Teologia dei Padri

Indice

Il giudicare

1. - Giudizio affrettato degli uomini

Tu ritieni che gli uomini eccellenti e degni per nobiltà dei costumi siano in minor numero di quanto ritengo io.

Molti tuttavia ti sono sconosciuti e di molti che ti sono noti ti è nascosta la dignità morale.

Essa è nello spirito che non può apparire al senso.

E il saggio, nell'intento di stabilire il dialogo con individui viziosi, propone tesi che potrebbero sembrare opinioni e propositi personali.

Compie molte azioni non di propria scelta, ma o per evitare l'odio degli uomini o per non apparire stravagante.

Noi, sentendone parlare o direttamente osservando, difficilmente possiamo supporre che le cose potrebbero stare diversamente di come l'immediata esperienza ci attesta.

Quindi di molti pensiamo che non siano tali, quali essi stessi o i loro intimi li hanno descritti.

Vorrei che te ne persuadessi dall'esempio di alcune degnissime personalità fra i nostri amici che noi soli conosciamo.

L'errore si fonda su questo non trascurabile motivo che non pochi si convertono all'improvviso alla vita saggia e ammirevole e sono giudicati per quel che erano prima, finché non si manifestano con qualche opera illustre.

Ma non andiamo lontano. Qualsiasi persona, che prima conosceva questi giovanetti, non potrebbe credere che essi con tanto interesse compiono indagini su problemi importanti e all'improvviso in tale età fanno tanta lotta contro i piaceri.

Rimuoviamo quindi dalla mente un tale pregiudizio, anche perché l'aiuto divino che tu piamente, come conveniva, hai posto a conclusione del tuo discorso esercita su tutti gli uomini la propria clemenza molto più largamente di quanto alcuni possono credere.

Agostino, L'ordine, 2,29

EMP D-24. - Il fuoco della collera

Altro è il rancore e altro è la collera; una cosa è l'irritazione e altra cosa è il turbamento.

Vi faccio un esempio perché comprendiate meglio.

Quando qualcuno accende un fuoco, all'inizio c'è un piccolo carbone.

Ecco, questo rappresenta la parola del fratello che vi offende.

Sì, proprio un piccolo carbone; che cos'è infatti una semplice parola del fratello?

Se la sopportate, spegnerete senz'altro il carbone.

Al contrario, se vi fermate a pensare: « Perché mi ha detto questo? Anch'io ho da rimproverargli qualcosa!

Se non aveva l'intenzione di offendermi, avrebbe potuto parlarmi in altri termini.

Si sappia bene che posso anch'io rispondergli come si deve! », voi fate come colui che accende il fuoco e vi getta sopra dei ramoscelli o altro: fate del fumo, e questo è il turbamento.

Il turbamento non è altro che il movimento e l'afflusso di pensieri che eccitano ed esaltano il cuore.

É proprio questa esaltazione che spinge a vendicarsi dell'offensore …

Sopportando la parola del fratello invece, potrete spegnere il piccolo carbone prima che appaia il turbamento.

Ma potrete calmare facilmente anche il turbamento con il silenzio e la preghiera.

Se, al contrario, continuate a produrre fumo eccitando il vostro cuore e pensando: « Ma perché mi ha detto questo? Anch'io posso dirgli altrettanto! », l'afflusso e l'urto dei pensieri, se così si può dire, fanno ribollire e riscaldano il cuore provocando la fiamma dell'irritazione …

Eccola dunque arrivata. Se volete, potete ancora estinguerla prima che diventi collera.

Ma se continuate a tormentare voi stessi e gli altri, fate come colui che aggiunge legna attivando il fuoco: è allora che la legna diventa carbone ardente. Ed è la collera …

Se all'inizio del turbamento, all'apparire del fumo e delle scintille, si prendono le dovute precauzioni accusando se stessi, prima che sorga la fiamma dell'irritazione, si resta in pace.

Ma se, provocata l'irritazione, si persiste nel turbamento e nell'eccitazione, non si fa che mettere legna al fuoco alimentandolo fino a fare delle belle braci.

