Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XVII

I. Presenza o assenza dello Spirito

1. Pensiamo di aver camminato abbastanza nel santuario di Dio, mentre scrutiamo il mirabile sacramento ( del nome di Gesù ), oppure vogliamo osare seguire lo Spirito per scrutare se resta qualcosa nell’interno?

Questo Spirito, infatti, scruta, non solo i cuori e i reni degli uomini, ma anche le profondità di Dio; e sia per le cose nostre, sia per le cose più alte, lo seguo sicuro dovunque vada.

Purché egli custodisca i nostri cuori e la nostra intelligenza, perché non succeda di crederlo presente quando non c’è, e invece di lui seguiamo la nostra sensibilità, andando fuori strada.

Viene, infatti, e se ne va, come vuole; e nessuno conosce facilmente di dove venga o dove vada.

Ma questo forse si può ignorare senza danno per la salute dell’anima; invece è assai pericoloso ignorare quando venga e quando se ne vada.

Quando, infatti, non si bada con grande attenzione a questo alternarsi di presenze e assenze in noi dello Spirito Santo, capita che non lo desideri quando è assente, né gli dai gloria quando è presente.

Per questo infatti si allontana, per essere richiamato con più fervore; ma se non sai che è assente, come lo cerchi?

E quando ritorna per consolare, come viene ricevuto in modo degno della sua maestà, se non si avverte la sua presenza?

La mente, dunque, che non si accorge della sua partenza, è aperta alla seduzione; e quella che non si accorge del suo ritorno, sarà ingrata al suo visitatore.

2. Una volta Eliseo chiese una cosa al suo maestro, quando capì che era imminente la sua dipartita; la ottenne soltanto a condizione che lo vedesse allorché sarebbe stato tolto da lui.

Questo che capitò a loro era una figura ed è stato scritto per noi.

L’esempio del Profeta ci istruisce e ammonisce a essere vigilanti e solleciti circa l’opera della nostra salvezza, che lo Spirito opera incessantemente in noi con mirabile finezza e soavità.

L’unzione maestra, che ci istruisce su tutte le cose, non ci venga mai tolta senza che noi cene accorgiamo, se vogliamo ( come Eliseo ) non essere privati del duplice dono.

Non ci trovi mai impreparati quando viene, ma sempre con i volti protesi e i cuori aperti per ricevere l’abbondante benedizione del Signore.

Con quali disposizioni vuole trovarci?

Simili agli uomini che aspettano il loro padrone, quando torna da nozze ( Lc 12,36 ), il quale, certamente, non torna mai a mani vuote da quelle copiose delizie della mensa celeste.

Occorre dunque vegliare e vegliare in continuazione, perché non sappiamo l’ora in cui verrà lo Spirito, o di nuovo se ne andrà.

Va e torna lo Spirito, e chi sta in piedi sorretto da lui, quando lo lascia, è inevitabile che cada; ma non si farà male, perché nuovamente il Signore lo sostiene con la sua mano.

E non cessa di far passare per queste vicende alterne coloro che sono spirituali, o piuttosto, coloro che egli intende fare tali, visitandoli al mattino e subito mettendoli alla prova.

Sette volte cade il giusto, e sette volte si rialza: se però cade di giorno, in modo da accorgersi che cade, e, sapendo di essere caduto, desideri rialzarsi e cerchi una mano che lo aiuti, dicendo: Nella tua bontà, o Signore, mi hai posto su un monte sicuro; ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato ( Sal 30,8 ).

II. Dubbio e falsità si allontanano con la presenza dello Spirito

3. Altro è dubitare della verità, ed è inevitabile che ti succeda, quando lo Spirito non spira affatto, e altro è sentire falsamente, e questo lo eviterai facilmente, se tu non ignori la tua ignoranza, dicendo anche tu: Se qualche cosa ho ignorato, la mia ignoranza è con me ( Gb 19,4 ).

È sentenza del santo Giobbe. Riconoscetelo.

L’ignoranza è una pessima madre che ha due pessimi figli: la falsità e il dubbio, la prima più misera, il secondo più miserabile; più perniciosa la prima, l’altro più molesto.

Quando parla lo Spirito, scompaiono l’una e l’altro, e c’è allora non solo la verità, ma la certezza della verità.

