Claudio Brusa

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L'impegno per la diffusione della Divozione

Negli anni '70 l'impegno profuso per la diffusione dell'Adorazione aumenta considerevolmente.

Ciò che stupisce è il fatto di scorgere, in una personalità che ha maturato esperienze professionali così lontane dalla mistica, una tale sensibilità nei confronti di un umile francescano quale Fra Leopoldo.

Il fatto è reso più evidente dai rapporti epistolari tenuti con religiosi che da Brusa stesso ricevono consigli e suggerimenti per meglio interpretare la natura della Divozione; le normali gerarchie si invertono, in questo caso infatti è un religioso che si rivolge ad un laico ( anche se consacrato ) per ottenere delucidazioni in merito a questioni spirituali:

"Al Reverendo Fra Geraldo Molins, Convento di San Domenico, Bologna

Ho ricevuto la sua adesione al Movimento Adoratori e le invio la pagellina per l'anno 1976-77.

La ringrazio per le sue lettere e mi voglia scusare se non ho risposto …

Voglia ricordare nelle sue preghiere i nostri giovani che si stanno preparando a diventare Catechisti. " ( Torino, 5 aprile 1977, Brusa a Fra Geraldo Molins )

Anche il rapporto con i Catechisti di lingua spagnola è ravvivato dall'intento di sostenere la causa della Divozione che, per la verità incontrava, sull'onda del rinnovamento post-conciliare, qualche difficoltà in ordine specialmente alla figura del suo estensore.

Fra Leopoldo Musso, erroneamente assimilato a quel sentimentalismo dolorista che tanto angustia i campioni dei nuovi tempi.

Scrivendo ad un simpatizzante colombiano ( a Baranquilla, fin dagli anni '50, emerge un forte interesse per l'Unione Catechisti ), Brusa lo esorta con forza a fondare una nuova sezione del Movimento Adoratori.

La spinta missionaria non abbandonerà mai il Catechista torinese: anche nei momenti di maggiore disorientamento ideologico la Divozione contro ogni falsa prudenza umana viene promossa quale viatico sicuro per chi voglia raccogliere i frutti della "carità autentica".

" Stimatìssimo signor Saul Raul Castillo, il suo zelo nel diffondere la pratica dell'Adorazione a Gesù Crocifisso mi fa pensare all'opportunità di suggerirle di promuovere tra le persone ed i giovani che incontra, il Movimento degli Adoratori: Ascritti e Zelatori. … proponga la preghiera alle Cinque Piaghe di Gesù, invitando ad impostare la vita alla luce dei valori che questa contiene.

Può così ottenere che la recita di una formula si trasformi in pratica di vita …

A coloro tra gli ascritti che manifesteranno un particolare fervore in questa pia pratica suggerisca di impegnarsi per diffonderla …

La carità quando è autentica è anche operosa ed ha delle risorse inaspettate " ( Torino, 20 ottobre 1974, Brusa a Raul Castillo di Bogotà, Colombia )

L'interpretazione della Divozione come sigillo di autenticazione della carità cristiana è un aspetto interessante della spiritualità di Brusa e giustifica in gran parte il suo interesse per la formulazione originaria, e quindi autentica, della preghiera di Fra Leopoldo.

L'intento mistico, più che teologico, di qualificare la pratica delle virtù cristiane con la recita di una preghiera, risalta chiaramente in una lettera inviata all'amico Renato Bidese nella quale l'abbandono completo in Cristo, ottenuto dalla meditazione sulle Piaghe di Cristo, diventa, almeno a livello personale, il primo obiettivo dell'Adorazione ( le "benedizioni" sull'Unione sono una conseguenza successiva ):

« Sì, lascialo crescere dentro di tè, lasciati impossessare da Lui.

Questo è il mio augurio. Che tu possa dire come San Paolo, "non più io vivo, ma Cristo vive in me" » ( Torino, 25 dicembre 1972, Drusa a Renato Bidese )

La preghiera, dunque, diventa motivo di condivisione, non di riflessione speculativa, di relazione amicale ( secondo quanto prescritto dal Catechismo Cattolico ) non di gratificazione cerebrale.

Si legge nello sfondo la lotta ingaggiata da Brusa contro la sviante sensazione dell'isolamento che certo doveva riaffiorare, a tratti, nelle lunghe notti trascorse a meditare gli scritti di Fra Leopoldo: di conseguenza l'approccio alle verità di fede è vissuto e sofferto fino in fondo.

Sono le preoccupazioni esistenziali, più che i sillogismi, che spingono Brusa a privilegiare la dimensione mistica dell'esperienza leopoldina e a scovare affannosamente nuovi stimoli negli scritti del francescano.

Fra Leopoldo ha conosciuto e vinto angustie e dolori che anche Brusa ogni giorno intende affrontare e risolvere "rimanendo nell'Amore senza limiti":

« La preghiera se vogliamo non è poi tanto difficile: quando abbiamo qualche problema o qualche desiderio, basta uscire dal dialogo egoistico ed infantile … per aprirci ad un dialogo con Gesù e la sua mamma, … se sappiamo pregare Gesù ci forma, ci educa, ci fa scoprire il vero bene, ce lo fa desiderare …

Gesù è il maestro buono che ci ama … come dice a Fra Leopoldo: "sappia il mondo che per un 'anima sola, pur di vederla salva, mi lascerei di nuovo crocifiggere" ( 29.3.1917, 1834 ).