E come queste, divenute carbone e messe da parte, si conservano anche se vi si getta sopra dell'acqua, così la collera, prolungandosi nel tempo, diviene rancore …

Ecco, ora sapete che cos'è il turbamento, l'irritazione, la collera e il rancore.

Vedete come da una piccola parola si può arrivare a un grande male?

Se all'inizio si incolpava se stessi, se si sopportava pazientemente la parola del fratello senza volersi vendicare né rispondergli e rendergli male per male, si sarebbero potuti sfuggire tutti questi mali.

Fratelli, non smetterò mai di dirlo, strappate le passioni fin che sono giovani e prima che s'irrobustiscano facendovi soffrire: una cosa è strappare un arboscello, altro è sradicare un grosso albero.

Doroteo di Gaza, Istruzioni, 8,89-91

2. - Maldicenza e giudizi sul prossimo

Di quanti mali siamo carichi e non ce ne accorgiamo!

Ci mordiamo a vicenda, ci divoriamo a vicenda, offendendoci, accusandoci, calunniandoci, afflitti dalla gloria del prossimo.

E osserva un fatto grave: quando qualcuno vuole offuscare la fama di qualche prossimo, dice: « Un tale ha detto questo sul suo conto », oppure: « Dio, perdonami, non indagare: non posso far a meno di dire ciò che ho udito ».

Ma perché lo dici se non ci credi? Perché ne parli?

Perché cerchi di farlo credere, facendo tanto rumore?

Perché diffondi un discorso che non è vero?

Tu non ci credi, e supplichi Dio di non giudicarti?

Non parlare, ma taci, e sarai libero da ogni timore!

Non so proprio da dove sia piombata tra gli uomini questa malattia: siamo chiacchieroni, nulla resta fermo nella nostra anima.

Ascolta un saggio che ci esorta dicendoci: Hai udito una parola? Muoia in te; sta' tranquillo: non ti farà scoppiare, e ancora: Lo stolto udì una parola ed ebbe le doglie: come una partoriente davanti alla faccia di un infante ( Sir 19,10-11 ).

Siamo pronti ad accusare, siamo preparati a condannare.

Se non avessimo fatto altro male, questo è sufficiente per rovinarci e per spedirci nella geenna: questo ci avvolge tra mille mali.

E perché lo comprenda bene, ascolta il profeta che dice: Ti sei seduto e hai parlato contro il tuo fratello ( Sal 50,20 ).

« Ma non io » si dice, « è stato quello! ».

Invece proprio tu: se tu non avessi parlato, un altro non avrebbe sentito; e se pur avesse altrimenti sentito, tu non saresti la causa del male.

Bisogna coprire, bisogna nascondere le mancanze del prossimo; tu invece le snoccioli col pretesto di amare la virtù!

Non ne risulti un pubblico accusatore, ma un chiacchierone, uno sventato, un pazzo.

Che valentia! Copri te stesso di vergogna, insieme con l'altro, e non te ne accorgi!

Guarda quanti mali nascono da ciò: irriti Dio, danneggi il prossimo e ti rendi meritevole di castigo.

Non odi Paolo che dice parlando delle vedove: Si abituano non solo ad essere oziose, ma ciarliere e curiose, ad andare intorno per le case e a parlare di cose sconvenienti ( 1 Tm 5,13 )?

Perciò, anche se credi a ciò che si dice di tuo fratello, non c'è bisogno che ne parli; tanto più se non ci credi.

Tu guardi sempre a te stesso, e sei nel timore di venir esaminato da Dio?

Temi dunque di venire esaminato sulla maldicenza!

Qui non puoi dire: « Dio non indagare la mia maldicenza! »: è precisamente maldicenza!

Perché hai diffuso la chiacchiera? Perché hai accresciuto il male?

É qualcosa che ci manda in rovina!

Per questo Cristo ha detto: Non giudicate, per non essere giudicati ( Lc 6,37 ).

Noi non abbiamo nessuna delle sue ragioni, eppure ciò che avvenne al fariseo non ci fa ravvedere!

Quegli aveva esposto un fatto vero, cioè: Non sono come questo pubblicano ( Lc 18,11 ); e parlava mentre nessuno l'ascoltava: eppure fu condannato.

