Sermoni sul Cantico dei Cantici

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Sermone XLIV

I. Perché lo sposo è grappolo e per chi e che cosa significhi Engaddi

1. Il mio diletto è per me un grappolo di Cipro nelle vigne di Engaddi ( Ct 1,13 ).

Se il diletto è raffigurato nella mirra, a più forte ragione lo è nella soavità di un grappolo.

Dunque il Signore mio Gesù è per me mirra nella morte, grappolo nella risurrezione; egli si è fatto per me saluberrima bevanda, temperata da lacrime.

È morto per i nostri peccati, è risuscitato per la nostra giustificazione, affinché, morti al peccato viviamo per la giustizia.

Dunque anche tu, se hai pianto i tuoi peccati hai bevuto l’amarezza; se poi hai già respirato alla speranza di una vita più santa, l’amarezza della mirra si è cambiata per te in vino che rallegra il cuore dell’uomo.

E questo forse voleva significare il fatto che questo vino, mescolato con mirra, fu offerto al Salvatore in croce.

E per questo non volle bere, perché aveva sete di quest’altro.

Tu dunque dopo le amarezze della mirra, come ho detto, sperimentando il vino della giocondità, potrai dire anche tu senza essere temerario: Il mio diletto è per me un grappolo di Cipro nelle vigne di Engaddi.

Engaddi ha un duplice significato, tutti e due servono a un’unica interpretazione.

Significa infatti « fonte del capretto », e designa chiaramente il battesimo dei gentili e le lacrime dei penitenti.

Significa anche « occhio della tentazione » che in pari tempo spande lacrime e bada alle tentazioni che non mancano mai nella vita dell’uomo sulla terra.

Ma anche il popolo dei gentili che camminava nelle tenebre non poté mai da sé conoscere i lacci delle tentazioni e tanto meno evitarli, fino a che per grazia di colui che illumina i ciechi ricevette gli occhi della fede; finché venne alla Chiesa che ha l’occhio della tentazione; fino a che si affidò, per essere istruito, a uomini spirituali i quali, illuminati dallo Spirito di sapienza e ricchi della loro esperienza possono veramente dire: « Non ignoriamo le astuzie del diavolo e le sue macchinazioni ».

II. Quali siano le vigne di Engaddi e quale il loro balsamo, quale il grappolo di Cipro e il suo vino

2. Dicono che in Engaddi crescono degli arbusti di balsamo che gli abitanti del posto coltivano a mo’ delle viti; per questo forse le ha chiamate « vigne ».

Diversamente , che ci fa un grappolo di Cipro nelle vigne di Engaddi?

Chi mai porta grappoli da una vigna all’altra?

Si usa, è vero, dove mancano, portarne da altrove, ma non dove ci sono.

Dunque chiama vigna di Engaddi i popoli della Chiesa che possiede un liquore balsamico, lo spirito di mansuetudine, con il quale lenisce blandamente quelli che sono ancora teneri pargoli in Cristo, e consola i dolori dei penitenti.

Se poi qualche fratello è implicato in qualche delitto, un uomo ecclesiastico che ha ricevuto questo spirito cercherà di istruire questo tale nello stesso spirito di bontà, considerando se stesso, perché anche lui non cada in tentazione.

In questo tipo, quanti debbono essere battezzati la Chiesa è solita ungerli anche corporalmente con olio materiale.

3. Ma poiché le ferite di quell’uomo che incappò nei ladroni e fu portato sul giumento del pio Samaritano all’albergo della Chiesa sono state sanate non solo ungendole con olio, ma insieme con olio e vino, il medico spirituale ha bisogno anche del vino dello zelo ardente, insieme con l’olio della mansuetudine, come colui al quale conviene non solo consolare i pusillanimi, ma anche correggere gli inquieti.

Se infatti vedrà che colui che era stato ferito, vale a dire che aveva peccato, non si è affatto emendato con le dolci e amorevoli esortazioni usate nei suoi riguardi, ma piuttosto abusando della mansuetudine e pazienza del medico sarà divenuto ancora più negligente, dormendo più tranquillo nel suo peccato, visto inutile l’olio delle ammonizioni bisognerà che usi dei rimedi più forti, versando sulle piaghe il vino della compunzione, usando cioè con lui i rimproveri e le invettive, e se il caso lo richiede e la durezza è tanta, userà anche contro il disprezzatore il bastone della censura ecclesiastica.

