Evangelizzazione
19-2-2005
1) Una lettura cui la volta scorsa ho accennato, poi qualche vostra domanda
2) Parto dalla sollecitazione di qualche statistica
3) Questo deve farci riflettere sulla fondatezza della nostra evangelizzazione
4) Siamo passati da una società con riferimenti cristiani a una società senza riferimenti
5) Siamo arrivati ad una società senza scelte
6) La pluralità enorme di proposte portano a nessuna scelta
7) Ecco allora scelte guidate dall'emotività
8) La religione dello scenario
9) Però cosa capita all'adolescente
10) C'è una stagione, quella della non responsabilità
11) Ecco la componente forte, 30/50/60 anni, piuttosto marginale il numero di chi fa una scelta di fede
12) Perché queste cose non riusciamo a farle passare?
13) Oggi c'è un unicum che sempre di più è catechesi, liturgia, carità
Ben ritrovati. Oggi farei un intervento così, visto che non mi è affidato in modo ben delimitato il termine dell'intervento, se non a livello di tempo, questo intervento preferirei fare così.
Una piccola parte cercherò di fare in modo che sia il più contenuta possibile, su una lettura cui la volta scorsa ho accennato, ma che credo che sia di base per sapere in quale mare navighiamo, nella catechesi dell'evangelizzazione di oggi; e poi una seconda parte la dedicherei a qualche vostra sollecitazione, qualche vostra domanda, qualche vostro interrogativo.
Io non sono la scienza infusa, tutt'altro, ma evidentemente attinenti in qualche modo al mondo della catechesi, di modo che abbia la possibilità eventualmente di focalizzare, precisare alcune cose.
Perché altrimenti le cose sono così tante quelle che si possono dire che probabilmente voi, ho visto anche un po' la traccia dei vostri percorsi, sono così tante le cose che affrontate, che già in modo assai più competente, direi anche dettagliato, che rischierei di saltare qua e là dicendo cose che già magari sono strasapute da voi; forse alcune precisazioni possono essere utili.
Cominciamo con questo; parto dalla sollecitazione di qualche statistica.
Noi non siamo dei succubi alle statistiche, però viviamo in un mondo in cui è importante leggere gli eventi con un orecchio un pochino attento.
Sapete che nelle grandi città italiane, oggi quella che chiamiamo la frequenza ordinaria è attestata sul 10/12% delle popolazioni, mentre a livello complessivo italiano, quindi compresi i paesi piccoli anche di una certa rilevanza, la cosa si alza notevolmente tra il 25/30%.
Non è questo il dato su cui volevo soffermarmi di più, ma entrare dentro un momento a questo dato globale; entrarci dentro con l'osservazione che può capitare a quelli di voi che sono nella città, ma credo anche nelle periferie, entrando nelle vostre comunità, nelle vostre parrocchie, di questo 10/12%, in qualche parrocchia anche l'8%.
Bene di questo 10% noi constatiamo che abbiamo un quasi 60% di over sessanta, abbiamo un 20% di sotto i quindici anni e ci resta un altro 20% per tutto l'altro arco, che è quello più ampio, più forte, più vigoroso della vita: dai 15 ai 60 anni.
Questo deve farci un pochino riflettere, perché va a toccare degli elementi che direi davvero importanti della nostra catechesi, della incidenza della catechesi, della tenuta della catechesi e se vogliamo più in generale, della fondatezza della nostra evangelizzazione, perché la catechesi tutto sommato è un ampliamento, un approfondimento di evangelizzazione.
Il nostro cardinal Poletto, nella sua lettera pastorale, che sicuramente voi avete conosciuto, conoscete, "Costruire insieme", unica lettera pastorale del suo episcopato a Torino, ha una pagina in cui dice: la grande missione che va avanti da un bel po', quest'anno è l'anno dell'Eucaristia, anno centrale, poi avrà altri due anni e l'anno conclusivo.
Ecco una pagina centrale di questa lettera pastorale, questo indirizzo forte per la nostra diocesi, rimarca l'importanza di una rinnovata prima evangelizzazione.