Se fu condannato uno che diceva la verità e che parlava senza che nessuno lo ascoltasse, che pena soffriranno quelli che diffondono ovunque menzogne di cui neppure loro sono convinti, come vecchie ciarliere?

Che castigo non dovranno sostenere?

Mettiamo dunque una porta e una sbarra alla nostra bocca; molti mali nascono dalla maldicenza: vengono sconvolte case, vengono spezzate amicizie, e succedono mille altri guai.

Non ingerirti nei fatti del prossimo, o uomo!

Ma ti piace parlare e hai questo debole?

Parla a Dio delle tue cose: non sarà più un difetto, ma un vantaggio; parla delle tue cose a chi ti è veramente amico, a chi è giusto, a coloro in cui hai fiducia, perché preghino per i tuoi peccati.

Se parli delle faccende altrui, non ne hai giovamento, non ne hai guadagno, ma rovina; se esponi le tue al Signore, ne hai una grande ricompensa.

É detto infatti: Dissi: Esporrò al Signore, contro di me, la mia iniquità; e tu prosciogliesti l'empietà del mio cuore ( Sal 32,5 ).

Vuoi giudicare? Giudica ciò che ti riguarda: nessuno ti accusa se tu condanni te stesso; ti accusa invece se non ti condanni, ti accusa se non ti rimproveri, ti accusa se non soffri.

Vedi qualcuno che si adira, che si irrita o che fa qualche altro male?

Subito rifletti alle tue faccende, e così non condannerai lui e libererai te stesso dal peso dei peccati.

Se imponiamo questo ritmo alla nostra vita, se diamo questa impronta al nostro agire, se condanniamo noi stessi, probabilmente non commetteremo molti peccati, compiremo molte opere buone, saremo abili e misurati e godremo di tutte le promesse fatte da Dio ai buoni: e ci sia dato di raggiungerle per la grazia e la misericordia del Signore nostro Gesù Cristo; a lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo sia gloria, potenza e onore, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.

Giovanni Crisostomo, Omelie sulla lettera agli ebrei , 21,3-4

3. - Come comportarsi con i mendicanti

Paolo ha detto: Rivestitevi dunque, come tanti eletti da Dio, di viscere di misericordia, di probità e umiltà ( Col 3,12 ).

Vedi la precisione delle parole, vedi come vuole che noi siamo sempre misericordiosi.

Non ha detto infatti semplicemente: « Abbiate misericordia », ma « rivestitevi », perché come un vestito è sempre con noi, così anche la misericordia.

E non ha detto semplicemente: « Abbiate misericordia », ma « viscere di misericordia », perché noi imitiamo l'affetto naturale.

Ma noi facciamo proprio il contrario: se ci avvicina qualcuno chiedendo l'elemosina, lo offendiamo, lo insultiamo, lo chiamiamo impostore.

Non inorridisci, o uomo, non arrossisci di dargli, invece del pane, il titolo di impostore?

Ma, se anche costui racconta delle fandonie, è giusto averne misericordia per questo motivo: è costretto dalla fame a porsi questa maschera.

E anche questo si deve imputare alla nostra crudeltà, perché noi non tolleriamo facilmente di dare, e loro sono costretti ad escogitare mille espedienti per raggirare il nostro animo disumano e intenerire la nostra durezza.

D'altronde, se chiedesse oro o argento, avresti ragione di sospettare, ma, se ti avvicina per il cibo necessario, perché ti metti a fare della morale fuori di tempo, perché discuti inutilmente, accusandolo di pigrizia e oziosità?

Se si devono rimproverare questi vizi, si devono rimproverare a noi stessi e non agli altri.

Perciò, quando ti avvicini a Dio per chiedergli la remissione dei peccati pensa a siffatte parole e riconosci come sarebbe più giusto che tu le udissi da Dio, piuttosto che il povero da te.

Eppure Dio mai le ha rivolte a te, come per esempio: « Vattene; sei un impostore! Entri spesso in chiesa, ascolti i miei precetti, ma fuori preponi l'oro, la passione, l'amicizia e semplicemente tutto ai miei comandamenti; ora sei umile, ma finita la preghiera sei duro, crudele e disumano.

