Teologia dei Padri

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Il riposo

1. - Tutto a suo tempo!

Come il corpo affranto dal digiuno ha bisogno di essere un po' rifocillato per poter tornare di nuovo con ardore all'impegno del digiuno, così anche l'anima ha bisogno di riposo e di ristoro.

Non si deve infatti essere sempre sotto pressione, né sempre rilassati, ma a volte fare questo e a volte fare quello, mantenendo così l'equilibrio psichico e soggiogando la petulanza della carne.

Come infatti la continua applicazione al lavoro stanca e abbatte, così il riposo continuo porta alla neghittosità.

Questo lo si può osservare sia nell'anima, sia nel corpo: perciò il bene migliore è sempre la moderazione.

Ce lo insegna lo stesso Dio dell'universo, per mezzo delle creature che ha prodotto per la nostra stessa sussistenza; e perché lo comprendiate, spendiamo qualche parola sulla notte e sul giorno, cioè sulle tenebre e la luce.

Quando egli distinse il giorno, destinato al lavoro degli uomini, dalle tenebre notturne, destinate alla quiete e al riposo dalla fatica, impose loro, perché noi tutti ne avessimo un vero beneficio, una misura e un termine.

Che la luce sia da dedicare al lavoro diurno, odilo da Davide: Esce l'uomo per le sue opere, per il suo lavoro, fino alla sera ( Sal 104,23 ).

E dice bene: « Fino alla sera »: quando infatti scende la sera la luce se ne va, sopravvengono le tenebre che assopiscono la natura umana, donano il riposo al corpo affaticato, ristorano i sensi e, come fa una nutrice premurosa, concedono alle membra il riposo dalla fatica e dai lavori.

Ma quando la notte ha colmato la sua misura, lo splendore del giorno si avanza, ci sveglia, ci spinge ad andare incontro al sole con i sensi vigili, ad affrontare le nostre opere consuete con alacrità nuova, vivida.

É ovvio notare come lo stesso avviene anche nel ciclo dell'anno.

All'inverno segue la primavera, e parimenti quando finisce l'estate sopraggiunge l'autunno, e così, col variare del clima, il nostro corpo ha dei periodi di ristoro e non viene consunto dal rigore del freddo eccessivo né si dissolve per il troppo caldo.

Anzi, per questo, Dio fa precedere all'inverno l'autunno, e all'estate la primavera: allo scopo di allenarci.

Se qualcuno vuole osservare tutto ciò con intelligenza, trova che in tutte le creature vi è ordine e razionalità, e nulla è stato fatto senza un motivo e senza un disegno.

Lo si può vedere dai semi che germogliano dalla terra.

Questa infatti non li fa sviluppare tutti allo stesso tempo, né lo stesso tempo è adatto per la coltivazione di tutte le piante, ma sa bene l'agricoltore, per l'intelligenza da Dio elargitagli e la sua esperienza, quando è il tempo di seminare le biade, quando è il tempo di piantare gli alberi o di porre le viti in seno alla terra, o quando si devono affilare le falci per la mietitura o tagliare i grappoli e vendemmiare l'uva, e quando è il tempo di raccogliere i frutti dell'ulivo.

Scoprirai, se ti applichi a esaminare ciò punto per punto, che grande è la sapienza degli agricoltori; e altrettanto si può vedere non solo sulla terra, ma anche in mare.

Anche ivi c'è dato ammirare una sapienza altrettanto mirabile.

Il nocchiero sa infatti quando si deve mettere la nave in acqua, quando lasciare il porto e affrontare il mare; anzi, soprattutto nei marinai si può notare l'intelligenza che la sapienza di Dio ha posto nella natura umana.

Chi percorre le strade pubbliche non conosce il proprio cammino come quelli che, con tutta sicurezza, viaggiano tra le acque.

Per questo la Scrittura, ammirando l'immensa sapienza di Dio, ha detto: Ha dato nel mare una strada, tra le acque veementi un sentiero ( Sap 14,3 ).

Quale umana intelligenza può completamente capire ciò?

E lo stesso criterio si riscontra nell'alternarsi dei cibi umani: nei singoli tempi e nelle singole parti dell'anno il Signore ci porge cibi differenti, e come una buona nutrice la terra ci elargisce i suoi doni, obbediente all'ordine del Creatore.

