Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone IV

I. Che cosa significa il bacio dato ai piedi

1. Nel sermone di ieri si è trattato di un certo triplice progresso sotto il nome dei tre baci. Vi ricordate?

Nel discorso di oggi continuerò quell’argomento, con le parole che il Signore, nella sua dolcezza, si degnerà di mettere sulla bocca a me poverello.

Abbiamo detto, se ben vi ricordate, che quei baci si ricevono ai piedi, alla mano e alla bocca, e abbiamo parlato di quanto riguarda ognuno di essi.

Il primo, riassumendo, si riferisce agli inizi della nostra conversione, il secondo viene concesso ai proficienti, il terzo viene sperimentato solo, e raramente, dai perfetti.

Da questo ultimo solo prende inizio questa Scrittura che abbiamo preso a trattare.

Gli altri due li abbiamo aggiunti noi, se con giusta ragione lo giudicherete voi.

Penso, infatti, che la stessa forma del discorso ci inviti chiaramente a farlo.

Mi meraviglierei se anche voi non avvertiste che ci dev’essere altro, cioè altri baci dai quali volle distinguere quello della bocca colei che disse: Mi baci con il baciò della sua bocca ( Ct 1,1 ).

Difatti, perché, mentre bastava dire: Mi baci, fuori dell’usanza e del modo comune di parlare, distintamente e di proposito aggiunge: Con il bacio della sua bocca, se non per mostrare che quello stesso bacio che chiedeva era il sommo, non il solo?

Non usiamo forse noi dire: « Baciami », ovvero: « Dammi un bacio »?

E nessuno è solito aggiungere: « con la tua bocca », o « con il bacio della tua bocca ».

E quando ci disponiamo a baciarci scambievolmente, non accostiamo forse la bocca l’uno a quella dell’altro, senza bisogno di nominarla?

Per esempio, l’evangelista che racconta il bacio con cui fu tradito il Signore, dice: E lo baciò; e non aggiunge: « con la sua bocca », ovvero: « con il bacio della sua bocca ».

Così si usa quando si scrive o si parla.

Sono pertanto questi tre affetti o gradi delle anime abbastanza noti a coloro che li hanno sperimentati, sia che ottengano il perdono dei loro falli, sia che ricevano la grazia di esercitarsi nelle buone opere, sia che venga loro dato, per quanto è possibile in questo fragile corpo, di contemplare la presenza di colui che li ha perdonati e beneficati.

2. Ora vi spiego più chiaramente la ragione per cui ho parlato del primo e del secondo bacio.

Sappiamo tutti che il bacio è un segno di pace.

Se dunque, come dice la Scrittura, i nostri peccati mettono una divisione tra noi e Dio ( Is 59,2 ), una volta tolto l’ostacolo che c’è di mezzo, c’è la pace.

Quando dunque facciamo penitenza affinché, tolto il peccato che ci separa da Dio, siamo riconciliati con lui, il perdono che noi riceviamo io lo chiamerei un bacio di pace.

E questo va ricevuto ai piedi e non altrove, perché vereconda dev’essere la soddisfazione con cui si emenda un peccato di superbia.

II. Che cosa quello dato alle mani

3. Quando poi, per vivere con maggiore purezza e meno indegnamente rivolgerci a Dio, ci viene elargita una certa familiarità, frutto di una grazia più grande, allora finalmente leviamo il capo dalla polvere per baciare, come si usa, la mano del nostro benefattore, se tuttavia non cerchiamo la nostra gloria, a causa del dono ricevuto, ma quella di colui che ce lo ha dato, e a lui riferiamo i suoi doni, non a noi.

Diversamente, se ti glorii in te stesso e non piuttosto nel Signore, dai prova di baciare la tua mano, e non quella del Signore, e questo, secondo la sentenza del beato Giobbe, è massima iniquità, e negazione di Dio.

Se dunque, secondo la Scrittura, cercare la propria gloria è baciare la propria mano, chi dà gloria a Dio non a torto è stimato baciare la mano del Signore.