Vattene via, perciò, e non venirmi più vicino! ».

Queste cose, e ancor di più, saremmo degni di udire: mai però egli ce le ha rinfacciate; invece è longanime e riempie tutti dei suoi beni, dando più di quanto gli si chiede.

Riflettendo dunque a ciò, alleviamo ai bisognosi la loro miseria e anche se usassero imposture non stiamo troppo a pignoleggiare.

Allo stesso modo, anche noi abbiamo bisogno di essere salvati con indulgenza, con benignità, con grande misericordia.

Non è possibile, davvero, non è possibile che possano mai salvarsi coloro che vengono esaminati con pignoleria, ma saranno tutti necessariamente puniti e tutti andranno perduti.

Non siamo dunque giudici severi degli altri, affinché anche a noi non si richieda un conto severo: siamo carichi di peccati che sorpassano ogni indulgenza.

Per questo abbiamo misericordia soprattutto di coloro che commettono delle colpe apparentemente indegne di misericordia; e proprio per accaparrarci anche noi tale misericordia; del resto, per quanto noi siamo benigni, non potremo mai mostrare tanta benignità quanto è quella di cui noi abbiamo bisogno da Dio misericordioso.

Non è assurdo dunque che noi, trovandoci in tanto bisogno, ci mostriamo tanto pignoli con i nostri conservi, agendo così proprio contro noi stessi?

In tal modo, infatti, invece di dimostrare che lui è indegno della tua opera buona, dimostri piuttosto che tu sei indegno della misericordia di Dio.

Infatti chi giudica con troppa precisione il proprio conservo, così si sentirà un giorno da Dio giudicato, anzi di più.

Giovanni Crisostomo, Commento alla lettera ai Romani, 15,8-9

4. - « Non giudicate, affinché non siate giudicati »

Ma come? Non dovremo, dunque, rimproverare chi pecca?

Anche Paolo ci vieta di farlo, o meglio ce lo vieta Gesù Cristo per mezzo di Paolo, con queste parole: Tu poi, perché giudichi il tuo fratello? E perché disprezzi il tuo fratello? ( Rm 14,10 ).

E chi sei tu che ti fai giudice del servo di un altro? ( Rm 14,4 ).

E ancora: Perciò non giudicate di nulla prima del tempo, finché non venga il Signore ( 1 Cor 4,5 ).

Ma perché, poi, in un'altra circostanza lo stesso Apostolo aggiunge: Riprendi, correggi, esorta ( 2 Tm 4,2 )?

E perché altrove ripete: Quelli che peccano, riprendili alla presenza di tutti ( 1 Tm 5,20 )?

Anche Cristo dice a Pietro: Se il tuo fratello ha peccato contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo.

Se poi non ascolta, prendi con te un'altra persona; se neppure così dà ascolto, dillo alla Chiesa ( Mt 18,15-17 ).

Perché Cristo invita tante volte non soltanto a rimproverare, ma anche a punire coloro che peccano?

Infatti ordina di considerare il peccatore ostinato, che non dà ascolto a nessuno, come il pagano e il pubblicano.

E perché ha dato anche le chiavi del cielo ai suoi apostoli?

Se essi non possono giudicare, non hanno nessuna autorità su alcuno e, perciò, invano hanno ricevuto il potere di legare e di sciogliere.

E d'altra parte se ciò prevalesse - la libertà cioè di peccare senza che nessuno ci rimproveri - tutto precipiterebbe in rovina, sia nella Chiesa, sia nelle città e nelle famiglie.

Se il padrone non giudicasse il suo servo, e la padrona la sua domestica, il padre il proprio figlio e l'amico il suo amico, la malvagità certamente aumenterebbe.

E perché dico che l'amico deve giudicare l'amico?

Noi dobbiamo giudicare anche i nemici, poiché non facendolo non potremo mai sciogliere ed eliminare l'inimicizia esistente fra loro e noi, e tutto sarebbe sconvolto.