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 11

2. - Modo cristiano di celebrare una festa

Dico questo non perché voglia proibire gli inviti e i banchetti, ma perché voglio proibire il comportamento indegno, voglio che le feste siano vere feste, non occasione di condanna e di castigo, cioè ubriacature e gozzoviglie.

Sappiano i pagani che i cristiani sanno fare festa, ma con decoro.

É detto infatti: Festeggiate il Signore, con tremore ( Sal 2,11 ).

Come si deve dunque celebrare la festa?

Recitando inni, elevando preghiere, cantando salmi, invece dei soliti canti da schiavi.

Così anche Cristo sarà presente a tavola e riempirà tutto il banchetto della sua benedizione.

Cioè se preghi, se canti inni spirituali, se inviti i poveri a partecipare a quel che viene servito, se mantieni in tutto il convito l'ordine e la compostezza, quel luogo si tramuterà così in una chiesa e invece di clamori e applausi smodati si innalzeranno inni al Padrone di tutto.

E non dirmi che ha preso piede ormai un'altra legge, ma rettifica tutto ciò che vi è di male: Sia che mangiate, è detto, sia che beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio ( 1 Cor 10,31 ).

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 25,3

3. - Il giorno e la notte determinano l'ordine del lavoro e del riposo

Contempla dunque la provvidenza di Dio, che regge il sole, la luna e le stelle: dà loro, quasi a gran voce, il comando di fare luce agli uomini, e non solo di fare loro luce, ma anche di indicare Loro il succedersi dei tempi.

Il sole, sorgendo, fa il giorno; ritirandosi, e quasi nascondendosi, cede il posto alla notte, le cui tenebre oscure, il Creatore tempera con la luna e le stelle.

Come due fratelli, il giorno e la notte si prestano a vicenda il tempo, a bene degli uomini, e poi se lo restituiscono riconoscenti.

Passa l'inverno e sorge la primavera; crescono gli impegni di lavoro degli uomini: affrontano viaggi e spedizioni, escono dai porti e dirigono al largo, e il mare è calmo, libero dalla violenza delle burrasche; la terra, superba di biade, chiama l'agricoltore alla fatica e le piante invitano il giardiniere a potare, a sfrondare, a irrigare e a vangare: allora il giorno prende in prestito del tempo dalla notte per aumentare la possibilità di lavoro degli uomini.

A poco a poco lo prende, per non danneggiare, con l'eccesso, coloro che spinge così all'opera.

Se infatti il lavoro cresce troppo all'improvviso, danneggia seriamente i corpi non allenati all'opera.

Per questo il giorno cresce a poco a poco.

Ma quando si è giunti a mezza estate, cessa di prenderne a prestito e comincia subito a ripagare il debito, senza differire di un sol giorno.

Adagio, a poco a poco, restituisce come aveva preso; e quando in autunno la notte ha raggiunto la stessa lunghezza, il giorno non si vergogna di diventare ancora più piccolo, non sopporta di defraudare la comparte, e non cessa di diminuire fino a quando ha soddisfatto il debito; concede allora agli uomini un lungo riposo dalle fatiche, perché possano riprendersi.

Quando il freddo, la pioggia, il fango e le pozzanghere ci costringono a restare in casa, la notte ci è molto più grata dello stesso giorno; anzi alcuni, pur nella notte tanto lunga, non riescono a saziare il bisogno di riposo, e vedono a malincuore il sorgere del giorno.

Poi, quando la notte vede soddisfatto tutto il suo debito, non ricusa di imprestare di nuovo al giorno.

E così trascorre tutta la nostra vita e la notte arreca agli uomini un vantaggio non minore a quello del giorno.

Anzitutto le tenebre e il variare dell'illuminazione ci rendono più grata la luce: per questo preferiamo l'aurora al meriggio.

Quando poi la luce ci ha saziati, abbiamo bisogno del riposo notturno; quando l'abbiamo goduto, quella sazietà è ormai passata e la luce ci è di nuovo gratissima.

Parimenti, stanchi per le occupazioni diurne, abbandoniamo alla quiete della notte il corpo affranto e, guarito, quasi, dal letto, dal riposo e dalla quiete, all'aurora, tutto rinnovato, torna all'opera.

É questa la grande utilità che ci arreca la notte: con essa il bracciante riposa e lo schiavo cessa dalla fatica.

