Teologia dei Padri

Indice

Concordia e pace

1. - I forti e i deboli

Il nostro Signore e Salvatore, per indirizzarci alla virtù profonda della pazienza e della dolcezza - non proclamata cioè solo a voce, ma calata nell'intimo della nostra anima -, ci propose questo modello evangelico di perfezione: A chi ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra ( Mt 5,39 ); cioè, senza dubbio, l'altra destra.

E cos'è quest'altra destra, se non quella dell'uomo interiore che, vorrei dire, può essere inteso per il volto?

Il Signore, volendo così estirpare dalle pieghe più profonde dell'anima ogni fomite di iracondia, ti comanda che, qualora la tua destra esteriore debba sopportare l'impeto di chi ti percuote, anche l'uomo interiore offra alle percosse, assentendo nell'umiltà, anche la sua destra, soffrendo con la sofferenza dell'uomo esteriore, soggiacendovi quasi, e assoggettando il suo corpo all'ingiuria di chi percuote, perché non succeda che l'uomo interiore si agiti silenzioso, quando l'esteriore viene percosso …

Si deve sapere, in generale, che svolge la parte di uomo forte colui che assoggetta la propria volontà alla volontà del fratello, certo più di colui che si mostra ostinato nel difendere le proprie opinioni e decisioni.

Quegli infatti, che sostiene e tollera il prossimo, fa la parte dell'uomo sano e forte, l'altro invece, quella dell'uomo in certo modo ammalato; ha bisogno quasi di massaggi e di calore, e che talvolta venga esonerato, per motivi di salute, anche da qualche osservanza necessaria per la sua quiete e pace.

In ciò, non creda qualcuno di aver danneggiato in qualche modo la propria perfezione, che se per condiscendenza ha dovuto limitare un po' la severità che si era proposto, sappia di aver acquistato molto più per la virtù della pazienza e della longanimità.

É infatti precetto apostolico: Voi che siete forti, sopportate la debolezza dei deboli ( Rm 15,1 ), e: Portate i pesi gli uni degli altri, così completerete la legge di Cristo ( Gal 6,2 ).

Mai un debole può sostenere un debole, o un malato può curare e guarire un malato.

Sa porgere la medicina al debole colui che non soggiace alla debolezza.

Altrimenti c'è ragione di dirgli: Medico, cura te stesso ( Lc 4,23 ).

E si deve notare anche questo: gli ammalati, per natura, sono sempre pronti e facili a sollevare lamenti, a rivolgere parole ingiuriose; ma non vogliono esser toccati neppure dall'ombra del rimprovero.

Mentre lanciano gli oltraggi più protervi, mentre galoppano nella libertà più sconsiderata, non vogliono sopportare le offese più piccole e lievi.

Giovanni Cassiano, Conferenze, 16,22-24

2. - La pace è concordia ordinata

La pace del corpo è la complessione ordinata delle sue parti.

La pace dell'anima irrazionale è l'ordinata calma degli appetiti.

La pace dell'anima razionale è l'ordinato consenso della conoscenza e dell'azione.

La pace tra il corpo e l'anima è la vita ordinata e il benessere fisico.

La pace tra l'uomo mortale e Dio è l'obbedienza ordinata nella fede sotto la legge eterna.

La pace tra gli uomini è l'ordinata concordia.

La pace della casa è l'ordinata concordia dei coabitanti nel comandare e nell'obbedire.

La pace nella città è l'ordinata concordia dei cittadini nel comandare e nell'obbedire.

La pace della città celeste è l'unione ordinatissima e armoniosissima nel godere Dio e nel godersi a vicenda in Dio.

La pace di tutte le cose è la tranquillità dell'ordine.

L'ordine è la disposizione di realtà uguali e disuguali, attribuente a ciascuna il suo posto.

Agostino, La città di Dio, 19,13

3. - L'ape che ferisce qualcuno col pungiglione muore

Non vedete che l'ape se colpisce col pungiglione muore?

Con questo animale Dio ci insegna a non danneggiare il prossimo: saremmo noi i primi ad averne la morte.

Colpendolo, forse lo faremmo soffrire solo poco, ma noi non vivremmo più, come non vive più quell'animale.

Eppure la Scrittura lo loda dicendo che è operoso ( Sir 11,3 ): i re e i privati fanno uso, per la salute, del frutto della sua laboriosità, ma non riesce affatto a difendere se stesso dalla morte.

Deve perire. Se dunque nessun altro privilegio lo libera quando compie il male, quanto più noi?

É da belve ferocissime aggredire chi non ti ha offeso; è peggio che da belve.

Esse infatti, se le lasci vivere tranquille nella solitudine e non le costringi imprigionandole, non aggrediscono, non attaccano, non mordono, ma continuano per la loro strada.

Ma tu che sei uomo ragionevole, ricco di tanto potere, onore e gloria, non imiti neppure gli animali nei confronti dei loro simili, e invece danneggi e divori il fratello.

E come potrai difenderti? Non senti Paolo che dice: Perché piuttosto non soffrite l'ingiustizia?

Perché piuttosto non vi lasciate defraudare?

Ma voi commettete ingiustizia e frodate, e per di più i fratelli! ( 1 Cor 6,7-8 ).

Vedi che nel compiere il male c'è del male anche per te, e nel patire il male, vi è del bene?