Qual è dunque il senso preciso di queste parole?

Esaminiamole con cura, in modo che nessuno sia tentato di vedere in questo comando, che costituisce un rimedio di salvezza e di pace, uno strumento di sovversione e di turbamento.

Soprattutto attraverso le parole che seguono, Cristo dimostra la forza e l'efficacia di questo precetto: Perché - egli chiede - osservi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non badi alla trave che è nell'occhio tuo? ( Mt 7,3 ).

Può darsi che questa spiegazione appaia ancora oscura a molti spiriti pigri: io cercherò per questo di chiarirla prendendo in esame il discorso.

Mi sembra dunque che Cristo non vieti in senso assoluto di giudicare qualsiasi peccato, che non neghi questo diritto genericamente a tutti, ma a coloro che, pieni di un'infinità di vizi, condannano insolentemente gli altri per lievi colpe.

E a me pare che qui egli voglia riferirsi anche ai giudei, che erano severi censori delle più piccole colpe del prossimo, mentre essi non si accorgevano di essere colpevoli di peccati ben più gravi.

Questa stessa cosa, infatti, Cristo ripete verso la fine del Vangelo, rimproverando i giudei: Affastellano carichi gravi e difficili a portarsi, e li impongono sulle spalle degli altri; ma essi non vogliono smuoverli con un dito ( Mt 23,4 ).

E ancora: Voi pagate la decima della menta, dell'aneto e del cumino, e trasgredite le cose più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà ( Mt 23,23 ).

Contro questi stessi giudei - mi sembra - Cristo parla ora con forza, reprimendo in anticipo le accuse che essi lanceranno anche contro i suoi discepoli.

I farisei, infatti, li accusarono di peccato per delle cose che non erano affatto peccati, come il non osservare il sabato, mangiare senza lavarsi le mani e sedere alla stessa mensa con i pubblicani; il che fu stigmatizzato altrove: Col filtro togliete il moscerino e ingoiate il cammello ( Mt 23,24 ).

Ma Cristo stabilisce qui, contro tali giudizi, una legge comune e valida per tutti.

Anche Paolo non vietava genericamente ai corinti di giudicare, ma proibiva soltanto di giudicare chi era loro preposto e li guidava, e su questioni ancora incerte e non chiare.

Non vietava loro di correggere i peccatori.

Il divieto che loro formulava non si rivolgeva a tutti indistintamente, ma solo a quei discepoli che osavano giudicare e condannare i loro maestri, e a coloro che, colpevoli di mille colpe, ardivano lanciare accuse atroci contro persone innocenti.

É proprio questo che Gesù Cristo vuol far capire qui: e non soltanto lo fa capire, ma con queste altre parole incute pure un grande timore e minaccia l'inevitabile supplizio: Poiché con il giudizio col quale giudicate, sarete giudicati ( Mt 7,2 ).

Non è vostro fratello - egli dice - che voi condannate, ma voi stessi; siete voi che vi preparate un temibile tribunale, davanti al quale dovrete rendere conto rigoroso del vostro comportamento.

Come Dio ci perdonerà i nostri peccati nella misura in cui noi avremo perdonato agli altri, così anche ci giudicherà nella misura in cui avremo giudicato gli altri.

Non dobbiamo, quindi, né insultare né ingiuriare coloro che peccano, ma dobbiamo avvertirli.

Non bisogna dirne male e diffamarli, ma consigliarli.

Dobbiamo correggerli con l'amore, e non insorgere contro di loro con arroganza.

Se tratti il tuo prossimo senza rispetto e senza pietà quando dovrai decidere dei suoi errori e determinare le sue colpe, non sarà lui, ma tu a essere condannato all'estremo supplizio.

Vedi come sono lievi questi due comandi di Gesù, e come essi costituiscono in effetti una sorgente di grandi beni per coloro che li praticano e, di conseguenza, di mali per quanti li trascurano?

Chi perdona suo fratello, libera se medesimo da ogni accusa, prima ancora che suo fratello, senza che gli costi alcun sacrificio.

Chi giudica le colpe degli altri con moderazione e con indulgenza, accumula in tal modo per se stesso un grande tesoro di misericordia.

