Incontro generale in cappella
19-2-2005
1) Il modello per la Chiesa si chiama "comunione"
2) La "comunione" è un ideale sul quale dobbiamo misurarci
3) Siamo chiamati a verificare il nostro grado di "unità"
4) Un cammino di conversione non è possibile senza il nutrimento spirituale
5) Con la "comunione" non viene assimilato a noi, ma ci assimila a sé
6) Desiderare una comunione piena e totale, che si manifesta con un amore totale
7) Scoprire la vita per la quale si è nati
8) Dare la vita, è spendere la vita per il progetto che ha Dio
9) Il criterio di ecclesialità
Al n°22 della lettera Mane nobiscum domine, siamo invitati a ricordare che siamo chiamati a misurarci con l'ideale dell'unità, l'ideale della comunione, il libro degli Atti degli Apostoli lo tratteggia, lo individua abbastanza specificamente e dice che questa comunione è il modello della Chiesa.
Qui dice espressamente: in ogni santa messa, siamo chiamati a misurarci con l'ideale di comunione, che il libro degli Atti degli apostoli tratteggia come modello per la Chiesa di sempre.
Allora, abbiamo dei punti fondamentali: il modello per la Chiesa si chiama "comunione" e in ogni Eucaristia siamo chiamati a misurarci con questo ideale.
Cosa significa? Significa verificare, controllare o con una parola un pochino più difficile, fare discernimento, se l'ideale, cioè la comunione, si sta concretizzando nel nostro essere cristiani.
Allora quello che ci viene ricordato è, che la comunione non è qualche cosa che avviene da sola, non è una realtà voluta da Dio, che si realizza a sé stante.
Ma la comunione è un ideale sul quale noi dobbiamo misurarci.
Perché dobbiamo misurarci? Per controllare se il nostro grado di comunione sta salendo o se sta scendendo.
Ora questo dipende in gran parte dal nostro modo di aderire a questo ideale, ossia se questo ideale è divenuto il nostro ideale, se questa proposizione da parte di Dio: "siate perfetti, siate uno come io e il Padre siamo una sola cosa" è divenuto anche il nostro programma di vita, il nostro progetto, la pista, il binario su cui ci stiamo muovendo.
Infatti già la volta scorsa vi accennavo, sia pure un po' buffamente, alla necessità di ricordarsi che ogni Eucaristia mi mette in uno stato di comunione, quindi di dipendenza, di donazione, di amore, di perdono, con tutto il Corpo di Cristo che è la Chiesa.
E allora facevamo l'es. di una persona che va ad assumere il Corpo di Cristo, però il sacerdote dice: il Corpo di Cristo e tu dici, Amen che vuol dire è proprio così, è sicuramente così e vuol dire che tu stai facendo comunione con il Corpo di Cristo.
Ma se tu dici che sei in comunione col Corpo di Cristo, dici anche che tu con tutto l'intero Corpo di Cristo sei in comunione.
Ecco perché in ogni Eucaristia siamo chiamati a verificare se il nostro grado di unità è autentico, oppure se è ancora in via di costruzione.
Ora dobbiamo stare attenti a non cadere da un eccesso all'altro, ossia dire: poiché io sono in difficoltà con una persona, allora non posso fare la comunione, perché non sono in comunione.
Attenzione, non ho detto questo! E sull'enciclica non c'è scritto questo.
È chiaro che una persona che è in lite, in odio e coltiva questa lite questo odio con qualsiasi persona, non p u ò accedere alla comunione, perché mantiene dentro di sé il desiderio di divisione.
Diverso è il caso di una persona che si trova in questa situazione di divisione, di odio e di rancore, ma stia facendo di tutto per superare questa posizione.
Cosa vuol dire fare di tutto? Vuol dire fare un cammino di conversione, vuol dire camminare nel deserto, il deserto della purificazione, della conversione, del cambiamento e camminare nel deserto è impossibile, senza avere il sostentamento che Dio ti procura.
Vi ricordo il profeta Isaia che fuggiva da Gerusalemme e diceva: basta non voglio andare più avanti e il Signore lo nutriva, mandava un corvo a portargli il pane.
Ecco, una persona che sta facendo un cammino di conversione, naturalmente non ci riesce senza il nutrimento spirituale che corrobori la sua anima e gli dia la forza, sia spirituale che psicologica, di affrontare il tempo della conversione.