Dimmi: se qualcuno ingiuria i superiori, se attacca le autorità, a chi fa del male?

A sé o a quelle? É chiaro: a sé.

Se dunque chi offende un superiore non offende lui, ma se stesso, chi offende un uomo, non offende forse Cristo attraverso quello?

« No certo », rispondi. Ma che dici? Chi scaglia sassi contro la statua dell'imperatore, chi colpisce?

Non forse se stesso? Se dunque chi lancia pietre contro l'immagine dell'imperatore di quaggiù fa male a sé, non farà male a sé chi offende l'immagine di Cristo?

Invero l'uomo è immagine di Dio.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla prima lettera ai Tessalonicesi 10,3

4. - É preferibile la pace alla vittoria

Riflettano i buoni se veramente spetti loro godere della vastità dell'impero.

Fu infatti la malvagità di coloro contro cui si è fatto guerra che cooperò alla crescita dell'impero: sarebbe certo ancora piccolo, se la tranquillità e la giustizia dei popoli vicini, evitando ogni offesa, non avesse mai fornito esca alla guerra.

In tal modo la situazione politica sarebbe più felice, e tanti piccoli regni godrebbero di concorde vicinato; così ci sarebbero nel mondo molti regni di varie genti, come in una città ci sono molte case di singoli cittadini.

Pertanto far guerra e dilatare l'impero assoggettando le genti, è considerato una gioia dai cattivi, dai buoni invece una necessità.

Solo perché sarebbe peggio che gli ingiusti dominassero i giusti, si può ammettere che anche questa sia felicità.

Ma, senza dubbio, è una felicità maggiore avere dei vicini buoni e concordi, che soggiogare in guerra i vicini cattivi.

É un desiderio cattivo desiderare di trovare chi ti odia o chi ti incute timore per poter avere così chi vincere.

Agostino, La città di Dio, 4,15

5. - Esortazione alla pace

Anche tu, dominato finora dalla gelosia e dall'invidia, allontana da te tutta la malizia che ti incatenava, e con passi salutari ritorna alla via dell'eterna vita.

Strappa dal tuo petto le spine e i triboli, affinché il seme del Signore ti arricchisca di un raccolto ubertoso, affinché le biade divine e spirituali straripino nell'abbondanza di una messe copiosa.

Vomita il fiele, caccia fuori il veleno dell'inimicizia, si purifichi la mente contaminata dall'invidia del serpente e tutta l'amarezza che prima vi spadroneggiava sia rammollita dalla dolcezza di Cristo.

Il tuo cibo e la tua bevanda siano nel mistero della croce, e quel legno che a Mara servì, in simbolo, a render dolce l'acqua, serva a te, in realtà, ad ammansire a raddolcire il tuo cuore e non dovrai più faticare per curare la tua salute scossa.

Curati con quello che ti ha ferito.

Ama coloro che prima odiavi, prediligi coloro che prima invidiavi e oltraggiavi.

Imita i buoni, se puoi tenere dietro i loro passi; se non lo puoi, allietati e congratulati con chi è migliore di te.

Unisciti loro nell'amore, renditi loro coerede nel vincolo della carità e della fraternità.

Ti saranno rimessi i tuoi debiti quando tu li rimetterai ai tuoi debitori; saranno accettati i tuoi sacrifici quando ti presenterai a Dio nella pace.

La tua mente e i tuoi atti saranno guidati dal cielo, quando pensi solo a ciò che è divino e giusto, come sta scritto: Lo spirito dell'uomo deve pensare alla giustizia, perché i suoi passi vengano guidati da Dio ( Pr 16,8 ).

Hai molto a che pensare: pensa al paradiso, dove Caino non ritornò avendo ucciso per invidia suo fratello.

Pensa al regno dei cieli, a cui il Signore non ammette se non coloro che vivono in concordia e in unione.

Pensa che possono dirsi figli di Dio solo quelli che vivono nella pace, che, uniti nella nascita spirituale e nell'osservanza della legge divina, rendono l'immagine di Dio Padre e di Cristo.

Pensa che stiamo sotto gli occhi di Dio e che egli osserva e giudica il nostro comportamento e tutta la vita nostra; e che possiamo giungere infine a contemplarlo, solo se lo allietiamo mentre egli contempla i nostri atti, se ci mostriamo degni della sua grazia e della sua indulgenza, se gli piaciamo in questo mondo per piacergli per sempre nel regno.

Cipriano, La gelosia e l'invidia, 17-18

6. - Vendicarsi con le buone opere

Chi perdona le colpe giova all'anima propria e a quella di colui che ha ottenuto indulgenza: anche questi, infatti, e non solo se stesso, in tal modo egli rende più mite.

Vendicandoci, non riusciamo a ferire l'anima di chi ci ha offeso tanto, quanto perdonandogli, perché così lo confondiamo e lo facciamo vergognare.

Ma nell'altro modo, non gioviamo né a lui né a noi, e danneggiamo piuttosto l'uno e l'altro, perché noi aspiriamo alla rimunerazione come i prìncipi dei giudei, e accendiamo d'ira l'animo dell'altro; se invece rispondiamo alle offese con la mitezza, attutiamo completamente la sua ira e quasi erigiamo in lui un tribunale che emette una sentenza favorevole a noi, condannando lui stesso più che noi.