Con le sue tenebre, costringe anche i più laboriosi a sospendere la loro attività; spesso la desiderano i belligeranti e anche i vincitori, che pur stanno inseguendo il nemico: quando la vedono sopraggiungere, pongono fine all'inseguimento e concedono al nemico una fuga più sicura.

La notte raccoglie gli uomini in casa e reca loro il dolce sonno; fa uscire invece le belve al loro pasto e concede loro il modo di saziarsi.

Per questo motivo il grande Davide inneggia al Dio dell'universo esclamando: Ha fatto la luna per segnare il tempo e il sole conosce il tempo del tramonto.

Arrechi le tenebre e viene la notte; in essa si muovono tutti gli animali selvaggi: i cuccioli dei leoni ruggiscono in cerca di preda, chiedendo a Dio il loro cibo.

Quando poi sorge il sole, si ritirano e si distendono nelle loro tane.

Esce l'uomo per il suo lavoro, per le sue opere, fino alla sera ( Sal 104,19-23 ).

Teodoreto di Ciro, La provvidenza divina, 1

4. - Qualche momento di respiro riservato per l'anima

Per la tua casa devi spendere ogni energia, riservandoti però qualche momento di respiro per l'anima.

Trovati un posticino adatto, alquanto discosto dal viavai familiare, dove tu possa raccoglierti come in un porto dopo tutto il trambusto tempestoso degli affari domestici, e dove possa comporre in intima tranquillità le mareggiate dei pensieri che ti agitavano nella vita esteriore.

Lì devi applicarti alla Scrittura divina, prendere e riprendere a pregare a vari intervalli, pensare alle realtà future con costanza e intensità.

Quanto, di tutto questo? Quel tanto che tutte le occupazioni del tempo che ti resta possano trovar adeguato compenso in questo riposo dell'anima.

E non te lo dico, questo, per rubarti ai tuoi di famiglia, anzi, è appunto perché tu possa pensare a riflettere in quei momenti a come dovresti comportarti verso i tuoi.

La tua servitù governala e curala con questa accortezza: cerca di farti vedere madre più che padrona dei tuoi; da essi devi esigere amoroso rispetto più con la dolcezza che con un atteggiamento rigido.

É sempre più sincero e più gradito l'ossequio che otteniamo grazie all'amore, di quello che otteniamo con la paura.

Girolamo, Le Lettere, IV, 148,24-25 ( a Celanzia )

5. - Gli uccelli pregano mattina e sera

Mi si presentano gli uccelli, che andando a riposare, ancora « riempiono l'aria di un dolce canto », come se si rallegrassero delle opere compiute durante il giorno.

E lo rinnovano regolarmente sia all'inizio, sia alla fine del giorno, per innalzare lodi al loro Creatore al sopraggiungere e al diradarsi delle tenebre notturne, come pure durante il giorno.

Mi fossi lasciato io stimolare da questo sprone alla nostra pietà!

Quale intelligenza umana non si vergognerebbe di non conchiudere piamente il giorno col canto dei salmi, dato che perfino i piccoli uccelli pregano abitualmente, con dolce canto, all'inizio del giorno e al cadere della notte?

Già i diversi uccelli che il cadere delle tenebre spinge a ritirarsi, cercano il loro nido e si nascondono nei loro rifugi, elevando un inno canoro al tramonto del dì, per non mancare al tributo di riconoscenza che ogni creatura porge lodando al suo Creatore.

Ambrogio, Esamerone, 5,84

6. - Ogni giorno giudica te stesso!

Vuoi giudicare! Ebbene, tu hai a disposizione un tribunale che offre molti vantaggi e non espone a condanna alcuna.

Fa' sedere come giudice al tribunale della coscienza la tua ragione e ivi presenta tutte le tue colpe.

Esamina i peccati della tua anima ed esigi un esatto rendiconto, chiedendole: Perché hai osato fare questo o quest'altro?

Ma se l'anima evita di considerare le proprie colpe e indaga, invece, e giudica quelle altrui, dille: Non ti giudico per i peccati altrui, né delle loro colpe tu devi giustificarti.

Che ti importa se quel tale è malvagio? Ma tu, perché hai commesso questo e quel peccato?

Difenditi, non accusare; bada a te stessa e non ai fatti altrui.

A tale angustia tu devi sottomettere continuamente la tua anima.

Se poi non ha nulla da obiettare, ma cerca di sfuggire, dalle colpi di frusta, come a una schiava superba e disonesta; ogni giorno convoca questo tribunale e fa' presente alla tua anima il fiume di fuoco, il verme velenoso e gli altri tormenti dell'inferno.

