Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se nella legge divina siano ben determinati i precetti riguardanti le virtù annesse alla temperanza

Pare che nella legge divina non siano ben determinati i precetti riguardanti le virtù annesse alla temperanza.

Infatti:

1. I precetti del decalogo, stando a quanto si è detto [ a. prec., ad 3 ], sono come i princìpi universali di tutta la legge divina.

Ma « la superbia », dice la Scrittura [ Sir 10,13 Vg ], « è l'inizio di tutti i peccati ».

Quindi tra i precetti del decalogo ce ne doveva essere uno che proibisse la superbia.

2. Nel decalogo si devono mettere soprattutto quei precetti che più spingono gli uomini a osservare la legge: poiché sono questi i principali.

Ora, l'uomo viene spinto all'osservanza della legge soprattutto dall'umiltà: infatti l'obbedienza è ricordata tra i gradi dell'umiltà, come sopra [ q. 161, a. 6 ] si è visto.

E lo stesso si dica della mansuetudine, la quale fa sì che l'uomo « non contraddica la Sacra Scrittura », come dice S. Agostino [ De doctr. christ. 2,7.9 ].

Perciò nel decalogo non dovevano mancare dei precetti sull'umiltà e sulla mansuetudine.

3. Come si è visto [ a. prec. ], l'adulterio viene proibito dal decalogo in quanto è in contrasto con l'amore del prossimo.

Ma anche il disordine dell'atteggiamento esterno che è contrario alla modestia è in contrasto con l'amore del prossimo; infatti nella Regola di S. Agostino [ Epist. 211 ] si legge: « In tutti i vostri atteggiamenti non ci sia nulla che offenda l'altrui sguardo ».

Quindi anche questo disordine doveva essere proibito da un precetto del decalogo.

In contrario:

Basta il testo della Scrittura [ Es 20,1-17; Dt 5,6ss ].

Dimostrazione:

Le virtù annesse alla temperanza possono essere considerate sotto due aspetti: primo, in se stesse; secondo, nei loro effetti.

Considerate in se stesse non hanno un rapporto diretto con l'amore di Dio o del prossimo, ma riguardano piuttosto il buon ordine di cose attinenti al soggetto.

Invece in rapporto ai loro effetti possono riguardare anche l'amore di Dio e del prossimo.

Per questo nel decalogo si trovano dei precetti che mirano a proibire gli effetti di quei vizi che si contrappongono alle parti potenziali della temperanza: dall'ira infatti, che è il contrario della mansuetudine, può derivare che si commetta l'omicidio, il quale viene proibito dal decalogo, oppure che si manchi di rispetto ai genitori.

Ma ciò può derivare anche dalla superbia, la quale fa sì che molti trasgrediscano anche i precetti della prima tavola.

Analisi delle obiezioni:

1. La superbia è l'inizio di ogni peccato, ma rimane nascosta nel cuore: per cui non tutti ne conoscono la malizia allo stesso modo.

Per questo la sua proibizione non andava posta tra i precetti del decalogo, che sono come dei primi princìpi evidenti per se stessi.

2. I precetti che inducono all'osservanza della legge la presuppongono.

Quindi non possono essere posti nel decalogo quali primi precetti della legge.

3. Il disordine dell'atteggiamento esterno può costituire un'offesa del prossimo non per se stesso, come l'omicidio, l'adulterio e il furto, che sono proibiti dal decalogo, ma solo in quanto segno del disordine interiore, come sopra [ q. 168, a. 1, ad 1,3 ] si è spiegato.

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