Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se la temperanza sia una virtù specificamente distinta

Supra, q. 87, a. 1; infra, a. 4, ad 1; I-II, q. 61, aa. 3, 4; In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 1, sol. 3; De Virt., q. 1, a. 12, ad 23

Pare che la temperanza non sia una virtù specificamente distinta.

Infatti:

1. S. Agostino [ De mor. Eccl. 1,15 ] scrive che « è compito della temperanza conservare noi stessi integri e incorrotti ».

Ma questo è il compito di tutte le virtù.

Quindi la temperanza è una virtù generale.

2. S. Ambrogio [ De off. 1,3 ] afferma che « nella temperanza ciò che soprattutto si apprezza e si richiede è la tranquillità dell'animo ».

Ma questa si riscontra in tutte le virtù.

Quindi la temperanza è una virtù generale.

3. Cicerone [ De off. 1,27 ] scrive che « la bellezza non può essere separata dall'onestà », e che « tutte le cose giuste sono anche belle ».

Ma come aggiunge lo stesso Autore, la bellezza viene considerata propriamente nella temperanza.

Quindi la temperanza non è una virtù specificamente distinta.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,7; 3,10 ] considera la temperanza una virtù specifica.

Dimostrazione:

È nell'uso del linguaggio umano il restringere certe parole comuni agli oggetti che sono principali tra quelli da esse designati: come il termine Urbe per antonomasia indica Roma.

Così dunque anche il termine temperanza può essere preso in due sensi.

Primo, nel suo senso generico.

E così la temperanza non è una virtù speciale, ma generale: poiché il termine temperanza indica un certo temperamento, o moderazione, posto negli atti e nelle passioni umane dalla ragione; e ciò è comune a tutte le virtù morali.

- Tuttavia la temperanza differisce essenzialmente dalla fortezza anche come virtù generica, o generale.

Infatti la temperanza ritrae dalle cose che attraggono l'appetito contro la ragione, mentre la fortezza spinge a sopportare o ad affrontare quelle cose che spingono l'uomo a trascurare il bene di ordine razionale.

Se invece col termine temperanza si intende per antonomasia la disposizione a trattenere l'appetito dalle cose che più attraggono l'uomo, allora essa è una virtù speciale, dotata di una materia speciale, come anche la fortezza.

Analisi delle obiezioni:

1. L'appetito sensitivo di un uomo viene corrotto specialmente da ciò che più lo induce ad allontanarsi dalla norma della ragione e della legge divina.

Come quindi il termine temperanza può essere inteso sia in senso generico che in senso specifico, o per antonomasia, così anche l'integrità che S. Agostino le attribuisce può essere presa negli stessi due sensi.

2. Le cose che formano l'oggetto della temperanza possono massimamente turbare l'animo, trattandosi di cose connaturali all'uomo, come vedremo [ aa. 4,5 ].

Perciò la tranquillità dell'animo viene attribuita soprattutto alla temperanza, sebbene essa convenga genericamente a tutte le virtù.

3. Sebbene la bellezza sia l'ornamento di tutte le virtù, tuttavia essa viene attribuita in modo speciale alla temperanza per due motivi.

Primo, per il concetto generico di temperanza, che implica una proporzione ponderata ed esatta, la quale appunto costituisce, secondo Dionigi [ De div. nom. 4 ], l'essenza della bellezza.

- Secondo, poiché le cose nelle quali ci modera la temperanza sono quelle più basse, che convengono all'uomo per la sua natura animalesca, come vedremo [ a. 7, ob. 1; a. 8, ad 1; q. 142, a. 4 ]: per cui l'uomo è specialmente da queste che viene deturpato.

E così la bellezza è attribuita in modo speciale alla temperanza, che più di ogni altra virtù toglie dall'uomo la turpitudine.

E per lo stesso motivo alla temperanza viene attribuita sommamente l'onestà.

Infatti S. Isidoro [ Etym. 10 ] ha scritto: « Chiamiamo onesto ciò che esclude qualsiasi turpitudine: infatti onestà suona "stato di onore" ».

E ciò si rileva soprattutto nella temperanza, che esclude i vizi più vergognosi, come vedremo [ q. 142, a. 4 ].

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