Quindi non può accedere al sacramento della comunione una persona che non vuole la comunione, una persona che è in lite, che è in odio, che è in divisione e non sta facendo nulla per sanare questa situazione, non può fare la comunione; se fa la comunione sta prendendo in giro sé stesso, Dio e tutto il corpo di Cristo che è la Chiesa.
Dunque San Paolo ha delle parole molto severe su questo punto, ma bisogna anche stare attenti a non cadere nell'eccesso opposto, nel senso che tutti abbiamo qualche ruggine, qualche difficoltà, qualche incongruenza, qualche contrarietà.
Non diventiamo Giansenisti, ossia la comunione diventa il premio per una vita perfetta.
La comunione è il nutrimento spirituale, come dicono i santi padri, che non viene assimilato a noi, ma che ci assimila a Sé, ossia chi fa la comunione non trasforma il Corpo di Cristo nel suo corpo, ma trasforma sé stesso nel Corpo di Cristo.
Dunque per costruire questo ideale è necessario che ci sia l'impegno.
Ora se qui dice che è necessario misurarsi con l'ideale di comunione che il libro degli Atti propone, significa che è un itinerario, ossia un cammino, dal meno al più.
Si presume che una persona che inizia a vivere la comunione eucaristica, quindi la comunione ecclesiale, faccia un cammino di crescita.
Ossia da una comunione piccola, via via cresce, approfondisce, fa suo sempre di più il mistero eucaristico fino al punto da desiderare che ci sia una unione piena e totale.
Ora questa unione piena e totale si manifesta con un amore totale e l'amore totale corrisponde esattamente a quello che dice Gesù ai suoi discepoli, quando dice: nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri fratelli.
Voi capite che dare la vita per i propri fratelli significa molte cose.
Significa certamente quello che immediatamente leggiamo nel Vangelo, cioè Gesù che si offre e muore in croce per la nostra salvezza.
Ma significa solo questo? Significa dare la vita, ossia spendere la vita per amore dei fratelli.
In parole semplici significa diventare consapevoli della propria vocazione, perché una persona che vive veramente il mistero eucaristico,che è mistero di comunione, è un mistero di crescita nella comunione, capisce sempre di più che la propria vita fa parte di un disegno che ha Dio nella sua mente, non di un obbligo, ma di un disegno sì, di un progetto che Dio ha nella sua mente.
E più la persona vive e si misura con questo criterio di comunione, più diventa autentica.
Che vuol dire? Che la persona scopre la vita per la quale è nata.
Più l'esperienza eucaristica è autentica, più le persone diventano autentiche e più le persone scoprono e capiscono per quale tipo di vita esistono.
Esistiamo tutti per il Signore certamente sì, ma se la tua chiamata è la vocazione matrimoniale, tu devi mettere in pratica quello che Gesù ha detto: dare la vita per i propri fratelli e tuo marito o tua moglie oltre che essere tali sono fratello e sorella e quindi tu nella vocazione matrimoniale sei chiamato a dare la vita, non a prenderla, a dare la tua vita nelle mani dell'altro.
Ma anche a essere aperto al dono della vita e mai chiuso, perché questo significherebbe frangere, spezzare il criterio di comunione eucaristico che costituisce l'essenza della Chiesa.
Naturalmente se tu sei una persona autentica e quindi stai misurando la tua vita su questo criterio di comunione, che cosa ti accade?
Che tu scopri che dare la vita non è solo essere martirizzati, ma è spendere la vita per il progetto che ha Dio.
Quindi che progetto ha Dio su di me, su di te?Allora potrebbe essere la vocazione matrimoniale, potrebbe essere la vocazione religiosa, potrebbe essere la vocazione in un istituto secolare, potrebbe essere la vocazione sacerdotale, ma ogni stato di vita è una vocazione e la vocazione non può essere conosciuta autenticamente se non misurata, verificata con il criterio della comunione eucaristica, che costituisce il corpo di Cristo che è la Chiesa.
Dunque questo punto 22, andatelo a rileggere e meditate questo punto che è veramente fondamentale: il criterio di ecclesialità, cioè faccio parte della Chiesa vuol dire, si scopre dalla misura di comunione con il Signore che costituisce l'ossatura, l'essenzialità, la forza, la coesione del corpo di Cristo che è la Chiesa.
Senza questo, ogni cammino che possiamo compiere potrebbe rischiare di essere solo o razionale o emotivo, ma non certo spirituale.
Il criterio è la comunione non il sentimento, non il ragionamento.