Laici e santità

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Pier Giorgio Frassati

« Incontrai molte volte Pier Giorgio Frassati nella Sede del Gruppo del Vangelo in via Roma, all'Unione Catechisti del Santissimo Crocifisso in via delle Rosine, al Cesare Balbo e mi trovai con lui anche in quell'Adorazione Notturna ( Duomo di Torino ) dove egli fu inzuppato letteralmente di cera », ( Padre Claretto Giuseppe Roberto ).

Si è concluso il 29 luglio scorso, a Torino, presente il Card. Arcivescovo Anastasio Ballestrero, il « Processo Apostolico » in sede diocesana, su Pier Giorgio Frassati.

Tutta la pratica, ricca di abbondante documentazione, è stata consegnata a Roma alla S. Congregazione per le Cause dei Santi il 31 luglio.

In quella sede proseguirà il suo corso che dovrebbe sfociare presto, come è nella speranza di molti, nella dichiarazione ufficiale secondo cui il « Servo di Dio » ha vissuto e operato in modo non comune, e cioè nel riconoscimento da parte della Chiesa della « eroicità delle virtù ».

É questo il passo decisivo di ogni Causa di Beatificazione a cui seguirà, al momento opportuno, la Beatificazione.

Tappa importante del Processo Apostolico è stata anche la ricognizione della salma da parte del Tribunale Diocesano Torinese per le Cause dei Santi, avvenuta martedì 31 marzo nel Cimitero di Pollone ( Biella ) dove il Servo di Dio è sepolto.

Di questa ricognizione, in cui Pier Giorgio si presentò « riconoscibile e intatto anche nella morte », scrisse con delicato intuito Mons. Giovanni Luciano, Notaio del Tribunale per le Cause dei Santi: « Questa eterna giovinezza Iddio la dà ai suoi santi.

Egli avrà sempre vent'anni, bello di una bellezza che fu massimamente interiore, ma che traspare ancora oggi nel suo corpo straordinariamente ben conservato.

Quasi profetica suona ora la frase che si legge sul suo epitaffio: « Perché cercate un vivente tra i morti? » ( Lc 24,5 ) ».

Come profetica fu l'intuizione della Mamma di Pier Giorgio, Adelaide Ametis, pittrice affermata, che volle circondare la bara di Pier Giorgio con pannelli da Lei dipinti, in cui, come in simbolico giardino dipinse un trionfo di fiori e ne interpretò il simbolo con la dizione evangelica delle Beatitudini:

accanto ad un gran mazzo di gigli, scrisse: « Beati i puri di cuore perché vedranno Dio »;

nel pannello ricco di rose e di fiori vari, scrisse: « Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli »;

nel pannello decorato con umili fiori, scrisse: « Beati i misericordiosi perché saranno chiamati figli di Dio ».

Il Card. Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, nell'omelia pronunciata il 27 marzo 1977 nella chiesa dei Domenicani, a conclusione del ritiro spirituale degli universitari, dopo la visita alla mostra su Pier Giorgio ivi esposta, così si esprimeva: « … per l'inaugurazione della mostra di testimonianza del vostro collega maggiore, Pier Giorgio Frassati può essere considerato - seppure non ancora salito agli altari - come un patrono, la guida spirituale della gioventù accademica, anche di quella dell'attuale generazione ».

E a conclusione affermava: « Osservate bene questa fotografia, come appariva l'uomo delle otto beatitudini, che reca con sé la grazia del Vangelo, della Buona Novella, la gioia della salvezza offertaci da Cristo, in se stesso per tutti i giorni, come ognuno di voi …

Riflettete su tutto ciò che avete ascoltato su questo tema e desiderate di essere - lo desideriamo tutti - gli uomini delle otto beatitudini …

Ogni uomo delle otto beatitudini è la salvezza del mondo, di tutto il mondo.

Così come la salvezza del mondo è Cristo, Cristo stesso, Cristo per noi e per ciascuno di noi, e Cristo attraverso noi, attraverso ciascuno di noi, attraverso tutti … ».

Pier Giorgio nasce a Torino il 6 aprile 1901 e ivi muore il 4 luglio 1925, stroncato in pochi giorni da inesorabile malattia.

Nel breve spazio di 24 anni ha saputo testimoniare con intensità di opere e con eroicità di vita che la santità è patrimonio di ogni condizione di vita, anche là dove le premesse non paiono le più favorevoli.