Quello è infatti lo Spirito di verità, al quale è contraria la falsità; ed è anche lo Spirito di sapienza, la quale, essendo candore della vita eterna, che arriva ovunque per il suo splendore, è incompatibile con l’oscuro dell’ambiguità.

Quando questo non parla, però, c’è da temere, se non il dubbio molesto, certo la falsità esecranda.

Altro è, infatti, avere una opinione incerta su questa o quella cosa, altro è affermare temerariamente quello che non sai.

Dunque, o parli sempre lo Spirito, il che non dipende da noi; ovvero, quando gli piace di tacere, faccia saper questo, e parli almeno il suo silenzio, affinché noi, credendo falsamente di seguire lui, non andiamo invece sicuri dietro il nostro errore; e se ci rende sospesi nell’ambiguità, non ci abbandoni alla menzogna.

C’è chi proferisce, dubitando, una menzogna e non mente, e c’è chi afferma la verità che ignora e mentisce.

Il primo, infatti, non dice che sia quello che non è, ma dice di credere quel che crede e dice il vero, anche se non è vero quello che crede; e l’altro, dicendo di essere certo, mentre non lo è, non dice il vero, anche se è vero ciò di cui parla.

4. Premesse queste cose, perché gli inesperti agiscano con cautela, seguirò ora lo Spirito che, come confido, ci va innanzi, usando, per quanto potrò, la medesima cautela di cui ho parlato prima; e tenterò di fare io stesso quello che insegno, perché non mi si dica: Tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso ( Rm 2,21 ).

Bisogna bene distinguere tra le cose chiare e quelle dubbie, né revocare in dubbio le prime, né affermare con temerità le seconde.

Questo lo speriamo dall’insegnamento dello Spirito: poiché la nostra industria per questo è del tutto insufficiente.

III. Il giudizio sul diavolo dato in cielo

Quale uomo sa se il giudizio compiuto da Dio riguardo agli uomini, di cui si è trattato nel sermone precedente, si sia anche svolto in precedenza nei cieli?

5. Cioè, se Lucifero, che sorgeva al mattino, ma troppo presto si elevava, prima di venire mutato in tenebre, sia stato preso da invidia anche lui per l’infusione dell’olio sul genere umano, e tra sé, già allora brontolasse con indignazione, dicendo su per giù: Perché questo spreco? ( Mt 26,8 ).

Non affermo che lo Spirito dica questo, ma non dice neanche il contrario; non lo so.

Poté capitare, a meno che si creda incredibile che egli, pieno di sapienza e perfetto in bellezza, abbia potuto prevedere che gli uomini sarebbero stati creati e sarebbero saliti a una gloria pari alla sua.

Ma se lo previde, lo vide certamente nel Verbo di Dio, e nel suo livore arse d’invidia, e si diede da fare per avere come sudditi coloro che disdegnava di avere come compagni.

Sono più deboli, diceva, per natura inferiori: non conviene che siano miei concittadini, né uguali nella gloria.

O forse, questa empia macchinazione fa intravedere quel presumere di salire e di porre in alto il suo seggio, che significa il magistero?

Ascenderò, dice, in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, onde ottenere così una somiglianza con l’Altissimo e, come questi, sedendo sopra i cherubini, governa ogni creatura angelica, così anch’egli, sedendo in alto, reggesse tutto il genere umano?

Ma questo non sia mai! Ha tramato l’iniquità sul suo giaciglio, mentisca l’iniquità a se stessa.

Noi non riconosciamo altro giudice che il Creatore.

Non il diavolo, ma il Signore giudicherà il mondo; egli è il nostro Dio nei secoli dei secoli, egli ci governerà sempre.

6. Dunque, la superbia, prima madre della morte e di tutte le calamità, concepì in cielo il dolore e partorì l’iniquità, figlia della malizia.

Poiché, anche se la morte è apparsa sulla terra per invidia del diavolo, l’inizio tuttavia di ogni peccato è la superbia.

Ma questo quale giovamento portò al diavolo?

Però tu sei fra di noi, o Signore, e il tuo nome è invocato sopra di noi, e il tuo popolo d’acquisto dice, dice la Chiesa dei redenti: Olio sparso è il tuo nome ( Ct 1,2 ).

Quando io sono cacciato, tu lo effondi dietro di me e in me, perché, dopo esserti adirato, ti ricorderai della misericordia.