Vediamo che si usa così anche tra gli uomini; infatti i servi sogliono baciare i piedi dei padroni offesi, quando chiedono loro perdono, e i poveri baciano le mani dei ricchi quando da essi ricevono qualche dono.

III. Dio ha piedi, mani, bocca, « per effetto », non per natura; Dio è l’essere di tutte le cose

4. Tuttavia, poiché Dio è spirito ( Gv 4,24 ) e la sua semplice sostanza non è divisa in membra corporee, vi sarà forse qualcuno che non accetti quanto abbiamo detto, e mi chieda di dimostrargli l’esistenza della mano e dei piedi di Dio, e così provargli quanto ho detto del bacio dei piedi e della mano.

Ma che cosa risponderebbe questo obiettore se io gli chiedessi a mia volta di provarmi l’esistenza della bocca di Dio, dato che ciò che la Scrittura dice del bacio della bocca lo riferisce chiaramente a Dio?

Dunque, o Dio ha questa e quelli, o è privo di quelli e di questa.

Ma Dio ha la bocca con cui insegna agli uomini la scienza, e la mano che dà il cibo a ogni vivente, ed ha i piedi ai quali fa da sgabello la terra, ai quali si prostrano i peccatori della terra, convertiti e umiliati per chiedere perdono.

Tutte queste cose le possiede Dio per effetto, non per natura.

Trova pertanto in Dio sia la vereconda confessione dove prostrarsi umiliata, sia la pronta devozione dove fortificarsi rinnovandosi, e la gioconda contemplazione dove riposare rapita.

È tutto a tutti colui che tutto elargisce, ma non è nulla di tutte queste cose in senso proprio.

Poiché per quello che è in sé, Egli abita una luce inaccessibile; e la sua pace supera ogni intendimento, e la sua sapienza non ha confini, e la sua grandezza non ha limiti ( 1 Tm 6,16; Fil 4,7 ), né può un uomo vederlo e vivere.

Non che sia lontano da ciascuno egli che dà a tutti l’essere, senza del quale tutte le cose sono nulla, ma, ciò che è più meraviglioso, nulla è più di lui presente, e nulla più incomprensibile.

Che cosa infatti è più presente a ognuno che il suo essere?

E tuttavia, che cosa è più incomprensibile a ognuno che l’essere di tutti?

Direi pertanto che Dio è l’essere di tutte le cose, non perché esse sono ciò che Egli è, ma perché da Lui e per Lui e in Lui sono tutte le cose ( Rm 11,36 ).

L’essere dunque di tutte le cose che furono fatte è il loro fattore, non materiale, ma causale.

E in tale modo poi si degna quella maestà di essere l’essere di tutte le sue creature, dando a tutte l’essere, agli animali la vita, ai dotati di ragione facendosi luce, per chi ne usa rettamente virtù, per chi vince gloria.

5. Nel creare tutte queste cose, nel governarle, amministrarne, muoverle, promuoverle, rinnovarle, stabilirle, non ha bisogno di alcun materiale strumento, egli che con una sola parola ha creato i corpi e gli spiriti.

Le anime hanno bisogno dei corpi e dei sensi corporei per conoscersi a vicenda e operare.

Non così l’Onnipotente, il quale con un solo atto di volontà può celermente, sia creare le cose, sia ordinarie come gli piace.

Egli può agire nei riguardi di chi vuole, quanto vuole, senza l’aiuto di membra corporee.

Perché pensi che per scrutare le cose che Egli stesso ha fatto debba servirsi dei sensi corporei?

Egli è luce presente in ogni luogo, a cui nulla affatto sfugge di tutte le cose, senza bisogno dell’apporto dei sensi per conoscere alcunché.

Né solo senza corpo conosce tutte le cose, ma senza corpo si fa conoscere ai mondi di cuore.

Ho insistito su questo a lungo, perché fosse ben chiaro.

Ma forse è meglio, dato che la ristrettezza dell’ora non consente di terminare l’argomento, che lo rimandiamo a domani.

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