Non ebbe dalla vita, sia in famiglia, sia nella scuola, sia nella società che frequentò, quelli che potremmo definire i « piedestalli » su cui costruire la santità, quali si ritrovano in tante agiografie.

In una corrispondenza piena e sofferta alla azione della Grazia che forma il tessuto potente della sua costruzione, seppe crearsi da solo i suoi gradini per salire, tracciarsi da solo i suoi cammini.

Sapeva a quali fonti attingere il materiale di costruzione: attingeva nella casa di Dio la parola orientatrice, il Pane che da forza, la vigile presenza Materna: Parola, Pane, Presenza di cui si faceva portatore nelle vie del mondo.

Visse una vita per molti aspetti non comune, in un contesto comune a tanti giovani di allora come di oggi.

Possono variare le circostanze e le situazioni, non mutano di molto le difficoltà da superare.

Fu intuizione e merito il saper orientare, nel suo ambiente, il passo perché la vita avesse un significato.

Ce lo rivela in una lettera ad un amico: « Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare.

Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere! ».

Se fosse anche solo questo il messaggio di questa vita ci sarebbe già di che essere attratti dal suo esempio.

Pier Giorgio ha vissuto, non ha mai vivacchiato.

Come ideale di vita può essere assunto da tutti e da ognuno: da chi ha vent'anni e da chi ne ha molti di più, e può essere additato come prospettiva di vita a chi muove i primi passi nella sua formazione.

Può essere monito di vita e stimolo per ogni stato di vita: per il laico e per il consacrato, per chi ha grandi capacità e per chi intende dare valore anche all'unico talento, per chi è lanciato nell'azione e per chi nella forzata inazione ha tuttavia tra le mani un enorme potenza redentiva.

Con la sua piena e vissuta adesione alla realtà di un cammino di vita, con le sue difficoltà, che può essere il nostro con le nostre difficoltà, con la realizzazione sofferta di un ideale che, pur diverso si accende all'orizzonte di ognuno, è che seppe trasformare in fuoco; con il suo gioioso e pur penoso cammino sulle strade che ognuno di noi percorre Pier Giorgio è di una attualità sorprendente.

P. Giorgio non è santo da « nicchia » è compagno di cammino.

Parlando di lui ci riscopriamo ad usare una terminologia di oggi: parliamo di famiglia in crisi, di scuola in agitazione, di società in evoluzione con i troppo ricchi e gli estremamente poveri, di associazionismo che impegna oppure frana, di amicizia che eleva o che degrada, di tempo libero che costruisce o demolisce.

Nella sua vita questi elementi ci sono tutti: in lui ne scopriamo le soluzioni positive.

Per questo motivo lo sentiamo così vicino e il nostro pregare non è tanto supplica, quanto dialogo con lui che ancora ci parla attraverso le numerose e rivelatrici lettere e attraverso gli esempi di vita, per apprendere dalla sua « sapienza di Dio », accolta e coltivata nell'unione con Cristo Parola e Pane, prima ancora che nella « scienza di Cristo », per apprendere un cammino che diventi testimonianza di ogni giorno e forza trasformatrice della realtà quotidiana.

Fu saldo nella fede e operoso nell'amore.

Più si penetra, non solo nella conoscenza della sua vita, ma soprattutto nella profondità dei suoi sentimenti, più ci si sente attratti da questo giovane e in sua compagnia pare di camminare più sicuri, più sereni, più generosi, come accadeva ai tempi delle sue memorabili gite e scampagnate con i suoi amici.

Fu un magnifico « lottatore paolino », un autentico contestatore che pagò sempre di persona, perché contestò per amore, mai per avversione o per malanimo.

Combatté per costruire, mai per distruggere; lottò per sollevare, mai per abbattere.

E chi contesta e paga di persona ha dell'eroico, di quell'eroismo evangelico che Gesù ci presenta nella sua vita e nella sua parola.

Lottò, contestò, pagò di persona in famiglia, nella società, nelle associazioni, in politica, con gli amici, nella scuola.

Simpatiche anche le sue traversie scolastiche: era l'alunno Frassati non il figlio del Senatore che veniva giudicato e fermato o promosso.

Il suo iter scolastico non fu facile e forse non compreso: anche qui lottò e pagò di persona se a 24 anni si ritrova alla conclusione di un Politecnico non facile, dopo aver dato 31 esami.

Gliene rimanevano 2 da dare, più la tesi alla quale già pensava.

L'ultima domanda di esame è del 4 maggio 1925: è di tecnologia mineraria: l'ideale contrastato del suo futuro.