Tuttavia, Satana ha ricevuto un regno su tutti i figli, della superbia, divenendo principe di queste tenebre, perché la superbia lotti contro il regno dell’umiltà.

Così, in questo suo principato temporale, che è solo temporale, lottando contro molti umili, li ha resi re grandi ed eterni.

Felice giudizio, che quel superbo, persecutore degli umili, fabbrichi per essi, senza saperlo, corone perpetue, lottando contro tutti e soccombendo a tutti.

Poiché, dovunque e sempre il Signore giudicherà i popoli, e salverà i figli dei poveri, e umilierà il calunniatore.

Dovunque e sempre difenderà i suoi, respingerà i nemici e impedirà che la verga dei peccatori pesi sulla sorte dei giusti, perché questi non stendano le mani a compiere il male; e tutto questo avverrà quando romperà totalmente l’arco, e spezzerà le armi e brucerà con il fuoco gli scudi.

Tu, miserabile, poni il tuo trono nell’aquilone, zona nebbiosa e fredda; ed ecco che i miseri sono sollevati dalla polvere e i poveri dall’immondizia, e vengono fatti sedere con i principi su troni di gloria, e tu vedrai con dolore adempiersi quel detto: Il povero e il bisognoso loderanno il Nome.

7. Grazie a te, padre degli orfani e giudice dei fanciulli: il monte fertile, il monte pingue ha irradiato su di noi il suo calore; i cieli stillarono davanti al Dio del Sinai, fu effuso l’olio, dilatato il nome che l’iniquo invidiava a noi e per il quale ci portava invidia; dilatato, dico; fino ai cuori e alla bocca dei pargoli, per cui nella bocca dei bambini e dei lattanti si forma una perfetta lode.

L’empio pertanto vede e si adira, e vi sarà per lui, al pari dell’ira, il fuoco inestinguibile, che è già stato preparato per lui è per i suoi angeli.

Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

IV. In questi due giudizi l’umile è consolato. Si passa al senso morale

Come mi ami, Dio mio, amore mio!

Come mi ami, ricordandoti ovunque di me, zelando ovunque la salvezza del misero e del povero, non solo contro gli uomini superbi, ma anche contro angeli sublimi.

Tu giudichi in cielo e in terra coloro che mi nuocciono, sconfiggi chi mi combatte; ovunque vieni in aiuto, ovunque assisti, ovunque stai alla mia destra, perché io non sia smosso.

Queste cose canterò al Signore nella mia vita, canterò al mio Dio finché esisto.

Queste sono le sue imprese, queste le meraviglie che egli ha fatto.

Questo è il primo e più grande giudizio che mi ha fatto capire la vergine Maria, così addentro ai segreti divini: Ha rovesciato, dice, i potenti dai troni, ed ha innalzato gli umili.

Ha ricolmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi ( Lc 1,52-53 ).

Il secondo giudizio, simile a questo, già lo avete udito: perché coloro che non vedono, vedano, e coloro che vedono diventino ciechi ( Gv 9,39 ).

In questi due giudizi si consoli il povero e dica: Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore, e ne sono consolato ( Sal 119,52 ).

8. Ma ritorniamo a noi stessi e scrutiamo la nostra condotta; e perché possiamo farlo in verità, invochiamo lo Spirito di verità, richiamiamolo dall’alto, dove ci aveva condotti, perché ci guidi verso noi stessi, poiché senza di lui non possiamo far nulla.

E non c’è da temere che non voglia ascoltarci, anzi, egli si offende se tentiamo di fare alcunché, anche minimo, senza di lui.

Non è, infatti, uno che va e non ritorna, ma ci conduce e riconduce di chiarezza in chiarezza, come Spirito del Signore, talora attirandoci a sé nella sua luce, talora temperando e illuminando le nostre tenebre, perché, o sia sopra di noi, o presso di noi, camminiamo sempre nella luce, come figli della luce.

Siamo passati per le ombre delle allegorie; siamo pervenuti all’esame dei precetti morali.

È stata edificata la fede, ora dobbiamo conformarvi la vita; si è esercitato l’intelletto, si prescrivano gli atti.

Infatti: Buon intelletto hanno coloro che lo fanno seguire dalle azioni ( Sal 111,10 ), a condizione che e le azioni, e l’intelligenza siano dirette alla lode e gloria del Signore nostro Gesù Cristo, che è benedetto nei secoli.

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