Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la temperanza abbia per oggetto le concupiscenze e i piaceri

In 3 Sent., d. 33, q. 2, a. 2, sol. 2; In 2 Ethic., lect. 8; 3, lectt. 19, 21

Pare che l'oggetto della temperanza non siano soltanto le concupiscenze e i piaceri.

Infatti:

1. Cicerone [ De invent. 2,54 ] afferma che « la temperanza è il dominio fermo e moderato della ragione sulla concupiscenza e sugli altri moti dell'animo ».

Ora, tutte le passioni sono moti dell'animo.

Perciò la temperanza non ha per oggetto solo i desideri e i piaceri.

2. « La virtù ha per oggetto il difficile e il bene » [ Arist., Ethic. 2,2 ].

Ma moderare il timore, specialmente nei pericoli di morte, è più difficile che moderare le concupiscenze e i piaceri, ai quali si rinunzia sotto la minaccia dei dolori e dei pericoli di morte, come nota S. Agostino[ Lib.LXXXIII quaest. 36 ].

Quindi la virtù della temperanza non si interessa principalmente delle concupiscenze e dei piaceri.

3. Alla temperanza, come dice S. Ambrogio [ De off. 1,43 ], appartiene « la grazia della moderazione ».

E Cicerone [ De off. 1,27 ] scrive che è compito della temperanza « sedare tutti i turbamenti dell'animo, e moderare tutte le cose ».

Ora, si deve imporre moderazione non solo alle concupiscenze e ai piaceri, ma anche agli atti e a tutte le cose esterne.

Quindi la temperanza non ha per oggetto solo le concupiscenze e i piaceri.

In contrario:

S. Isidoro [ Sent. 2, cc. 37,42 ] insegna che la temperanza è la virtù che « frena il piacere e la concupiscenza ».

Dimostrazione:

Come si è detto sopra [ q. 123, a. 12; q. 136, a. 2 ], è compito della virtù morale conservare il bene di ordine razionale di fronte alle passioni che contrastano la ragione.

Ora, i moti passionali sono di due specie, come si è notato nel trattato sulle passioni [ I-II, q. 23, a. 2 ]:

il primo è il moto con il quale l'appetito sensitivo persegue i beni sensibili e corporali;

il secondo invece è la fuga dei mali sensibili e corporali.

Ora, il primo di questi moti appetitivi contrasta con la ragione principalmente per i suoi eccessi.

Infatti i beni sensibili e corporali, considerati in se stessi, non ripugnano alla ragione, ma piuttosto sono al suo servizio, come strumenti di cui la ragione si serve per raggiungere il proprio fine.

Sono invece incompatibili con essa soprattutto quando l'appetito sensitivo vi tende senza seguire la norma della ragione.

È quindi compito proprio della virtù morale regolare queste passioni che sono volte al conseguimento del bene.

- Invece i moti dell'appetito sensitivo che rifugge dal male di ordine sensitivo sono in contrasto con la ragione principalmente non per la loro esagerazione, ma per i loro effetti: in quanto cioè uno, per fuggire i mali sensibili e materiali che talora accompagnano il bene di ordine razionale, è indotto ad abbandonarlo.

In questi casi dunque è compito della virtù morale dare fermezza nel bene.

Come dunque la virtù della fortezza, che garantisce tale fermezza, ha principalmente il compito di regolare la passione interessata alla fuga dei mali corporali, cioè il timore, e indirettamente quello di regolare l'audacia, che affronta i pericoli in vista di un bene, così la temperanza, che implica moderazione, ha principalmente il compito di regolare le passioni che tendono ai beni sensibili, cioè le concupiscenze e i piaceri, e indirettamente quello di regolare le tristezze, o dolori, che derivano dall'assenza di questi piaceri.

Come infatti l'audacia presuppone i pericoli, così anche tale tristezza deriva dalla mancanza di simili piaceri.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è già detto sopra [ I-II, q. 25, aa. 1,2 ], le passioni relative alla fuga dal male presuppongono le passioni relative al perseguimento del bene, e le passioni dell'irascibile presuppongono quelle del concupiscibile.

Così dunque la temperanza, mentre regola direttamente le passioni del concupiscibile, che tendono al bene, indirettamente modera anche tutte le altre passioni, poiché dal governo delle prime deriva il buon ordine delle altre.

Chi infatti non è smodato nella concupiscenza, di conseguenza è moderato nella speranza, e si rattrista con moderazione della mancanza di ciò che desidera.

2. La concupiscenza implica un certo impulso dell'appetito verso i piaceri, il quale ha bisogno di un freno, che spetta alla temperanza.

Il timore invece implica una certa fuga dell'animo dal male, per frenare la quale l'uomo ha bisogno della fermezza d'animo, che è data dalla fortezza.

Così la temperanza ha per oggetto proprio le concupiscenze, e la fortezza i timori.

3. Gli atti esterni derivano dalle passioni interiori dell'anima.

Perciò la loro moderazione dipende dalla regolazione delle passioni interiori.

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