Facendo appello un po' alle cose che vi ho accennato poc'anzi, questa fotografia.
Cosa vuol dire? E cosa c'è fra questo e il nostro impegno catechistico?
Intanto dobbiamo dire ancora qualche cosa a giustificazione di quei numeri non troppo gradevoli, a prima vista.
Noi siamo passati da una società, lo dicevo già la volta scorsa, con riferimenti fondamentalmente cristiani, relegati a volte a forme cristiane e siamo fino a 40anni fa, prima del concilio, per cui l'insieme, il riferimento, il respiro era fondamentalmente, non voleva dire che non ci fossero, via via contraddizione, fughe e che ci fosse piena comprensione del fatto cristiano, passaggio a una società senza riferimenti, non solo riferimenti cristiani, ma senza riferimenti perché?
Perché precedentemente i riferimenti erano costituiti da modi forti di credere in alcune cose, le ideologie costituivano un riferimento forte, qualche volta antagonistico.
Pensiamo a ciò che è costituito per noi qui in Italia il marxismo e la sua attuazione anche a livello politico partitico, il comunismo, un'autentica fede.
Io ho vissuto nelle valli di Lanzo ancora negli anni '80, e ho visto un'autentica fede in questo tipo di credenza.
Avrebbe dovuto essere davvero la porta del Paradiso terrestre, la realizzazione dei miti leninisti, sovietici ecc. con grandi battaglie.
Ho internamente portato grande rispetto per questa gente, perché avevano una fede forte per cui si impegnavano, era stata presentata loro come inconciliabile, molte volte, con il cristianesimo, però era una fede con parecchi valori, a volte poi sbagliati, ma con dei valori che impegnavano.
Ecco, fine dei riferimenti. Son cadute le ideologie, i corsi politici proprio grossi, assieme anche al riferimento fermo al Cristianesimo.
Allora cosa è capitato?
Non solo non faccio la scelta cristiana, ma mi trovo in un ambiente tradizionale che fa certi gesti, quindi con una certa formalità, esteriorità che chiamiamo Cristianesimo.
Sono impantanato lì e poi sono naturalmente "cristiano" nascendo in Italia.
Per cui in una società come questa abbiamo a fronte di questo 10%, non sempre del tutto convinto, un'area comunque di riferimento saltuario, mettiamola pure attorno al 30%.
Abbiamo poi invece oltre il 90% del Battesimo e abbiamo l'80% che iscrive i figli al catechismo e pretende tutto il cammino dei sacramenti iniziali, e poi un abbassamento notevole che ormai siamo sul 60% in Torino e in qualche caso si è arrivati al 50% dei matrimoni richiesti come matrimoni religiosi.
Però capite questo grosso scompenso è da leggere, ci dà delle indicazioni; vuol dire probabilmente che il cristianesimo che abbiamo e che noi siamo stati capaci, tutti insieme, di trasmettere è più una cosa formale che vitale, è più un qualcosa di appartenenza vaga che scelta e orientamento di vita.
Cari miei, questo certamente come cristiani non ci può lasciare indifferenti, Siamo arrivati così a una società senza scelte, perché?
La pluralità enorme di proposte, portano a nessuna scelta.
Al fai da te, secondo un principio che poi ha delle conseguenze.
Principio di scelta diventa essenzialmente l'emozione, l'emotività.
Allora non faccio più una scelta, perché sono profondamente convinto delle sue radici, delle sue fondatezze, della sua razionalità, di tutte queste cose, ma a seconda di come mi sento, in quel periodo, in quel momento, in quella stagione di vita, in quell'età.
Ecco allora scelte guidate dall'emotività e lo vediamo questo molto ben utilizzato dai media di informazione, i quali spesso spettacolarizzano l'informazione a seconda di dove vogliono portare, orientare.
E ti prendono un aspetto, anche nel bene, anche nella filantropia, nella carità e ti creano emotività fortissima attorno a un caso ed allora capite che in quel momento si è portati a una certa scelta emotiva e questo ci dà ragione di quanto dicevo con i numeri all'inizio.
