gli stranieri che vengono a toglierci il pane.

Non lo chiama neanche: papà … perché non ha ancora capito che cosa voglia dire essere padre ed essere figli.

Di fatti, si fanno chiamare con altri appellativi: guai se la gente pensasse che sono padri davvero, che sentono come un padre verso i suoi figli …

Lo dicono a volte, ma poi fanno come se fossero padroni e la gente quando escono dai loro palazzi non li chiama, ma rivendica i propri diritti o cerca di fregarli, facendosi vedere buona e servizievole …

La risposta del padre rimette le cose al loro posto: Figlio … tu sei mio figlio.

Questa è l'unica cosa che conta.

Non facciamo questione di diritti e di doveri, tu sei mio figlio.

Lo capisci questo, tu che ti rivolgi a me con un ecco, e magari avresti anche detto di peggio se avessi parlato il linguaggio corrente …

Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo: la comunione d'amore con il Padre ti permette di valutare le persone e la vita da un altro punto di vista.

Non ciò che non hai potuto fare perché non ne hai avuto il coraggio, non ciò che ti spetta di diritto.

La cosa più grande è avere un padre che ti ama gratuitamente e sconfinatamente, ma se tu non l'hai ancora capito, allora la strada per tornare a casa è ancora lunga, per tutti e due: per il figlio che era perduto ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita.

Forse anche tu devi tornare in vita perché soltanto capire l'amore ti fa sentire vivo.

Chi non ama giace nella morte: in questo sta l'amore.

Non noi che abbiamo amato Lui, ma lui che ha amato noi e ha riversato nei nostri cuori l'abbondanza della sua tenerezza.

E grazia su grazia.

L'amore e la verità sono venuti attraverso Gesù Cristo, la legge invece attraverso Mosé ( Gv 1,17 ).

Così, alla fine, come in una storia di cui rimane da scrivere la conclusione, i tasselli si ricompongono.

Qual è dunque il messaggio?

Finché non hai riconosciuto l'amore, non potrai stabilire con il Padre un'autentica comunione.

Finché non capirai che quello che conta non è ciò che fai, ma ciò che sei e cioè suo figlio, non si apriranno nuove prospettive per te.

La parabola racconta la storia dell'amore non riconosciuto del Padre, un amore esagerato, un amore che precede l'amore, un amore che attraverso la vita devi imparare a riconoscere.

Andrea Fontana