« Ma se uno cade nella fornicazione - mi domandi - non gli si dovrà dunque dire che la fornicazione è un male e non si dovrà correggerlo con energia per il suo peccato? »

Correggilo, certo, però non come se tu fossi un nemico che chiede giustizia, ma comportandoti come un medico che prepara il rimedio per guarire il malato.

Cristo non ti disse di non impedire al prossimo di peccare, ma ti ordinò di non giudicare cioè di non diventare un giudice aspro e severo.

Inoltre egli non parla qui, come ho già notato, dei grandi peccati, dei delitti gravissimi, ma di quelle colpe che paiono tali e non lo sono.

Dice infatti: Perché osservi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello? ( Mt 7,3 ).

Questa è una colpa in cui cadono tuttora molti uomini.

Se vedono che un religioso ha un abito in più, subito gli rinfacciano la regola di povertà che il Signore ha dato; ma non tengono conto che essi rubano a più non posso e che ogni giorno accumulano ingiuste ricchezze.

E se vedono che prende un po' più di cibo, subito assumono il ruolo di severi accusatori, essi che passano tutta la loro vita negli eccessi del bere e del mangiare.

Non si accorgono che così facendo attirano sul loro capo, oltre a quanto già meritano per i loro delitti, un fuoco ancor più intenso, e che, giudicando gli altri in tal modo, privano se stessi da ogni scusa e attenuante.

Tu infatti, avendo così giudicato il prossimo, hai per primo stabilito la norma secondo la quale deve esaminare con rigore il tuo comportamento.

Non lamentarti, quindi, se un giorno riceverai il trattamento che tu stesso ti sei procurato.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 23,1-2

5. - Le colpe del prossimo

Vi scongiuro: non propaliamo le colpe del prossimo!

Anche se ne veniamo a conoscenza da parte di altri, non affrettiamoci a vedere la nudità, ma copriamola, come il pio figlio di Noè, e affrettiamoci a rialzare nuovamente, con ammonimenti e buoni consigli, l'anima caduta.

Ricordiamole la benignità di Dio, la sovrabbondanza della sua bontà e l'immensità della sua misericordia, per rallegrarci, ancor più che lei, dell'immenso dono del Dio di tutte le cose, il quale vuole che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, e non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva ( Ez 18,23 ).

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 29

6. - Superbia nel giudicare il fratello

Che c'è tanto da temere per l'uomo quanto il vedere molti dei quali si sperava bene, vivere male e giacere in molteplici azioni disoneste?

Perciò teme che siano di tal genere coloro che credeva buoni, e sospetta male di quasi tutti i buoni.

« Quale uomo! E come è caduto! Come è stato trovato in quella turpitudine, in quel delitto, in quella cattiva azione? E credi che non siano tutti così? ».

Questo è il timore di quelli che mi conoscono ( Sal 31,12 ), cosicché, anche per coloro che ci conoscono, il più delle volte siamo in sospetto.

E se non ti consolasse ciò che sei, se sei qualcosa, non crederesti che esista un altro simile.

La coscienza, quale che sia, consola l'uomo, in modo che l'uomo che vive bene dica a se stesso: o tu che ora temi che tutti siano così, sei tu tale?

Risponderà la coscienza: non sono così. Ebbene, se non lo sei, sei forse il solo?

Stai attento che non sia peggiore questa superbia di quella malvagità.

Non dire quindi che tu sei il solo. Infatti anche Elia, un tempo, scoraggiato per la moltitudine degli empi disse: Hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, e io sono rimasto solo e reclamano la mia vita.

Ma che gli risponde l'oracolo divino? Mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato le ginocchia davanti a Baal ( 1 Re 19,10.18 ).

Dunque, fratelli, di fronte a tutti questi scandali, uno solo è il rimedio: non pensare male del tuo fratello.

Con umiltà sforzati di essere quello che vorresti che fosse lui, e non penserai che egli è quello che tu non sei.

Agostino Esposizioni sui Salmi, 31,11,7

7. - Dolcezza con i peccatori

Molti, col pretesto di rivendicare l'onore di Dio, mirano a soddisfare le loro passioni.

