Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone VI

I. Tutto Dio opera con il solo cenno della sua volontà. Raffronto fra le opere della Maestà e della redenzione

1. Perché questo sermone si ricolleghi con quello precedente, vi ricordo quanto abbiamo detto, che cioè solamente il sommo e incircoscritto Spirito, per tutte le cose che vuol fare e vuole che siano fatte, non ha bisogno di alcun corpo, sia come strumento, sia come aiuto.

Attribuiamo dunque con sicurezza a Dio solo, come l’immortalità, così anche l’incorporeità: Egli solo infatti tra tutti gli spiriti, trascende ogni natura corporea, talmente che non ha bisogno di qualsiasi corpo in qualsivoglia operazione, bastandogli, quando vuole agire o compiere qualsivoglia opera, un solo cenno spirituale.

Solo, pertanto, non ha bisogno dell’aiuto di uno strumento corporeo né per sé, né per altri, quella Maestà al cui onnipotente arbitrio è continuamente a disposizione ogni opera, davanti alla quale ogni altezza si curva, ogni cosa avversa cede, ogni cosa creata si mostra favorevole.

Insegna o ammonisce senza lingua, offre o tiene senza mani, senza piedi corre e soccorre quelli che stanno per cadere ( perire ).

2. Dio agiva così anche con i padri dei primi secoli; sperimentavano gli uomini i suoi solleciti benefici.

Egli appariva da un’estremità all’altra con fortezza, ma disponendo tutto con soavità, non veniva avvertito dagli uomini.

E godevano dei beni del Signore, e non conoscevano il Signore della potenza per il fatto che giudicava tutto con mitezza.

Erano da lui, ma non con lui; da lui avevano la vita, ma non vivevano per lui; da lui avevano la sapienza, ma non avevano il gusto di lui, quasi stranieri, ingrati, insensati.

Di qui derivò che non attribuissero al loro Autore la loro esistenza, la loro vita, la loro sapienza, ma alla natura, ovvero, più insipientemente, alla fortuna; molti poi ascrivevano molte cose alla loro industria e alla propria virtù.

Quante cose si usurpavano gli spiriti seduttori, quante cose attribuite al sole e alla luna, quante alla terra e alle acque, e quante ancora opere fatte e forgiate dalle mani dei mortali.

Erbe, arbusti, e minutissimi e vilissimi semi venivano onorati come dei.

3. Ahimè! così gli uomini buttarono la loro gloria e la scambiarono con l’immagine di un vitello che mangia fieno!

Dio, avendo pietà dei loro errori, degnandosi di uscire dal monte ombroso e fitto, pose nel sole la sua tenda.

Offrì carne a chi non sapeva gustare che la carne, affinché imparassero a gustare anche lo spirito.

Poiché, mentre nella carne e per mezzo della carne compie opere non della carne, ma di Dio, comandando alla natura e superando la condizione ( delle creature ), rendendo stolta la sapienza degli uomini e debellando la tirannide dei demoni, chiaramente dimostra di essere colui per il quale le medesime cose venivano fatte anche prima, quando venivano fatte.

Nella carne, dico, e per mezzo della carne con potenza e palesemente operò cose meravigliose, pronunciò parole salutari, patì cose indegne, e mostrò all’evidenza che è lui che, con potenza, ma invisibilmente, creò il mondo, che lo regge con sapienza, e lo protegge con benignità.

Infine, mentre annunzia il vangelo agli ingrati, fa miracoli davanti agli increduli, prega per i suoi crocifissori, non dimostra chiaramente di essere il medesimo che con il Padre suo ogni giorno fa nascere il sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere per i giusti e gli ingiusti?

E questo è quello che egli stesso diceva: Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi ( Gv 10,37 ).

4. Ecco, apre la bocca nella sua carne istruendo sul monte i discepoli colui che nel silenzio istruisce gli angeli in cielo.

