Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se la tristezza possa essere un bene utile

III, q. 46, a. 6, ad 2

Pare che la tristezza non possa essere un bene utile.

Infatti:

1. Sta scritto [ Sir 30,23 ]: « La malinconia ha rovinato molti, e non c'è utilità in essa ».

2. Ciò che è utile per un fine è oggetto di scelta.

Ma la tristezza non è degna di scelta; anzi, come scrive Aristotele [ Topic. 3,2 ], « è meglio scegliere una cosa senza tristezza che con tristezza ».

Quindi la tristezza non è un bene utile.

3. « Ogni cosa è per la sua attività », insegna Aristotele [ De caelo 2,3 ].

Ma egli scrive pure [ Ethic. 10,5 ] che « la tristezza disturba l'attività ».

Quindi la tristezza non ha l'aspetto di bene utile.

In contrario:

Il sapiente cerca solo le cose utili.

Ora, sta scritto [ Qo 7,4 ] che « il cuore dei saggi è in una casa in lutto e il cuore degli stolti in una casa in festa ».

Quindi la tristezza è utile.

Dimostrazione:

Dalla presenza del male insorgono due moti appetitivi.

Il primo è il moto di contrarietà al male presente.

E da questo lato la tristezza non offre alcuna utilità: poiché ciò che è presente non può non essere presente.

Il secondo moto nasce dall'appetito come fuga o come reazione al male che addolora.

E qui la tristezza offre un'utilità, se ha per oggetto una cosa da fuggire.

Infatti una cosa è degna di fuga per due motivi.

Primo, per se stessa, in quanto è contraria al bene: p. es. il peccato.

Quindi il dolore dei peccati serve all'uomo per fuggire il peccato; così infatti si esprime l'Apostolo [ 2 Cor 7,9 ]: « Ne godo, non per la vostra tristezza, ma perché questa tristezza vi ha portato a pentirvi ».

- Secondo, una cosa è degna di fuga non perché cattiva in se stessa, ma perché occasione di male: o per il fatto che l'uomo vi si lega con l'amore, oppure perché ne prende occasione per cadere nel male; e ne abbiamo l'esempio nel caso dei beni temporali.

Per questo i dolori e le tristezze aventi per oggetto i beni temporali possono essere utili, come si legge [ Qo 7,2 ]: « È meglio andare in una casa in pianto che in una casa in festa; perché quella è la fine di ogni uomo, e chi vive ci rifletterà ».

Quindi la tristezza di fronte a ogni cosa da fuggire è utile, poiché viene duplicata la causa che spinge alla fuga.

Infatti il male in se stesso è degno di fuga, e d'altra parte tutti fuggono la stessa tristezza, come tutti desiderano il bene e il suo godimento.

Come dunque il godimento del bene fa sì che il bene sia cercato con maggiore avidità, così il dolore o tristezza per il male fa sì che il male sia fuggito con più impegno.

Analisi delle obiezioni:

1. Quel testo si riferisce alla tristezza esagerata, che assorbe l'animo.

Infatti tale tristezza, come si è visto [ q. 37, a. 2 ], immobilizza l'animo e impedisce la fuga del male.

2. Come tutte le cose degne di scelta diventano meno eleggibili per la tristezza, così tutte quelle che sono da fuggire diventano per la tristezza più degne di fuga.

E in ciò sta l'utilità della tristezza.

3. Se la tristezza è motivata dall'attività ne costituisce un ostacolo, ma se è motivata dalla sua cessazione fa agire con più impegno.

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