Ebbene, noi dovremo comportarci con moderazione e umiltà.

Dio stesso, creatore dell'universo, pur potendo lanciare la sua folgore contro chi l'offende e lo bestemmia, fa sorgere il sole, invia le piogge e continua a ricolmare tutti di mille altri favori.

Dobbiamo, quindi, imitare anche noi Dio, consigliando, esortando e correggendo con mansuetudine coloro che ci offendono, senza mai farci trascinare dall'ira e lasciarci andare alla violenza.

Dio non è toccato né danneggiato dalla bestemmia, perché tu debba andare in escandescenze.

É piuttosto colui che bestemmia ad essere ferito.

Gemi dunque e compiangilo: la sua disgrazia è degna di lacrime; d'altronde nulla quanto la mitezza può guarire questo ferito.

La mansuetudine infatti è più forte ed efficace di qualsiasi violenza.

Ricorda il modo con cui Dio stesso, dopo essere stato offeso, ci parla nel Vecchio e nel Nuovo Testamento.

In quello dice: Popolo mio, che ti ho fatto? ( Mi 6,3 ); in questo chiede: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 ).

E lo stesso Paolo raccomanda di riprendere con mitezza gli avversari ( 2 Tm 2,25 ).

Quando gli apostoli chiedono a Gesù di far scendere fuoco dal cielo, egli li rimprovera severamente dicendo: Non sapete di quale spirito siete ( Lc 9,54 ).

E in questa circostanza non dice ai farisei: « O uomini detestabili e menzogneri! Invidiosi e nemici della salvezza umana! », ma chiede semplicemente: Perché pensate voi male nei vostri cuori? ( Mt 13,30 ).

Bisogna dunque rimuovere il male con dolcezza e umiltà.

Infatti, chi si converte solo per timore degli uomini, finirà per ricadere ben presto nel peccato.

Ecco perché Cristo comandò di lasciar crescere la zizzania, dando ad essa la possibilità di pentirsi.

Molti uomini infatti, che prima erano peccatori, toccati da tale mitezza, si sono pentiti e sono divenuti virtuosi: così Paolo, così il pubblicano e il ladrone.

Dopo essere stati zizzania, sono diventati ottimo grano.

Questi mutamenti non sono possibili nei semi della terra, ma per la volontà dell'uomo è facile e semplice.

La volontà non è costretta dalle limitazioni della natura, ma Dio l'ha onorata di libera scelta.

Quando dunque vedi un nemico della verità, cerca di guarirlo, prenditi cura di lui, riportalo alla virtù dandogli l'esempio di una vita perfetta, presentandogli un ragionamento irrefutabile e offrendogli aiuto e amore disinteressato.

Imita i più bravi medici e, come loro, tenta ogni mezzo per salvarlo.

Essi difatti non usano un solo rimedio per guarire i malati, ma quando vedono che il male non cede al primo rimedio ne applicano un secondo e poi ancora un altro se anche questo si dimostra inefficace; e ora tagliano, ora fasciano.

Orbene, anche tu, divenuto medico delle anime, metti in atto ogni mezzo per guarire i tuoi fratelli, conforme alle leggi che Cristo ha dato.

In tal modo otterrai la ricompensa della tua personale salvezza e anche di quella procurata agli altri, e, avendo compiuto tutto per la gloria di Dio, anche tu sarai glorificato.

Glorificherò coloro che mi glorificano - dice infatti il Signore - e quanti mi disprezzano saranno disprezzati ( 1 Sam 2,30 ).

Facciamo dunque tutto a gloria di Dio e riceveremo in sorte quella beatificante eredità che io auguro a noi tutti di godere per la grazia e l'amore di nostro Signore Gesù Cristo.

A lui la gloria e il potere per i secoli dei secoli. Amen.

Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo di san Matteo, 29,3

8. - Ci è proibito giudicare

Uno è aggravato da una malattia; è possibile che abbia degli organi sani - l'occhio e la vista, per esempio, o qualche altro organo -, mentre i rimanenti vanno in distruzione.

