XIII stazione |
Dal Vangelo secondo Giovanni 19,38
Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù.
Pilato lo concesse.
Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.
Maria vede morire Suo Figlio, Figlio di Dio e anche suo.
Sa che è innocente, ma si è caricato del peso delle nostre miserie.
La Madre offre il Figlio, il Figlio offre la Madre.
A Giovanni, a noi.
Gesù e Maria, ecco una famiglia che, sul Calvario, vive e soffre il supremo distacco.
La morte li divide, o perlomeno sembra dividerli, una madre e un figlio con un legame insieme umano e divino inimmaginabile.
Per amore lo donano.
Si abbandonano entrambi alla Volontà di Dio.
Nella voragine apertasi nel cuore di Maria entra un altro figlio, che rappresenta l'umanità intera.
E l'amore di Maria per ciascuno di noi è il prolungamento dell'amore che ella ha avuto per Gesù.
Sì, perché nei discepoli vedrà il volto di Lui.
E vivrà per loro, per sorreggerli, aiutarli, incitarli, portarli a riconoscere l'Amore di Dio, perché nella loro libertà si rivolgano al Padre.
Cosa dicono a me, a noi, alla nostra famiglia, questa Madre e questo Figlio sul Calvario?
Ognuno si può solo fermare, attonito, di fronte a tale scena.
Intuisce che questa Madre, questo Figlio ci stanno facendo un dono unico, irripetibile.
In loro infatti troviamo la capacità di dilatare il nostro cuore e aprire il nostro orizzonte a dimensione universale.
Lì, sul Calvario, accanto a te, Gesù, morto per noi, le nostre famiglie accolgono il dono di Dio: il dono di un amore che può allargare le braccia all'infinito.