Noi abbiamo i bambini che hanno una grande facilità emotiva di ciò che è anche carino, bello, magari un po' patetico, accarezzato anche dai genitori in un certo senso.
E quindi l'avvio a questa che i sociologi chiamano, la religione dello scenario, cioè va bene, ci mettiamo lì, perché all'inizio c'è un piccolo gruppo, poi arriveremo alla comunione, alla cresima, all'essere patentati in qualche modo.
Frase sentita non una volta sola, interpellando i genitori: perché fate battezzare il figlio?
Perché volete la "comunione" per il figlio a tutti i costi? Male non gli fa.
Comprendiamo allora questo tipo di richiesta di genitori, perché così è una fase non tanto di scelta razionale, ma un po' di consuetudine, un po' di emotività mi porta a far sì che il bambino in genere ci tiene.
Però cosa capita all'adolescente? La sua emozione più grossa è quella di affermarsi in qualche modo, far vedere che esiste.
Ecco allora che questa cosa ovvia, passa gradatamente dalla famiglia, l'attenzione passa alla piccola cerchia di amici, al gruppetto.
È assolutamente attratto in modo abnorme dai consumi, perché è emotivo e cerca quindi tutte le novità che arrivano.
Guardate cosa capita nei cellulari, per i ragazzotti di terza generazione, perché?
È una emotività che li gratifica nel fatto di dire: mi affermo un po', e guardate quanto la nostra cultura commerciale martella su questo.
Perché poi i genitori sono ricattati, perché come si fa, non ci si può opporre.
Andando avanti i giovani, sono affascinati dall'idea della percezione della libertà, ecco allora la notte che scavalca il giorno, la pretesa pratica di libertà sessuale comunque, e peraltro inserirsi in una società dove è d'obbligo comunque avere un diploma e spesso anche una laurea e quindi ecco la scuola che sorregge tutto questo, però è una scelta non uno stato di vita.
Io sono stato colpito negli ultimi anni di scuola superiore, in cui questi ragazzi arrivando alla vigilia della maturità, 24/25 per classe, alla domanda: adesso ragazzi siete una classe in gamba sotto il profilo rendimento di studio, quindi sarete tutti promossi, cosa fate domani? 16 su 24 dice: ci penserò durante l'estate, andrò all'università, ma senza sapere quale ramo prendere.
Questo è un indicatore un po' preoccupante, cosa vuol dire?
E tutti a dire: ah! Ma non c'è nessun problema.
Quelli più moderati dicevano sei anni di università, ma io vi garantisco otto anni di università, dove i corsi sono mediamente 4/5 anni, ma la mentalità è che comunque c'è una stagione, quella della "non responsabilità", perché la responsabilità verrà poi dopo, soltanto a 26/28 anni, lì io ho la stagione dello studio, cioè di arrivare al diploma, che diventa una stagione di vita.
Questo è diventato quasi normale, molto meno in alcune periferie, dove ho visto invece degli impegni notevoli, così per dire, i giovani con l'emotività di queste cose, ma idealità autentiche nulla e quindi per forza questi abbandonano, le nostre parrocchie si svuotano di giovani.
Tenere su dei gruppetti è durissima.
Gli adulti, cioè diciamo quelli che hanno superato i trent'anni, lì si che c'è la sistemazione del lavoro, pensano alla famiglia, regole sociali, ricupero di una serie di valori umani entrano, nessuno si sente di contrastarli.
Questo già dalla scuola superiore, dall'università, chi è che oggi contraddice il valore della pace, il valore della giustizia, il valore del rispetto della natura e così via, salvo poi metterci dentro cose enormemente contrastanti, su come difendere la vita, fin dove difendo la vita, dove comincia la vita e dove si perde la vita.
Discorsi così che si danno per scontati, contenitori generali, ecco ed allora evidentemente in questo discorso ancora per una percentuale veramente ridotta, il discorso forte, grande di: ma tu dove navighi con la tua vita?
Quale direzione prendi? Cosa pensi di te stesso?
