Sermoni sul Cantico dei Cantici  

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Sermone LXXXVI

I. L’ornamento della verecondia che appare nella sposa, e che si addice soprattutto agli adolescenti

1. Non è più il caso ormai di chiedermi perché l’anima cerchi il Verbo: ciò è già stato esposto a sufficienza sopra.

Dunque, andiamo avanti in questo capitolo, parlando però solo delle lezioni pratiche che ne conseguono.

Come prima cosa notiamo la verecondia della sposa: non so se si possa vedere nei costumi degli uomini qualcosa di più piacevole.

È bene avere questa in mano prima di ogni altra cosa, e cogliere questo bel fiore da questo passo e ornare i nostri adolescenti: non che essa non si debba ritenere con ogni cura anche nell’età più adulta, essendo certamente essa l’ornamento di ogni età, ma perché la grazia della delicata verecondia splende maggiormente ed è più bella nella tenera età.

Che cosa c’è di più amabile di un verecondo adolescente?

Quanto è bella e splendida questa gemma di costumi nella vita e sul volto di un adolescente!

Come è verace e sicuro indizio di speranza e indizio di indole buona!

È una verga di disciplina per lui che alzata contro gli affetti disordinati, tiene all’ordine e comprime gli insolenti atti e movimenti di leggerezza di una lubrica età.

Che cosa tiene così lontano il turpiloquio ed ogni conseguente turpitudine?

È sorella della continenza.

Nessuna altra cosa è indizio così manifesto della semplicità della colomba, e anche prova di innocenza.

È lampada sempre splendente di una mente pudica, perché nulla di turpe o meno decoroso si stabilisca in essa, senza che essa subito lo scopra.

In tal modo, nemica dei mali e propugnatrice di innata purezza è speciale gloria della coscienza, custode della buona reputazione, decoro della vita, sede delle virtù e loro primizia, vanto della natura e sigillo di ogni onestà.

Lo stesso rossore delle guance che il pudore può far comparire, quanta grazia e decoro conferisce al volto che ne è soffuso!

2. La verecondia è un genuino bene dell’animo fino a tal punto che anche quelli che non temono di fare il male, hanno tuttavia il pudore di non farlo palesemente, come dice il Signore: Chi opera il male odia la luce ( Gv 3,20 ).

Ma anche: Quelli che dormono dormono di notte e quelli che sono ubriachi lo sono di notte ( 1 Ts 5,7 ); cercano, cioè, di nascondere con le tenebre le opere delle tenebre e degne dell’oscurità.

È interessante, tuttavia, che le bruttezze nascoste che la verecondia di questi tali arrossisce non di avere, ma di far vedere, la verecondia della sposa non solamente le ricopre, ma le rigetta, le allontana.

E perciò dice il Saggio: C’è una vergogna che porta al peccato, e c’è una vergogna che è onore e grazia ( Sir 4,21 ).

La sposa cerca il Verbo con verecondia, sì, perché nel letto, perché nelle notti; ma questa verecondia ha gloria, non peccato.

Cerca il Verbo per purificare la coscienza, lo cerca per la testimonianza, per poter dire: Questa è la mia gloria, la testimonianza della mia coscienza ( 2 Cor 1,12 ).

Nel mio lettuccio per notti ho cercato l’amato dell’anima mia.

La verecondia, se fai attenzione, ti è indicata e dal luogo e dal tempo.

Che cosa è così amico dell’animo verecondo quanto il segreto?

Ora la notte e il letto possiedono il segreto.

E a chi vuole pregare è comandato di entrare nella camera, certamente per tenere il segreto.

Questa è una misura di cautela, perché a quelli che pregano pubblicamente l’umana lode non porti via il frutto dell’orazione e ne renda vano l’effetto.

Ma ti viene insegnata la verecondia con questa sentenza.

Che cosa è così proprio della verecondia quanto evitare le proprie lodi, evitare l’ostentazione?

È chiaro che il figlio e il maestro del pudore ha prescritto il segreto a quelli che pregano, particolarmente a cauta della verecondia.