Giudicherà e condannerà se stesso e cercherà ogni occasione di rendere il prestito di magnanimità aggiungendo qualcosa di più sapendo che, se rendesse in misura uguale, resterebbe inferiore e sborserebbe troppo poco, per non aver lui incominciato, ma aver preso da noi l'esempio.

Si sforzerà dunque di superare la misura, affinché la mancanza derivantegli dal fatto di esser giunto secondo alla retribuzione possa essere cancellata dalla sovrabbondanza della ricompensa, e l'inferiorità in cui si trova a motivo del tempo nei confronti di chi per primo è stato offeso, possa essere pareggiata da una sovrabbondanza di mitezza.

Quando infatti gli uomini sono grati d'animo, non si affliggono tanto dei mali, quanto dei beni ricevuti da coloro che hanno oltraggiato.

É un qualcosa pieno di cattiveria, e insieme di obbrobrio e scherno non ripagare bene con bene; e invece merita la lode, l'applauso e l'encomio di tutti non restituire male per male.

É per questo che l'animo della gente viene più profondamente ferito.

Perciò, se vuoi vendicarti, vendicati in questo modo: restituisci bene per male, rendendo debitore chi ti offende, e riportando da parte tua una vittoria mirabile.

Hai sofferto del male? Fa' del bene, e ti vendicherai del tuo nemico.

Se invece vorrai castigarlo, tutti rimprovereranno te e lui allo stesso modo; se sopporterai, sarà diverso: loderanno e ammireranno te e condanneranno lui.

E che cosa può esserci di peggio per un nemico, che vedere il proprio avversario da tutti ammirato e applaudito?

E cosa di più amaro che veder se stesso da tutti biasimato, davanti agli occhi dell'avversario?

Se ti vendichi, forse sarai condannato e resterai solo con la tua vendetta; se invece perdoni, tutti faranno vendetta di lui al tuo posto: ed è ben peggio che venir offeso veder che il nemico ha tanti vendicatori.

Se aprirai la bocca, quelli taceranno; se invece tacerai, non una ma mille bocche colpiranno il tuo nemico, e tanto più ti vendicherai.

Se anche tu offendi, molti ti condannano: dicono che le tue sono parole dettate dalla passione; se invece è un altro, che non è stato offeso, a fargli una lavata di capo, allora il contraccambio è libero da ogni sospetto.

Quando infatti quelli che non hanno sofferto male alcuno soffrono e si addolorano con te per la tua somma mitezza come se fossero stati offesi: ecco un contraccambio puro da ogni sospetto.

« Ma che, invece, se poi nessuno prende le mie difese? », mi si dice.

Non è possibile che gli uomini siano di pietra da non restare stupiti vedendo tanta saggezza.

E se non prendono all'inizio le tue difese, più tardi, dopo una tranquilla riflessione, lo faranno e copriranno l'altro di scherni e rabbuffi.

E se nessun altro dovesse ammirarti, certamente chi ti ha offeso ti ammirerà, anche se non lo dice.

Il giudizio sul bene, infatti, resta in noi imparziale e non muta, anche se precipitiamo nel baratro del male.

O per quale motivo tu credi che nostro Signore il Cristo, dica: Se qualcuno ti percuote la guancia destra, offrigli anche l'altra ( Mt 5,39 )?

Non forse perché se qualcuno sa essere tanto magnanimo reca il più grande giovamento a se stesso e all'altro?

Per questo ci ha comandato di offrire l'altra guancia: per placare l'eccitazione di chi è adirato.

Chi è tanto feroce da non vergognarsene?

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 16,2-3

7. - Odio contro la cattiveria, amore verso gli uomini

La distinzione tra i buoni e i cattivi non è ancora sicura per nessuno.

Separarli è proprio di colui che non può errare.

E che significa: non può errare? Non porre nessun cattivo alla destra, e nessun buono alla sinistra.

Invero a noi è difficile, in questa vita, conoscere noi stessi; quanto più dunque dobbiamo evitare di sputare facili sentenze su qualcuno.

Se oggi uno lo conosciamo per cattivo, non sappiamo come sarà in futuro; e forse colui che odiamo con violenza è nostro fratello, e non lo sappiamo.

Possiamo dunque essere sicuri quando odiamo nei cattivi la loro cattiveria e amiamo in essi la creatura; ameremo ciò che in essi ha fatto Dio, ciò che in essi ha fatto l'uomo stesso, invece, lo odieremo.

Dio ha fatto l'uomo, l'uomo ha fatto il peccato.

Ama ciò che ha fatto Dio, odia ciò che ha fatto l'uomo; così perseguiterai ciò che ha fatto l'uomo per liberare ciò che ha fatto Dio.

Agostino, Esposizioni sui Salmi, 140,2

8. - Compassione per i nemici

Vedutolo, si turbò e disse: Uno di voi mi tradirà ( Gv 13,21 ).

Come è grande la misericordia del Signore!

Egli, tradito, si rattrista per il traditore.

É detto: « Infatti vedutolo, si turbò e disse: Uno di voi mi tradirà ».

Per quale motivo si rattristò? Sia per mostrare il suo amore, sia per insegnare a noi che dobbiamo piangere sempre, non per chi soffre il male, ma per chi fa il male.

Questo è assai peggio; anzi, patire il male, non è un vero male; il vero male è fare il male!

Patire, ci ottiene il regno dei cieli; fare il male ci conduce alla geenna, al castigo.