Rimani in questo amore senza limiti, è il mio rinnovato augurio » ( Torino, Epifania 1971, Brusa a Renato Bidese )

La lotta quotidiana per l'esistenza, il tema sottinteso della solitudine emergono chiaramente in un altro scritto dei primi anni '70, nel quale Brusa sembra voler illuminare l'essenza più profonda del suo amore per Cristo, un amore che appare davvero indispensabile alla stessa sopravvivenza dell'uomo "provato" dalla vita.

Nel secondo dopoguerra la filosofia europea trascura le grandi questioni teoretiche, per concentrarsi sulle angosce esistenziali dell'uomo ( solitudine, disperazione, morte ): pensiamo all'opera di Sartre.

Sono gli stessi temi affrontati da Brusa, anche se con parole più semplici, nelle lettere indirizzate agli amici, con la differenza che alle astrazioni dei filosofi, egli oppone la realtà di un Uomo.

"Ti trovi come chi, in un mare in tempesta, non sa nuotare …e facilmente si trova con la bocca piena di acqua salata e amara.

In questi casi l'unica salvezza è l'avere a portata di mano un buon salvagente, e tu il salvagente lo hai sempre a disposizione: Gesù" ( Gressoney, 23 luglio 1970, Brusa a Renato Bidese )

Questa confessione ci offre uno squarcio molto profondo della sua vita interiore.

Il Cristianesimo che traspare da queste righe non è un orpello da sfoggiare in qualche dibattito culturale e neanche una filosofia del buon senso utile per esorcizzare la paura della morte o i contrasti tra le classi sociali ( per quanto possa essere pure questo ).

Qui, come direbbe Messori, il Cristianesimo è prima di tutto una Persona che Brusa, in ogni modo, vuole sentire vicino sé.

Se l'Inferno è innanzitutto separazione eterna da Dio, con tutto quello che questa separazione comporta in termini di angoscia, la pace interiore è essenzialmente garantita dall'intimità con Gesù, Colui che, realmente, ci ama più di ogni altra cosa.

Questa visione di fondo si evince da molte lettere di Brusa, nelle quali "l'intimità col Crocifisso" esaltata da Fra Leopoldo, non è affatto l'espressione di una religiosità ingenua e puerile, ma una vera categoria esistenziale assimilata con forza per poter sopravvivere alle sconfitte della vita:

"Da parte tua impegnati a respingere il male che tende a separarti da Gesù; lo sai che ti vuole tanto bene al punto di accettare di soffrire il martirio della croce per tuo amore affinché tu possa avere la pienezza della tua vita… il soldato deve combattere a volte delle battaglie difficili, ma non temere perché Gesù è sempre al tuo fianco e non ti abbandona anche se qualche volta ti capita di dimenticarti di Lui" ( La Sorgente, 20 settembre 1971, Brusa a De Leo Antonio ).

La preminenza della confidenza amicale con Gesù spinge Brusa a sostenere la diffusione dell'Adorazione anche presso i Fratelli, ai quali, a giudizio del Catechista, l'Unione può fornire un grande arricchimento spirituale, svelando aspetti della quotidianità condivisa col Crocifisso che la famiglia lasalliana, forse, non aveva colto fino in fondo.

Inizia così un fitto rapporto epistolare coi Fratelli che non è esente da qualche osservazione critica nei confronti di chi non coglie la natura profonda della secolarità consacrata.

"Il dr. Conti sta lavorando per portare avanti il pensiero dell'Unione in seno agli Istituti secolari dopo il Convegno di Roma, che, come è stato impostato, ha tentato di far escludere "Istituti" come il nostro dalla denominazione di "Istituti Secolari".

La opposizione alla sua azione è forte …

Anche il Papa parlando recentemente ai dirigenti dell'Azione Cattolica italiana ha richiamato l'importanza e la necessità dell'apostolato e delle opere d'apostolato dove i laici si devono organizzare per portarle avanti.

Il convegno di Roma intanto sosteneva che un apostolato organizzato e le stesse opere di apostolato eludono la secolarità … !

Come si fa ad affermare tali assurdi? …

Almeno si rispettassero i Carismi che lo Spirito ha dato ad ogni Istituto tramite i loro Fondatori! " ( Torino 19 novembre 1970, Brusa a Fr. Jairne Pujol )

La foga con la quale Brusa difende il carisma del Fondatore, al di là delle osservazioni di merito, manifesta chiaramente una carica interi ore che l'incidente non ha per nulla incrinato e che anzi, forse, ha ulteriormente rafforzato.

Alcuni religiosi evidentemente sono positivamente impressionati da questo zelo e rispondono in modo incoraggiante alla sua campagna in favore della Divozione.

Fra questi spiccano i nomi di Fr. Jaime Pujol ( Parigi ), Fr. Franco De Simone ( Pompei ) e Fra Geraldo Molins O. P. ( Bologna ) che nel 1977 aderisce al Movimento Adoratori.

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