Dove entrerebbe il discorso forte di ordine anche religioso, no, e di fede che possa tenere; questo discorso direi che è sotterrato da tutti questi altri vari interessi.
Siamo ai maturi, le famiglie e allora ecco qui famiglia pensa a problemi già interni, perché la gestione di famiglia è complicata e poi le sicurezze varie che la società richiede, e quindi si è assorbiti in questo, ecco la componente forte, 30/50/60 anni, piuttosto marginale il numero di chi fa una scelta di fede.
Poi abbiamo dall'età più o meno della pensione che ritorna il tempo, ritorna qualche preoccupazione e magari un po' di senso di vuoto, perché sfuggono quelle cose che si pensava fossero assolutamente importanti e quindi ecco di nuovo la sensazione che uno prova, doversi agganciare a qualcosa di più ed è il ritorno, diciamo un po' così, alle radici e una ripresa del dialogo religioso.
Ecco quindi si chiude il cerchio e noi abbiamo un po' la foto, certo non è così scientifica, dettagliata, parte da dei dati che sono rilevazione abbastanza scientifiche a livello statistico, poi considera alcuni costi.
Qual'è allora, e chiudo, la caduta di tutto questo sul nostro compito come evangelizzatori, come catechisti?
Credo che lo capiate bene anche voi, dire rinnovata prima evangelizzazione è una formula riassuntiva.
Rinnovata prima evangelizzazione, prima perché è come se nella nostra società di adulti e meno adulti, non fosse mai entrata una vera evangelizzazione.
Evangelizzazione, come buona notizia cioè persona di Gesù Cristo che diventa davvero significativa, risolutiva, che diventa salvezza, salvezza nel senso più pieno di realizzazione autentica della mia vita, senso delle cose che sto vivendo in questo mondo.
Allora ci chiediamo perché queste cose non riusciamo a farle passare?
È il messaggio in sé che non attira? È il nostro modo di proporlo?
È la nostra scarsa testimonianza?
È lo scollamento tra ciò che riusciamo a mettere come piccolo seme nei bambini che abbiamo in abbondanza, e sui quali abbiamo un lungo percorso, perché dicevo già l'altra volta, siamo passati dai sei mesi agli anni di catechesi.
Però questo piccolo seme che, lo dice tra l'altro la parabola, trova un terreno non adatto, per cui ecco la strada, ecco le spine, ecco le pietre e nell'arco di poco questo sparisce, non germina, non produce senso.
Di ciò che può essere esortazione, a mio avviso, questo comporta davvero o rimboccarsi le maniche a livello di Chiesa complessiva, ma di questo i nostri pastori ne sono ben consapevoli, a livello direi di gruppi locali di catechisti, di persone impegnate nelle singole parrocchie, perché è giusto non è da oggi che ci proponiamo questo, magari ci mancano poi un po'.
Ma se andiamo a cercare lo sforzo che la Chiesa fa per es. nell'aver parlato dei cammini catecumenali, dove parallelamente all'annuncio, quindi alla parte di verità intellettuale che sempre intorno alla persona di Gesù Cristo c'è, iniziazione assolutamente indispensabile, forse quella che a noi è mancato è un po' il peso giusto da dare a ciò che è iniziazione.
Che non è solo la formazione della mente, alcune nozioni, ma è un qualcosa che cala e diventa riferimento e che ecco connette, mette in relazione aspetti vitali, come riferirsi a qualcuno di più grande, la preghiera, come la liturgia, dove queste cose io le vivo così.
Ecco allora non possiamo più oggi parlare di catechesi come un mondo a sé, questa è la mia conclusione, oggi c'è un unicum che sempre di più è catechesi, liturgia, carità, inteso in senso più ampio e se la nostra iniziazione non cavalca questi tre aspetti, anche così probabilmente avranno difficoltà, però è più probabile che possa tenere.
Ecco mi sono già allargato troppo, vorrei eventualmente fare qualche vostra richiesta, sollecitazione o cose del genere; forse sono stato un po' teorico in questo, ma avete tante occasioni per confrontarvi poi a livello molto più tecnico, più pratico.