Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se nella legge divina siano ben determinati i precetti della temperanza

I-II, q. 100, a. 2, ad 3

Pare che nella legge divina non siano ben determinati i precetti della temperanza.

Infatti:

1. La fortezza, come si è visto [ q. 123, a. 12; q. 141, a. 8; I-II, q. 66, a. 4 ], è una virtù superiore alla temperanza.

Eppure tra i precetti del decalogo, che sono i più importanti della legge, non ce n'è alcuno riguardante la fortezza.

Perciò non è giusto che fra i precetti venga posta la proibizione dell'adulterio, che è un peccato contro la temperanza; come si è visto sopra [ q. 154, aa. 1,8 ].

2. La temperanza ha per oggetto non solo i piaceri venerei, ma anche i piaceri del mangiare e del bere.

Ora, nessuno dei precetti del decalogo proibisce qualche vizio riguardante i piaceri della mensa, e neppure qualche altra specie della lussuria.

Quindi non si doveva dare neppure un precetto riguardante l'adulterio, il quale riguarda i piaceri venerei.

3. Nell'intenzione del legislatore è più importante indurre alla virtù che proibire il vizio: infatti i vizi sono proibiti per togliere gli ostacoli delle virtù.

Ora, nella legge divina i precetti del decalogo sono quelli più importanti.

Quindi tra i precetti del decalogo ci doveva essere un precetto affermativo che inducesse direttamente alla virtù della temperanza, piuttosto che un precetto negativo che proibisse il suo contrario, cioè l'adulterio.

In contrario:

Basta il testo della Scrittura [ Es 20,1-17; Dt 5,6ss ].

Dimostrazione:

Come dice l'Apostolo [ 1 Tm 1,5 ], « il fine del precetto è la carità », alla quale siamo indotti mediante i due precetti dell'amore di Dio e del prossimo.

Perciò nel decalogo sono posti quei precetti che più direttamente sono ordinati all'amore di Dio e del prossimo.

Ora, tra i peccati contrari alla temperanza, quello che più contrasta con l'amore del prossimo è l'adulterio, nel quale si usurpa una cosa altrui, abusando cioè della moglie di un altro.

E così tra i precetti del decalogo ci sono soltanto quelli che proibiscono l'adulterio, sia come atto che come desiderio.

Analisi delle obiezioni:

1. Tra i vizi che si contrappongono alla fortezza non ce n'è uno che sia incompatibile con la carità come l'adulterio, che è un peccato di lussuria, contrario alla temperanza.

- Il vizio dell'audacia però, che si contrappone alla fortezza, talora è causa dell'omicidio, che è ricordato e proibito dai precetti del decalogo; da cui le parole [ Sir 8,15 ]: « Con un avventuriero non metterti in viaggio, per paura che ti diventi insopportabile ».

2. La gola non è così direttamente in contrasto con l'amore del prossimo come l'adulterio; e lo stesso si dica delle altre specie della lussuria.

Infatti lo stupro di una vergine non arreca al padre un'ingiuria così grave come quella subita da un marito con l'adulterio, per il potere che egli ha sul corpo della moglie [ 1 Cor 7,4 ].

3. Come si è già notato [ q. 122, aa. 1,4 ], i precetti del decalogo sono come i princìpi universali della legge divina: per cui devono essere comuni a tutti.

Ma non era possibile dare dei precetti comuni affermativi sulla temperanza: poiché l'uso della temperanza, come fa osservare S. Agostino [ De bono coniug. 15 ], varia secondo i tempi, le leggi e le usanze.

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