Ma dove prenderà questo vino? Nelle vigne di Engaddi non si trova vino, ma olio.

Lo cerchi dunque in Cipro, perché quell’isola è ricca di vigne e produce ottimo vino, e prendendo di là un enorme grappolo che una volta gli esploratori venuti da Israele portarono appeso a una trave, figurando con un bell’esempio chi precedeva il coro dei Profeti, chi seguiva quello degli Apostoli, e il grappolo in mezzo Gesù, prendendo dunque questo grappolo dica a se stesso: Grappolo di Cipro è per me il mio diletto.

III. Donde il fluido del balsamo, cioè la soavità della mansuetudine, o quali mosche la distruggono

4. Abbiamo visto il grappolo: vediamo ora come se ne spreme il vino dello zelo.

Se contro un uomo che pecca un altro uomo peccatore non si sdegna, ma piuttosto quasi stillando verso di lui come una rugiada di soavissimo balsamo, gli dimostra un tenero sentimento di compassione, questo sappiamo da dove viene, e già l’avete udito, ma forse non ci avete badato.

È stato detto infatti che dalla considerazione di se stesso deriva che uno si dimostra mansueto verso tutti, mentre l’uomo, per consiglio del sapientissimo Paolo, per essere condiscendente verso coloro che cadono in peccato considera se stesso, e la possibilità di essere anche egli tentato.

Non trae forse di qui la sua radice l’amore del prossimo, del quale è ordinato nella legge: Amerai il prossimo tuo come te stesso ( Lv 19,18; Lc 10,27 ).

L’amore fraterno in verità ha la sua prima origine nell’intimo del cuore umano, e da una certa dolcezza naturale insita nell’uomo verso se stesso, come da un umore terreno, prende vigore e forza, per cui con l’aiuto della grazia produce frutti di pietà; di modo che ciò che l’anima naturalmente appetisce per sé non pensa di doverlo negare, quando lo possa e convenga farlo, a un suo simile, in forza di un certo diritto di umanità, e anzi volentieri e spontaneamente lo offre.

Vi è dunque nella natura, se non è guasta dal peccato, questo liquore di grazia ed esimia soavità, di modo che si sente piuttosto facile nel compatire i peccatori che non aspra nell’indignarsi contro di essi.

5. Tuttavia, poiché secondo la sentenza del Saggio le mosche che stanno per morire rovinano questo soave unguento ( Qo 10,1 ) e la natura una volta perso non ha in sé il modo di ripararlo, sente di cadere in quella lamentevole situazione che la Scrittura giustamente descrive così: L’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza ( Gen 8,21 ).

Non è una buona adolescenza quella in cui il figlio più giovane chiede che gli venga data la sua porzione della paterna eredità, e comincia a volere che gli sia diviso quello che più dolcemente si possiede in comune, e a voler avere da solo quello che non diminuisce facendone parte agli altri; dividendolo invece, si perde.

Infatti: Dissipò tutti i suoi beni, vivendo da dissoluto con le meretrici ( Lc 15,13 ).

Chi sono queste meretrici?

Vedi se non siano quelle stesse che rovinano il soave unguento, cioè le concupiscenze carnali, delle quali la Scrittura, ammonendoti molto salutarmente ti dice: Non andare dietro le tue concupiscenze ( Sir 18,30 ).

E il Saggio dice di esse che stanno per morire: Il mondo passa con le sue concupiscenze ( 1 Gv 2,17 ).

Quando dunque noi vogliamo singolarmente soddisfarle, ci priviamo della singolare soavità del bene sociale e comune.

Queste sono davvero quelle mosche schifose e noiose che deturpano in noi la grazia della natura, lacerando la mente con affanni e sollecitudini, e rovinando la soavità della grazia sociale.

Perciò quell’uomo viene chiamato il più giovane, perché la sua natura, depravata dalla lubricità di una insensata adolescenza ha perso ogni sentimento di virile maturità e di sapienza, e venuta nei guai con animo inaridito disprezza tutti all’infuori di sé, divenuta priva di affezione.