Così è anche delle cose spirituali.

É probabile che qualcuno abbia sane tre membra dello spirito, ma non per questo è perfetto.

Vedi quanti gradini e quanti stadi ci siano nello spirito, vedi come esso si purghi, sminuendo il male, parte dopo parte, e non tutto in una volta.

Tutto è retto dalla provvidenza e dall'economia del Signore: che il sole sorga e che tutte le creature siano state fatte per il regno che gli eletti erediteranno, per costituire il regno della pace e della concordia.

Perciò i cristiani debbono combattere incessantemente; e non devono assolutamente giudicare nessuno, neppure una donnaccia prostituta, neppure i peccatori o gli impudichi, ma hanno da guardare tutti con intenzione semplice e occhio puro; deve diventare un qualcosa di naturale e innato non disprezzare nessuno e giudicarlo, né provarne ripugnanza, né farne oggetto delle proprie critiche.

Se vedi qualcuno che ha un occhio solo, non giudicarlo nel tuo cuore, ma fa' come se avessi davanti un uomo sano.

Chi ha una mano amputata, non guardarlo come un mutilato, lo storpio come fosse ritto, il paralitico come fosse sano.

Questa è la purezza di cuore: che tu, vedendo i peccatori e gli infermi, ne abbia compassione e sia pieno di misericordia per loro.

Avviene infatti che anche i santi del Signore si siedano quasi a teatro per guardare l'inganno del mondo; essi, mentre nel loro uomo interiore parlano con Dio, nell'uomo esteriore sembrano contemplare con i loro occhi ciò che avviene nel mondo.

Gli uomini mondani hanno una diversa tensione, ispirata loro dallo spirito dell'errore: gustare le realtà terrene; i cristiani invece hanno un'altra intenzione, un altro animo, sono di un altro secolo, di un'altra città.

Lo Spirito di Dio è unito in comunione con le loro anime ed essi calpestano l'avversario.

Pseudo-MacarioOmelie spirituali, 15,6-9

9. - Giudicare se stessi

Scruti ciascuno la propria coscienza e ponga se stesso di fronte al proprio giudizio.

Veda se nel segreto del suo cuore egli trova quella pace che dà Cristo, se nessuna concupiscenza della carne combatte in lui il desiderio dello spirito; e se egli non disprezza la situazione umile e non brama la situazione elevata, se non si allieta di un guadagno illecito e non gode smoderatamente per l'aumento dei suoi beni, e infine se la felicità altrui non lo addolora o non lo allieta la miseria del nemico.

E qualora non trovi in sé nessuna di queste passioni interiori, ponderi, con esame sincero, a quale specie di pensieri egli si abbandoni; se non si culli nelle immagini vane, se sia sollecito a distrarre l'animo da ciò che lo alletta perniciosamente.

Poiché non essere influenzato da nessuna lusinga, non esser solleticato da nessuna cupidigia, non è possibile in questa vita che è tutta una tentazione, e in cui senz'altro è vinto chi non teme di esser vinto.

É superbia presumere di non peccare facilmente, ché anzi questa stessa presunzione è peccato, come dice il beato apostolo Giovanni: Se diciamo di non aver peccato alcuno, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi ( 1 Gv 1,8 ).

Leone Magno, Sermoni, 41,1

10. - La misura di Dio

Volentieri dobbiamo perdonare a chi pecca contro di noi e non dare peso a ciò che contro di noi è stato commesso.

Se uno invece estende il suo peccato contro Dio, allora dobbiamo chiedergliene conto.

Eppure, io non so come avvenga, noi ci comportiamo sempre al contrario.

Non siamo affatto solleciti a vendicare i peccati commessi contro Dio; ma se qualcuno commette contro di noi anche la colpa più piccola, con grande severità subito l'esaminiamo e giudichiamo.

Non riflettiamo che con ciò eccitiamo maggiormente contro di noi l'ira del misericordioso Signore, proprio perché Dio suole perdonare ciò che è stato commesso contro di lui e vendicare invece i peccati commessi contro il prossimo.

Giovanni Crisostomo, Omelie sul Genesi, 26

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