Sta scritto infatti: Beati quelli che soffrono persecuzione per la giustizia perché è loro il regno dei cieli ( Mt 5,10 ).

Vedi che per chi soffre c'è la ricompensa, il premio: il regno dei cieli.

E ascolta ora come compiere il male porta al castigo e alla punizione.

Paolo, avendo detto dei giudei che hanno ucciso il Signore e hanno perseguitato i profeti ( 1 Ts 2,15 ), soggiunge: la cui fine sarà conforme alle loro opere ( 2 Cor 11,15 ).

Vedi dunque come quelli che soffrono persecuzione guadagnano il regno, quelli invece che perseguitano si procurano l'ira di Dio?

E non dico questo, tanto per dire, ma per ottenere che non ci adiriamo contro i nemici, che invece abbiamo per loro pietà, compassione, e per loro piangiamo: chi subisce il vero danno sono loro, quelli che ci sono ostili.

Se riusciamo a disporre così l'anima nostra, riusciamo anche a pregare per loro.

Giovanni Crisostomo, omelie sul tradimento di Giuda, 1

9. - « Amate i vostri nemici! »

Osserva come si cominci dalle cose più elevate, e la legge venga posta dopo le beatitudini.

La legge comanda il ricorso alla vendetta; il Vangelo richiede per i nemici carità, bontà per l'odio, benedizioni per le maledizioni, invita a dare soccorso a chi ci perseguita, diffonde la pazienza tra gli affamati e la grazia della rimunerazione.

Quanto è più perfetto di un atleta colui che non si risente per l'offesa.

E per non apparire come il distruttore della legge, il Signore ordina per le buone azioni la reciprocità, che invece proibisce per le offese.

Tuttavia, dicendo: E come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro ( Lc 6,31 ), mostra che il bene reso è maggiore, in quanto il valore dell'atto è adeguato alle intenzioni.

La virtù non sa infatti misurare la portata del suo beneficio: e non contenta di rendere quanto ha ricevuto, vuole dare di più, nel timore di essere inferiore, anche se il servizio reso è identico a quello ottenuto.

Sta di fatto che i benefici non si pesano soltanto secondo la loro quantità, ma anche secondo l'ordine e il tempo in cui vengono fatti: se il beneficio è uguale, conta tuttavia di più quello che è stato reso per primo ed è benefattore colui che comincia a fare il bene, mentre chi lo restituisce è debitore.

Prendere l'iniziativa di una buona opera significa compiere un beneficio maggiore: chi, infatti, restituisce il denaro ricevuto, non paga il beneficio, e continua ad essere debitore al suo benefattore, anche se non è più debitore di denaro.

Perché, allora, ritenerci liberi, quando abbiamo restituito il beneficio ricevuto, mentre abbiamo comunque ricevuto più di quanto abbiamo restituito?

Il cristiano si è formato a questa buona scuola, e, non soddisfatto del diritto della natura, ne cerca anche la grazia.

Se tutti, anche i peccatori, sono d'accordo nel ricambiare l'affetto, colui che ha convinzioni più elevate deve applicarsi con maggiore generosità all'esercizio della carità, al punto da amare anche coloro che non lo amano.

Infatti, benché l'assenza di ogni titolo ad essere amati escluda l'esercizio dell'amore non tuttavia esclude l'esercizio della virtù.

E come tu ti vergogneresti di non ricambiare l'amore a uno che ti ama, e per ricambiare il bene ricevuto ti metti ad amare, così per virtù devi amare chi non ama, affinché, amando per virtù, tu cominci ad amare chi non amavi.

Poiché mentre è futile e vuota la ricompensa dell'affetto, duratura è la ricompensa della virtù.

Cosa c'è di più ammirevole che porgere l'altra guancia a chi ti colpisce ( Lc 6,29 )?

Questo non significa spezzare l'impeto dell'uomo adirato e calmare la sua collera?

Non puoi tu giungere forse, per mezzo della pazienza, a colpire più forte colui che ha colpito te, suscitando in lui il rimorso?

Così tu respingerai l'offesa e otterrai l'affetto.

Spesso grandi amicizie nascono per la dimenticanza d'una insolenza, o per un favore fatto in risposta a un'ingiuria …

Se un nemico ha combattuto contro di te ottiene, gettando le armi, la pietà che lo salva; se spesso, per riguardo alla legge naturale o in forza dello stesso diritto di guerra, si accorda la vita ai vinti: tanto più si dovrà far ciò per riguardo al superiore punto di vista della religione!

Se infatti il combattente è trattenuto dal motivo della salvezza impetrata, cosa non dovrà fare il soldato della pace?

Ed ecco che le parole dell'Apostolo: La carità è paziente, benigna non è invidiosa, non si gonfia d'orgoglio ( 1 Cor 13,4 ), appaiono perfette in questi precetti.

Se essa è paziente, deve sopportare chi offende; se è benigna, non deve rispondere a chi maledice; se non cerca il bene per sé, non deve resistere a chi toglie; se non è invidiosa, non deve odiare il nemico.

E tuttavia i precetti della carità divina vanno oltre quelli dell'Apostolo; dare è più che cedere, amare i nemici è ben più che non essere invidiosi.