Nulla è più brutto, specialmente in un adolescente quanto ostentare la santità, sebbene sia molto conveniente che la pratica della devozione cominci già da questa età, come dice il Profeta Geremia: È bene per l’uomo portare il giogo fin dalla giovinezza ( Lam 3,27 ).

È una buona raccomandazione per l’orazione che si sta per fare se si, premette la verecondia dicendo: Io sono piccolo e disprezzato ma non trascuro i tuoi precetti ( Sal 119,141 ).

II. Il luogo e il tempo propri dell’orazione, e che cosa si intenda secondo il senso morale per letto e notte

3. E non solo occorre tener conto del luogo, ma anche del tempo quando si vuole pregare.

Il tempo del riposo è più comodo e più adatto, specialmente quando il sonno della notte produce un profondo silenzio.

Allora l’orazione è più libera e più pura: Alzati nella notte, quando cominciano i turni delle sentinelle, effondi come acqua il tuo cuore davanti al Signore tuo Dio ( Lam 2,19 ).

Come sale segreta nella notte l’orazione, alla presenza di Dio solo e del santo angelo che la riceve per presentarla all’altare del cielo!

Come gradita e splendida, coronata di verecondo rossore!

Come serena e placida, non disturbata da alcun grido o strepito!

In ultimo come pura e sincera, non cosparsa da alcuna polvere di preoccupazioni terrene, non tentata da alcuna lode o adulazione di spettatori estranei!

Per questo dunque la sposa, non con minor verecondia che cautela cercava il segreto del letto e della notte volendo pregare, cioè cercare il Verbo; è, infatti, la stessa cosa.

Diversamente non preghi bene se, pregando, cerchi qualcosa di diverso dal Verbo o che non cerchi per il Verbo, perché in lui sono tutte le cose.

In lui c’è il rimedio delle ferite, gli aiuti nelle necessità, in lui il risarcimento dei difetti, in lui l’abbondanza dei profitti, in lui insomma tutto quello che interessa agli uomini ricevere o avere, tutto quello che conviene o necessita loro.

Senza ragione si chiede altro dal Verbo, essendo egli tutte le cose.

Infatti, anche se sembriamo chiedere, quando è necessario, queste cose temporali, se il Verbo è in causa, come è degno che sia, è lui che cerchiamo più che quelle, che cerchiamo per lui.

Sanno questo quelli che sono soliti indirizzare l’uso di tutte le cose temporali per meritare il Verbo.

4. Non ci rincresca, tuttavia, scrutare ancora i segreti di questo letto e di questo tempo, per vedere se possiamo cavarne fuori qualche cosa di spirituale che vi si nasconde.

E ci piace vedere raffigurata nel letto l’umana infermità, e nelle tenebre notturne l’ignoranza ugualmente umana, ne consegue ed è davvero conveniente che si cerchi con insistenza il Verbo che è virtù di Dio e sapienza di Dio contro questi due mali originali.

Che cosa, infatti, vi è di più conveniente che all’infermità si opponga la forza, e all’ignoranza la sapienza?

E perché non resti alcun dubbio ai cuori semplici circa questa interpretazione, sentano quello che dice a questo riguardo il santo Profeta: Il Signore lo sosterrà sul letto del suo dolore, gli darai sollievo nella sua malattia ( Sal 41,4 ).

Questo riguardo al letto.

Riguardo poi alla notte dell’ignoranza nulla di più chiaro di quanto si dice in un altro Salmo: Non capiscono, non vogliono intendere, avanzano nelle tenebre ( Sal 82,5 ), dove si esprime certamente la stessa ignoranza in cui il beato Apostolo confessa di essere nato e dalla quale si gloria di essere stato strappato dicendo: È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre ( Col 1,13 ).

E perciò diceva: Non siamo figli della notte, né delle tenebre ( 1 Ts 5,5 ); e ancora, rivolgendosi a tutti gli eletti: Comportatevi come figli della luce ( Ef 5,8 ).

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