Ecco, al contatto della sua mano viene curata la lebbra, guarita la cecità, ridonato l’udito, la lingua muta si discioglie, il discepolo che sta per essere sommerso dalle onde viene sollevato, e in lui che opera tutte queste cose viene chiaramente riconosciuto colui del quale Davide, molto tempo prima, aveva detto: Tu apri la tua mano e sazi di cibo ogni vivente ( Sal 145,16 ); e ancora: Apri la tua mano e tutti

sono ricolmi di beni ( Sal 104,28 ).

Ecco la peccatrice pentita, prostrata ai suoi piedi corporali, si sente dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati ( Lc 7,48 ); e riconosce colui dei quale molto tempo innanzi era stato scritto: Uscirà il diavolo davanti ai suoi piedi ( Ab 3,5 ).

Dove infatti il peccato viene perdonato, ivi, senza dubbio, il diavolo viene espulso dal cuore del peccatore.

Perciò è detto in generale di tutti i penitenti: Ora viene il giudizio del mondo, ora il principe di questo mondo sarà cacciato fuori ( Gv 12,31 ); in quanto, cioè, Dio rimette il peccato a chi umilmente lo confessa, e il demonio perde il principato che esercitava sul cuore dell’uomo.

5. Infine, camminava con i piedi carnali sulle onde del mare colui del quale, non ancora rivestito di umana carne, il salmista aveva cantato: Nel mare la tua via, e i tuoi sentieri nelle molte acque ( Sal 77,20 ); che vuol dire: Tu conculchi i cuori gonfi dei superbi, e comprimi i desideri fluttuanti degli uomini carnali, giustificando gli empi e umiliando i superbi.

Questo tuttavia, siccome si compie invisibilmente, non viene percepito dall’uomo carnale da chi venga operato.

Perciò segue: E le tue orme rimasero invisibili ( Sal 77,20 ).

Di qui ancora il Padre al Figlio: Siedi, dice, alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi ( Sal 110,1 ), vale a dire, fino a che tutti coloro che ti disprezzano io li sottometta alla tua volontà, sia che lo facciano di buon grado, e siano beati, sia loro malgrado, e siano infelici.

Pertanto, poiché la carne non percepiva questa operazione dello spirito,( l’animale infatti non percepisce le cose dello spirito di Dio ) ( 1 Cor 2,14 ) fu necessario che, prostrata ai piedi corporei, e baciando con le labbra corporali quegli stessi piedi, la peccatrice ottenesse il perdono dei peccati, e cosi quella mutazione operata dalla destra dell’Altissimo per la quale mirabilmente, ma invisibilmente viene giustificato l’empio, fosse manifesta anche agli uomini carnali.

II. Che cosa stanno a indicare i due piedi di Dio

6. Ma non devo tralasciare quei piedi spirituali di Dio, che in primo luogo il penitente deve baciare spiritualmente.

Conosco la vostra curiosità, per la quale desiderate che, per quanto dipende da voi, nulla passi senza che venga scrutato.

D’altronde non è cosa da disprezzare il sapere con quali piedi spesso la Scrittura dice che Dio ora sta, come quando dice: Adoreremo nel luogo dove stettero i suoi piedi ( Sal 132,7 ), ora cammina, come nella frase: E abiterò in essi, e camminerò tra di loro ( Es 25,8 ), ovvero anche corre, come è scritto: Esultò come un gigante che percorre la via ( Sal 19,6 ).

Se rettamente all’Apostolo è sembrato che il capo di Cristo si riferisca alla divinità, penso che noi, non senza ragione, possiamo pensare che i piedi esprimano l’umanità, e li chiameremo misericordia l’uno, e l’altro giustizia.

Voi conoscete questi due vocaboli, e in parecchi passi della Scrittura vengono nominati insieme, come sapete.

Perché poi Dio abbia assunto nella carne a cui si è unito il piede della misericordia, lo spiega l’epistola agli Ebrei, dove dice che Cristo fu tentato in tutto come noi, eccetto il peccato, al fine di essere misericordioso.

