26 Maggio 2004
Vespri del giovedì della 1a settimana ( Lettura: Ap 11,17; Ap 12,10.12 )
1. Il Cantico, che ora abbiamo elevato al « Signore Dio Onnipotente » e che viene proposto nella Liturgia dei Vespri, è frutto della selezione di alcuni versetti dei capitoli 11 e 12 dell’Apocalisse.
È ormai squillata l’ultima delle sette trombe che risuonano in questo libro di lotta e di speranza.
Ed ecco che i ventiquattro anziani della corte celeste, che rappresentano tutti i giusti della Antica e della Nuova Alleanza ( Ap 4,4; Ap 11,16 ), intonano un inno forse già in uso nelle assemblee liturgiche della Chiesa delle origini.
Essi adorano Dio sovrano del mondo e della storia, pronto ormai a instaurare il suo regno di giustizia, di amore e di verità.
In questa preghiera si sente pulsare il cuore dei giusti che attendono nella speranza la venuta del Signore a rendere più luminosa la vicenda dell’umanità, spesso immersa nelle tenebre del peccato, dell’ingiustizia, della menzogna e della violenza.
2. Il canto intonato dai ventiquattro anziani si modula sul rimando a due Salmi: il Salmo secondo, che è un carme messianico ( Ap 2,1-5 ) ed il Salmo 98, che celebra la regalità divina ( Sal 98,1 ).
In tal modo si raggiunge lo scopo di esaltare il giudizio giusto e risolutivo che il Signore sta per eseguire sull’intera storia umana.
Due sono gli aspetti di questo intervento benefico, come due sono i tratti che definiscono il volto di Dio.
Egli è giudice, sì, ma anche salvatore; condanna il male, ma ricompensa la fedeltà; è giustizia, ma soprattutto amore.
Significativa è l’identità dei giusti, ora salvati nel Regno di Dio.
Essi sono distribuiti in tre categorie di « servi » del Signore, cioè i profeti, i santi, e coloro che temono il suo nome ( Ap 11,18 ).
È una specie di ritratto spirituale del popolo di Dio, secondo i doni ricevuti nel battesimo e fatti fiorire nella vita di fede e di amore.
Un profilo che si compie sia nei piccoli sia nei grandi ( Ap 19,5 ).
3. Il nostro inno, come si è detto, è elaborato anche con l’utilizzazione di altri versetti del capitolo 12, che si riferiscono a una scena grandiosa e gloriosa dell’Apocalisse.
In essa si scontrano la donna che ha partorito il Messia e il drago della malvagità e della violenza.
In questo duello tra il bene e il male, tra la Chiesa e Satana, all’improvviso risuona una voce celeste che annuncia la sconfitta dell’« Accusatore » ( Ap 12,10 ).
Questo nome è la traduzione del nome ebraico Satán, dato a un personaggio che, secondo il Libro di Giobbe, è membro della corte celeste di Dio, dove fa le parti del Pubblico Ministero ( Gb 1,9-11; Gb 2,4-5; Zc 3,1 ).
Egli « accusava i nostri fratelli davanti al nostro Dio giorno e notte », metteva cioè in dubbio la sincerità della fede dei giusti.
Ora il drago satanico è fatto tacere e alla radice della sua sconfitta c’è « il sangue dell’Agnello » ( Ap 12,11 ), la passione e la morte di Cristo redentore.
Alla sua vittoria è associata la testimonianza del martirio dei cristiani.
C’è un’intima partecipazione all’opera redentrice dell’Agnello da parte dei fedeli che non hanno esitato a « disprezzare la vita fino a morire » ( Ap 12,11 ).
Il pensiero corre alle parole di Cristo: « Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna » ( Gv 12,25 ).
4. Il solista celeste che ha intonato il cantico, lo conclude invitando l’intero coro angelico a unirsi all’inno di gioia per la salvezza ottenuta ( Ap 12,12 ).
Noi ci associamo a quella voce nel nostro rendimento di grazie festoso e colmo di speranza, pur in mezzo alle prove che segnano il nostro cammino verso la gloria.
Lo facciamo ascoltando le parole che il martire san Policarpo rivolgeva al « Signore Dio Onnipotente » quando era ormai legato e pronto per il rogo: « Signore Dio Onnipotente, padre del diletto e benedetto figlio tuo Gesù Cristo …, tu sia benedetto per avermi giudicato degno di questo giorno e in quest’ora di prender posto nel novero dei martiri, nel calice del tuo Cristo per la risurrezione alla vita eterna di anima e corpo nell’incorruttibilità dello Spirito Santo.
Che io fra essi sia accolto oggi al tuo cospetto in qualità di pingue e gradito sacrificio, così come tu, il Dio veritiero e alieno da menzogna, hai in precedenza disposto e manifestato e compiuto.
Per questo al di sopra di tutto io ti lodo, ti benedico, ti glorifico tramite l’eterno e celeste tuo Sommo Sacerdote e diletto figlio Gesù Cristo, mediante il quale sia gloria a te con lui e con lo Spirito Santo, ora e per i secoli a venire. Amen » ( Atti e passioni dei martiri, Milano 1987, p. 23 ).