Non permetterle di presentare come giustificazione il fatto che il diavolo le sta accanto, né di rispondere con impudenza che è lui che viene a cercarla, che le tende insidie e la tenta.

Rispondile che, se essa non vuole, tutti gli artifici del demonio sono vani e inefficaci.

E se la tua anima si scusa ancora, adducendo che è congiunta al corpo, che è rivestita di carne, che vive nel mondo e abita su questa terra, rispondile che tutti questi sono pretesti e sotterfugi.

Falle presente che altri uomini come lei vestiti di carne hanno dimorato in questo mondo, sono vissuti sulla terra e tuttavia hanno brillato per la loro virtù.

Anch'essa, quando compie qualche azione buona, agisce così, pur essendo rivestita di carne.

E se questo discorso la fa soffrire, non sollevare la mano; non morirà, sta' certo, se continuerai a percuoterla; al contrario, la libererai dalla morte.

Se essa di nuovo replica che il tizio l'ha fatta incollerire, rispondile che è in suo potere non adirarsi e che spesso ha saputo reprimere l'ira.

Se dice ancora: la bellezza di quella donna mi ha colpito, ribatti che poteva tuttavia dominarsi.

Portale l'esempio di coloro che furono vittoriosi e infine falle ricordare Eva, la prima donna che, pur avendo detto di essere stata ingannata dal serpente, con ciò né si giustificò né si liberò dalla sua colpa.

Procura che nessuno sia presente e ti disturbi quando esamini e giudichi così la tua anima.

Ma come i giudici deliberano ritirandosi dietro a una cortina, così anche tu, invece di cortine, ricerca un luogo e un momento di quiete.

Quando ti alzi da tavola e ti ritiri per riposare, allora giudica le tue colpe: questo è il momento propizio; e il letto e la camera sono il luogo favorevole.

Lo afferma anche il profeta quando dice: Delle cose che pensate nei vostri cuori, pentitevi sui vostri giacigli ( Sal 4,5 ).

Ed esigi un severo rendiconto anche delle piccole colpe, in modo da essere sicuro di non cadere nelle grandi.

Se sei costante nel fare questo ogni giorno, allora comparirai con fiducia davanti all'altro tribunale che farà tremare tutti.

In questo modo Paolo si è purificato, e perciò affermava: Se da noi stessi ci giudicassimo, non saremmo giudicati ( 1 Cor 11,31 ).

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 42,3-4

7. - Anche la notte è buona e utile

Nessuno sopporti che qualcuno dica che uno è il creatore della luce e un altro il creatore delle tenebre: si ricordi di Isaia che dice: Io sono Dio, che ho fatto la luce e creato le tenebre ( Is 45,7 ).

Perché non le sopporti, o uomo? Perché ti è grave il tempo concessoti per il riposo?

Lo schiavo non otterrebbe nessun sollievo dal padrone, se le tenebre non comportassero necessariamente la sospensione delle attività.

Non ci ristoriamo spesso di notte, quando di giorno siamo stati travagliati?

E chi ieri si è sfinito nel lavoro, non sorge di nuovo in forze la mattina, per il riposo notturno?

E cosa giova più della notte, per ottenere la sapienza?

Spesso in essa riflettiamo alle cose di Dio, in essa ci applichiamo alla lettura e alla contemplazione delle parole divine.

Quando il nostro spirito è più raccolto nel canto dei salmi e nella preghiera? Non di notte?

E quando ci torna più spesso il ricordo dei nostri peccati? Non di notte?

Non ammettiamo, dunque, empiamente, che il creatore delle tenebre sia un altro: l'esperienza ci mostra che esse sono buone e utilissime.

Dovrebbero stupirsi ammirando non solo il sole e la luna, ma anche i cori ordinati delle stelle, il loro corso tranquillo, il loro sorgere al momento giusto; e come alcune sono segno dell'estate e dell'inverno, e come altre preannunciano il sereno, altre ancora l'inizio della navigazione.

É così che l'uomo, seduto sulla nave, navigando sui vasti flutti, dirige il suo cammino osservando le stelle.

Per tutti questi motivi, ha detto giustamente la Scrittura: Servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni ( Gen 1,14 ); non per l'astrologia, o per le fandonie degli oroscopi.