Tutto questo il Signore lo ha fatto, egli che, oltraggiato, non ha restituito l'oltraggio; schiaffeggiato, non ha restituito gli schiaffi; spogliato, non ha opposto resistenza; crocifisso, ha chiesto perdono per gli stessi suoi persecutori dicendo: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno ( Lc 23,34 ); scusava del loro crimine i suoi accusatori: quelli preparavano la croce, egli diffondeva grazia e salvezza.

Ebbene, siccome lo stesso esercizio della virtù si raffredda se non c'è una ricompensa, egli ci ha dato l'esempio e ci ha garantito un premio celeste, promettendo che sarebbero divenuti figli di Dio coloro che fossero stati suoi imitatori.

Chi vuole arrivare rapidamente alla ricompensa non deve ricusare l'esempio; più splendida sarà la ricompensa quanto più grande sarà stato l'impegno.

Quanto è grande il beneficio della misericordia, che ammette ai diritti dell'adozione divina!

Imita, dunque, la misericordia, se vuoi meritare la grazia.

Ambrogio, Commento al Vangelo di san Luca, 5,73-78

10. - L'amore cristiano si estende agli amici e ai nemici

Si deve mostrare amore a tutti gli uomini: conosciuti e sconosciuti. buoni e cattivi, amici e nemici.

Dice infatti l'Apostolo: Finché abbiamo tempo, facciamo del bene a tutti; in particolare però ai nostri familiari nella fede ( Gal 6,10 ).

Mostra chiaramente che nelle opere di carità qualcuno è da preferirsi agli altri, ma nessuno deve esserne escluso.

Perciò la carità santa e pura, o per dirlo più esattamente, la carità cristiana - che è paziente, che è benefica, che non è invidiosa, non è insolente, che non si gonfia, che non è ambiziosa, che non cerca il proprio interesse, che non si irrita, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma si rallegra nella verità; la carità che tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, la carità che mai viene meno ( 1 Cor 13,4-7 ) - la carità dunque deve abbracciare gli amici, estendendosi però anche ai nemici; deve donarsi agli amici che la vogliono, offrendosi però anche ai nemici che non la vogliono.

Quelli deve conservare, questi acquistare; quelli deve allietare, perché non si facciano nemici da amici, questi deve invitare, perché da nemici diventino amici.

Ricordiamo, o fratelli, le parole del Signore: Amate i vostri nemici, beneficate coloro che vi odiano e pregate per coloro che vi perseguitano e vi calunniano ( Mt 5,44 ).

Ecco: il Signore ci comanda di estendere l'amore fino ai nemici, di dilatare la bontà del cuore cristiano fino ai persecutori.

E quale mercede darà per tanta virtù?

Quale ricompensa elargirà a coloro che osservano questo precetto?

Mostri lui il premio che ha preparato per l'amore, lui che tramite lo Spirito Santo si degna di infondere gratuitamente lo stesso amore; dica lui ciò che renderà per amore, a chi ne sarà degno, lui che si degna di donare l'amore a chi è indegno.

Ci dica dunque il Signore, ci mostri con le sue parole la grandezza della sua promessa: Perché siate figli del vostro Padre che è nei cieli ( Mt 5,45 ).

Ci impone di amare i nemici; forse sarebbe amaro tale comando a chi lo ode; ma sia, vi prego, dolce ciò che si promette a chi obbedisce.

Si conservi in cuore questa dolcezza, questa soavità, e si supererà l'amarezza e la difficoltà.

Chi amerà i propri nemici, chi beneficherà chi lo odia, sarà figlio di Dio.

Quello poi che riceveranno questi figli di Dio, lo enuncia l'Apostolo dicendo: Lo stesso Spirito testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio, ma se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo ( Rm 8,16-17 ).

Ascoltate cristiani; ascoltate figli di Dio; ascoltate eredi di Dio e coeredi di Cristo!

Perché possiate possedere l'eredità paterna mostrate amore non solo agli amici, ma anche ai nemici.

A nessuno si neghi amore, che è un bene comune di tutti gli uomini buoni.

Possedetelo tutti insieme; e per possederlo in maggior misura elargitelo ai buoni e ai cattivi.

É un comune possesso di beni non certo terreno, ma celeste; perciò nessuno viene angustiato dal possesso dell'altro.

Anzi, l'amore tanto aumenta, quanto diminuisce la cupidigia; la carità rende libero colui che le brame mondane non tengono schiavo.

L'amore è dono di Dio, perché l'Apostolo dice: L'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori tramite lo Spirito Santo che ci è stato elargito ( Rm 5,5 ).

La cupidigia è un laccio del diavolo; anzi, non solo un laccio, ma una spada: con essa quello fa prigionieri i miseri, con essa lei uccide i prigionieri.

L'amore è la radice di tutti i beni, la cupidigia la radice di tutti i mali.

La cupidigia tormenta sempre poiché non si sazia di rubare.

La carità allieta sempre, perché quanto più cresce, tanto più viene elargita.

E perciò, come raggiungendo le brame cattive ci si impoverisce, così donando carità ci si arricchisce.

La cupidigia è tutta turbata mentre cerca di vendicare l'ingiuria; l'amore è del tutto tranquillo mentre si allieta nel donare.

Fulgenzio di Ruspe, Prediche, 5,4-6

11. - « Pace a tutti! »

Ogni fedele ha un angelo, poiché fin dall'inizio ogni uomo onorato aveva un angelo, come dice Giacobbe: L'angelo che mi educa e che mi difende nella mia giovinezza ( Gen 48,16 ).

