Claudio Brusa

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L'esperienza della guerra e l'ingresso nell'Unione Catechisti

Corre l'anno 1944, Torino è devastata dai bombardamenti degli Alleati, l'Italia del Nord è praticamente ostaggio del Terzo Reich e la guerra civile, con le sue terribili rappresaglie, sconvolge tutto il Piemonte.

In un contesto così tragico della nostra Storia, quando i rapporti umani tra le opposte fazioni sono avvelenati da un estremismo politico indifferente all'omicidio, alla vendetta, alla strage, Brusa sceglie di militare nell'esercito di Dio.

Questa militanza trova la sua realizzazione pratica nell'adesione all'Unione Catechisti che ben si adatta allo spirito pragmatico, ma anche ardente e idealista del giovane novizio.

Negli anni della guerra la laicità consacrata è una realtà "ufficiosa" della Chiesa, la "Provida Ecclesia" non è stata ancora pubblicata e la nuova sede della Casa di Carità è solo un sogno dei Catechisti più intraprendenti.

Entrare nell'Unione è, sotto molti punti di vista, una scommessa, ma sono persone entusiaste e decise come Brusa che hanno alimentato la fiamma del carisma negli anni bui del conflitto.

Brusa è in assoluto il più giovane membro dell'Unione; nessuno, tra i Catechisti, ha ricevuto e riceverà mai la consacrazione prima dei 18 anni.

In fondo è poco più che un ragazzo e le sue emozioni non sono ancora così controllate.

Un po' come Davide, il re guerriero sorpreso a ballare per il suo Signore ( con grande scandalo di Mikal, figlia di Saul ), il giovanissimo Claudio non riesce a trattenere l'esultanza che trabocca dal suo cuore, suscitando, tra i sodali più anziani, un misto di ammirazione e apprensione.

"Fece la sua consacrazione nell'agosto 1944.

Quel giorno predicava don Casalegno.

Al termine della celebrazione, nella pausa seguita al pranzo, nel corso del quale avevamo fatto una piccola festicciola, Claudio, passando per la palestra del Collegio, si arrampicò sulla corda e, volendo manifestare la sua gioia esuberante, si fece dondolare come su una liana, fin quasi a toccare il soffitto.

Ero ammirato per il suo vigore giovanile e al tempo stesso preoccupato per il rischio che poteva correre.

In realtà era un amante del rischio calcolato, come ebbi occasione di constatare in altre occasioni.

Un vero lottatore " ( Leonardo Rollino ).

Eppure gli anni della guerra per la famiglia Brusa non sono certo spensierati.

La situazione di Torino, e in genere quella dei grandi centri urbani, è molto critica al punto che migliaia di persone sono costrette a sfollare.

I bombardamenti, nel corso dei quali vengono utilizzati anche i famigerati "spezzoni incendiari", seminano il terrore nella città; i generi alimentari scarseggiano; i tedeschi requisiscono case e arrestano persone con grande facilità.

I componenti della famiglia Brusa, come tanti torinesi, devono "arrangiarsi" affidandosi alla generosità dei parenti rimasti in campagna.

In quei giorni, Claudio e suo fratello Alfìo, si improvvisano "vivandieri": quando le scorte alimentari si assottigliano e le tessere annonarie non assicurano dei pasti adeguati, i due ragazzi montano in sella alle loro biciclette e partono alla volta di Tricerro, il paese dei nonni, dove fanno provviste di verdura, uova e carne, per poi tornare a casa entro sera.

In quel periodo, infatti, il tradizionale rapporto città-campagna si inverte: i privilegiati sono coloro che, abitando nelle cascine, hanno la possibilità e lo spazio per allevare maiali e conigli, quelli rimasti in città, invece, vivono una situazione "d'assedio", psicologicamente e materialmente molto sfibrante.