IV. Come la mansuetudine si recuperi attraverso la grazia, o come il vino dello zelo è spremuto dal grappolo di Cipro

6. Dunque, dall’inizio di una tale pessima e miserrima adolescenza, i sensi dell’uomo e i suoi pensieri sono inclini al male, e anche la natura è più pronta all’indignazione che alla compassione.

Di qui l’uomo, quasi del tutto spoglio della sua umanità, mentre nel bisogno desidera che gli altri uomini gli vengano incontro con sentimenti umani, non vuole agire così con quelli che sono nello stesso bisogno, ma piuttosto giudica, disprezza, deride gli uomini, lui che è uomo, lui peccatore tratta male quelli che peccano, non considerando se stesso, come soggetto anch’egli a sbagliare.

Da questo male la natura è incapace di risorgere da sé, come ho detto, né potrà recuperare l’olio della connaturale mansuetudine una volta perduto.

Tuttavia quello che non può la natura lo può la grazia.

Dunque, l’unzione dello Spirito avendo pietà di quest’uomo, si degnerà di irrorarlo nuovamente con la sua benignità, e questi subito ritornerà uomo, anzi, riceverà qualche cosa di meglio della grazia che ha dalla natura.

Nella fede e nella mansuetudine lo fece santo, ( Sir 45,4 ) e gli darà non olio, ma balsamo delle vigne di Engaddi.

7. Non vi è dubbio che dalla fonte del capretto fluiscono i carismi migliori, e tinti da essi, i capretti si mutano in agnelli, e fanno passare i peccatori dalla sinistra alla destra, una volta che sono stati abbondantemente unti dell’unzione della misericordia, in modo che dove abbondò il peccato, sovrabbondi la grazia.

Non ti sembra che sia in certo modo ritornato uomo quest’uomo che avendo deposta la selvatichezza di un animo secolare, e avendo recuperato con una grazia più abbondante l’unzione dell’umana mansuetudine che le mosche delle passioni carnali avevano in lui completamente distrutto, dall’uomo che porta in sé, anzi che è egli stesso, prende materia e forma per compatire gli altri uomini, di modo che giudica ormai come cosa degna di morte non solo il fare agli altri quello che non sopporterebbe fatto a sé, ma anche il non fare a tutti tutte quelle cose che vorrebbe venissero fatte a se stesso?

8. Ecco di dove proviene l’olio.

E il vino di dove? Dal grappolo di Cipro.

Se infatti ami il Signore Gesù con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze, forse che, se lo vedrai ingiuriato e disprezzato, potrai sopportare questo con animo tranquillo?

Certamente no; ma subito, preso dallo spirito di giudizio e di ardore, e come un forte ebbro di vino, pieno dello zelo di Finees, dirai con Davide: Mi divora lo zelo …, perché i miei nemici hanno dimenticato le tue parole ( Sal 119,139 ); e con il Signore: Lo zelo della tua casa mi ha divorato ( Sal 69,10 ).

È dunque vino questo ferventissimo zelo, spremuto dal grappolo di Cipro, e l’amore di Cristo è un calice inebriante.

E anche il nostro Dio è un fuoco che consuma ( Dt 4,24 ) e il Profeta diceva che un fuoco era stato mandato dal cielo nelle sue ossa, perché ardeva del divino amore.

Avendo frattanto dall’amore fraterno l’olio della mansuetudine, e dall’amore divino il vino dello zelo, disponiti sicuro a curare le ferite di, colui che è incappato nei ladroni, imitando egregiamente il piissimo Samaritano.

Di’ anche con sicurezza insieme con la sposa: Grappolo di Cipro è per me il mio diletto nelle vigne di Engaddi, vale a dire: lo zelo per la giustizia, l’amore del diletto mio io li tengo tra gli affetti della pietà.

E di questo basta. La mia infermità mi costringe a una pausa, come capita spesso, e così il più delle volte mi costringe a lasciare incompiute le discussioni, e a rimandare il resto della materia a un altro giorno.

Ma che? Io sono preparato ad essere flagellato ( Sal 38,18 ), sapendo che riceverei castighi inferiori a quanto merito.

Che io sia flagellato davvero, che io sia flagellato per le mie cattive opere, e se mai le piaghe siano reputate a merito, forse avrà pietà del flagellato colui che non ha trovato in me un bene da poter rimunerare, lo Sposo della Chiesa Gesù Cristo nostro Signore, che è Dio benedetto nei secoli.

Amen.

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