Se dunque abbiamo degli angeli, comportiamoci con cautela, quasi ci stessero vicino dei pedagoghi; anche il demonio, del resto, ci sta vicino.

Per questo noi preghiamo e supplichiamo a gran voce l'angelo della pace, e in ogni luogo chiediamo la pace: nulla la uguaglia!

Nelle chiese, nelle suppliche, nei saluti invochiamo la pace, e una, e due, e tre volte, continuamente colui che presiede alla Chiesa [ il vescovo ] la augura con le parole « Pace a voi ».

E perché? Perché è la madre di tutti i beni e il fondamento della gioia.

Per questo motivo anche il Cristo comandò agli apostoli che, entrando nelle case, rivolgessero subito questo saluto, quasi simbolo di ogni bene: Entrando nelle case, dice infatti, dite: La pace sia con voi ( Lc 10,5 ).

Perché dove è assente, tutto è vano.

Disse inoltre ai discepoli: Vi lascio la pace, vi do la mia pace ( Gv 14,27 ).

Perché la pace predispone la via all'amore.

Anzi, chi presiede alla Chiesa non dice solo: « Pace a voi », ma: « Pace a tutti ».

Cosa giova infatti se con uno siamo in pace e con un altro siamo in contesa, in guerra? Che guadagno c'è?

Anche nel corpo se qualche elemento è in pace e qualche altro in subbuglio, non è possibile che vi sia la salute, ma solo nell'ordine, nella concordia e nella pace di tutti gli elementi; se non tutti sono tranquilli e restano nei propri termini precisi, tutto ne è sconvolto.

E così nella nostra mente, se non tutti i nostri pensieri sono tranquilli, non vi è pace.

La pace è un bene così grande, che vengono chiamati figli di Dio coloro che la operano e la diffondono ( Mt 5,9 ), ed è evidente.

Anche il Figlio di Dio è venuto per questo sulla terra, per stabilire la pace sia in terra, sia in cielo ( Col 1,20 ).

Se chi opera la pace è figlio di Dio, chi opera sconvolgimenti è figlio del diavolo.

« Ma che dici? Tiri fuori liti e guerre? Ma chi è tanto infelice? » si dice.

Eppure ci sono molti che gioiscono del male, che lacerano il corpo di Cristo più dei soldati che lo trafissero con la lancia o dei giudei che lo ferirono con i chiodi.

Quello fu un male minore: quelle membra lacerate furono ricomposte.

Invece queste membra una volta separate, se non gli si ricongiungono, non gli si ricongiungeranno mai più, ma resteranno al di fuori della sua pienezza.

Quando vuoi far guerra al fratello, rifletti che fai guerra alle membra di Cristo, e cessa da tale pazzia.

Ma che, se è abbietto, se è meschino? Ma che, se è una persona di nessun conto?

Non è volontà del Padre mio, è detto, che perisca uno solo di questi piccoli ( Mt 18,14 ), e ancora: I loro angeli contemplano incessantemente il volto del Padre mio che è nei cieli ( Mt 18,10 ).

Dio per lui si è fatto schiavo e si è lasciato uccidere; e tu ritieni che non valga nulla?

Non ti opponi anche così a Dio, sputando sentenze diverse dalle sue?

Quando colui che presiede alla Chiesa entra, subito dice: « Pace a tutti »; quando predica: « Pace a tutti »; quando benedice: « Pace a tutti »; quando esorta a scambiarci il segno di pace: « Pace a tutti »; quando il sacrificio è terminato: « Pace a tutti », e durante il sacrificio ancora: « Grazia a voi e pace ».

Non è dunque assurdo se noi, che tante volte ascoltiamo l'invito alla pace, ci combattiamo a vicenda?

Noi che riceviamo e rendiamo il segno di pace, combattiamo colui che ce lo rivolge!

Tu gli rispondi: « E col tuo spirito », e fuori lo calunni?

Ahimè! Le cerimonie più sante della Chiesa sono diventate semplici formalità esteriori e non hanno più nessuna realtà!

Ahimè! La parola d'ordine di questo esercito è rimasta una semplice parola!

Perciò non sapete neppure per qual motivo si dica: « Pace a tutti ».

Ascoltate dunque subito che cosa dice Cristo: Giungendo a una città o a un villaggio, entrando nella casa, salutatela, e se la casa ne sarà degna, venga la vostra pace su di essa; se invece non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi ( Mt 10,11 ).

Per questo non comprendiamo niente quando riteniamo ciò semplici formalità e non le accompagniamo con la nostra mente.

Sono forse io che do la pace? É Cristo che si degna di parlare tramite noi.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Colossesi, 3,4

12. - Il vincolo della pace

Paolo vuole che i cristiani siano legati l'uno all'altro, e non solo che vivano in pace e non solo che si amino, ma che tutti siano un'anima sola.

É bello questo vincolo: da questo vincolo veniamo legati a vicenda e con Dio.

Non tormenta, non stringe la mani avvinte questo legame, ma le lascia libere e le fa spaziare in un ampio ambito, che rende più sicuri di coloro che sono liberi.

Chi è forte ed è legato a un debole, lo sorregge e non gli permette di venire meno; e anche se fosse avvinto a un pigro, lo eccita con più forza.