E l’altro piede che abbiamo chiamato giudizio?

Non lo dice appartenere anch’esso all’uomo assunto, lo stesso uomo Dio, dove dice apertamente che gli è stata data dal Padre la potestà di fare il giudizio perché è Figlio dell’uomo?

7. Con questi due piedi che si muovono con armonia sotto l’unico capo della divinità, nato dalla donna, fatto sotto la legge, l’invisibile Emmanuele apparve sulla terra e abitò fra gli uomini.

Con questi certamente anche ora passa, beneficando e sanando tutti gli oppressi dal diavolo, ma spiritualmente, ma invisibilmente.

Con questi piedi, dico, percorre le menti devote, continuamente rischiarando e scrutando i cuori e le reni dei fedeli.

Vedi se per caso non siano questi quelle gambe che la sposa loda così magnificamente in seguito, paragonandole, se non erro, a colonne marmoree, fondate su basi d’oro.

Molto a proposito ( questo paragone ), perché nell’incarnata sapienza di Dio, che è designata dall’oro, la misericordia e la verità si sono venute incontro.

E infine tutte le vie del Signore sono misericordia e verità ( Sal 25,10 ).

III. I doni di grazia che si ricevono da questi due piedi

8. Felice la mente sulla quale il Signore ha poggiato una volta entrambi questi piedi!

Da due segni potete conoscere una tale anima, che ne porta necessariamente impresse in sé le divine vestigia.

Esse sono il timore e la speranza, il primo presenta l’immagine del giudizio, la seconda della misericordia.

Giustamente Dio si compiace in coloro che lo temono, e in coloro che sperano nella sua misericordia ( Sal 147,11 ), essendo il timore inizio della sapienza, la speranza un progresso; poiché la perfezione è riservata alla carità.

Stando così le cose, non piccolo frutto c’è in questo primo bacio che si riceve ai piedi.

Solamente non trascurare questo, e non sarai privato di nessuno degli altri due.

Se, pertanto, con il dolore del peccato e il timore del giudizio ti mantieni in sentimenti di compunzione, hai impresso le labbra al piede della verità e del giudizio.

Che se temperi il timore e il dolore con la speranza di ottenere il perdono, in vista della divina bontà, sappi che hai abbracciato anche il piede della misericordia.

Diversamente non conviene baciare un piede sì e uno no, perché il ricordo del solo giudizio fa precipitare nel baratro della disperazione, e la fallace adulazione della misericordia genera una pessima sicurezza.

9. È stato concesso anche a me, misero, di sedere talvolta presso i piedi del Signore Gesù, e di abbracciare con tutta devozione or questo or quello, secondo che la sua benignità si degnava di concedermi.

Ma se talvolta, dimentico della misericordia, stimolato dalla coscienza, mi trattenevo un po’ troppo sul giudizio, subito, abbattuto da incredibile paura e da profonda confusione, sprofondato in un tenebroso orrore, non facevo che gridare gemendo dal profondo: Chi conosce l’impeto della tua ira, e il tuo sdegno con il timore a te dovuto? ( Sal 90,11 ).

Che se, lasciato quello, mi capitava di tenermi troppo stretto al piede della misericordia venivo preso al contrario da tanta trascuratezza e negligenza che subito l’orazione diventava più tiepida, più pigra l’azione, più pronto il riso, più incauto il discorso, in una parola, tutto lo stato dell’uomo interiore ed esteriore risultava più incostante.

Perciò, edotto dall’esperienza che è maestra, canterò ormai a te, o Signore, non il solo giudizio, o la sola misericordia, ma insieme la misericordia e il giudizio.

In eterno non dimenticherò i tuoi precetti: saranno oggetto del mio canto entrambi nel luogo del mio pellegrinaggio, fino a che, prevalendo la misericordia sul giudizio, taccia la miseria, e sola ormai canti a te la mia gloria, essendo passato il tempo della compunzione.

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