Savino Castello

B4-A4

1° novembre 1895 - 15 agosto 1916.

Nacque a Coggiola nel 1895.

Le sue doti di squisita bontà d'animo e di tenero affetto per i suoi genitori si manifestarono dalla sua prima fanciullezza e continuarono a fiorire in lui, come ben ce lo dimostrano i passi eloquenti che troviamo ad ogni pagina delle sue lettere.

Recatesi a Torino per la sua professione di operaio, non dimenticò mai la famiglia, a cui si sentiva avvinto da forti legami di affetto.

I Fratelli delle Scuole Cristiane avevano allora istituito la Pia Unione del Sant.mo Crocifisso ed egli volle presto appartenere a questa associazione che con la preghiera fervente cerca di compensare gli oltraggi che il Signore riceve da un mondo dedito al vizio ed all'empietà.

Bentosto, per la sua fede viva e la pietà profonda s'ascrisse all'Adorazione Notturna quale Cavaliere del SS. Sacramento.

Nel gennaio 1915 veniva chiamato sotto le armi e nel maggio seguente partiva per la zona di guerra.

Prima di lasciare Torino, passò la notte intera ai piedi di Gesù Crocifisso implorando benedizioni dal divin Salvatore per i suoi cari e fortezza per raggiungere i più sublimi ideali.

« Come deve essere desolante il vuoto per chi nulla conforta d'ideale e di grande » egli dice con fervida eloquenza in una sua lettera, « per chi non sa vedere dietro all'apparente cecità del destino la mano sapiente d'un Dio - che atterra e suscita, che affanna e consola! - d'un Dio che sa raccogliere questi fiori di gioventù e di sacrificio e spargerne i pelali convertendoli nella rinascita morale e materiale d'un popolo, in splendore di prosperità e di grandezza. »

Le sue qualità vennero bentosto osservate dai suoi superiori, che, in poco tempo, lo promossero a caporal maggiore.

Nell'agosto 1916 la Compagnia di cui faceva parte ebbe ordine di tenersi pronta per la presa di Gorizia.

Sopportava con ammirabile serenità e costanza, i disagi della trincea: « La Fede, che è il più bei retaggio che voi m'avete lasciato, mi conforta e solleva.

Pregate, pregate sempre per me e per la patria nostra.

Chiedete a Dio non la mia incolumità materiale, ma chiedetegli per me ch'io possa nell'umiltà e rassegnazione trovare la pace lieta del cuore, cosicché se ho da cadere, cada col sorriso sulle labbra e con nel cuore la speranza d'attendervi ad una gioia senza fine. »

Con ammirabile ardire si slanciava all'assalto delle posizioni nemiche, dimostrando sotto l'uragano di ferro e di fuoco la fermezza del suo coraggio.

In uno di questi assalti, mentre impavido conduceva il suo plotone all'attacco d'una trincea nemica, cadeva, ferito mortalmente.

Trasportato ad Oslavia ivi spirava serenamente, munito dei conforti religiosi e stringendo al petto il SS. Crocifisso, il 15 Agosto 1916.

« Ogni elogio alla sua memoria, » dice il suo Cappellano, « è impari ai meriti del suo animo educato ai più nobili sensi di amore filiale e di patria » - sensi profondamente impressi nel suo animo, ispiratori di ogni sua parola, d'ogni sua azione.

Ciò traspare dall'ultimo suo scritto, che, alla vigilia della cruenta azione, inviava alla sua famiglia, documento di verità sublime nella sua schietta umiltà.

« Carissimi, l'attesa forse sta per finire.

È l'ora questa di raccogliere e tendere tutte le energie per lo sforzo supremo.

E voi pregate, pregate per chiedere a Dio il premio adeguato alle nostre fatiche: la vittoria!

Pregate per me, perché, qualunque cosa mi chieda il dovere, io sia pronto a darla.

Pregate per avere voi la forza d'attendere con calma.

Se però dovessi cadere, ricordatevi della concezione cristiana della vita, che vi dirà ch'io avrò abbreviato il mio cammino di esilio, e non piangete il sacrificio per un nobile ideale, a cui vi ringrazio di avermi educato.

Affez.mo Savino »

Leggendo le lettere sue, sorge dinnanzi al nostro sguardo una nobile figura di giovane, dotato di un'anima semplice e pura, ardente di fede e desideroso del suo perfezionamento morale.

« Lo sai ( scrive alla sorella Primina ) che in questo mondo si può godere solo in quanto si sappia piegare docilmente le spalle alle croci di cui Dio ci carica, per farci guadagnare il premio eterno.

Dice infatti il Vangelo: « Togliete sopra di voi la mia croce e troverete la vera pace alle vostre anime ».

E se tu saprai dal dolore trarre profitto per la tua educazione, tu potrai meglio assolvere al tuo compito di madre, se Iddio ti concederà della famiglia, perché potrai allevare i tuoi figli alla scuola della contrarietà rendendo utili a loro i frutti della tua esperienza. »

« Quando confronto la vita di quelli che non sanno trovare nel sacrificio alcun piacere, colla mia calma e tranquillità, allora conosco quanto sia sublime la Fede nostra e di quanto essa sia capace; come essa, che promette il dolore per premio a quelli che la seguono, sia pur capace a far trovare nel dolore veramente il premio e la soddisfazione ».

Continua.

F. Olivero