Il padre di Claudio, essendo stato richiamato nel Corpo degli Alpini, non può aiutare la famiglia in prima persona, dunque questa è la prima grande prova di responsabilità affrontata dai giovani Brusa, non senza quel pizzico di temerarietà ( soldati, partigiani e quant'altro non andavano tanto per il sottile quando si trattava di intercettare persone sospette ) che ben si attaglia al temperamento dei due fratelli.

Nel dopoguerra Claudio prosegue imperterrito sulla strada della secolarità consacrata, nonostante le defezioni che colpiscono l'Unione intorno al 1945.

Del resto, anche il clima politico non sembra promettere nulla di buono alle carriere dei cattolici "integrali".

Uno dopo l'altro i governi democratici dell'Est europeo cadono in mano ai fantocci di Stalin.

Anche in Italia la situazione sembra degenerare quando, il 14 luglio 1948, lo studente universitario Antonio Fallante ferisce gravemente Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano.

Sono giorni molto concitati: l'economia langue e lo stalinismo appare a molti disoccupati come la soluzione di tutti i problemi.

Dopo tante privazioni patite in guerra le "teste calde" hanno fretta di chiudere la partita.

La rivoluzione cruenta sembra una soluzione rapida ed efficace e l'attentato a Togliatti il pretesto ideale atteso da tempo.

Sarà lo stesso Segretario comunista a calmare i suoi, ma si era ad un passo dal tracollo.

In questo contesto politico così allarmante, Brusa, da buon cittadino, presta il servizio militare nel Corpo degli Alpini, ma anche lì tira una brutta aria.

"Imperava un nonnismo dalle forte venature anticlericali.

Volevano fargli fare la comunione degli Alpini, ossia un vero e proprio atto sacrilego ( di quelli che tanto angustiavano Fra Leopoldo, ndr. ).

Una cosa del tutto contraria ai sentimenti di un cristiano e, specialmente, di un Catechista.

Naturalmente lui non ha accettato, affrontando così molte persecuzioni" ( Aldo Gravino ).

Il periodo di naja, è cosa nota, può arrecare gravi colpi all'amor proprio di ragazzi ancora immaturi, scoraggiando ulteriormente gli spiriti deboli.

Per Brusa le cose vanno diversamente, anche perché la sua scelta di vita è già al sicuro nella cassaforte del cuore.

Si sente pronto ad affrontare qualsiasi sfida forte di una consacrazione che lo ha eletto "uomo di Dio".

Questa investitura gli infonde una grande sicurezza, anzi, la sua forza inferiore, corroborata da una notevole prestanza fisica, a tratti sembra traboccare, come se avesse bisogno di un cimento col quale misurarsi: la naja, in effetti, costituisce la prima prova del fuoco, ma ben altre lo aspettano.

Una falsa goliardia imperversa nelle camerate, dove a molti mascalzoni non sembra vero di poter rendere la vita impossibile alle persone per bene, quasi a consumare una vendetta anticipata sulle sconfitte della vita.

La dissacrazione, specie contro i simboli della fede, diventa il manifesto di una falsa virilità, a cui Brusa reagisce con tutte le forze: non per nulla, le testimonianze ci parlano di "molte persecuzioni".

Allora il servizio militare durava poco meno di due anni e comportava tanta fatica, poche licenze e nevrosi che esplodevano di notte, all'improvviso con sbrandamenti, getti di acqua gelata, pubbliche umiliazioni; ma Brusa ha le sue idee e non si abbatte, anzi, alla Scuola Militare Alpina, dove si addestra l'elite delle truppe di montagna, ha modo di far risaltare appieno i suoi talenti tecnici e sportivi.

Perciò, sotto le armi, il giovane torinese riceve una conferma delle sue qualità, non pretesti per scoraggiarsi.

Al ritorno dalla naja, insieme al fratello Alfio, mette queste esperienze al servizio della causa democristiana, sfidando i provocatori stalinisti che in tutti i modi tentano di boicottare la diffusione dei manifesti scudocrociati.