Infatti il fratello aiutato dal fratello, dice la Scrittura, è come una città fortificata ( Pr 18,19 ).

Questa catena non può essere ostacolata né dalla distanza né dal cielo né dalla terra né dalla morte né da null'altro, ma a tutto è superiore e di tutto è più forte; essa, nata da una sola anima, può avvincere molti assieme.

Ascolta dunque Paolo che dice: Davvero non siete allo stretto in noi, ma nelle vostre viscere, sì, siete ristretti!

Dilatatevi anche voi! ( 2 Cor 6,12-13 ).

Ma che cosa può distruggere questo legame?

L'amore delle ricchezze, del potere, della gloria e di altre realtà simili; lo allenta e lo spezza.

Ma che fare, perché non venga rotto?

Se vengono tolti di mezzo questi impedimenti e se ciò che distrugge l'amore non reca nessun disturbo.

Ascolta il Cristo che dice: Quando sovrabbonderà l'iniquità, si raffredderà l'amore dei più ( Mt 24,12 ).

Nulla è così contrario all'amore come il peccato, e non parlo dell'amore verso Dio, ma anche di quello verso il prossimo.

« Perché dunque i malviventi sono in pace tra di loro » mi si dice.

Ma quando? dimmi, lo sono? Certo, quando non si comportano da malviventi.

Infatti, se verso quelli con cui dividono il bottino non osservano la legge della giustizia, se a ciascuno non viene dato ciò che è giusto, troverai anche tra di loro contesa e guerra.

Così tra i cattivi non si può trovare la pace; e invece la si può trovare ovunque dove si vive nella giustizia e nella virtù.

Ma che? I rivali vivono in pace? Certamente no.

Ma di chi vuoi ch'io parli? L'avaro non sarà mai in pace con l'avaro: se non ci fossero in mezzo tra di loro i giusti e i mansueti da loro angariati, la loro stirpe si farebbe a pezzi.

Come due fiere crudelmente affamate si sbranerebbero a vicenda se non vi fosse tra di loro alcunché che possa venire da loro divorato, così avverrebbe degli avari e dei malvagi.

Così non è possibile che la pace sussista se non prospera prima la virtù.

Costruiamo una città, se lo vuoi, per tutti gli avari, e tutti abbiamo uguali prerogative, e nessuno condanni l'ingiustizia, ma tutti commettano ingiustizia: può sussistere quella città? No certo!

E hanno pace gli adulteri? Non ne troveresti neppure due che vanno d'accordo.

E ancora, non c'è altra causa di ciò se non che l'amore si è raffreddato; e il fatto che l'amore si è raffreddato è la causa per cui sovrabbonda l'iniquità.

Ciò conduce all'egoismo, lacera e divide il corpo, lo fiacca e lo fa a pezzi.

Ma dove vi è la virtù, essa agisce all'opposto: l'uomo virtuoso è superiore alle ricchezze.

Perciò anche se mille vivessero in povertà, possono essere pacifici; ma gli avari, anche fossero due soli, non possono mai essere in pace …

Perseguiamo l'amore ( 1 Cor 14,1 ).

L'Apostolo non ha detto semplicemente « amiamo », ma « perseguiamo ».

C'è bisogno infatti di una grande cura: presto svanisce, è veloce a recedere: molte cose nella vita gli sono esiziali.

Se però lo perseguiamo, non riuscirà ad allontanarsi, ma subito lo trarremo a noi.

L'amore di Dio ha unito la terra al cielo; l'amore di Dio ha posto l'uomo sul trono regale; l'amore di Dio ha mostrato Dio sulla terra; l'amore di Dio ha reso schiavo il Padrone; l'amore di Dio ha fatto sì che per i nemici fosse sacrificato il Prediletto, per gli odiatori il Figlio, per i servi il Padrone, per gli uomini Dio, per gli schiavi il Libero.

E non si è fermato qui, ma ci ha chiamati a beni più grandi: non solo ci ha liberati dai precedenti mali, ma ci ha promesso di darci molto di più.

Ringraziato Dio di tutto ciò, seguiamo ogni virtù e con ogni cura avanziamo nell'amore, affinché siamo degni di raggiungere i beni promessi, per la grazia e la bontà del Signore nostro Gesù Cristo; e a lui col Padre e lo Spirito Santo gloria, potenza e onore, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli Efesini, 9,3-4

13. - La vera pace

Senza ripugnanza e fastidio tu ci hai dato modo di bere alle dolci onde della pace, disponendoci a bere avidamente, a lunghi sorsi.

Ma come fare, però! In noi, nelle nostre possibilità, c'è purtroppo solo un desiderio di pace, non il suo possesso!

É vero che anche solo il desiderio di realizzarla ha la sua ricompensa da parte di Dio; ma è anche vero che malgrado la si desideri, fa male non vederne l'effetto compiuto.

Lo sapeva anche l'Apostolo che, la pace, la si raggiunge pienamente quando poggia sulla volontà effettiva di ambedue le parti.

Per quanto sta in voi, dice, tenetevi in pace con tutti gli uomini ( Rm 12,18 ).

E il profeta: Pace, pace .. ma dov'è questa pace? ( Ger 6,14 ).

Non è davvero una nobile impresa reclamare la pace a parole e distruggerla a fatti.

Si dice di tendere a una cosa e se ne ottiene l'effetto contrario!