E considera quanto bene sia che Dio ci doni la luce del giorno a poco a poco: non vediamo infatti sorgere il sole all'improvviso, ma lo precede un po' di luce, affinché la pupilla può allenarsi a contemplare una luce maggiore.

E anche come egli mitighi le tenebre notturne con il chiarore della luna.

Cirillo di Gerusalemme, Catechesi battesimale, 9,7-8

8. - Pensiamo a Dio nel silenzio della notte

Bisogna ricordarsi sempre di Dio, ma soprattutto quando il nostro pensiero è nella pace, quando per quel ricordo sa giudicare se stesso, e quando in quel ricordo sa raccogliersi tutto.

Ma di giorno, se ci sopraggiunge il ricordo di lui, subentrano subito altre preoccupazioni e distrazioni e lo cacciano; di notte invece ci è possibile mantenerci sempre in quel ricordo, perché l'anima si trova nella tranquillità e nella quiete, nel porto, nella serenità.

Parlatene ai vostri cuori, e sui vostri giacigli compungetevi, dice la Scrittura ( Sal 4,5 ).

Anche di giorno bisogna nutrire il ricordo di lui, ma dato che siete sempre occupati e distratti dai bisogni della vita, almeno di notte sui vostri letti, ricordatevi di lui: di buon mattino meditate sopra lui ( Sal 63,7 ).

E se di buon mattino meditiamo così, ci recheremo poi al lavoro con grande sicurezza; se all'inizio ci rendiamo Dio propizio supplicandolo, procedendo poi nessuno ci sarà nemico: e se per caso qualcuno lo fosse per te, te ne riderai, perché Dio ti protegge.

La vita pubblica è una guerra, le preoccupazioni del giorno sono una battaglia, sono una burrasca e una tempesta.

Abbiamo dunque bisogno di armarci, e un'arma possente è la preghiera; abbiamo bisogno di venti propizi, dobbiamo studiare a fondo la situazione, per giungere alla fine della giornata senza naufragi o avarie: molti sono gli scogli che incontriamo ogni giorno, e spesso contro di loro si infrange lo scafo e affonda.

Per questo abbiamo tanto bisogno di pregare, soprattutto la mattina e di notte.

Molti di voi hanno assistito spesso alle gare olimpiche, e non restando spettatori indifferenti, ma parteggiando e facendo tifo per i concorrenti: chi per questo, chi per quello.

E sapete anche che, durante tutto il tempo delle gare, l'araldo per tutta la notte a null'altro pensa, di null'altro si preoccupa, che d'evitare di far fare brutta figura a chi scende in gara.

Gli arbitri stessi raccomandano al trombettiere di non parlare con nessuno per non perdere la voce, rendendosi ridicolo.

Se dunque chi deve scendere in gara davanti agli uomini usa tante precauzioni, quanto più dobbiamo riflettere ed essere previdenti noi, dato che tutta la nostra vita è una gara?

L'intera notte sia dunque per noi una veglia.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli ebrei , 14,4

9. - Preghiera notturna

Se stai sveglio di notte per pregare, non pensare alla pena che la veglia ti arreca, ma alla lieta fiducia di cui la preghiera ti riempie.

Fanno così anche i soldati: non pensano alle ferite, ma alla paga, non alla strage della battaglia, ma alla futura vittoria, non ai compagni colpiti a morte, che cadono a terra senza più speranza, ma agli eroi che vengono incoronati.

Così anche i naviganti: non hanno davanti agli occhi i marosi infuriati, ma il porto; non il naufragio, ma il guadagno; non lo spavento del mare, ma le ricchezze che sperano di possedere dopo il viaggio.

Così devi fare anche tu.

Pensa perciò a questo: nel cuore della notte, mentre gli uomini e le bestie giacciono tutti nel sonno, assorti nella quiete più profonda, tu solo vegli, e pieno di somma fiducia parli con il Signore di tutto il mondo: è veramente qualcosa di grande e bello.

Il sonno è pur tanto dolce; eppure nulla è più dolce della preghiera.

Mentre tu, tutto solo, parli con lui, mentre nulla ti preoccupa, mentre nulla disturba la tua preghiera, puoi fare davvero molto.

Le ore notturne stesse rendono più efficaci le tue suppliche e tu sei esaudito in tutti i tuoi desideri.

Giovanni Crisostomo, Panegirico a tutti i martiri, 3

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