Il clima politico è quello descritto da Guareschi nel suo "Don Camillo": la guerra ha lasciato negli scantinati dei veri e propri depositi di armi e gli agitatori politici spesso preferiscono lo scontro fisico al confronto dialettico.

Si ripetono le scene cui Fra Leopoldo aveva assistito nel biennio rosso ( 1919-1920 ).

Le ideologie sembrano sostituire la religione nel cuore dei semplici promettendo felicità artificiali qui, ora e subito.

Un consacrato laico in quegli anni ha molto m comune con i confratelli degli istituti semiclandestini fondati a ridosso della rivoluzione francese da Padre de Clorivière.

È, politicamente parlando, un testimone scomodo, specie se proviene dalle classi meno agiate.

"Dopo il servizio militare, ha frequentato insieme al fratello, con il quale era in perfetta sintonia, i corsi di arti marziali per la difesa personale ( Jujitsu ).

I partiti politici, in vista delle accesissime campagne elettorali, li organizzavano per tutti quei giovani intrepidi che, armati di secchi colla e scale, si dedicavano con sprezzo del pericolo alla affissione notturna dei manifesti di propaganda.

Questa attività esigeva doti atletiche non comuni.

L'affissione avveniva sui monumenti e sugli edifici pubblici e spesso si gareggiava a chi incollava i manifesti più in alto, altre volte si tentava di coprire o di strappare quelli avversari e l'incontro casuale con attacchini dell'altra sponda finiva regolarmente a botte o a sassate.

In queste giovanili bravate notturne i più accesi erano gli avversari di sempre: comunisti e socialisti da una parte e democristiani dall'altra.

Avvenivano cose da raccontare il giorno dopo agli amici. …

Da varie parti, in quei momenti, si temeva un 'insurrezione armata da parte di chi ( comunisti ) dopo la guerra partigiana aveva nascosto le armi, ben lubrificate, pensando di avere altre occasioni per usarle.

Claudio di questo era ben consapevole. Di qui la sua disponibilità. " ( Leonardo Rollino )

Fatto davvero curioso vedere riunite in un'unica figura l'iniziazione al mistero della Croce e l'esotica disciplina del Jujitsu importata dal Giappone.

Sembrano due universi in conflitto, invece, come spesso accade tra i Catechisti, una cosa ( sacra ) non esclude l'altra ( profana ), anzi la prima riempie di significati ulteriori la seconda: si può essere, ad esempio, coraggiosi e prestanti senza per questo rinunciare alla preghiera.

Il giovane Claudio, per nulla intimorito dalle novità dei tempi, cerca di allargare continuamente i suoi orizzonti culturali.

Difatti, dopo aver conseguito il diploma di maturità artistica ed essere rientrato a tempo pieno nel corpo docenti della Casa di Carità, tra il 1959 ed il 1963 frequenta il Corso quadriennale di Cultura Religiosa per laici promosso dal dottor Conti e diretto da Mons. P. Caramello nei locali di Corso Brin.

Onora, così, un'indicazione precisa di Fr. Teodoreto che aveva sempre incitato i membri del suo Istituto ad approfondire lo studio delle materie religiose.

Nel '62, organizza a sua volta un corso per i Catechisti consistente nella lettura del Vangelo ( venerdì sera ) e negli incontri di catechesi ( sabato ).

La sua vocazione, però, lo spinge con sempre maggiore intensità alla formazione giovanile.

Ogni domenica la sua agenda è interamente occupata dall'animazione dell'oratorio di San Giuseppe Cafasso di corso Grosseto, dove insieme ai "suoi" ragazzi partecipa alla messa e trascorre l'intera giornata.

Le sue aspirazioni trovano nuove conferme nel 1966, quando l'Assemblea generale dell'Unione Catechisti approva l'istituzione della cosiddetta "sezione giovanile" e, grazie alla collaborazione di Fratel Gustavo F.S.C, promulga una serie di appositi regolamenti applicati in tutte le sedi, nazionali ed estere, dell'Istituto.