A parole si dice: andiamo d'accordo! E di fatto, poi, si esige la sottomissione dell'altro.

La pace la voglio anch'io; e non solo la desidero, ma la imploro!

Ma intendo la pace di Cristo, la pace autentica, una pace senza residui di ostilità, una pace che non covi in sé la guerra; non la pace che soggioga gli avversari, ma quella che ci unisce in amicizia!

Perché diamo il nome di pace alla tirannia?

Perché non rendiamo a ogni cosa il suo nome appropriato?

C'è odio? Allora diciamo che c'è ostilità!

Solo dove c'è carità diciamo che c'è pace!

Io la Chiesa non la lacero, no! e neppure mi taglio fuori dalla comunione dei padri!

Fin da quand'ero in fasce, se posso esprimermi così, sono stato nutrito col latte del cattolicesimo.

E penso che nessuno appartiene di più alla Chiesa di chi non è mai stato eretico.

Non conosco, però, una pace che possa fare a meno della carità, o una comunione che possa prescindere dalla pace.

Nel Vangelo leggiamo: Se stai offrendo la tua offerta all'altare e lì ti viene in mente che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì l'offerta davanti all'altare, e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello; poi ritorna pure a fare la tua offerta ( Mt 5,23-24 ).

Se quando non siamo in pace non possiamo fare la nostra offerta, pensa tu, a maggior ragione, se possiamo ricevere il corpo di Cristo!

Che razza di coscienza è la mia se rispondo Amen dopo aver ricevuto l'eucaristia di Cristo, mentre invece dubito della carità di chi me la porge?

Girolamo, Le Lettere, III, 82,1-2 ( a Teofilo )

EMP X-22. - La pace di Cristo

Come san Paolo ci insegna, noi abbiamo ricevuto non lo spirito del mondo, ma lo spirito che viene da Dio per conoscere i doni che Dio ci ha dato ( 1 Cor 2,12 ).

Se vogliamo adorarlo nella verità, non possiamo che offrirgli quello ch'egli stesso ci ha dato.

Ora, nel tesoro dei suoi doni noi troviamo innanzitutto la pace: essa fu infatti annunciata solennemente dagli angeli addirittura nel momento della nascita del Signore.

É la pace che genera i figli di Dio ( Mt 5,9 ), è la pace che alimenta l'amore.

La pace è madre dell'unità, riposo dei beati, spazio e dimora dell'eternità.

La sua opera propria, il dono che le è caratteristico, è di separare gli uomini dal mondo unendoli a Dio.

L'Apostolo ci invita a cercare questa pace quando dice: Poiché siamo stati giustificati mediante la fede, abbiamo pace con Dio ( Rm 5,1 ).

Nella sua brevità, questa frase riassume ciò a cui tendono quasi tutti i comandamenti, perché dove c'è la pace vera, nessuna virtù può mancare.

Infatti, carissimi, essere in pace con Dio significa volere ciò ch'egli ordina e non volere ciò ch'egli proibisce.

Se l'amicizia umana esige affinità di sentimenti e armonia di volontà e se la diversità dei modi di essere non può mai condurre a una concordia stabile, come potremmo essere partecipi della pace di Dio cercando il nostro piacere nelle cose di cui sappiamo che lo offendono?

Non è questo lo spirito dei figli di Dio, e questa sapienza umana non si accorda con la loro grandezza di figli adottivi.

Noi che siamo il popolo eletto e regale ( 1 Pt 2,9 ), dobbiamo comportarci secondo la dignità della nostra nuova nascita: amare quello che il Padre ama, volere in tutto quello che il nostro Creatore vuole.

Così il Signore non dovrà più dire: Ho generato dei figli e li ho cresciuti, ma essi si sono allontanati da me.

Il bue conosce il suo proprietario, e l'asino la greppia del suo padrone.

Ma Israele non mi ha conosciuto, il mio popolo non mi ha compreso ( Is 1,2-3 ).

É grande il mistero dell'amore di Dio.

Si tratta di un dono che supera tutti i doni.

Dio chiama l'uomo figlio suo, e l'uomo si rivolge a Dio chiamandolo Padre …

Per questo, coloro che sono nati non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma da Dio ( Gv 1,13 ) offrano al Padre i loro cuori di figli uniti nella pace; tutti gli uomini divenuti figli adottivi si ricongiungano in colui che in questa nuova creazione è il primogenito.

Egli è venuto a fare non la sua volontà ma la volontà di colui che l'ha mandato ( Gv 6,38 ); e il Padre, nel suo amore gratuito, non ha fatto suoi eredi delle persone discordi e diverse, ma ci vuole profondamente uniti nei pensieri e nell'amore.

Creati di nuovo secondo un unico modello, dobbiamo essere tutti conformi a lui.

La nascita del Signore è la nascita della pace.

Dice infatti san Paolo: Egli è la nostra pace, poiché ha fatto di due uno ( Ef 2,14 ).

Ebrei e pagani, attraverso di lui abbiamo entrambi in un solo spirito l'accesso al Padre ( Ef 2,18 ) …

Concordi nella volontà e nei pensieri, uniti dalla fede, dalla speranza e dalla carità, lasciamoci spingere e guidare dallo Spirito di pace, perché tutti coloro che sono condotti dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio ( Rm 8,14 ).

Leone Magno, Sermoni, 6

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