Diario dei colloqui con Fra Leopoldo

Torino, 2 Dicembre 1918

Oggi alle ore 16 ritornai a visitare Fra Leopoldo.

Egli stesso che mi aspettava mi venne ad aprire, dimostrandomi subito una gioia sincera di vedermi.

Da ogni parola, da ogni atto e soprattutto dalle confidenze che mi fa e dall'insistenza di visitarlo spesso risulta un affetto grande che ha per me, come egli dice nel Signore.

Mi accoglie sempre con tale premura che non so esprimere e qualunque persona vi sia non mi fa mai attendere, ma mi fa passare subito.

Egli ha sempre la stessa tranquillità, una dolcezza paterna, una carità grandissima, un'umiltà rara che danno alla sua semplicità una tale venerazione da renderlo già al di sopra degli uomini.

Gli accenno alla cortesia di un mio collega che mi ha invitato a colazione, ne esalto l'armonia cristiana della famiglia e tante altre piccole cose, riguardanti un mio superiore e bambini.

Egli si mostra lieto di certe cose che riferisce e mi incoraggia a continuare, perché, egli mi dice, quando sarà a casa, si ricorderanno di tante cose dette e sarà sprone al bene.

Fra Leopoldo mi rivolge certe lodi ed in uno slancio di vero affetto, mi ripete che ha per me particolare confidenza perché vede che comprendo tante cose del Signore.

I suoi occhi tanto buoni hanno dei lampeggiamenti vivi, il suo viso si atteggia spesso ad espressioni di gioia ed il suo dire si accende senza mai perdere il suo carattere di calma, tranquillità tanto ammirabile.

Mi parla del bene che dovrò e potrò fare nel mondo e confessandogli certe mie idee, quali quelle del bisogno che sento spesso di parlare a tutti del Signore, di scrivere, di far conferenze, gli manifesto il dubbio che sia effetto di superbia ed egli sorride e mi dice che devo farlo.

Gli chiedo qualche cosa del Santo Crocifisso.

"Non mi dice più nulla", egli mi risponde e ne sarei preoccupato, se egli stesso non mi avesse preavvisato questo tempo.

Allora Nostro Signore gli aveva detto che sarebbe venuto un periodo nel quale non avrebbe rivelato e che essendo più mesto, avrebbe avuto bisogno maggiormente della sua compagnia, perché gli fosse rimasto più vicino a pregare.

Soltanto se il Prof. Teodoreto gli dimostrava necessità di conoscere qualche cosa per l'indirizzo della Pia Unione, il Santo Crocifisso, nell'adorazione, consigliava in proposito il francescano.

"Appunto una settimana fa, mi dice, il Prof. Teodoreto mi aveva detto di pregare, perché ai Soci della Pia Unione era balenata l'idea di dedicarsi alla sera a fare scuola di lingue, elementari, disegno, ecc.

Ora si era incerti se ciò era bene ed io pregando, il Santo Crocifisso così si degnò rispondere: "Ai giovani della Pia Unione darò purezza di cuore, volontà di lavorare e la gloria Celeste"".

Fra Leopoldo interpreta favorevolmente detta risposta e la comunicherà domani al Prof. Teodoreto.

Per bontà grande di Fra Leopoldo, io sono messo a parte anche di ciò che passa fra queste due anime sante ed il francescano, pieno di amore forte, mi dice di andare dal Prof. Teodoreto perché possa leggere le meraviglie che il Signore ha voluto dettargli.

"Vedrà come si sentirà trasportato a fare il bene; proverà un tale godimento celestiale, come nessun libro di questo mondo può dare.

Vada, poiché il Signore mi ha fatto capire che lei può leggerli, perché gli faranno molto bene".

Fra Leopoldo ha dei momenti che si dimentica di essere dinanzi ad un francescano senza nessuna cultura, ad un povero frate, come dice lui, che non sa niente, perché il suo dire è così esatto, così ispirato che si presta più attenzione che non a qualunque uomo coltissimo.

Gli accenno a discussioni avvenute in ufficio sulla religione, accertandolo che molte volte è il Signore che ci pone sulle labbra certe ragioni, pensieri indovinati che noi stessi stupiamo di averli concepiti.

Si parla della ignoranza in materia di fede ed anche della ristretta idea che ne hanno una parte di Sacerdoti.

Sul viso di Fra Leopoldo passa un senso di tristezza.

I suoi occhi si socchiudono per un momento e abbassa la voce, conscio che la confidenza è dolorosa ma vera.

"Purtroppo, mi dice, vi sono tante miserie, troppe miserie.

Ma..." e si ferma.

Tace un momento e poi continua: "Tante volte, egli dice, trovandomi nella Cappella di Nostra Signora, o dinanzi al Santissimo, inginocchiato, con la fronte a terra, protestando al Signore di amarlo tanto, tanto e confessandogli la mia nullità dinanzi la sua grandezza, sentendo che non ero nemmeno degno di rivolgere a Lui il mio pensiero, ho sentito tanta gioia, perché il Signore è contento delle anime che sono di Lui innamorate e che lo amano interamente".

Mi dice che nel mondo ve ne sono molte anime belle innamorate di Gesù e che se il Signore ci ha concesso una pace vittoriosa è per le preghiere di queste anime unite al sangue di tanti buoni sparso.

"Vi sono tante Suore, mi dice, che sono vere sante e nessuno lo sa".

Riferendosi ancora ai Sacerdoti, di nuovo con atto confidenziale, abbassa la voce e mi racconta: "Come le ho già detto, alla sera sono solito prima di andare a riposare, di fermarmi nella Cappella di Nostra Signora, davanti al Santissimo a preghiera.

Una sera ripetendo al Signore che gli volevo tanto bene, sento Gesù dirmi: "Lo so, ma gli altri frati dove sono, perché non vengono anche loro a pregare?".

Fra Leopoldo sospira non scoraggiato, né in atto di rimbrotto, no, ma come semplice, dolorosa, ma vera constatazione di un fatto che si svolge sotto i suoi occhi.

Alla mia domanda se il mondo si convertirà e perché il Signore non manda il suo regno, Fra Leopoldo constata che la guerra non ha portato ancora il benefizio sospirato, un po' l'epidemia, ma che certamente l'avvenire lo porterà.

Egli ha piena certezza che la generazione nuova crescerà migliore e che grande e veramente di bene sarà l'opera dei Fratelli delle Scuole Cristiane unitamente a tante Suore e ordini diversi.

Egli vede nei Fratelli delle Scuole Cristiane la salvezza, perché la loro opera mira specialmente alla gioventù.

Ho ancora tante cose a chiedergli, ma è tardi e nonostante il desiderio di fermarmi ancora devo congedarmi.

Gli ricordo i miei genitori e mia sorella, comunicandogli che vedo in lettera dei progressi morali.

Egli se ne compiace e parlando dei miei, assume un tono così certo, nel ripetermi che si otterrà quanto si desidera che è un vero conforto.

Fra Leopoldo, dal giorno che gli ho fatta la confidenza, non ha dubitato mai per un minuto della sicurezza favorevole dell'esito.

"Stia tranquillo e sicuro" e me lo ripete con tale convinzione, come si trattasse di cosa semplicissima.

"Soltanto preghi e preghiamo".

Con quella bontà tutta sua mi accompagna alla porta.

Mi sorride, mi ripete di ritornare fra due giorni, mi ricorda di ricordarmi a vicenda e sorridendo contento si inchina paternamente ripetendomi: "Sia lodato Gesù Cristo".

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