Si spera, così, di creare un ambiente favorevole alla selezione di nuovi Catechisti che si consacrino a Dio con i voti.

In tale contesto, nel 1969, viene fondata a Torino la "Sede Fra Leopoldo" che comprende quattro sezioni e persegue due scopi fondamentali: la formazione dei nuovi Catechisti e l'animazione dei gruppi giovanili.

In linea con la spiritualità di Fra Leopoldo, gli iscritti più giovani vengono chiamati "Amici di Gesù Crocifisso".

La responsabilità dei gruppi è così distribuita: il Catechista consacrato Leandro Pierbattisti dirige le sezioni relative alle parrocchie della Sacra Famiglia ( che tra il 1969 ed il 1975 raccoglie molti giovani ) e di San Vincenzo de Paoli; il Catechista associato Elso Massalin, uno dei "pupilli" di Brusa, e il Catechista Roggero guidano la sezione di Santa Pelagia - dal nome della scuola media dei Fratelli delle Scuole Cristiane - la cui direzione spirituale è affidata a Fratel Luigi Aprato ( tra il 1970-1972 gli incontri si svolgono nei locali della Chiesa di Santa Croce ); infine Claudio Brusa, oltre ad assumere la responsabilità generale della "Sede Fra Leopoldo", gestisce la sezione "Casa di Carità".

Col tempo il progetto andrà via via sfumando.

Ciò nonostante, l'impegno prodigato da Brusa in questa direzione risulta davvero notevole, lasciandoci una testimonianza di dedizione alle nuove promesse dell'Unione che trova pochi riscontri nella storia dell'Istituto.

Nei suoi incontri di catechesi si sforza di stabilire una continuità tra i valori impartiti a scuola e quel mondo del lavoro che i forti condizionamenti ideologici rendono spesso sospettoso se non ostile nei confronti delle proposte cattoliche.

"Brusa, ai suoi ragazzi, voleva insegnare a vivere nel mondo del lavoro.

Al sabato ci faceva un po' ' di catechesi.

La domenica mattina ci portava al Cafasso di corso Grosseto ad animare l'oratorio.

Lì trascorrevamo l'intera giornata.

La catechesi era sempre vista nell'ottica dell'ambiente di lavoro: il controllo del linguaggio e del comportamento era un segno di coerenza cristiana, il lavoratore cattolico doveva testimoniare Cristo di fronte ai colleghi " ( Mario Buo )

Chi l'ha conosciuto ricorda il modo rigoroso, quasi austero, di vivere la sua vocazione di laico consacrato: il suo primo cruccio era quello di non apparire in distonia col modello proposto, a costo di "irrigidirsi" su posizioni considerate poco aggiornate.

Ma, più ancora della coerenza dottrinaria, era la lealtà dei rapporti personali che ai suoi occhi assumeva un valore essenziale, degno di essere difeso ad oltranza, specie davanti ai giovani.

Agli incontri diretti da Brusa, e da lui organizzati in ogni minimo dettaglio, prendono parte il Catechista Giovanni Fonti e alcuni insegnanti esterni.

Il futuro dell'Unione è sempre in cima alle preoccupazioni del professore che, a livello giovanile, si sforza di applicare quel "pensare in grande" caldeggiato con vigore da Tessitore, specie dopo il celebre viaggio in Perù del 1963, durante i consessi nazionali e internazionali della famiglia lasalliana.

Brusa non attende passivamente gli "input" dei Fratelli o l'assenso unanime di tutti i Catechisti ( ogni novità incontra sempre delle resistenze ), ma, indirizzato e sostenuto dal Dott. Conti, cerca di creare un ambiente interno all'Unione in grado di far crescere, in modo autonomo e indipendente, le vocazioni dei futuri Catechisti.

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