Non poté darli: due mesi dopo lottò, pagò di persona anche nella morte.

Paradossalmente possiamo dire che lottò, pagò di persona anche nelle alterne vicende del Processo di Beatificazione e nella stessa morte sovvertì le leggi della dissoluzione.

E tutto e sempre con il il sorriso sulle labbra anche se dentro, le lettere ce lo confermano in più punti, ribolliva la burrasca e talvolta sgorgavano le lacrime.

Nella stessa morte rispose con il sorriso ( dopo 56 anni! ) a chi lo avvicinò.

Di lui molto è stato scritto: sono più di 2000 gli articoli di giornali e di riviste in tutto il mondo che parlano di lui, a cui si aggiungono altre pubblicazioni, commemorazioni …

La sua figura conquistò anime di giovani e non più giovani in ogni parte del mondo.

Alla sua vita e al suo esempio si ispirarono giovani che non solo vollero conoscerlo ma che, nell'impegno di imitarlo, realizzarono essi pure una vita di santità e sono ora essi pure sulla via della glorificazione.

L'affermazione vissuta e coraggiosa delle proprie convinzioni gli attirò anche l'ammirazione di chi non le condivideva.

Di lui scrisse Luigi Ambrosini convertitosi in punto di morte nel ricordo di Frassati su « La Stampa » del 7 luglio 1925: « … era un fratello senza nome, era il messaggero di una carità che da duemila anni rinasce e si perpetua nel segreto e si esalta nella umiliazione …

Ma ci riprendiamo, riprendiamo la tua fede, vogliamo credere in quel che tu hai creduto: al di sopra delle cose riponiamo ancora una volta lo spirito; sulla tua tomba solleviamo l'ammonimento della bontà, della pietà, della mitezza, le virtù che hai praticato e difese … ».

Filippo Turati, socialista sincero, su « La Giustizia » dell'8 luglio 1925 scrisse: « Era veramente un uomo, quel Pier Giorgio Frassati che la morte a 24 anni, ghermì e rapì crudelmente, veloce come un ladro frettoloso.

Ciò che si legge di lui è così nuovo ed insolito, che riempie di riverente stupore anche chi non divideva la sua fede … questo « cristiano » che crede, ed opera come crede e parla come sente, e fa come parla, questo « intransigente » della sua religione, è pur un modello che può insegnare qualche cosa a tutti ».

Mario Soldati scrisse: « Egli giovanissimo, per grazia naturale, toccava quella perfezione mandava ad effetto senza volerlo e senza neppure saperlo quella che è, e sarà sempre, la massima ambizione di tutti gli uomini, e specialmente degli uomini più celebri e più potenti: essere simpatici anche ai propri nemici.

E lasciate dunque che ci sia uno, almeno uno, il quale lo ricordi, lo ami, e parli bene di lui " nonostante " che fosse un Santo ».

Guido Piovene: « Pier Giorgio era appena morto e l'immagine che gli altri si erano fatta di lui mutò nel giro di poche ore.

Prima era uno studente, cui dava qualche lustro solo il nome paterno.

Il funerale fu un trionfo.

Tutta la città accorse, una folla di gente nota e soprattutto oscura.

E i familiari e gli amici ebbero la rivelazione di una vita segreta che avevano ignorata sempre ».

I tratti caratteristici della sua santità di laico, e quindi, nella comune concezione, di « non professionista » della santità, anche se è concezione errata perché alla santità si arriva da ogni via, purché lo si voglia, sono bene sintetizzati nelle parole che Papa Giovanni Paolo II rivolse ai giovani il 13 aprile 1980 nel corso della sua visita a Torino:

« La risposta che Pier Giorgio seppe dare a Cristo fu quella di un giovane moderno, aperto ai problemi della cultura, dello sport ( un alpinista tremendo! ), poi alle questioni sociali, ai valori vari della vita, ed insieme di un uomo profondamente credente, nutrito del messaggio evangelico, solidissimo nel carattere, coerente, appassionato nel servire i fratelli e consumato in un ardore di carità che portava ad avvicinare, secondo un ordine di precedenza assoluta, i poveri e i malati ».

Pier Giorgio ha adempiuto nella sua vita l'impegno che il Concilio Vaticano II affida ai laici: « Grava su tutti i laici il glorioso peso di lavorare, perché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra ». ( L.G. 33 ).

Fr. Gustavo Luigi Furfaro fsc

V. Postulatore della Causa di P. Giorgio Frassati